Alfonsa dell’Immacolata Concezione

Alfonsa dell’Immacolata Concezione

(1910-1946)

Beatificazione:

- 08 febbraio 1986

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 12 ottobre 2008

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 28 luglio

Vergine, religiosa della Congregazione delle Clarisse del Terz’Ordine Francescano, che, per sfuggire a un matrimonio imposto, si bruciò un piede mettendolo nel fuoco e, ammessa poi tra le Clarisse Malabaresi, quasi sempre malata offrì la propria vita a Dio

  • Biografia
  • Omelia
  • La prima santa indiana
  • omelia di beatificazione
"Considero un giorno senza dolore un giorno perso"

 

Alfonsa dell’Immacolata Concezione, al secolo Annakutty Muttathupadathu, nacque a Kudamalur, nella regione di Arpookara in diocesi di Changanacherry, India, il 19 agosto 1910, dall'antica e nobile famiglia dei Muttathupadathu.

Fin dalla nascita, la vita della Beata fu segnata dalla croce, che le si rivelerà progressivamente come la via regale per conformarsi a Cristo. La mamma, Maria Puthukari, la diede alla luce prematuramente, mentre era all’ottavo mese di gravidanza, in seguito allo spavento provato per un serpente che, mentre dormiva, le si era avvinghiato alla vita. Otto giorni dopo, il 28 agosto, la piccola veniva battezzata secondo il rito siro-malabarese dal parroco Padre Giuseppe Chakalayil e riceveva il nome Annakutty (Anna il diminuitivo). Era l’ultima di cinque figli.

Trascorsi appena tre mesi, la madre morì. Annakutty trascorse la prima infanzia presso la casa dei nonni ad Elumparambil. Qui visse un tempo particolarmente felice per la sua formazione umana e cristiana, durante il quale sbocciarono in lei i primi germi della vocazione alla vita consacrata. La nonna, donna pia e caritatevole, le comunicò la gioia della fede, l’amore alla preghiera, lo slancio della carità verso i poveri. A cinque anni la bambina già sapeva guidare, con entusiasmo tutto infantile, la preghiera serale della famiglia riunita, secondo l’uso siro-malabarese, nella «stanza della preghiera ».

L’11 novembre 1917 Annakutty ricevette per la prima volta il pane eucaristico. Diceva alle sue amiche «Sapete perché oggi sono particolarmente contenta? Perché ho Gesù nel mio cuore»! E in una lettera al padre spirituale, del 30 novembre 1943, avrebbe confidato in seguito: «Già dall’età di sette anni non sono più mia. Mi ero dedicata tutta al mio Sposo divino. Lo sa bene Sua Riverenza».

Nello stesso anno 1917 iniziò a frequentare la scuola elementare di Thonnankuzhy, dove stabilì una sincera amicizia anche con i bambini induisti. Terminato il primo ciclo d’istruzione, nel 1920, venne il tempo di trasferirsi a Muttuchira, in casa della zia Anna Murickal, alla quale la mamma l’aveva affidata prima di morire, come madre di adozione.

La zia era una donna severa ed esigente, a tratti dispotica e violenta nell’esigere da Annakutty l’obbedienza ad ogni sua minima disposizione o desiderio. Assidua alle pratiche religiose, vi si recava in compagnia della nipote, ma non condivideva l’amicizia della giovane con le Carmelitane del vicino monastero, né le sue lunghe soste di preghiera ai piedi dell’altare. Era infatti ben determinata a procurare un vantaggioso matrimonio ad Annakutty, ostacolando i chiari segni della sua vocazione religiosa.

La virtù della Beata si manifestò nell’accettare questa educazione severa e rigida come una via di umiltà e di pazienza per amore di Cristo, e resistendo tenacemente ai reiterati tentativi di fidanzamento a cui la zia cercava di obbligarla. Per sottrarsi all’impegno delle nozze, Annakutty giunse al punto di provocarsi volontariamente una gravissima ustione, ponendo il piede in una fossa di brace ardente. « Il mio fidanzamento era fissato quando avevo tredici anni compiuti. Che cosa dovevo fare per evitarlo? Io pregai tutta la notte... mi venne allora un’idea. Se il mio corpo fosse stato un po' sfigurato, nessuno mi avrebbe voluta!... Quanto ho sofferto! E tutto offrii per la mia grande intenzione».

Il proposito di svilire la sua singolare bellezza non valse del tutto a liberarla dalle attenzioni dei pretendenti. Anche negli anni successivi la Beata dovette difendere la propria vocazione, persino nel corso dell’anno di probandato, quando si tentò di piegarla al matrimonio con la complicità della stessa maestra di formazione. «O vocazione che ho accolto! Dono del mio buon Dio!.... Dio vide il dolore del mio animo in quei giorni. Dio allontanò le difficoltà e mi costituì in questo stato religioso».

