Edwige di Polonia (Jadwiga)

Edwige di Polonia (Jadwiga)

(1374-1399)

Beatificazione:

- 08 agosto 1986

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 08 giugno 1997

- Papa  Giovanni Paolo II

- Cracovia, Polonia

Ricorrenza:

- 16 ottobre

Regina di Polonia, religiosa, che, di origine bavarese e duchessa di Polonia, si dedicò assiduamente nell’assistenza ai poveri, fondando per loro degli ospizi, e, dopo la morte del marito, il duca Enrico, trascorse operosamente i restanti anni della sua vita nel monastero delle monache Cistercensi da lei stessa fondato e di cui era badessa sua figlia Gertrude

  • Biografia
  • Omelia
  • il miracolo
"Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso di Wawel per apprendere da Cristo stesso che la cosa più grande è l'amore"

 

Nata a Buda nel 1374, dalla stirpe capetingia degli Angioini a quel tempo regnati sull’Ungheria, dovette appena maggiorenne annullare gli “sponsalia de futuro” stipulati dai suoi genitori quando lei aveva solo quattro anni, com’era tipica prassi medievale, per combinare un matrimonio con Guglielmo d’Asburgo.

Il 18 febbraio 1386 sposò invece il granduca lituano Jagello, che promise di ricevere il battesimo insieme con tutta la sua nazione, ultimo baluardo pagano in Europa, nonché l’unificazione alla Polonia. Pare che Edvige sia giunta a prendere una decisione così importante per la sua vita a seguito di un lungo travaglio interiore, intense preghiere dinnanzi al Crocifisso di Wawel e parecchie consultazioni con vescovi e nobili polacchi.

Questo matrimonio cambiò la storia europea, trasferendo la frontiera della civiltà occidentale sino ai confini orientali del neonato regno polacco-lituano e ponendo nella schiera dei protagonisti dell’evangelizzazione del vecchio continente. Ciò le avrebbe sicuramente meritato da parte delle Chiese orientali il titolo di “Isapostola”, come le sante Maria Maddalena, Olga di Kiev, Elena madre di Costantino il Grande e Nino di Georgia. Per noi cattolici può essere invece considerata come la regina di Brigida di Svezia “patrona d’Europa”, come ha osservato il papa nell’omelia in occasione della canonizzazione. 

Aperta la strada alla cristianizzazione della Lituania, si rese necessario fornire un’adeguata formazione religiosa. A tal scopo Edvige decise di fondare a Praga un collegio per i futuri sacerdoti lituani. Nel documento protocollare dell’atto di fondazione, lei stessa spigò come tale fondazione fu preceduta da lunghe consultazioni ed intense preghiere.

Ritenendo che anche l’Università di Cracovia dovesse collaborare all’opera di evangelizzazione, l’11 gennaio 1397 con il consenso del papa Bonifacio IX fondò la prima Facoltà Teologica polacca. La regina ebbe così a cuore questa sua opera tanto da lasciarvi in testamento le sue gemme ed altri beni personali per anche dopo la sua morte avesse potuto crescere e funzionare al meglio. Queste operazioni, apparentemente pure espressioni di mecenatismo, furono in realtà il frutto della sua fede matura e lungimirante.

Sin dalla sua infanzia Edvige era stata a leggere abitualmente la Sacra Scrittura, il Salterio, le Omelie dei Padri della Chiesa, le meditazioni e le orazioni di San Bernardo, i Sermoni e le Passioni dei Santi ed altre opere religiose classiche. Alcune di esse vennero tradotte su sua iniziativa in lingua polacca e fece redigere un salterio in tre versioni linguistiche, denominato “Salterio Floriano”, oggi custodito nella Biblioteca Nazionale di Varsavia.
Giovanni Štìkna, Stanislao di Scarbimiria ed Enrico di Bitterfeld, guide spirituali di grande pregio, furono messi a disposizione degli ecclesiastici, dei cortigiani e degli uomini di cultura, assicurando loro in tal modo non solo una formazione culturale. Edvige esigeva infatti dal clero un alto livello sia spirituale e che culturale.

