Prolusione in occasione dell'Apertura dello Studium, 2015

PROLUSIONE IN OCCASIONE DELL'APERTURA DELLO STUDIUM, 2015

 

Stupore  e ammirazione per i Santi,
splendore della Chiesa e gloria dell’umanità [1]

Angelo Card. Amato, SDB

 

1. Beatificazioni e Canonizzazioni nel 2014

La Chiesa non si stanca di presentare al mondo figure straordinarie di uomini e donne, che glorificano la Chiesa ed edificano la società con la loro immensa carità verso Dio e verso il prossimo. Nel corso del 2014 sono stati beatificati 14 Servi di Dio e canonizzati 11 Beati.

I Beati sono: Maria Cristina di Savoia, Regina delle Due Sicilie (Napoli, Italia) [2]; Giuseppe Girotti, Sacerdote Professo dell'Ordine dei Frati Predicatori, Martire (Alba, Italia); Anton Durcovic, Vescovo di Iasi e Martire (Iasi, Romania); Mario Vergara PIME e Isidoro Ngei Ko Lat, catechista, entrambi martirizzati in Myanmar (Aversa, Italia); Madre Speranza di Gesù, Fondatrice delle Congregazioni delle Ancelle e dei Figli dell’Amore Misericordioso (Collevalenza, Italia); Paul Yun Ji-Chung e 123 Compagni, Martiri (Seoul, Corea); Madre Giovannina Franchi, Fondatrice delle Suore Infermiere dell’Addolorata (Como, Italia); Álvaro del Portillo, Vescovo titolare di Vita, Prelato della Prelatura personale della Santa Croce e dell’Opus Dei (Madrid, Spagna); Suor Maria Teresa Demjanovich, Religiosa Professa della Congregazione delle Suore della Carità di Santa Elisabetta (Newark, Stati Uniti d’America); Francesco Zirano, Sacerdote Professo dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, Martire (Sassari, Italia); Paolo VI, Sommo Pontefice (Roma); Maria Assunta Caterina Marchetti, Confondatrice dell’Istituto delle Suore Missionarie di San Carlo Borromeo (San Paolo, Brasile); Pietro Asúa Mendía, Sacerdote diocesano, Martire (Vitoria, Spagna).

Per quanto riguarda i Santi, tre sono stati proclamati il 3 aprile 2014 con canonizzazione equipollente e sono: François de Laval, missionario francese nel Nord America e Vescovo di Québec; José de Anchieta, Gesuita, missionario spagnolo in Brasile; Maria dell’Incarnazione, Orsolina francese e fondatrice del Monastero delle Orsoline nella città di Québec. Gli altri otto sono stati canonizzati in Piazza San Pietro da Papa Francesco in due distinte celebrazioni. Nella prima, del 27 aprile 2014, ha avuto luogo la canonizzazione di Papa Giovanni XXIII e di Papa Giovanni Paolo II. Nella seconda, del 23 novembre 2014, c’è stata la canonizzazione di Giovanni Antonio Farina, Vescovo di Vicenza (Italia), Fondatore delle Suore Maestre di Santa Dorotea Figlie dei Sacri Cuori; Kuriakose Elias Chavara della Sacra Famiglia, Sacerdote e Fondatore della Congregazione dei Carmelitani di Maria Immacolata (India); Ludovico da Casoria, Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori (Italia); Nicola da Longobardi, Oblato Professo dell’Ordine dei Minimi (Italia); Eufrasia Eluvathingal del Sacro Cuore, Suora Professa della Congregazione delle Suore della Madre del Carmelo (India); Amato Ronconi, del Terz'Ordine di San Francesco, Fondatore dell’Ospedale dei Poveri Pellegrini in Saludecio (Italia).

Tra i Beati e i Santi ci sono quindi Papi, Vescovi, Sacerdoti, Religiosi e Religiose, Laici, tutti chiamati dal battesimo alla testimonianza evangelica fino al dono della vita, come per i Martiri. Le beatificazioni e le canonizzazioni sono traguardi spirituali, raggiunti con il lavoro accurato, paziente e professionale degli Ufficiali della Congregazione delle Cause dei Santi, dei Postulatori delle cause e dei numerosi Collaboratori esterni (storici, teologi, medici e tecnici).

La Congregazione tratta anche le cause riguardanti le canonizzazioni equipollenti e quelle relative alla proclamazione di un Santo, particolarmente noto per la sua dottrina eminente, a Dottore della Chiesa.

