Saluto al Santo Padre nell'Udienza ai partecipanti al Convegno "La Santità oggi"

 

Santità,

consegnando alla Chiesa, nella solennità di san Giuseppe del 2018, la Gaudete et Exsultate, lei ha scritto che il suo obiettivo era «far risuonare ancora una volta la chiamata alla santità, cercando di incarnarla nel contesto attuale, con i suoi rischi, le sue sfide e le sue opportunità. Perché il Signore ha scelto ciascuno di noi “per essere santi e immacolati di fronte a Lui nella carità” (Ef 1,4)» (n. 2). La stessa esortazione apostolica, del resto, nel suo sottotitolo rimanda alla «chiamata alla santità nel mondo contemporaneo». Ecco: l’intenzione del nostro Convegno è stata, appunto, riflettere sul significato, sul valore di questa vocazione e esaminare che cosa essa significa per ciascuno di noi, considerati non soltanto le rispettive condizione di vita, ma pure i vari compiti di servizio nel Dicastero delle Cause dei Santi.

Nel contesto, allora, del tema generale: La santità oggi, abbiamo voluto mettere a fuoco due temi, che tradizionalmente sono esaminati nei processi di beatificazione dei Servi di Dio e di canonizzazione dei Beati: l’eroicità cristiana tra perennità e attualizzazione. Virtù, martirio e offerta della Vita, per un verso e la Fama di santità in epoca digitale, per l’altro Per fare questo abbiamo domandato l’aiuto di esperti compagni di strada che, a nome del Dicastero, desidero nuovamente qui ringraziare, davanti a lei, Santità.

C’è stata, però, anche una seconda intenzione, che ho ritenuto utile dichiarare esplicitamente. Mi è venuto a mente, difatti, che nella tradizione occidentale sant’Agostino predicava che la Chiesa è il giardino del Signore, il quale «possiede non solo le rose dei martiri, ma pure i gigli delle vergini e le edere dei coniugi e le viole delle vedove», sicché, «in una parola, in nessuno stato di vita gli uomini dubitino della propria chiamata» (Discorso 304, 3). Analogamente, nella tradizione ascetica dell’Oriente, Giovanni Mosco, un monaco bizantino, paragona il fiorire del monachesimo del deserto a un prato primaverile che offre, a chi lo guarda, lo spettacolo di tutti i tipi di fiori che sbocciano (Il prato, Introd.). E poi c’è anche Benedetto XVI, il quale, guidando il 1 nov. 2008 la preghiera dell’Angelus, disse che «visitando un vivaio botanico, si rimane stupefatti dinanzi alla varietà di piante e di fiori, e viene spontaneo pensare alla fantasia del Creatore che ha reso la terra un meraviglioso giardino. Analogo sentimento ci coglie quando consideriamo lo spettacolo della santità: il mondo ci appare come un “giardino”, dove lo Spirito di Dio ha suscitato con mirabile fantasia una moltitudine di santi e sante, di ogni età e condizione sociale, di ogni lingua, popolo e cultura».

Ho pensato, allora, di proporre a tutti i convegnisti – che ringrazio per la loro adesione alla proposta del Dicastero – l’idea di guardare ai nostri tre giorni come a una singolare convivenza, voluta per conoscerci meglio, stimarci di più e volerci bene ancora di più e tutto questo al fine di rendere anche più efficace il nostro servizio nelle Cause dei Santi. Nel proporlo avevo in mente ciò che lei, Santità, ha scritto nella Evangelii Gaudium: «Oggi, quando le reti e gli strumenti della comunicazione umana hanno raggiunto sviluppi inauditi, sentiamo la sfida di scoprire e trasmettere la “mistica” di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio» (n. 87).

Padre Santo, la nostra «carovana» adesso fa sosta nella sua casa. Grazie per averci accolti; grazie per quello che vorrà dirci. Lei abitualmente conclude: «Non dimenticate di pregare per me». Noi glielo promettiamo; lei, però, non dimentichi di benedirci. Grazie, Santità.

 

Città del Vaticano, 6 ottobre 2022

 

Marcello Card. Semeraro