Omelia per la Canonizzazione del Vescovo Bartolomeo Fernandes dei Martiri

OMELIA PER LA CANONIZZAZIONE DEL VESCOVO BARTOLOMEO FERNANDES DEI MARTIRI

(Braga, domenica 10 novembre 2019)

 

 

«Come un pastore passa in rassegna il suo gregge... così io passerò in rassegna le mie pecore» (Ez 34,12).

 

Cari Fratelli e sorelle,

Le parole del profeta Ezechiele, che abbiamo poc’anzi ascoltato, testimoniano la costante sollecitudine di Dio per i suoi fedeli, dando attuazione al suo misericordioso disegno salvifico. Ecco ciò che il Signore ha operato anche nel popolo di questa Arcidiocesi di Braga, mediante il ministero pastorale del Vescovo Bartolomeo Fernandes dei Martiri, proclamato Beato da Giovanni Paolo II il 4 novembre 2001. Le ulteriori testimonianze con cui Dio ha voluto illustrare questo suo servo, l’espansione del suo culto oltre i confini dell’Arcidiocesi di Braga, la rilevanza ecclesiale della sua santità e dell’incidenza del suo insegnamento sulla pratica cristiana e sull’evangelizzazione, hanno indotto il Santo Padre Francesco ad annoverarlo definitivamente nell’albo dei Santi.

In vista di un annuncio evangelico e missionario più autentico e coraggioso appaiono provvidenziali i motivi di convenienza pastorale per questa Canonizzazione. Bartolomeo Fernandes dei Martiri appare anzitutto una figura di primissima importanza per la profondità della sua cultura teologica e del suo insegnamento, come dotto ed esemplare maestro dell’Ordine dei Predicatori. Non si può poi dimenticare il forte impegno per la riforma della Chiesa e il rinnovamento della vita cristiana di questo zelante pastore di anime, che fu tra i più fervidi e autorevoli padri del Concilio di Trento, il più importante avvenimento ecclesiale del Cinquecento. Infine, avvertiamo la grande attualità del suo messaggio, specialmente in ambito dottrinale e pastorale, come uomo di preghiera, grande evangelizzatore e Vescovo totalmente dedito alle persone a lui affidate.

Il Santo che oggi celebriamo, nel solco e dietro l’esempio dei dottori della Chiesa e dei grandi teologi, risponde in modo eminente alla figura del sacerdote e del pastore, che unisce l’amore per la scienza a quello per la pietà e la sollecitudine per i bisogni spirituali della gente, e ricorda quindi il modello offerto dal profeta Ezechiele, quando dice: «Condurrò [le mie pecore] in ottime pasture e il loro pascolo sarà sui monti alti ... andrò in cerca della pecora perduta e ricondurrò all’ovile quella smarrita, fascerò quella ferita e curerò quella malata» (vv. 14.16). E così fu Bartolomeo che già da vivo presso i contemporanei godeva fama di eccelsa santità. Al riguardo, mi piace ricordare le parole di un suo ammiratore gesuita, scritte subito dopo il suo decesso, avvenuto il 16 luglio 1590: «Tale [fu] Bartolomeo: un uomo molto saggio, santo e austero, che né le asprezze della regione del Trás-os-Montes, né il caldo afoso o il freddo acuto o le intemperie, hanno arrestato nel suo passo di pastore vigilante della sua chiesa» (Positio, 1).

Sì, San Bartolomeo fu un vero modello di pastore, egli ha seguito il divino Pastore e si è messo alla sua scuola. Eletto nell’autunno del 1557 priore del convento di Benfica, fra Bartolomeo portò con sé i contenuti della sua spiritualità, divenendo un ricercato maestro di vita interiore. E’ bello ricordare come era suo costume radunare i confratelli novizi al termine dell’ufficio di Compieta per istruirli nell’orazione, insistendo sul fatto che l’unico modo per sostenere e rafforzare l’uomo esteriore era quello della pratica di una assidua preghiera interiore grazie alla quale si giunge ad assaporare come soave sia lo Spirito di Dio, autore e perfezionatore di quell’uomo nuovo che è chiamato a soppiantare l’uomo vecchio. Diventato Vescovo continuò a coltivare diligentemente lo spirito di preghiera assidua e la contemplazione: qui sta il segreto della sua fervida attività apostolica! La sua straordinaria missione pastorale è l’irradiamento esteriore della propria vita interiore, capace di suscitare affabilità e dolcezza nelle relazioni umane, misericordia e generosità con il popolo, zelo e fervore nel ministero della predicazione, pazienza e costanza nelle avversità e nelle persecuzioni.

