Volti diversi della santità

L'Osservatore Romano - 14 aprile 2022

Volti diversi della santità

Sabato scorso, 9 aprile, il Papa, durante l’udienza concessa al prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, cardinale Marcello Semeraro, ha autorizzato la medesima Congregazione a pubblicare nove Decreti riguardanti l’approvazione di un miracolo, il martirio di due sacerdoti e le virtù eroiche di sei Servi di Dio.

In questo gruppo, che raccoglie due vescovi, due presbiteri martiri, due consacrate, un consacrato laico e tre laiche, è rappresentato l’intero Popolo di Dio. La santità appare così la meta che unisce diversi carismi e ministeri, e la missione propria di ciascuno. Nell’oscurità di questo tempo, segnato da una guerra impensabile e con immagini di efferata crudeltà, il vescovo di Roma ci dona questi testimoni luminosi della fede che, come stelle, rischiarano le tenebre con raggi di speranza. E così possiamo riprendere il cammino verso Cristo, «stella radiosa del mattino» (Ap 22, 16), il Risorto dai morti che offre la pace. Partecipando alla novità della sua Risurrezione, questi nuovi “venerabili”, testimoni della fede, ci chiamano a diventare strumenti di riconciliazione e di pace.

Significativi soprattutto per gli operatori sanitari, in questo tempo pandemico, sono due figure di infermieri: il futuro santo Artemide Zatti, cooperatore salesiano, che insieme alla famiglia, nel 1897, emigrò dall’Italia all’Argentina. Entrato nei salesiani di Don Bosco, si dedicò totalmente al servizio dei malati e delle loro famiglie. Il miracolo compiuto da Dio per sua intercessione, riguardante una guarigione, avvenuta nel 2016 nelle Filippine, apre la strada alla sua canonizzazione. Rosaria Celak, laica di Cracovia, ha speso la sua vita curando i malati dell’ospedale cittadino di San Lazzaro, conquistando la fiducia e il rispetto di tutti per la sua disponibilità e la sua vita virtuosa.

Esemplare è poi la testimonianza di Maria Aristea Ceccarelli vedova Bernacchia. Nel suo stato di sposa, offre un duplice messaggio per la sua fedeltà al marito, uomo difficile, infedele e violento, che grazie all’immensa pazienza, umiltà, rassegnazione e preghiera della moglie si convertì e si riconciliò con Dio. Maria Aristea, sostenuta dalla spiritualità dei camilliani, si unì al loro apostolato soprattutto tra i malati di tubercolosi, tra i quali molti bambini, al Sanatorio “Umberto I” di Roma.

Particolarmente attuale è anche la testimonianza della spagnola Aurora Calvo Hernández-Agero, che ha accudito l’anziana madre, vivendo intensamente la sua vocazione laicale anche come catechista nella sua parrocchia.

Nel 1943, periodo della Resistenza, si colloca il martirio del parroco di Boves, don Giuseppe Bernardi, e del suo viceparroco, don Mario Ghibaudo. Nonostante i pericoli da parte dei soldati tedeschi rimasero accanto ai loro fedeli, per esercitare la cura pastorale ed amministrare i sacramenti, sostenendo la popolazione. Il vice-parroco subì il martirio proprio mentre amministrava il sacramento della penitenza a un ferito; il parroco a sua volta venne ucciso per la sua opera di pacificazione, nel ruolo di mediatore fra le parti contendenti.

Lucia Noiret, di origini francesi, ha dato una sincera testimonianza di carità e di servizio spirituale e materiale ai poveri. A Imola e a Bologna ha fondato la congregazione delle Ancelle del Sacro cuore di Gesù sotto la protezione di san Giuseppe, dedite soprattutto all’educazione delle giovani, ospitate nel Conservatorio di San Giuseppe.

Fondatrice delle Suore francescane degli afflitti è la nuova venerabile Casimira Gruszczńska che, nella seconda metà del XIX secolo, in una Polonia spartita tra le potenze europee, dove la vita consacrata era annientata, diede vita ad una nuova forma di comunità “clandestina”. Le Suore, senza l’abito religioso, si dedicavano agli ammalati, ai sofferenti, ai senza tetto, alle madri povere e ai giovani in difficoltà.

Il gruppo dei nuovi venerabili si completa con due vescovi. Il primo è un francescano conventuale, l’italiano Francesco Costantino Mazzieri, missionario nell’attuale Zambia, dove al suo arrivo, nel 1930, la presenza della Chiesa cattolica era del tutto assente. Con spirito autenticamente missionario, si dedicò ad un’intensa evangelizzazione, divenendo prefetto, poi vicario apostolico ed infine vescovo di Ndola. Significativa fu la sua partecipazione al Concilio Vaticano II, dove, basandosi sulla propria esperienza in Africa, diede il suo contributo a promuovere lo spirito missionario della Chiesa.

Il secondo vescovo dichiarato venerabile è Martino Fulgenzio Elorza Legaristi, passionista spagnolo. Anch’egli ha svolto il suo ministero presbiterale ed episcopale lontano dalla sua patria, dedicandosi alla popolazione del Perú. Come primo vescovo della prelatura di Moyobamba, esercitò il ministero in un contesto di estrema povertà, con coraggio e profonda sollecitudine pastorale. Promosse con particolare cura la catechesi, l’educazione delle donne e dei bambini, senza dimenticare l’impegno per la formazione del clero. Anche lui prese parte alle prime sessioni del Concilio Vaticano II. La prematura morte tuttavia interruppe la sua esemplare missione episcopale.

Questi due presuli mostrano come il Vaticano II ha avuto non solo l’apporto di uomini di dottrina, ma anche di Pastori santi, a iniziare da san Giovanni XXIII, san Paolo VI e san Giovanni Paolo II, il quale partecipò a tutte le sessioni. A 60 anni dall’inizio dell’assise sarebbe interessante approfondire come la santità dei Padri conciliari abbia segnato i lavori. Il riconoscimento da parte del Pontefice del miracolo del beato Zatti e del martirio dei due sacerdoti diocesani apre la strada alla canonizzazione del primo e alla beatificazione dei secondi, mentre il riconoscimento delle virtù eroiche degli altri è un traguardo significativo del percorso canonico di queste cause, in attesa che, come si è espresso più volte Papa Francesco riferendosi al miracolo, il “dito di Dio” sugelli il discernimento della Chiesa.

 

+ FABIO FABENE

Arcivescovo titolare di Montefiascone

Segretario