 

2. Stupore

Di fronte a questa folla di Beati e di Santi, è indispensabile tenere due atteggiamenti: da una parte, di stupore di fronte alle meraviglie che la grazia ha operato in questi battezzati, e, dall’altra, di ammirazione di fronte al loro amore alla Chiesa e di fronte al bene immenso da essi compiuto verso l'umanità.

Anzitutto è indispensabile conservare sempre vivo lo stupore verso la santità di donne e uomini, grandi e piccoli, di ogni lingua e nazione, che hanno edificato la Chiesa con le loro virtù o che hanno testimoniato il Vangelo fino al martirio. I santi, tabernacoli viventi della grazia di Dio, sono le persone più qualificate per suscitare l'ammirazione e per invitarci all'imitazione.

San Giovanni Damasceno affermava che, venerando i santi con icone e statue visibili, i cristiani erano chiamati a imitarne le virtù, diventando anch'essi icone viventi di santità: «Osservando attentamente la vita dei santi, emuliamone la fede, l'amore, la speranza, l'ardore, la vita, la fermezza verso le passioni, la perseveranza sino al sangue, affinché nel futuro possiamo condividere con loro le corone della gloria».[3]

I santi sono la vera élite della Chiesa. Sono i nostri maestri di vita, di conversione, di preghiera, di apostolato. Non solo nobilitano la Chiesa, ma beneficano l'umanità con una molteplicità di doni, che rendono la società più fraterna, accogliente, pacifica, buona.

Nel 2008 e nel 2014 è stata pubblicata da due diversi editori italiani una famosa opera apologetica francese, Genio del Cristianesimo, dello scrittore François René de Chateaubriand, che, pubblicata nel 1802, conserva ancora oggi una sua indiscutibile attualità.[4]

Nel libro sesto di quest'opera monumentale l'autore si stupisce di fronte alla fantasia benefica dei santi, che vanno incontro all'umanità bisognosa, creando dal nulla ospizi, ospedali, lebbrosari; adoperandosi per il riscatto degli schiavi, delle prostitute, dei prigionieri; proteggendo gli indigeni dai soprusi dei colonizzatori e creando un primo nucleo di diritto internazionale di salvaguardia della loro dignità e libertà. Sono i santi i protagonisti di queste e altre straordinarie imprese di bene.

Parlando dei Trinitari, Chateaubriand si commuove leggendo i sacrifici e le austerità dei membri di quest'ordine per procurarsi il denaro per il riscatto dei prigionieri. A proposito, poi dei Mercedari, lo scrittore cita, come esempio, San Pietro Pascasio, vescovo di Jaén, che, dopo aver impiegato i suoi averi per il riscatto degli schiavi e per il soccorso dei poveri, fu fatto prigioniero e messo in catene. Il clero e il popolo della sua chiesa gli mandarono una somma di denaro per il riscatto. Il Santo la ricevette con molta riconoscenza, ma invece di usarla per la sua libertà, riscattò con essa una gran quantità di donne e bambini, la cui fragilità gli faceva temere che potessero abbandonare la religione cristiana, e rimase per sempre nelle mani dei suoi carnefici, che nel 1300 gli procurarono la corona del martirio.[5]

Lo scrittore cita anche San Pedro de San José de Bethencourt, francescano spagnolo, missionario in Guatemala e Fondatore dei Fratelli di Betlemme. Anch'egli, sensibile alla sorte misera degli schiavi, costruì una capanna che diventò presto un ambulatorio gratuito per i poveri. Molti ricchi, commossi dalle sue virtù, lo aiutarono con offerte generose, che trasformarono la misera capanna in un magnifico ospedale. Il missionario morì giovane. L'amore per l'umanità gli aveva logorato il cuore. Non appena si diffuse la notizia della sua morte, i poveri e gli schiavi si precipitarono all'ospedale per vedere ancora una volta il loro benefattore. Gli baciavano i piedi, tagliavano pezzi dei suoi abiti, lo avrebbero dilaniato per portar via qualche reliquia. Chateaubriand alla fine commenta: «Se la religione ci ha attesi sulle cime delle montagne, essa è anche scesa nelle viscere della terra, lontano dalla luce del giorno per cercarvi gli sventurati».[6]

