Omelia nella memoria della Madonna dei Martiri

OMELIA NELLA MEMORIA DELLA MADONNA DEI MARTIRI

(Molfetta, domenica 8 settembre 2019)

 

 

Eccellenza Reverendissima,

Cari Frati Minori Conventuali,

Cari Sacerdoti e care Religiose,

Cari fratelli e sorelle,

L’odierno Vangelo (Lc 2,27-35) ci conduce, insieme a Maria e Giuseppe, al tempio di Gerusalemme, dove avviene la presentazione del figlio Gesù il quarantesimo giorno dopo la nascita. La scena è nel tempio di Gerusalemme, unico e sommo luogo sacro del popolo d'Israele, che custodiva le tavole della Legge di Dio - segno della gloria e della vicinanza di Iahvé - e brulicava quotidianamente di pellegrini, sacerdoti, addetti, mercanti. Una folla chiassosa e indaffarata. Quel giorno, quasi nascosti e anonimi, Maria e Giuseppe portano il loro piccolo per adempiere le prescrizioni e compiere l'offerta. Solo due vecchi, Simeone e Anna, si accorgono di loro, li riconoscono e, dopo tanti anni di silenzio e attesa, tornano a profetizzare. Ed ecco risuonare all’improvviso la voce dell’anziano Simeone, che riferendosi a Gesù dice: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione» (v.34). E rivolgendosi alla madre, aggiunge: «anche a te una spada trafiggerà l’anima” (v.35). Con queste parole, Simeone profetizza l’agonia di Gesù sul calvario, unita all’agonia del cuore di sua Madre.

È singolare e vi fa onore che la vostra comunità veneri Maria, la Madre di Gesù, sotto il titolo di Madonna dei Martiri. Un titolo consono a tutti i tempi e a ogni aerea geografica perché il martirio dei cristiani è stata e sarà una costante nella storia della Chiesa. Un titolo, ahimé!, che non passerà mai di moda. Il Papa qualche mese fa ci ha ricordato che i martiri di oggi sono in numero maggiore dei primi secoli e che la crudeltà manifestata contro di loro è uguale a quella perseguita verso i primi cristiani.

Invocando dunque Maria come Madonna dei Martiri la sentiamo come colei che protegge e rafforza la fede di coloro che sono chiamati a dare la propria vita per amore di Gesù e nello stesso tempo la vediamo come il modello di tutti i martiri. La Madre che sta ai piedi della croce, partecipando al dolore del Figlio, è infatti immagine dei martiri di tutti i tempi che hanno conformato la loro vita, e soprattutto la loro morte, al Signore Gesù. "Maria ai piedi della croce, nello straziante «stabat» che fa di lei un mare amaro di angoscia, è l’espressione più alta, in umana creatura, dell’eroicità di ogni virtù. Non c’è dolore simile al suo...” (Chiara Lubich).

Il pensiero dei martiri, che l’odierna festa richiama, ci deve porre degli interrogativi sulla qualità della nostra fede. Mi sento degno di essere chiamato fratello nella fede di quanti hanno dato la vita per essa? È la mia fede così forte da viverla nel silenzio della mia camera o di professarla pubblicamente per la strada, negli ambienti di lavoro o durante le vacanze, con chi crede e con chi mi è ostile? È così gioiosa da contagiare i miei familiari, i colleghi di lavoro, chiunque incontro? La credibilità dei cristiani di oggi è spesso minata dall’incapacità di incarnare la fede nella vita, dalla mancanza di coerenza tra quello che crediamo e quello che facciamo. Dobbiamo constatare che la fede spesso non diventa storia vissuta. Molti problemi di oggi derivano proprio da questa frattura: la fede che non si traduce in opere coerenti. A volte, si avverte una tendenza a relegare la fede e quindi Dio nella sfera intima, privata, senza attribuirgli alcuna rilevanza dal punto di vista della vita sociale. Ma una società senza lo spirito del Vangelo è più povera per tutti. La fede in Dio non ci rende tranquilli, non ha come scopo di farci dimenticare le emergenze e le urgenze del nostro tempo. Al contrario, Gesù, con il suo messaggio di amore, di fraternità e di condivisione, turba la nostra tranquillità e ci stimola a costruire ponti di incontro e aprire strade di pace e di solidarietà. Ma questo atteggiamento evangelico prevede anche di mettere in conto la derisione, la sofferenza, l’ostilità e la persecuzione.

