Omelia nella ricorrenza dei Santi Medici Cosma e Damiano

 

Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date

 

Omelia nella ricorrenza dei Santi Medici Cosma e Damiano

 

La mia presenza qui con voi ad Alberobello è segno di una venerazione, di un’amicizia e di una gratitudine. La venerazione è indubbiamente verso i santi Cosma e Damiano, che da secoli voi onorate come vostri patroni. E non voi soltanto, poiché la devozione verso i Santi Medici è fortemente diffusa nell’intero Meridione d’Italia. Io stesso l’ho appresa fin da bambino. Da sacerdote, poi, nel mio paese sono stato per ventidue anni padre spirituale della Confraternita a loro dedicata e poi per sei anni vescovo della Chiesa di Oria, anch’essa custode di un antico santuario dedicato ai santi Cosimo e Damiano. La mia devozione verso di loro è, dunque, consolidata nel tempo e radicata nell’animo.

C’è in secondo luogo l’amicizia e questa è anzitutto per il vostro Vescovo e verso i sacerdoti che mi hanno invitato: il loro ricordo mi riporta con la memoria al Pontificio Seminario Regionale di Molfetta, dove giunsi come alunno nel 1963 e partii come vescovo nel 1998: trentacinque anni durante i quali la mia storia si è incrociata e intrecciata con quella di tanti altri – compagni di studi e di formazione e poi anche di alunni – ricevendone aiuto per la crescita e la maturità umane e spirituali.

Lì, nel Seminario di Molfetta, incontrai il vostro illustre concittadino, Cosmo Francesco Ruppi, che mi fu prima insegnante, quindi collega e amico e poi fu mio arcivescovo, a Lecce. Da lui ho attinto sapere, esperienze e modelli pastorali ed è la terza ragione, cui accennavo, ossia la gratitudine. Gli anni trascorsi accanto a lui sono stati davvero preziosi per me. Ne dissi qualcosa il 30 dicembre 2019, quando la sua salma fu tumulata dal vostro Cimitero nella cattedrale di Lecce. Fui qui ad Alberobello per la sua ordinazione episcopale e vi tornai anche per il rito delle sue esequie. Oggi è per me l’occasione per dirgli davanti a voi tutti: grazie, don Cosimo!

Ora, però, devo parlarvi dei Santi Cosma e Damiano ed è per me davvero imbarazzante, perché voi già li conoscete e su di loro avete tante altre volte meditato. Da un libro liturgico orientale chiamato Anthologhion prenderò, allora, due invocazioni ai nostri santi, aggiungendovi qualche breve commento. La prima dice così: «Voi che avete ricevuto la grazia delle guarigioni, effondete vigore su quelli che sono nella sofferenza, o gloriosi medici taumaturghi» (Kondakion del 1 luglio). Qui l’attenzione è anzitutto rivolta al dono della guarigione, di cui furono dotati dal Signore il quale così li rassomigliò a Sé, medico del corpo e dello spirito. È, questo, un aspetto del quale noi avvertiamo particolarmente il bisogno, specialmente a partire dalla situazione di pandemia, dalla quale speriamo di poter uscire del tutto… Sentendoci tutti esposti al rischio, sentiamo nascere il bisogno di difesa e cerchiamo come superare le difficoltà. Ecco, allora, tornare nei nostri linguaggi parole prima messe da parte. Una di queste è la parola fragilità cui si accompagna il bisogno di una «cultura terapeutica» che aiuti a superare, tutti, le «passioni tristi». Penso in modo speciale ad alcuni fenomeni, come l’espandersi del bisogno di droghe, alcol e farmaci per sopperire alla tristezza di vivere; penso al tragico aumento di suicidi dei giovani. Il rapporto Unicef su «La condizione dell’infanzia nel mondo» presentato all’inizio dello scorso mese di agosto ci avverte che dopo gli incidenti stradali la seconda causa di morte tra i giovani è il suicidio, con tre ragazzi al giorno che si tolgono la vita. Sono circa 1.200 i bambini e gli adolescenti – quelli fra i 10 e i 19 anni – che ogni anno pongono fine alle loro vite. Siamo, dunque, in un contesto, che avverte come urgente il bisogno di cura: una pratica che non si risolve con le medicine, ma con la sapienza del vivere, con progetti educativi e con la presenza di figure non solo «genitoriali», ma davvero paterne e materne.

Un’altra antica invocazione rivolta ai Santi Medici dice: «Santi anárgiri e taumaturghi, visitateci nelle nostre infermità: gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date a noi» (Apolytíkion del 1 luglio). La preghiera ora riguarda la tipicità di questi Medici, che hanno attuato il richiamo di Gesù ai suoi discepoli: «Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date» (Mt 10,8). All’origine di questo precetto del Signore c’è l’ammonimento ad avere totale fiducia in lui, a fare assoluto affidamento in lui. Non si tratta di una scelta economica, ma del senso, primario per noi cristiani, di dovere vivere in un contesto di gratuità. Quante volte la sentiamo ripetere e la diciamo noi stessi la parola «grazia»! Non si tratta di qualcosa che si acquista, o si perde. È l’ambiente vitale per la nostra esistenza cristiana; è la parola il cui contenuto è la misericordia di Dio. «Per grazia di Dio sono quello che sono», scriveva san Paolo (1Cor 15,10).

«Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!» (At 3,6), disse Pietro allo storpio che davanti alla Porta Bella del Tempio di Gerusalemme domandava l’elemosina. Questo lo fecero anche i Santi Cosma e Damiano e possiamo ben farlo noi, oggi. Il modo ce lo suggerisce sant’Agostino, il quale in un suo discorso dice che «perfino i poveri hanno la possibilità di dar qualcosa l’uno all’altro; uno presti i propri piedi allo zoppo, un altro offra al cieco i propri occhi per guidarlo; un altro visiti chi è infermo, un altro dia sepoltura a chi è morto. Tutti possono rendere tali servizi, sicché è del tutto difficile trovare uno che non abbia qualcosa da dare a un altro. C’è infine da osservare il grande precetto insegnato dall'Apostolo: Aiutatevi a portare i pesi gli uni degli altri e così adempirete la legge di Cristo» (Serm., 91, 7, 9).

Facciamo così e non soltanto saremo santi, ma lo saremo come i Santi Medici.

 

Basilica Santuario Santi Medici Cosma e Damiano, Alberobello, 28 settembre 2022

 

Marcello Card. Semeraro