Fu il P. Giacomo Muricken, suo confessore, a orientarla verso la spiritualità francescana e a farle conoscere la Congregazione delle Francescane Clarisse. Il 24 maggio 1927 Annakutty entrava nel loro collegio di Bharananganam nell’attuale territorio della diocesi di Palai, per frequentare come alunna interna la settima classe. L’anno successivo, il 2 agosto 1928, Annakutty iniziava il postulandato, assumendo il nome di Alfonsa dell’Immacolata Concezione, in onore di Sant’Alfonso De’ Liguori, festeggiato in quel giorno. Il 19 maggio 1930 fece la vestizione religiosa, nel corso della prima visita pastorale a Bharananganam del Vescovo Mar Giacomo Kalacherry.

Il periodo 1930-1935 fu caratterizzato da gravi malattie e sofferenze morali. Poté insegnare ai bambini, nella scuola di Vakakkad solo nell’anno scolastico 1932-33. In seguito, a causa della sua debolezza, svolse il compito di aiuto-insegnate e di catechista in parrocchia. Fu impegnata anche come segretaria, soprattutto per scrivere lettere ufficiali, a motivo della sua bella grafia.

Nel 1934 fu introdotto nella Congregazione delle Francescane Clarisse il noviziato canonico. Pur desiderando entrarvi subito, la Beata per la sua malferma salute vi fu ammessa solo il 12 agosto 1935.

Dopo circa una settimana dall’inizio del noviziato, si manifestarono emorragie al naso, agli occhi, un profondo deperimento organico e piaghe purulenti alle gambe. La malattia si aggravò a tal punto che si temette il peggio. Il cielo venne in soccorso alla santa novizia. Nel corso di una novena al Servo di Dio Padre Kuriakose Elia Chavara-Carmelitano, oggi Beato, fu miracolosamente ed  istantaneamente guarita. Ripreso il noviziato annotava nel suo diario spirituale i santi propositi: «Non voglio agire o parlare secondo la mia inclinazione. Ogni volta che mancherò farò una penitenza... voglio essere attenta a non ribattere mai a nessuno. Agli altri dirò solo parole dolci. Voglio controllare i miei occhi con rigore. Per ogni piccola mancanza chiederò perdono al Signore e la espierò con una penitenza. Di qualsiasi genere saranno le mie sofferenze non mi lamenterò mai e quando dovessi affrontare qualche umiliazione cercherò rifugio nel Sacro Cuore di Gesù».

Il 12 agosto 1936, festa di santa Chiara, giorno della sua professione perpetua fu un giorno di inesprimibile gioia spirituale. Si realizzava il desiderio a lungo custodito nel cuore e confidato alla sorella Elisabetta quando ancora aveva solo 12 anni: «Gesù è l’unico mio Sposo, e nessun altro».

Gesù voleva però condurre la sua sposa alla perfezione per la via della sofferenza. «Ho fatto la mia professione perpetua il 12 agosto 1936 e venni qui a Bharanganam il 14 successivo. Da quel tempo sembra mi sia stata affidata una parte della croce di Cristo. Occasioni di soffrire ve ne sono in abbondanza... Ho un grande desiderio di soffrire con gioia. Sembra che il mio Sposo voglia compiere questo desiderio».

Ci fu un susseguirsi di malattie dolorose: una febbre tifoidea, una polmonite doppia e, ciò che fu più grave, uno drammatico collasso nervoso per lo spavento alla vista di un ladro, la notte del 18 ottobre 1940. Lo stato di prostrazione psichica si protrasse per circa un anno durante il quale non fu più in grado di leggere né di scrivere.

In ogni situazione Suor Alfonsa mantenne sempre una grande riservatezza e un atteggiamento caritatevole verso le sorelle, sopportando in silenzio le sue sofferenze. Nel 1945 le sue malattie ebbero un scoppio violento. Un tumore diffuso in tutto l'organismo trasformò il suo ultimo anno di vita in una continua agonia. Una gastroenterite con difficoltà al fegato le procurava violente convulsioni con vomiti, fino a quaranta volte al giorno. « Io sento che il Signore mi ha destinata, ad essere un'oblazione, un sacrificio di sofferenza... Considero il giorno in cui non ho sofferto un giorno perduto per me».

In questo atteggiamento di vittima per amore verso il Signore, lieta fino all'ultimo istante e con il sorriso dell'innocenza sempre impresso sulle labbra, Suor Alfonsa chiuse serenamente e con gioia il suo cammino terreno nel convento delle Francescane Clarisse a Bharananganam alle ore 12.30 del 28 luglio 1946, lasciando il ricordo d'una suora piena d'amore e santa.

CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI

Gaetano Errico (1791-1860)
Maria Bernada (Verena) Bütler (1848-1924)
Alfonsa dell’Immacolata Concezione (Anna Muttathupadathu) (1910-1946)
Narcisa de Jesús Martillo Morán (1832-1869)  

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 12 ottobre 2008

 

 

Cari fratelli e sorelle,

quattro nuove figure di Santi vengono oggi proposte alla venerazione della Chiesa universale: Gaetano Errico, Maria Bernarda Bütler,Alfonsa dell’Immacolata Concezione e Narcisa di Gesù Martillo Morán. La liturgia ce le presenta con l’immagine evangelica degli invitati che prendono parte al banchetto rivestiti dell’abito nuziale. Quella del banchetto è immagine che troviamo anche nella prima Lettura e in varie altre pagine della Bibbia: è immagine gioiosa perché il banchetto accompagna una festa di nozze, l’Alleanza d’amore tra Dio e il suo Popolo. Verso quest’Alleanza i profeti dell’Antico Testamento hanno costantemente orientato l’attesa di Israele. E in un’epoca segnata da prove di ogni genere, quando le difficoltà rischiavano di scoraggiare il Popolo eletto, ecco levarsi la parola rassicurante del profeta Isaia: "Preparerà il Signore degli eserciti - egli afferma - per tutti i popoli, su questo monte, un banchetto di grasse vivande … di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati" (25,6). Iddio porrà fine alla tristezza e alla vergogna del suo Popolo, che potrà finalmente vivere felice in comunione con Lui. Dio non abbandona mai il suo Popolo: per questo il profeta invita alla gioia: "Ecco il nostro Dio, in lui abbiamo sperato perché ci salvasse; … rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza" (v. 9).

Se la prima Lettura esalta la fedeltà di Dio alla sua promessa, il Vangelo con la parabola del banchetto nuziale ci fa riflettere sulla risposta umana. Alcuni invitati della prima ora hanno rifiutato l’invito, perché attratti da diversi interessi; altri hanno persino disprezzato l’invito del re provocando un castigo che s’è abbattuto non solo su di loro, ma sull’intera città. Il re però non si scoraggia e invia i suoi servi a cercare altri commensali per riempire la sala del suo banchetto. Così il rifiuto dei primi ha come effetto l’estensione dell’invito a tutti, con una predilezione speciale per i poveri e i diseredati. E’ quanto è avvenuto nel Mistero pasquale: lo strapotere del male è sconfitto dall’onnipotenza dell’amore di Dio. Il Signore risorto può ormai invitare tutti al banchetto della gioia pasquale, fornendo Egli stesso ai commensali la veste nuziale, simbolo del dono gratuito della grazia santificante.

Alla generosità di Dio deve però rispondere la libera adesione dell’uomo. E’ proprio questo il cammino generoso che hanno percorso anche coloro che oggi veneriamo come santi. Nel battesimo essi hanno ricevuto l’abito nuziale della grazia divina, lo hanno conservato puro o lo hanno purificato e reso splendido nel corso della vita mediante i Sacramenti. Ora prendono parte al banchetto nuziale del Cielo. Della festa finale del Cielo è anticipazione il banchetto dell’Eucaristia, a cui il Signore ci invita ogni giorno e al quale dobbiamo partecipare con l’abito nuziale della sua grazia. Se capita di sporcare o addirittura lacerare col peccato questa veste, la bontà di Dio non ci respinge né ci abbandona al nostro destino, ma ci offre con il sacramento della Riconciliazione la possibilità di ripristinare nella sua integrità l’abito nuziale necessario per la festa.

Il ministero della Riconciliazione è pertanto un ministero sempre attuale. Ad esso il sacerdote Gaetano Errico, fondatore della Congregazione dei Missionari dei Sacri Cuori di Gesù e di Maria, si è dedicato con diligenza, assiduità e pazienza, senza mai rifiutarsi né risparmiarsi. Egli si inscrive così tra le figure straordinarie di presbiteri che, instancabili, hanno fatto del confessionale il luogo per dispensare la misericordia di Dio, aiutando gli uomini a ritrovare se stessi, a lottare contro il peccato e a progredire nel cammino della vita spirituale. La strada e il confessionale furono i luoghi privilegiati dell’azione pastorale di questo nuovo santo. La strada gli permetteva di incontrare le persone alle quali rivolgeva un suo abituale invito: "Dio ti vuole bene, quando ci vedremo?", e nel confessionale rendeva loro possibile l’incontro con la misericordia del Padre celeste. Quante ferite dell’anima egli ha così sanato! Quante persone ha portato a riconciliarsi con Dio mediante il Sacramento del perdono! In tal modo san Gaetano Errico è diventato un esperto nella "scienza" del perdono, e si è preoccupato di insegnarla ai suoi missionari raccomandando loro: "Dio, che non vuole la morte del peccatore, è sempre più misericordioso dei suoi ministri; perciò siate misericordiosi quanto potete esserlo, perché troverete misericordia presso Dio".