Infaticabile nel rinnovamento della diocesi, con uno stile improntato alla più assoluta povertà personale, egli visitò l’intero territorio metropolitano, sostando più giorni nelle quasi 1300 parrocchie. La visita pastorale, che effettuava ogni tre anni, era un’espansione della presenza spirituale del Vescovo tra i fedeli, diventando concretamente un efficace strumento per capire, ammonire e correggere. La sua passione per la Chiesa lo indusse a prestare grande attenzione al tema della riforma, chiedendo a sacerdoti e fedeli laici maggiore coerenza e fedeltà al Vangelo. Di fronte ad una realtà ecclesiale segnata dallo spirito mondano per scarsa preparazione e inerzia, egli promosse eventi formativi per sacerdoti e laici, rilanciando l’importanza della catechesi. Operò incessantemente e con successo per elevare moralmente e materialmente le condizioni dei sacerdoti, costruendo altresì il seminario diocesano. Dimostrò una paterna vicinanza ai mali della società, con una sempre vigile attenzione ai poveri. Al tempo della peste del 1570, si rifiutò di obbedire al re e al Cardinale che gli avevano ingiunto di lasciare Braga. Preferì mettere a rischio la propria vita piuttosto che abbandonare gli appestati e privare i sani rimasti isolati e sprovvisti di ogni soccorso a causa dell’epidemia.

San Bartolomeo mostra a tutti noi, e specialmente ai pastori di anime, quanto è importante una sana sensibilità culturale, fondata su un autentico amore alla verità, che si traduce nell’impegno generoso di comunicarla ai fratelli. Un impegno che dà al ministero speciale dignità e particolare efficacia. Bartolomeo dei Martiri fu, infatti, umile e povero figlio di San Domenico; profondo conoscitore della Sacra Scrittura e della teologia; allo stesso tempo contemplativo e missionario, perfetto testimone di quella tradizionale e nota definizione del frate predicatore risalente a San Tommaso d’Aquino secondo il quale il carisma del domenicano è quello di contemplari et contemplata aliis tradere.

E il potente richiamo della spiritualità di San Domenico si fece sentire in lui nel momento supremo della fatica e del dolore. Affaticato, malato e senza forze, nel 1581 presentò a Papa Gregorio XIII la richiesta delle dimissioni, che furono accolte. Ritornò immediatamente a Viana nel convento che aveva fondato e dove trascorrerà gli otto ultimi anni della sua vita. Nel convento del buen ritiro, narra il biografo Luís de Sousa, visse con stile umile e osservante, come “il migliore dei religiosi” e, per meritarsi la povera pensione che gli arrivava da Roma, prestava volentieri il suo servizio nella predicazione e nella catechesi, soccorrendo i poveri e gli umili del popolo, distribuendo agli indigenti tutto ciò che possedeva, perfino il letto sul quale dormiva.

 

«Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5, 16). Come ha risposto il nostro Santo a questo mandato apostolico? Con l’esercizio di molteplici attività, che testimoniano della sua umiltà, della sua grandezza d’animo, come anche della sua coscienziosa e metodica preparazione specifica. Tutto ciò lo mise al servizio della riforma della Chiesa, nelle sue strutture e soprattutto nello stile di vita delle persone, alla quale egli si applicò in modo speciale. A somiglianza del divino Pastore, Bartolomeo Fernandes dei Martiri seppe così radunare il gregge a volte disperso (cfr Ez 34, 12), e seppe condurlo a riposare presso «pascoli erbosi ed acque tranquille» (cfr Sal 22 [23], 2). Seppe condurlo in «ottime pasture» (Ez 34,14): quelle, soprattutto, della Parola di Dio illustrata nella predicazione e “fatta carne” mediante un eccezionale atteggiamento di carità pastorale.

Nella sua vita si è compiuto ciò che San Paolo aveva scritto ai Romani e che abbiamo ascoltato nella seconda lettura: «Vi esorto dunque fratelli … a offrire i vostri corpi come sacrificio vivente, santo e gradito a Dio» (12,1). San Bartolomeo ha fatto della sua vita e del suo ministero un’offerta incessante alle persone affidate alle sue cure pastorali, non governando il gregge da lontano, ma andando incontro agli altri con immenso ardore apostolico. Così è diventato immagine di quella che il Santo Padre Francesco ama definire una Chiesa “in uscita”, sempre in cammino, per condividere l’esistenza delle persone, specialmente di quanti sono ai margini della società, per accendere luci e riscaldare cuori che aiutino la gente, a trovare il senso della vita e della storia.

La Chiesa gioisce di poter indicare oggi questo modello di Chiesa e di santità che San Bartolomeo ha incarnato, presentandosi ai suoi coetanei e a tutti noi come «sale della terra e luce del mondo» (Mt 5,13). E con fiducia si rivolge alla sua intercessione:

San Bartolomeo dei martiri, prega per noi!