Omelia nell'anniversario della nascita di San Paolo VI

 

L’uomo più libero è quello che più si vincola volontariamente

Omelia nell'anniversario della nascita di San Paolo VI

 

Sono giunto qui come pellegrino. L’avvicinarmi alla figura di san Paolo VI, alla sua memoria, al suo magistero è sempre per me come un pellegrinaggio. Egli è stato il Papa della mia formazione e degli inizi del mio ministero. Per questo lo sento come un padre; spiritualmente egli è il mio punto costante di riferimento. Ripetendo nell’intimo il suo In nomine Domini, gli ho dedicato il mio nuovo ufficio di prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi e la nomina alla dignità cardinalizia. Oggi, poi, è il giorno anniversario della nascita. Quando, in occasione della sua Beatificazione, papa Francesco assegnò come giorno della memoria il 26 settembre, confidando in una antica famigliarità gli osservai: «Capisco che per questo non si poteva assolutamente scegliere il giorno del 6 agosto, ma non è certo consuetudine per un beato, o u santo scegliere il giorno della nascita. Questo la Chiesa lo fa soltanto per il Signore con il Natale, per la sua Santa Madre l’8 di settembre e per san Giovanni Battista…». Però, sorridendo, conclusi: «La cosa non mi dispiace affatto, perché così Paolo VI è in buona compagnia». Come noto, la data della memoria fu poi portata al 29 maggio, data della sua ordinazione sacerdotale: evento, questo, che G. B. Montini riconosceva come «fondamentale trasformazione della mia vita» (Carteggio I, 1, 402 [lett. 350 a Andrea Trebeschi]).

La proclamazione del Santo Vangelo ci ha riproposto la scena da noi tutti conosciuta come il conferimento del primato all’apostolo Pietro. Gesù gli dice: «tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa» (Mt 16,18). Sul commento, che nel corso degli anni, Papa Montini ha fatto di queste parole si potrebbe scrivere un bel saggio; a cominciare dal nome Pietro, cui troviamo dedicata, ad esempio, l’udienza del 25 giugno 1975, quando disse che è «nome-profetico, nome-promessa, nome-impegno, nome-programma, nome-carisma...»; indicando, poi, ai pellegrini la piazza antistante la Basilica di San Pietro, aggiunse che essa «sembra raccogliere un nostro atto di fede in Cristo Gesù, nostro Signore e Salvatore, e solidificarlo, pietrificarlo in una promessa di fedeltà».

Cristo fu sempre, per san Paolo VI, il punto di partenza e il punto d’arrivo di ogni meditazione, riflessione, predicazione, anche se parlava di Pietro. Lo vediamo nella catechesi per l’Udienza generale del 15 luglio 1964, quando, dopo avere spiegato che la parola di Gesù fu rivolta anzitutto all’apostolo Pietro, cominciò a descrivere da lì un movimento di discesa sicché quella parola, disse, «si fa figura, si fa persona, e si posa sul Papa, vestito di bianco, che è apparso in mezzo a voi». Questa, però, era solo la prima tappa di movimento che Montini chiamò «suggestione spirituale». Da quel punto terminale, infatti, cominciava la risalita verso il «Cristo glorioso, al Quale tutto dobbiamo, e al Quale non avremo mai reso onore abbastanza». Per Montini, infatti, la parola «pietra» riporta comunque e sempre a Cristo sicché gli fu sempre impressa nella memoria la parola di Ambrogio, di cui fu successore sulla cattedra di Milano: «dappertutto attraverso Cristo e dappertutto subordinato a Cristo» ubique per Christum, et ubique sub Christo (De fide, Prol. XII: PL 16, 678; cit. in Discorso del 24 settembre 1970).

E come non ricordare il Cristo è tutto per noi, frase ambrosiana pure questa che segnò gli esordi del suo episcopato milanese? Come non vibrare nel suo, in quella lettera, ripetuto: Tu ci sei necessario o Cristo?

Il primato assoluto di Cristo nella vita di san Paolo VI emerge pure dalle sue note di commento al brano scelto per la prima lettura biblica di questa Santa Messa, laddove l’Apostolo afferma: «annunciare il Vangelo non è per me un vanto, perché è una necessità che mi si impone» (1Cor 9,16).

Giovanni Battista Montini, come noto, tra il 1929 e il 1933 fece uno studio ordinato delle lettere paoline conducendo su di esse – come annota Angelo Maffeis nella sua Introduzione alla raccolta pubblicata circa vent’anni or sono dall’Istituto Paolo VI – «una assidua meditazione, nella quale si intrecciano i temi della vita spirituale personale e le grandi questioni della vita della Chiesa».

La frase paolina designa, dunque, per Montini una totale espropriazione di sé da parte dell’evangelizzatore e una assoluta dedizione al Vangelo sicché, esaminando se stesso, domanda: «Dov’è nei preti, dove in me tanta esaltazione, tanta dedizione pel proprio ministero? Dove tanta abnegazione?». Riflette allora sulle parole dell’Apostolo: Guai a me se non annuncio il Vangelo. Qual è dunque la mia ricompensa? Conclude: «La mia mercede è non averne» e spiega: «L’uomo più libero è quello che più si vincola volontariamente» (San Paolo. Commento alle lettere, Brescia-Roma 2003, p. 50).

Per san Paolo VI, infatti, l’adesione a Cristo è totale e assoluta; non esistono vie di mezzo. Mihi vivere Christus est, scrive Paolo in Fil 1,21 e questo per Montini vuol dire «assorbimento e concentrazione di tutti i pensieri, i sentimenti, gli affetti, le speranze, le aspirazioni, i principii morali e religiosi in Cristo» (ed. cit., p. 126).

«Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa». Paolo VI una volta commentò così: cambiò il nome a Simone chiamandolo Pietro, perché fosse in certo modo assimilato a Cristo (cf. Udienza del 4 maggio 1966).

Così egli visse il suo ministero petrino cui lo chiamò la misericordia divina: era il 21 giugno 1963, in quell’anno solennità del Sacro Cuore di Gesù, quando fu eletto alla Cattedra di Pietro e quel ministero lo concluse nella solennità della Trasfigurazione: due date liturgiche che mentre sigillavano il suo ministero petrino rimangono a dirci la sua progressiva e piena assimilazione a Cristo.

È ciò che, oggi, guardando alla figura di san Paolo VI, ho voluto ricordare a me e ho pensato fosse utile ricordare a voi tutti, ringraziandovi ancora per avermi offerto l’opportunità di vivere questo giorno nella sua chiesa parrocchiale.

 

Parrocchia S. Antonino Martire e S. Paolo VI, Pieve di Concesio (Brescia), 26 settembre 2022 

 

Marcello Card. Semeraro