In quei tempi, in cui vi fu un amalgamazione di varie credenze, dottrine e prassi, spesso provenienti dal mondo pagano, Edvige si rivelò sempre fedele alla tradizione ed in profonda comunione con la Sede Apostolica. Al tempo stesso si dimostrò tollerante nei confronti delle altre confessioni cristiane e delle altre religioni. In tale direzione va citato l’esempio della fondazione della chiesa e del convento dei Benedettini slavi a Cracovia, che avrebbero dovuto recarsi nella Rus’Rossa per celebrare la liturgia nel rito slavo, per giungere pacificamente ad un riavvicinamento fra i differenti culti. In qualità di sovrana cristiana, seppe testimoniare la sua fede con irrepetibile sensibilità; per esempio, per ravviare il culto nella cattedrale di Cracovia, fondò nel 1393 il “Collegio dei 16 Salmisti”, perché giorno e notte potesse risuonarvi la gloria di Dio.

In occasione del Giubileo dell’Anno Santo 1390, desiderando poter avvicinare tutti i suoi sudditi, polacchi, lituani e ruteni, ai frutti spirituali della Chiesa, ma ben conscia degli enormi disagi di natura politica e sociale ai quali sarebbero stati esposti in pellegrinaggio per Roma, chiese ed ottenne dal papa Bonifacio IX la grazia di poterlo celebrare nel proprio paese.

Incoronata “Regina della Polonia”, con il passare del tempo prese parte sempre più attivamente agli affari pubblici dello suo stato, rivelando sempre più la sua prudenza e saggezza politica. Dal 1389 si trovò ripetutamente a dover fare da mediatrice nei rapporti conflittuali fra la Polonia e l’Ordine teutonico, nonché in varie rivalità familiari.

Consapevole dell’immane pericolo che i Turchi costituivano per l’Europa cristiana, Edvige tentò di dissuadere l’ambizioso duca lituano Vitoldo dal disperdere le forze dell’esercito polacco-lituano in un’inutile spedizione bellica contro i Tartari.
Ma gli affari dello stato non le impedivano di soccorrere i suoi sudditi nei loro bisogni quotidiani. Ciò è testimoniato anche dai registri dei conti reali. In Edvige è sicuramente da sottolineare l’acuto senso, non solamente di giustizia, ma di rispetto per ciascun essere umano. Un episodio in particolare dimostra inequivocabilmente la fermezza che la contraddistinse sempre nel difendere i deboli e gli oppressi. Nel 1386, avendo appreso che gli abitanti di un villaggio erano stati privati dei loro beni da parte dei cavalieri reali, ordinò che fossero risarciti non solo i danni materiali, ma, preoccupata della ferita provocata alla loro dignità umana, affermò con dolore: “Se pure abbiamo restituito il bestiame ai coloni, chi restituirà loro le lacrime?”. Questa domanda, tramandataci dai cronisti del tempo, pone in rilievo il suo “genio del cuore”, al punto che Konrad Górski, storico della spiritualità polacca, l’ha definita “l’espressione più profonda della cultura cristiana”.
Solita contemplare l’immagine del Crocifisso Nero di Wawel, la santa regina attingeva amore e forza per regnare servendo, lo slancio missionario, l’umiltà di cuore, l’altruismo e la pace nel soffrire e nell’agire. Diverse fonti ricordano come fosse solita assistere alla Messa nei giorni feriali, anche durante i suoi viaggi.

La croce l’accompagnò sempre nel suo pellegrinaggio terreno, anche nelle circostanze più difficili: la morte prematura del padre, il distacco dalla casa paterna a Buda, l’incoronazione a Regina all’età di dieci anni in un regno a lei ignoto, la rassegnazione circa i falliti progetti matrimoniali dell’infanzia, la tragica morte della madre nel 1387 e dell’ultima sorella nel 1395, le calunnie diffuse nei suoi riguardi nelle corti europee, il tentativo di creare discordia fra lei e suo marito Ladislao Jagello più anziano di lei. Ma in tutte le numerose e complesse difficoltà politiche e umane in cui venne a trovardi, Edvige seppe sempre prodigarsi con tutto l’amore possibile.

