Con Lui sull'alto monte

Omelia nella festa della Trasfigurazione del Signore - 2021

 

     Oggi, festa della Trasfigurazione del Signore, abbiamo ascoltato una pagina di vangelo (Mc 9,2-10) ricca di dialoghi: c’è, anzitutto quello di Elia e Mosè con Gesù; anche Pietro, prendendo la parola, disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui…»; interviene, quindi, la voce del Padre, che indica Gesù e incoraggia ad aderire alla sua parola: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!»; da ultimo, lo stesso Gesù si rivolge ai tre discepoli, che aveva portato con sé sull’alto monte, per ordinare loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, o, come dice un’antifona liturgica, di «non rivelare la gloria del Figli dell’uomo, prima che sia risorto dai morti» (3 ant. Ai Vespri).

    Benché ricco di parole, il contesto della storia evangelica è, dunque, l’atmosfera dell’indicibile. I discepoli si sentono posti di fronte ad un limite. Erano tutti e tre spaventati e Pietro «non sapeva che cosa dire»; anche quando, nella discesa dal monte, Gesù parla con loro, dice parole colme di mistero: cosa vuol dire «risorgere dai morti»? Per capire tutto ciò, avranno bisogno dello Spirito. «Il Paràclito, lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, lui vi insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto» (Gv 14,26).

    Oggi siamo qui, nelle Grotte Vaticane accanto alla tomba di san Paolo VI, anche per ricordare lui nel giorno anniversario della sua morte. Meditando sul racconto del vangelo quello che egli scrisse nel suo Pensiero alla morte «Ecco: mi piacerebbe, terminando, d’essere nella luce». Oggi egli è nella luce. La nube luminosa, che come ci racconta l’evangelista Matteo, coprì i discepoli con la sua ombra (cf. Mt 17,5) riveste anche lui. Ce ne rende sicuri la voce della Chiesa, che Paolo VI ha molto amato. «Potrei dire che l’ho sempre amata … Ma vorrei che la Chiesa lo sapesse …», ha scritto e la Chiesa oggi lo sa meglio di ieri.

    La tradizione di celebrare in questo giorno la Santa Messa l’ho osservata sin dall’inizio del mio ministero episcopale ad Albano, recandomi nella parrocchiale di Castel Gandolfo, la cittadina dove Paolo VI morì nel 1978. Con la beatificazione e canonizzazione di Paolo VI quest’uso è venuto meno, essendoci ormai il giorno della memoria liturgica, ma il ricordo rimane e ancora più luminosa e diventata ai nostri occhi l’immagine di questo grande Papa.

    Ricordo con commozione quando il dr. Saverio Petrillo, allora Direttore delle Ville Pontificie, mi accompagnò nel palazzo apostolico di Castel Gandolfo e mi fece vedere il letto dove Paolo VI era spirato. Quante volte, poi, ho raccolto con emozione i ricordi del comm. Franco Ghezzi, che di quel Papa fu aiutante di camera. Il ministero episcopale in Albano mi ha aiutato a crescere e maturare nel mio amore per Paolo VI e di ciò sono grato al Signore ed è anche per questo che, mentre mi accingo a lasciare quella cara Diocesi dopo la chiamata del Santo Padre Francesco ad una nuova missione, ho fortemente desiderato l’odierna celebrazione.

    Di sicuro il racconto del vangelo che abbiamo ascoltato dovette rimanere impresso nella mente e nel cuore di G. B. Montini. Sappiamo, ad esempio, che, nominato arcivescovo di Milano, avrebbe voluto come suo motto le parole che leggiamo nella seconda lettera di Pietro: cum ipso in monte sancto (1,18). Ne fu dissuaso, perché il testo pareva più adatto ad un contemplativo, piuttosto che a un vescovo. Paolo VI, però, fu un contemplativo ed io sono personalmente convinto che la chiave di lettura della gran parte dei suoi scritti, specialmente privati, sia proprio la mistica.

    È vero, in ogni caso, che per la pubblicazione della sua prima lettera enciclica egli scelse la data di questa festa della Trasfigurazione, il 6 agosto 1964. Quell’enciclica è ricordata come l’enciclica del dialogo. Avrà anch’egli notato ciò che ho ricordato in principio? Se Mosé ed Elia parlano con Gesù, se il Padre dal cielo rivolge la sua voce agli uomini … vuol dire che nel Paradiso non c’è soltanto il coro degli Angeli che canta – come recitiamo nei Prefazi della Messa – ma c’è pure il dialogo tra i Santi. Immersi come sono nell’amoroso dialogo trinitario, anche i santi del paradiso dialogano. Se ancora oggi – come auspicava Paolo VI – la Chiesa sulla terra vuole farsi parola, messaggio e colloquio (cf. Ecclesiam suam, n. 67), deve avere nei «dialoghi» della Chiesa del cielo la sua ispirazione, il suo modello, il suo criterio.

    Oggi noi vogliamo ringraziare il Signore per il dono fatto alla Chiesa nella persona di san Paolo VI. Al tempo stesso vogliamo pregare per il nostro Santo Padre, il papa Francesco: quante sue parole – pensiamo già ad Evangelii gaudium – dovremmo leggerle in continuità col magistero di Paolo VI e quale suo sviluppo. Di questo caro santo invochiamo pure l’intercessione, perché anche in noi s’accrescano l’amore, la fedeltà, la dedizione per la Santa Chiesa.

    Intanto, poi, che siamo pellegrini in questo tempo, continuiamo a sentire rivolta a noi la voce del Padre che, indicandoci Gesù, dice: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». Ci sostenga maternamente la Santa Maria, che Paolo VI ci indicò come «Vergine in ascolto, che accoglie con fede la parola di Dio» (Marialis cultus, n. 17).

 

    Grotte Vaticane – Cappella Ungherese, 6 agosto 2021

 

                                                                                                                                                    Marcello Card. Semeraro