I santi, con le loro opere di misericordia, sono uno straordinario criterio di credibilità della Chiesa cattolica. Per questo lo scrittore elenca le magnifiche imprese dei benedettini e dei gesuiti nel campo della protezione degli orfani, dell'istruzione dei piccoli con le scuole gratuite, dell'educazione dei giovani con l'apertura di collegi, università, accademie. Perfino l'agricoltura deve molto ai santi per il loro impegno a dissodare terreni, ad aprire strade e ponti, a ingrandire e abbellire paesi e città, a istituire trasporti, a promuovere arti e mestieri, manifatture, commercio: «I nostri padri erano dei barbari a cui il cristianesimo era costretto a insegnare persino l'arte di nutrirsi».[7]

Per Chateaubriand, mediante la santità, la Chiesa ha promosso «una più grande umanità fra gli uomini» e ha reso popolare «una virtù assoluta che vale da sola tutte le altre, la carità».[8] Conclude, quindi, affermando che Gesù Cristo, fonte di ogni santità cristiana, è in tutta verità Salvatore del mondo non solo in senso spirituale ma anche materiale.[9]

L'oggetto del vostro studio e del vostro lavoro è quindi il santo, quest'uomo spirituale che espande dovunque grazia e virtù e depura la nostra atmosfera dai molti vizi dell'umanità. Il santo è più prezioso dell'oro e del platino. Merita, quindi, di essere trattato con cura e rispetto. Il nostro stupore deve essere pari alla sua nobiltà.

 

3. Amore alla Chiesa

Per meglio comprendere la santità di questi eroi del Vangelo occorre essere animati da un atteggiamento di amore alla Chiesa, la madre e la casa dei santi. Dove si formano i santii? dove trovano le energie spirituali per perseverare nel bene e aprirsi agli orizzonti sconfinati della carità? Nella Chiesa, è la risposta.

È la Chiesa che li genera col battesimo, li nutre con i sacramenti, li educa con la parola divina di Gesù. La Chiesa è per ogni battezzato madre, maestra e patria spirituale. Sant’Ireneo diceva: «Dove c’è la Chiesa, lì c’è lo Spirito di Dio; e dove c’è lo Spirito di Dio, lì c’è anche la Chiesa e ogni grazia».[10] E noi possiamo aggiungere: dove c’è la Chiesa lì c’è la sorgente della santità di tanti uomini e donne, sacerdoti, consacrati, laici. È mediante la Chiesa che giunge all’umanità la salvezza e la grazia divina.

Un secondo atteggiamento, quindi, che deve accompagnare il nostro impegno e il nostro studio per le cause dei santi è quello dell’amore alla Chiesa. La Serva di Dio, Madeleine Delbrêl usava l’espressione «Cristo-Chiesa», a indicare la stretta comunione di Cristo con la Chiesa, suo sacramento di salvezza. Questa francese, convertita dall’ateismo alla mistica, soleva dire: «Ora noi siamo le cellule del corpo Cristo-Chiesa, cellule nel contempo intelligenti e amanti. Una sola cellula può infettare l’organismo intero, ma una sola cellula può lasciar passare l’ago dell’iniezione che salva».[11]

I santi sono le cellule benefiche, che donano salute e bellezza all’umanità. Di San Francesco di Assisi si è scritto: «Con la Chiesa credere, pregare, operare, sentire: “Sentire cum ecclesia” è per lui un principio fondamentale al pari di quello di regolarsi in ogni cosa secondo il Vangelo; sicché senza esagerazione possiamo dire che Francesco era la “ecclesialità personificata”».[12]

Di sant’Ignazio di Loyola Padre Riccardo Villoslada, noto professore di storia ecclesiastica all’Università Gregoriana, scriveva: «La sua devozione al Vicario di Cristo e alla “nostra santa madre Chiesa gerarchica” scaturiva naturalmente dal suo appassionato amore al “Nostro comune Signore Gesù”, a “Cristo Redentore nostro Sommo Pontefice”».[13]