Una di queste fu rappresentata dalla lunga attesa dell’erede al trono. Nel Medioevo, infatti, la sterilità della donna era considerata un segno del castigo divino: Edvige dunque ne soffriva, tanto più che sperava di rafforzare l’unione polacco-lituana e di proseguire l’opera di cristianizzazione con la nascita di un figlio. La sofferenza fu interrotta solo per breve tempo dalla lieta novella della gravidanza. All’approssimarsi del parto Jagello era solito raccomandarle di addobbare sontuosamente la stanza del nascituro.
Grazie al noto cronista polacco Jan Dlugosz conosciamo lo stato d’animo della regina in questo periodo, tramite la sua risposta al re: “Da lungo tempo ho allontanato da me il fasto del secolo e non lo voglio seguire in prossimità della morte, che, abbastanza spesso, il parto è solito causare, ma piuttosto voglio piacere a Dio, il quale mi ha donato la fecondità, tolto l’obbrobrio della sterilità, non per lo splendore dell’oro e delle gemme, ma nella mansuetudine dell’umiltà”.
Purtroppo ebbe modo di gioire assai poco della sua maternità fisica, perché la neonata erede al trono Elisabetta Bonifacia morì in breve tempo. A distanza di quattro giorni, il 17 luglio 1399, si spense anche Edvige, alla giovanissima età di 25 anni e 5 mesi. Premurosa della sorte del coniuge, preoccupata per la solidità dello stato e per la continuità della dinastia Jagellonica, prima di morire consigliò al marito di sposare Anna di Cilli, figlia del Guglielmo e nipote del re San Casimiro il Grande.

(Fonte: santiebeati.it)

SANTA MESSA PER LA CANONIZZAZIONE
DELLA BEATA REGINA EDVIGE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

 Spianata di Błonie (Kraków) -  Domenica, 8 giugno 1997

 

1. Gaude, mater Polonia! Ripeto oggi questa esortazione alla gioia, che per secoli i Polacchi cantavano in ricordo di san Stanislao. La ripeto, poiché il luogo e la circostanza predispongono a questo in modo particolare. Dobbiamo, infatti, di nuovo tornare al colle di Wawel, alla cattedrale regale e metterci lì davanti alle reliquie della Regina, Signora di Wawel. Ecco è giunto il grande giorno della sua canonizzazione. E dunque:

Gaude, mater Polonia,
Prole fecunda nobili,
Summi Regis magnalia
Laude frequenta vigili.

"Edvige, hai atteso a lungo questo giorno solenne. «Gaude, mater Polonia»".

Edvige, hai atteso a lungo questo giorno solenne. Sono trascorsi quasi seicento anni dalla tua morte in giovane età. Amata da tutta la Nazione, tu, che stai agli inizi dell'epoca degli Iagelloni, fondatrice della dinastia, fondatrice dell'Università Iagellonica nell'antichissima Cracovia, hai atteso per molto tempo il giorno della tua canonizzazione - il giorno in cui la Chiesa avrebbe proclamato solennemente che tu sei la santa patrona della Polonia nella sua dimensione ereditaria - della Polonia unita per opera tua con la Lituania e con la Rus': della Repubblica di tre nazioni. Oggi è giunto questo giorno. Tanti hanno desiderato di arrivare a questo momento e non vi sono riusciti. Sono trascorsi gli anni e i secoli, e sembrava che la tua canonizzazione fosse ormai addirittura impossibile. Sia questo giorno un giorno di gioia non soltanto per noi, che viviamo in questi tempi, ma anche per tutti coloro che non sono giunti ad esso su questa terra. Sia esso il grande giorno della comunione dei santi. Gaude, mater Polonia!

"La canonizzazione
della Regina Edvige
completamento
del millennio del battesimo della Polonia
"

2. Il Vangelo di oggi volge i nostri pensieri e i nostri cuori verso il battesimo. Ecco, siamo ancora una volta in Galilea, da dove Cristo invia i suoi apostoli in tutto il mondo: "Mi è stato dato ogni potere in cielo e in terra. Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo" (Mt 28, 18-20): è il mandato missionario che gli Apostoli hanno preso su di sè cominciando dal giorno della Pentecoste. Lo hanno preso su di sè e lo hanno trasmesso ai loro successori. Per loro tramite, il messaggio apostolico raggiunse gradualmente il mondo intero. E, verso il termine del primo millennio, arrivò il tempo in cui gli apostoli di Cristo giunsero nelle terre dei Piast. Allora Mieszko I ricevette il battesimo, e ciò - secondo la convinzione di allora - costituiva allo stesso tempo il battesimo della Polonia. Nel 1966 abbiamo celebrato il millennio di quel battesimo.

