Omelia nella solennità di Santa Maria «della Rotonda» 2021
La festa della Madonna, che per la forma dell’antico tempio che custodisce e conserva la sua immagine chiamiamo «della Rotonda», ci ritrova qui pure quest’anno per magnificare con Lei il Signore. È da secoli che, in questi giorni, i fedeli di Albano come Maria proclamano di generazione in generazione le misericordie del Signore. Per me, poi, questa Santa Liturgia ha un significato particolare perché giunge ad un mese prima della conclusione del mio ministero episcopale in questa carissima Chiesa. Si conclude un governo pastorale, ma non si scioglie un legame spirituale e un vincolo d’amore. Lasciamo, allora, che la parola del Signore appena ascoltata continui a nutrirci e ad alimentare il nostro cuore. È stato proclamato il vangelo delle Nozze di Cana. Su questa pagina, dunque, vi propongo alcune riflessioni.
Nei racconti evangelici la voce della Madonna si fa udire per quattro volte. La prima è nel dialogo con l’Angelo nel mistero dell’Annunciazione (cf. Lc 1,26-38). Dove Maria ci è mostrata nell’obbedienza della sua fede. La seconda volta è nel dialogo con Elisabetta nel mistero della Visitazione (cf. Lc 1,39-56), dove si mostra la ricchezza della sua carità. La terza volta è nel dialogo con Gesù a Gerusalemme, quando gli domanda: «Figlio, perché ci hai fatto questo?» (Lc 2,48). Qui l’evangelista Luca ha una pennellata da maestro: «Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore» (2,51): ci mostra, così, il volto della speranza, che attende e invoca lo svelamento dei misteri nascosti. La quarta e ultima volta è a Cana di Galilea quando, rivolta di nuovo al Figlio, gli dice: «Non hanno vino» (Gv 2,3). È proprio su questa ultima parola di Maria che desidero soffermarmi.
Cosa può voler dire? La sua constatazione riguarda certo immediatamente la bevanda materiale, ma non ci è difficile immaginare che Maria si riferisce a qualcos’altro. Un salmo dice: «Il vino che allieta il cuore dell’uomo» (104,15) e il libro del Siracide spiega: «Il vino è come la vita per gli uomini, purché tu lo beva con misura. Che vita è quella dove manca il vino? Fin dall’inizio è stato creato per la gioia degli uomini» (31,27-28). Ancora più chiaro è il Cantico, vertice dell’Antico Testamento, dove il vino è il simbolo dell’amore. E cos’è un matrimonio, cos’è una famiglia senza vita e senza amore? Ecco il turbamento di Maria ed è un’esclamazione sofferta, che supera la cronologia e la geografia della Bibbia e raggiunge la nostra storia: cos’è l’umano stare insieme, la vita in comune, la famiglia, la società se mancano la vita e l’amore? Chissà se guardando oggi al nostro mondo, Maria non stia ancora dicendo: Vinum non habent, non hanno più vino: gli manca l’amore! Per il suo tempo lo comprese bene Dante Alighieri quando, nella seconda cantica della sua Commedia, fa riudire la voce della Vergine come invito alla carità, all’amore (cf. Purg XIII, 29).
Cosa può dirci ancora il racconto del vangelo? Abbiamo udito che Gesù rivolge alla Madre un’espressione che se detta da Lui ci lascia storditi, non è perché ha il senso di un rifiuto, ma il colore delle altezze, il sapore dell’immensità. Gesù sua madre la chiama: «Donna». Perché? Troviamo la risposta nella seconda volta in cui la chiamerà così: dalla croce! «Donna, ecco tuo figlio!», le dirà (Gv 19,26). Il vero volto del Figlio di Dio – sembra voler dire – non è ancora nella sua potenza per fare miracoli e neppure nella sapienza del suo insegnamento. Il vero volto di Gesù, quello più santo, si svela nell’impotenza e nella sofferenza della Croce (Cf. Beda, In Evang. S. Ioannis, II: PL 92, 657-658). È per questo che quello di Cana è «l’inizio dei segni compiuti da Gesù», ossia non soltanto numericamente il primo, ma il segno per eccellenza nel quale sono da intendersi tutti gli altri. Il segno in cui Gesù «manifestò la sua gloria» è per Giovanni il suo innalzamento sulla Croce.
La nostra fede non comincia dalla potenza di Dio, ma dalla sua impotenza, dalla sua sofferenza nel Figlio. Appena la scorsa domenica, guidando la preghiera dell’Angelus il Papa ci ha messi in guardia dalla «tentazione idolatrica… che ci spinge a cercare Dio a nostro uso e consumo, per risolvere i problemi, per avere grazie a Lui quello che da soli non riusciamo a ottenere, per interesse...». Francesco ha pure spiegato che avere fede «è accogliere Gesù, è accoglierlo nella vita, è vivere una storia d’amore con Gesù… il Signore desidera con noi un rapporto d’amore: prima delle cose che riceviamo e facciamo, c’è Lui da amare. C’è una relazione con Lui che va oltre le logiche dell’interesse e del calcolo» (Angelus del 1 agosto 2021).
Dove c’è in pienezza questo Gesù, se non nel Crocifisso? Quando Maria stette sotto la Croce fu proprio lì che vide rivelata in pienezza la sua maternità; la ottenne, anzi, allargata a ogni discepolo del suo Figlio divenendo così Madre della Chiesa. E Madre della Misericordia. Questo titolo mariano, caratteristico dell’epoca medievale, fu carissimo a san Bernardo: «Quand’è che manca il vino?», domandava e così rispondeva: «Non sia mai! Non ci mancherà mai più il vino, ossia la grazia e il fervore della carità. La Madre della Misericordia, se noi la invochiamo non mancherà di soccorrerci perché lei è misericordiosa e madre della misericordia. Se, infatti, ebbe compassione della vergogna in cui sarebbero incorsi quelli che l’avevano invitata alle nozze di Cana, ancora di più avrà compassione di noi, se la invochiamo devotamente. Maria ha più gioia delle nostre nozze con Colui che, nascendo da lei, è uscito dal suo grembo come uno Sposo dal letto nuziale, piuttosto che delle nozze di Cana» (Sermo II: De spiritualibus nuptiis in evangelica historia designatis, 4: PL 183, 159-160)
Il titolo, carissimi, col quale noi qui veneriamo la Santa Vergine Maria è appunto quella di Mater misericordiae e il canto di questa festa per noi di Albano è ancora l’antico inno: «Salve o Madre di misericordia, Madre di Dio e Madre del perdono, Madre della speranza e della grazia, Madre piena di santa letizia, o Maria!».
Albano – Santuario di Santa Maria «della Rotonda», 7 agosto 2021
Marcello Card. SEMERARO