San Giovanni Bosco amava l’Eucaristia, la Beata Vergine Maria e il Papa. Erano i suoi tre amori “bianchi”, come soleva dire. Concludendo una sua pubblicazione sulla spiritualità dei Salesiani di Don Bosco, lo storico francese Francis Desramaut scrive: «Il salesiano si inserisce, senza ostentazione, tra i cristiani capaci di parlare con amore della Chiesa, “giudicandola con affetto, quasi fosse una madre”. Questi sono coscienti di aver ricevuto la vita dello Spirito nella Chiesa e tramite la Chiesa. Forse ne conoscono i limiti, le rughe e perfino gli scandali. Ma non vi danno grande importanza. Valutano invece dovutamente i vantaggi della sua presenza per la persona e per l’umanità: le energie benefiche che diffonde, l’esperienza di Dio manifestata dalla santità che offre come esempio, la saggezza che emana dalla Parola di Dio, l’amore che unisce e suscita solidarietà al di là delle frontiere nazionali e continentali, il senso della vita che propone, i valori che difende e le prospettive di vita eterna che apre. La famiglia salesiana ammira e ama la Chiesa di Gesù Cristo».[14]

Anche per il gesuita Paolo Dezza «il sentire con la Chiesa significa non solamente conoscere e volere, ma avere un conoscere e un volere informati dall’amore, animati da questo sentimento affettuoso verso la Chiesa, che rende possibile e facile anche quello che potrebbe sembrare impossibile o troppo difficile».[15]

Leggendo una sua biografia, ci si commuove osservando l’amore e la devozione che San Luigi Orione nutriva per il Papa e che trasmetteva ai suoi figli spirituali. In una lettera scriveva: «Per la grazia di Dio non venderò una sola virgola della mia fede per nessun piatto di lenticchie. […] Tutto l’oro del mondo non vale un alito dei desideri del Papa».[16] Per il Papa, Don Orione avrebbe dato il sangue e la vita: «Il Papa: ecco il nostro credo e l’unico credo della nostra vita e del nostro Istituto».[17]

Per questa sua obbedienza al Papa egli, sull’esempio delle costituzioni ignaziane, riservò ai suoi religiosi professi di almeno dieci anni un voto speciale, il cosiddetto quarto voto, quello cioè di dedizione piena e assoluta alla volontà del Papa. E ammoniva: «Nessuno ci vinca nella sincerità dell’amore, nella devozione, nella generosità verso la Madre Chiesa e il Papa; nessuno ci vinca nel lavorare perché si seguano i desideri della Chiesa e del Papa. Nessuno ci vinca nel seguire le direttive pontificie, tutte, senza reticenze e senza piagnistei, senza freddezze e senza riserve. Adesione piena e filiale e perfetta: di mente e di cuore e di opere, non solo in tutto quanto il Papa decide solennemente in materia di dogma e di morale, ma in ogni cosa qualunque siasi che Egli insegna, comanda ed esige».[18]

Anche per San Luigi Guanella, l’obbedienza e l’amore al Papa costituivano il sigillo della sua fedeltà alla Chiesa: «Nella santità di Don Guanella spiccava particolarmente una nota: l’assenso incondizionato alla Sede Apostolica, la venerazione e l’amore filiale per il Sommo Pontefice». Sono le parole pronunciate dal Cardinale Ferrari nell’omelia della Santa Messa ai funerali di don Guanella.

La Beata Jeanne Emilie de Villeneuve, morta nel 1854, fondatrice delle Suore di Nostra Signora dell’Immacolata Concezione di Castres in Francia e che presto sarà canonizzata, in un’epoca ancora pervasa di gallicanesimo, non aveva nessuna vergogna di affermare : «Sono ultramontana», volendo esprimere con ciò la sua incondizionata devozione al Papa. E come figlia amorosa della Santa Madre Chiesa, ella scelse per la sua congregazione le grandi devozioni cattoliche: amore all’Eucaristia, al Sacro Cuore, all’Immacolata.

San Giorgio Preca, sacerdote maltese, padre della catechesi in quella nazione, salutava così il Papa: «Salve Papa noster, Salve petra fidei, Salve coeli ianitor. Et Dominus sit tecum».