Come avrebbe gioito oggi il Primate del Millennio, il Servo di Dio Cardinale Stefan Wyszynski, se gli fosse stato dato di prendere parte, insieme a noi, a questo grande giorno della canonizzazione. Essa gli stava a cuore come ai grandi metropoliti di Cracovia, come al Principe Cardinale Adam Stefan Sapieha e a tutto l'Episcopato della Polonia. Tutti intuivano che la canonizzazione della Regina Edvige sarebbe stata il completamento del millennio del battesimo della Polonia. Lo è anche perchè, per opera della Regina Edvige, i Polacchi, battezzati nel X secolo, quattro secoli dopo intrapresero la missione apostolica e contribuirono all'evangelizzazione e al battesimo dei loro vicini. Edvige era consapevole che la sua missione era quella di portare il Vangelo ai fratelli Lituani. E lo fece insieme al suo consorte, il re Ladislao Iagellone. Sul Baltico sorse un nuovo paese cristiano, rinato nell'acqua del battesimo, come nel X secolo la stessa acqua aveva fatto rinascere i figli e le figlie della Nazione polacca.

"Rendiamo grazie
per la tua saggezza
"

Sit Trinitati gloria, laus, honor, iubilatio . . . Oggi rendiamo grazie alla Santissima Trinità per la tua saggezza, Edvige. L'autore del Libro della Sapienza domanda: "Chi avrebbe conosciuto il tuo pensiero, o Dio, se tu non gli avessi concesso la sapienza, e non gli avessi inviato il tuo Santo Spirito dall'alto?" (cfr Sap 9, 17). Rendiamo dunque grazie a Dio Padre, al Figlio e allo Spirito Santo per la tua saggezza, Edvige; perchè hai riconosciuto il disegno di Dio non soltanto riguardo alla tua propria vocazione, ma anche riguardo a quella delle nazioni: della nostra vocazione storica e della vocazione dell'Europa che, per opera tua, ha completato il quadro dell'evangelizzazione nel proprio continente, per poter dopo intraprendere l'evangelizzazione di altri paesi e di altri continenti in tutto il mondo. Cristo infatti aveva detto: "Andate . . ., ammaestrate tutte le nazioni" (Mt 28, 19). Oggi gioiamo per la tua elevazione agli altari. Ci rallegriamo a nome di tutte quelle nazioni, di cui sei diventata madre nella fede. Siamo lieti per la grande opera di saggezza. E rendiamo grazie a Dio per la tua santità, per la missione che hai compiuto nella nostra storia; per il tuo amore per la Nazione e per la Chiesa, per il tuo amore a Cristo crocifisso e risorto. Gaude, mater Polonia!

"Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso
di Wawel
per apprendere da Cristo stesso
che la cosa più grande
è l'amore
"

3. La cosa più grande è l'amore. "Noi sappiamo - scrive san Giovanni - che siamo passati dalla morte alla vita, perchè amiamo i fratelli. Chi non ama rimane nella morte" (1 Gv 3, 14). E, dunque, chi ama partecipa alla vita, a quella vita che è da Dio. "Da questo abbiamo conosciuto l'amore - continua san Giovanni -. Egli [Cristo] ha dato la sua vita per noi" (1 Gv 3, 16). Perciò anche noi dovremmo dare la vita per i fratelli (cfr Ibid.). Cristo ha indicato che in questo modo, donando la vita per i fratelli, manifestiamo l?amore. E questo è il più grande amore (cfr 1 Cor 13, 13).

E noi oggi, mettendoci in ascolto delle parole degli Apostoli, vogliamo dirti, nostra santa Regina, che tu, come pochi, avevi compreso questo insegnamento di Cristo e degli Apostoli. Più volte ti inginocchiavi ai piedi del Crocifisso di Wawel per apprendere da Cristo stesso questo generoso amore. E l'hai imparato. Hai saputo dimostrare con la tua vita che la cosa più grande è l'amore. Non cantiamo noi così in un antichissimo canto polacco?

"O Croce santa, albero più nobile di ogni altra cosa,
un altro non v'è uguale in nessun altro bosco,
eccetto quello che porta Dio stesso.
( . . .)
Inaudita bontà è morire in croce per un altro.
Chi può farlo oggi, per chi dare la propria anima?
Il Signore Gesù solo lo fece, perchè ci amò fedelmente"

(cfr Crux fidelis, XVI secolo).