Di questo erano ben consapevoli i martiri che nel corso dei secoli hanno irrorato con il loro sangue zolle di terra spiritualmente aride. Essi trassero forza non in una brama di personale protagonismo, bensì nell’amore senza riserve verso Gesù Cristo, anche a costo della vita. Imitarono così Maria che seguì il figlio Gesù nell’ora del dolore supremo sul Golgota. Come ben ci ricorda il Concilio Vaticano II: «La Beata Vergine ha avanzato nel cammino della fede e ha conservato fedelmente la sua unione col Figlio sino alla croce dove, non senza un disegno divino, se ne stette ritta» (Lumen gentium,58). Il pellegrinaggio della fede di Maria! È proprio ai piedi della croce che questo pellegrinaggio di fede, che aveva avuto inizio con l’annunciazione, raggiunge il suo apice.

La Madonna ha portato la sua croce, mettendosi “dietro” al suo Gesù: è stato per Lei un dolore immenso vedere il Figlio soffrire e morire; il suo cuore davvero è stato trafitto così come aveva predetto il vecchio Simeone. E il suo cuore continua ad essere trafitto nell’umanità sofferente di oggi: nell’uomo privo di Dio, nell’anziano abbandonato, nel povero rifiutato, nel debole trascurato, nel profugo respinto.  Nello stesso tempo, però, la glorificazione di Maria, assunta in cielo in anima e corpo, mostra il destino di ogni discepolo di Gesù. Anche noi raggiungeremo la pienezza di vita, se saremo capaci di percorrere il pellegrinaggio della fede che ha compiuto Maria. È proprio questo itinerario, cioè la “sequela” di Gesù, l’atteggiamento decisivo del cristiano; un atteggiamento che si traduce in “conversione”, vale a dire cambiamento di mentalità.

Di fronte alle rovine morali e ai problemi che attanagliano l’umanità contemporanea, il credente non può stare con le mani in mano, quasi rassegnato agli eventi in attesa di tempi migliori. Occorre respingere questa tentazione e prendere sul serio la Parola di Dio, perché diventi davvero pane quotidiano del nostro cammino personale e comunitario.

In questi giorni di celebrazioni mariane, voi, cari fratelli e sorelle, avete fissato il vostro sguardo in quello della Madonna: è stata una bella occasione per sperimentare sentimenti profondi, formulare pensieri di alto respiro e propositi autentici. La Madonna vi ha certamente parlato, indicandovi suo Figlio Gesù e riproponendovi quelle parole pronunciate alle nozze di Cana: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela» (Gv 2,5). Quello che Gesù, poi, chiese ai discepoli, lo chiede anche a noi oggi: «Riempite d’acqua le anfore» (v.7). “Riempire” è il comando del Signore; occorre riempire le anfore della nostra esistenza, spesse volte vuota di entusiasmo, di valori sani, di fiducia, di prospettive rassicuranti, di speranza.

La Vergine Santa può veramente darci un insostituibile sostegno e benedire il nostro impegno per vivere secondo il Vangelo. Con questa certezza invochiamo la sua materna protezione su questa città, sui responsabili delle varie istituzioni, su tutti i molfettesi nel mondo, sull’intera comunità diocesana, sui suoi sacerdoti, le persone consacrate, i fedeli laici, i giovani, le famiglie, gli anziani. A Lei chiediamo di vegliare, in modo particolare, sugli ammalati e su tutti i sofferenti.

Maria, Regina dei Martiri, stella del mare, spesso tempestoso, della nostra vita, infonda nei cuori di tutti la forza necessaria per continuare la nostra traversata terrena e di aprire nuovi percorsi di fiducia e di sano ottimismo.