Per comprendere come l’amore non riduca l’aspirazione all’autenticità, Padre Agostino Gemelli, francescano e fondatore del famoso Policlinico romano, soleva affermare che San Francesco aveva gli stessi scopi rinnovatori degli eretici: «Ma quello che distingue subito S. Francesco dagli eretici e lo colloca d’un tratto mille miglia al di sopra delle sette, è la sua decisa e totale sottomissione alla Chiesa cattolica. Tutti i punti posti dagli eretici in contrapposizione a Roma, egli riprende e risolve in obbedienza a Roma; essi volevano seguire il Vangelo alla lettera, e S. Francesco così fa, ma del Vangelo accetta ogni parola, comprese quelle che si riferiscono all’autorità di Pietro, degli Apostoli e dei loro successori; gli eretici volevano la predicazione in volgare, e S. Francesco predica in volgare, ma con il permesso del Papa; gli eretici volevano povertà, castità e lavoro, ma ornavano di superbia la propria virtù, imprecando all’avarizia e al mal costume del clero, condannando quelli che non vivevano come loro e seminando odio; S. Francesco, invece si ritiene l’ultimo degli uomini, bacia la terra dove passa un prete, sia pure indegno, perché ministro di Dio; ammonisce i peccatori prima di tutto con l’esempio e con la penitenza; non pretende la santità dagli altri; non condanna nessuno, ma incolpa e corregge se stesso e porta ovunque la pace».[19]

L’amore alla Chiesa porta al sentire con la Chiesa. Negli Esercizi Spirituali, Sant’Ignazio di Loyola, tra le regole circa il “sentire cum Ecclesia”, ne pone una, paradossale, che suona così: «13. Per non sbagliare, dobbiamo ritenere che quello che vediamo bianco sia nero, se lo dice la Chiesa gerarchica. Perché crediamo che quello spirito che ci governa e ci sorregge, per la salvezza delle nostre anime, sia lo stesso in Cristo Nostro Signore, che è lo sposo, e nella Chiesa, che è la sua sposa. Infatti la nostra santa madre Chiesa è retta e governata dallo stesso Spirito e Signore Nostro il quale dettò i dieci comandamenti». San Josemaría Escrivá, fondatore dell’Opus Dei, scriveva: «518. Che gioia poter dire con tutte le forze della mia anima: amo mia Madre, la santa Chiesa!».

Il “sentire cum Ecclesia” significa in concreto “cogitare cum Ecclesia”, “iudicare cum Ecclesia”, “amare Ecclesiam”, “criteria habere quae Ecclesia habet”. I Santi si sono letteralmente accaniti per rendere attraente la Chiesa. La santità di Cristo-Chiesa traspariva dalla loro vita e dalla loro predicazione. La catechesi pontificia continua a proporre la valorizzazione delle sante e dei santi, come eccellenti modelli di educazione e formazione della vita di fede oggi. Per Benedetto XVI il santo è una “buona notizia” per tutti. Essi infatti testimoniano il Vangelo sine glossa.

Per Papa Francesco i santi sono più convincenti dei nostri discorsi. La loro lingua è fatta di di gesti e di azioni intrisi di Vangelo. Egli ripete spesso che la Chiesa è la casa della gioia perché proclama la buona notizia del Vangelo: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia».[20] Al nostro stupore e ammirazione i santi rispondono infondendo nei nostri cuori pace e serenità. È questa la ricompensa dei santi.

 

 

[1] È la prolusione allo Studium della Congregazione delle Cause dei Santi, tenuta presso la Pontificia Università Urbaniana il 12 gennaio 2015.

[2] La parentesi indica il luogo della beatificazione.

[3] Giovanni Damasceno, Esposizione della fede, 88.

[4] Le due edizioni sono rispettivamente di Bompiani e di Einaudi.

[5] François René de Chateaubriand, Genio del Cristianesimo, Einaudi, Torino 2014, p. 553.

[6] Ib. p. 555.

[7] Ib. p. 570.

[8] Ib. p. 589.

[9] Ib. p. 598.

[10] Ireneo, Adversus haereses, III, 24,1.

[11] J. Loew, Dall’ateismo alla mistica, EDB, Bologna 1998, p. 98.

[12] F. D’Ostilio, Amare la Chiesa, LEV, Città del Vaticano 2000, p. 41.

[13] R. Villoslada, Ignazio di Loyola, in Bibliotheca Sanctorum, VII col. 688-689.

[14] F. Desramaut, Spiritualità salesiana, LAS, Roma 2001, p. 151.

[15] P. Dezza, Amare la Chiesa per sentire con la Chiesa, in «Vita consacrata» 16 (1980) p. 467.

[16] D. Sparpaglione, Don Luigi Orione, Cinisello Bm, San Paolo 2004, p. 256.

[17] Ib. p. 190.

[18] Ib. p. 191.

[19] A. Gemelli, Il francescanesimo, Vita e Pensiero, Milano 1947, p. 11-12.

[20] Papa Francesco, Esortazione apostolica Evangelii gaudium (24 novembre 2013) n. 1.