E da Lui, proprio dal Cristo di Wawel, presso questo Crocifisso nero, al quale gli abitanti di Cracovia vengono ogni anno in pellegrinaggio il Venerdì Santo, hai appreso, Regina Edvige, a dare la vita per i fratelli. La tua profonda saggezza e la tua intensa attività scaturivano dalla contemplazione, dal legame personale con il Crocifisso. Qui contemplatio et vita activa trovavano il giusto equilibrio. Perciò mai perdesti la "parte migliore", la presenza di Cristo. Oggi vogliamo inginocchiarci con te, Edvige, ai piedi del Crocifisso di Wawel, per sentire l'eco di quella lezione d'amore, che tu ascoltavi. Vogliamo imparare da te come attuarla ai nostri tempi.

"La più profonda caratteristica
della sua breve vita e,
allo stesso tempo, la misura della sua grandezza
fu lo spirito di servizio
"

4. "I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo" (Mt 20, 25-26). Queste parole di Cristo penetrarono profondamente nella coscienza della giovane sovrana della stirpe degli Angioini. La più profonda caratteristica della sua breve vita e, allo stesso tempo, la misura della sua grandezza fu lo spirito di servizio. La sua posizione sociale, i suoi talenti, tutta la sua vita privata ella offrì completamente al servizio di Cristo e, quando dovette regnare, dedicò la sua vita anche al servizio del popolo affidatole.

Lo spirito di servizio animava il suo impegno sociale. Con slancio si impegnò nella vita politica della sua epoca. E poi lei, figlia del re di Ungheria, sapeva unire la fedeltà ai principi cristiani con la coerenza nella difesa della ragion di stato polacca. Intraprendendo grandi opere nell'ambito dello Stato ed in quello internazionale, nulla desiderava per sé. Arricchiva con liberalità la sua seconda patria con ogni bene materiale e spirituale. Esperta nell'arte della diplomazia, pose le fondamenta della grandezza della Polonia del XV secolo. Animò la cooperazione religiosa e culturale tra le nazioni e la sua sensibilità riguardo ai torti sociali fu molte volte lodata dai sudditi.

Con una chiarezza che fino ad oggi illumina tutta la Polonia, sapeva che, sia la forza dello Stato, sia quella della Chiesa hanno la loro fonte in un'accurata istruzione della Nazione; che la via al benessere dello Stato, alla sua sovranità e al suo riconoscimento nel mondo, passa attraverso le operose Università. Edvige sapeva bene anche che la fede cerca la comprensione razionale, che la fede ha bisogno della cultura e forma la cultura, che la fede vive nello spazio della cultura. E nulla risparmiava per arricchire la Polonia di tutto il patrimonio spirituale sia dei tempi antichi, sia di quelli del medioevo.

Diede all'Università perfino il suo scettro d'oro, servendosi invece di quello di legno dorato. Questo fatto, pur avendo un significato concreto, è soprattutto un grande simbolo. Durante la sua vita il suo prestigio e il credito di cui godeva venivano non dalle insegne regali, ma dalla forza dello spirito, dalla profondità della mente e dalla sensibilità del cuore. Dopo la morte, la sua opera continuò a fruttificare con la ricchezza della sapienza e con la fioritura di una cultura radicata nel Vangelo. Per tutto questo noi diciamo alla Regina Edvige il nostro grazie, mentre torniamo con orgoglio a quei seicento anni che ci separano dalla fondazione della Facoltà di Teologia e dal rinnovamento dell'Università di Cracovia, gli anni, si può dire, di un incessante splendore della scienza polacca.

E se ci fosse dato di visitare gli ospedali medioevali a Biecz, a Sandomierz, a Sacz, a Stradom, noteremmo con ammirazione le numerose opere di misericordia fondate dalla sovrana polacca. In esse, forse, nel modo più eloquente si realizzò l'esortazione ad amare con i fatti e nella verità (cfr 1 Gv 3, 18).

"Rallegrati oggi, Cracovia"!

5. Ergo, felix Cracovia,
Sacro dotata corpore,
Deum, qui fecit omnia,
Benedic omni tempor
e.

"Rallegrati oggi, Cracovia"! Gioisci, perchè è giunto finalmente il momento in cui tutte le generazioni dei tuoi abitanti possono rendere un omaggio di gratitudine alla santa Signora di Wawel. Tu, sede regale, devi alla profondità della sua mente di essere diventata in Europa un importante centro del pensiero, la culla della cultura polacca e il ponte tra l'Occidente cristiano e l'Oriente, portando un inalienabile contributo al formarsi dello spirito europeo. All'Università Iagellonica si educavano ed insegnavano coloro che resero famoso in tutto il mondo il nome della Polonia e di questa città, inserendosi con perizia nei più importanti dibattiti della loro epoca. Basti ricordare il grande Rettore dell'Ateneo Cracoviense, Pawel Wlodkowic, il quale già all'inizio del XV secolo poneva le basi della teoria moderna dei diritti dell'uomo, o Nicolò Copernico, le cui scoperte diedero inizio ad una nuova visione del mondo creato.

Non dovrebbe Cracovia, e con essa tutta la Polonia, ringraziare per quell'opera che portò magnifici frutti, i frutti della vita di santi studenti e professori? Si presentano, dunque, oggi dinanzi a noi queste grandi figure di uomini e di donne di Dio, appartenenti ad ogni generazione, da Giovanni di Kety e Stanislao Kazimierczyk, fino al beato Giuseppe Sebastiano Pelczar e al servo di Dio Józef Bilczewski, per inserirsi nel nostro inno di lode a Dio perchè, grazie all'opera generosa della Regina Edvige, questa città è diventata culla di santi.

Rallegrati, Cracovia! Sono lieto perchè posso condividere oggi la tua gioia, essendo qui, a Blonia Krakowskie, insieme al tuo Arcivescovo, il Cardinale Franciszek Macharski, con i Vescovi Ausiliari ed i Vescovi Emeriti, con i Capitoli della Cattedrale e della Collegiata di sant'Anna, con i Sacerdoti, le persone di vita consacrata e con tutto il Popolo di Dio. Come desideravo di venire qui e, a nome della Chiesa, assicurarti solennemente, Cracovia, mia amata città, che non sbagliavi venerando da secoli Edvige come santa. Rendo grazie alla Divina Provvidenza che questo mi viene dato, che mi viene concesso di fissare lo sguardo, insieme con voi, su questa figura che risplende dello splendore di Cristo ed imparare che cosa vuol dire che "la cosa più grande è l'amore".

Ringrazio tutti i Vescovi polacchi, l' intero episcopato con a capo il Cardinale Primate e tutti i Vescovi nostri ospiti. Ringrazio i Cardinali e i Vescovi giunti da Roma e dai Paesi vicini, in particolare dall'Ungheria, dalla Repubblica Ceca, dalla Slovacchia, dalla Lituania. Cari fratelli, la vostra presenza in questo giorno è per noi molto preziosa.

"Riflettiamo
sulla «verità polacca»"
"Riflettiamo
sulla «prassi polacca»
"

6. ". . . non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità", così scrive l'Apostolo (1 Gv 3, 18). Fratelli e Sorelle, impariamo alla scuola di santa Edvige Regina come attuare il comandamento dell'amore. Riflettiamo sulla "verità polacca". Riflettiamo se è rispettata nelle nostre case, nei mezzi di comunicazione sociale, negli uffici pubblici, nelle parrocchie. Non ci sfugge essa a volte sotto la pressione delle circostanze? Non viene distorta, semplificata? E' sempre al servizio dell'amore? Riflettiamo sulla "prassi polacca". Meditiamo se viene attuata con prudenza. E' sistematica e perseverante? E' coraggiosa e magnanima? Unisce oppure divide gli uomini? Non colpisce qualcuno con odio, o con disprezzo? O forse di una prassi d'amore, d'amore cristiano, c'è troppo poco? (cfr St. Wyspianski, Wesele [Nozze]).

". . . non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità"!

"Un compito nuovo:
amare e servir
e"

Dieci anni fa, in un'Enciclica sui problemi del mondo contemporaneo, scrissi che ogni Nazione "deve scoprire e utilizzare il più possibile lo spazio della propria libertà" (Giovanni Paolo II, Sollicitudo rei socialis, 44). Allora avevamo davanti a noi il problema della "«scoperta della libert»". Adesso la Divina Provvidenza ci pone dinanzi un compito nuovo: amare e servire. Amare con i fatti e nella verità. Santa Edvige Regina ci insegna ad usare proprio così il dono della libertà. Lei sapeva che il compimento della libertà è l'amore, grazie al quale l'uomo è disposto ad affidare se stesso a Dio e ai fratelli, ad appartenere a loro. Affidò, dunque, la sua vita ed il suo regnare a Cristo e alle nazioni, che voleva condurre a Lui. Diede a tutta la Nazione l'esempio dell'amore di Cristo e dell'uomo, di un uomo assetato sia di fede che di scienza, come anche di pane quotidiano e di vestiario. Voglia Iddio che anche oggi si attinga a questo esempio, perchè la gioia del dono della libertà sia piena.

Santa nostra Regina Edvige, insegnaci oggi, alla soglia del terzo millennio, quella saggezza e quell'amore di cui hai fatto la via della tua santità. Conduci tutti noi, Edvige, davanti al Crocifisso di Wawel, perchè, come te, conosciamo che cosa vuol dire amare con i fatti e nella verità, che cosa vuol dire essere veramente liberi. Prendi sotto la tua protezione la tua Nazione e la Chiesa che la serve, ed intercedi per noi presso Dio, affinché non cessi in noi la gioia. Gioisci, madre Polonia! Gaude, mater Polonia!

Nonostante la grande venerazione tributatale spontaneamente dal popolo polacco, vi sono voluti ben sei secoli per giungere al riconoscimento ufficiale del suo culto con la canonizzazione.

Il passo necessario per arrivare a tale traguardo è stato il riconoscimento da parte della Congregazione delle Cause dei Santi di una guarigione miracolosa da “otomastoidite purulenta destra cronicizzata con ipoacusia a labirintito”, che ha visto quale protagonista la signora Anna Romiszowska. Nata a Varsavia il 10 marzo 1924, all’età di 2 anni, dopo una scarlattina, si verificò un primo episodio flogistico all’orecchio destro. Nel dicembre 1949, all’età di 26 anni, a seguito di un’angina, fu nuovamente colpita al medesimo organo da una otite acuta, che venne curata con la penicillina. Assai poco giovamento poté trarre la paziente da questo trattamento, a causa della comparsa di un acuto dolore in sede retroauricolare e stato febbrile. Fu trattata con i raggi ultravioletti e poi ricoverata nella clinica otoiatrica dell’Università di Varsavia, ove rimase ben due settimane. In seguito al ricovero si manifestò un’otorrea purulenta. Gli accertamenti radiologici rilevarono un’osteite dell’apofisi mastoidea. Per i numerosi rischi dell’intervento e dell’anestesia la signora Romiszowska fu curata con la penicillina, ma peggiorò per la comparsa di vertigini e senso di nausea. Fu sottoposta a nuovi e più approfonditi esami, che confermarono l’otomastoidite purulenta con chiara sofferenza uditiva e vestibolare, vertigini e vomito. Temendo delle complicazioni endocraniche, alla paziente fu prescritto l’intervento chirurgico della trapanazione del cranio. Il 16 agosto 1950 la fu ricoverata nella Clinica Otorinolaringoiatrica dell’Università di Cracovia, per essere operata il giorno seguente. All’indomani la paziente riferì un improvviso netto miglioramento. Venne dunque sottoposta a nuovi accertamenti radiologici e otofunzionali, che esclusero definitivamente la necessità dell’intervento. La paziente, guarita, fu dimessa già il 18 agosto. Fu successivamente sottoposta a nuovi controlli, che evidenziarono una piccola perforazione, tessuto di granulazione e un deciso miglioramento degli esami.

La guarigione avvenne dunque in poche ore il 17 agosto 1950, nel quarto giorno della novena all’allora Beata Edvige, nella quale la paziente coinvolse l’intera sua famiglia, in cui il culto della regina era vivo da ben tre generazioni. Inoltre durante la novena la malata applicò sulla parte dolente un pezzo di stoffa in cui erano state avvolte le ossa della beata il 14 luglio 1949 in occasione dell’esumazione, del riconoscimento e della traslazione delle reliquie nel nuovo sarcofago nella Cattedrale di Cracovia.

Il 19 dicembre 1996 la Consulta Medica predisposta dalla congregazione vaticana dichiarò all’unanimità tale guarigione come estremamente rapida, definitiva e scientificamente inspiegabile. Il 7 febbraio 1997 anche tutti i membri teologi espressero voto affermativo riguardo a questa guarigione, riconoscendone la preternaturalità ed attribuendola all’intercessione della Beata Edvige. Il 4 marzo seguente giunsero alla medesima conclusione i Cardinali, gli Arcivescovi e i Vescovi chiamati ad esprimersi.

Jadwiga poté così essere elevata agli onori degli altari con il titolo di “santa”.

(Fonte: santiebeati.it)