Maria Bernarda Bütler, die in Auw im Schweizer Kanton Aargau geboren wurde, hat schon sehr früh die Erfahrung einer tiefen Liebe zum Herrn gemacht. Wie sie sagte, „ist es fast unmöglich, dies anderen zu erklären, die es selbst nicht so verspürt haben". Diese Liebe führte Verena Bütler, wie sie damals hieß, zum Eintritt in das Kapuzinerinnenkloster Maria Hilf in Altstätten, wo sie mit 21 Jahren ihre Gelübde ablegte. Im Alter von 40 Jahren empfing sie ihre missionarische Berufung und machte sich auf den Weg nach Ecuador und dann nach Kolumbien. Aufgrund ihres Lebens und ihres Einsatzes für ihre Mitmenschen hat sie mein verehrter Vorgänger Johannes Paul II. am 29. Oktober 1995 als Selige zur Ehre der Altäre erhoben.

[Maria Bernarda Bütler, nata ad Auw nel cantone svizzero di Aargau, fece molto presto l'esperienza di un profondo amore per il Signore. Come disse ella stessa:  "È quasi impossibile spiegarlo a chi non ha vissuto la stessa cosa". Questo amore portò Verena Bütler, come si chiamava allora, a entrare nel convento delle cappuccine di Maria Hilf ad Altstätten, dove emise i voti perenni a 21 anni. A 40 anni ricevette la chiamata missionaria e si recò in Ecuador e poi in Colombia. Il 29 ottobre 1995, il mio venerato predecessore Giovanni Paolo II l'ha elevata agli onori degli altari per la sua vita e il suo impegno verso il prossimo.]

La Madre María Bernarda, una figura muy recordada y querida sobre todo en Colombia, entendió a fondo que la fiesta que el Señor ha preparado para todos los pueblos está representada de modo muy particular por la Eucaristía. En ella, el mismo Cristo nos recibe como amigos y se nos entrega en la mesa del pan y de la palabra, entrando en íntima comunión con cada uno. Ésta es la fuente y el pilar de la espiritualidad de esta nueva Santa, así como de su impulso misionero que la llevó a dejar su patria natal, Suiza, para abrirse a otros horizontes evangelizadores en Ecuador y Colombia. En las serias adversidades que tuvo que afrontar, incluido el exilio, llevó impresa en su corazón la exclamación del salmo que hemos oído hoy: "Aunque camine por cañadas oscuras, nada temo, porque tú vas conmigo" (Ps 22, 4). De este modo, dócil a la Palabra de Dios siguiendo el ejemplo de María, hizo como los criados de que nos habla el relato del Evangelio que hemos escuchado: fue por doquier proclamando que el Señor invita a todos a su fiesta. Así hacía partícipes a los demás del amor de Dios al que ella dedicó con fidelidad y gozo toda su vida.

[Madre Maria Bernarda, una figura molto ricordata e amata soprattutto in Colombia, comprese a fondo che la festa che il Signore ha preparato per tutti i popoli è rappresentata in modo molto particolare dall'Eucaristia. In essa Cristo stesso ci riceve come amici e si dona a noi nella mensa del pane e della parola, entrando in intima comunione con ognuno. Sono la fonte e il pilastro della spiritualità della nuova santa, come pure del suo impulso missionario che la portò a lasciare il suo paese natale, la Svizzera, per aprirsi ad altri orizzonti evangelizzatori in Ecuador e in Colombia. Nelle serie avversità che dovette affrontare, incluso l'esilio, portò impressa nel cuore l'esclamazione del salmo che abbiamo ascoltato oggi:  "Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me" (Sal 22, 4). In tal modo, docile alla Parola di Dio, seguendo l'esempio di Maria, fece come i servi di cui ci parla il racconto del Vangelo che abbiamo ascoltato:  andò ovunque proclamando che il Signore ci invita tutti alla sua festa. Così rendeva partecipi gli altri dell'amore di Dio al quale dedicò con fedeltà e gioia tutta la sua vita.]

"He will swallow up death for ever, and the Lord God will wipe away tears from all faces" (Is 25:8). These words of the prophet Isaiah contain the promise which sustained Alphonsa of the Immaculate Conception through a life of extreme physical and spiritual suffering. This exceptional woman, who today is offered to the people of India as their first canonized saint, was convinced that her cross was the very means of reaching the heavenly banquet prepared for her by the Father. By accepting the invitation to the wedding feast, and by adorning herself with the garment of God’s grace through prayer and penance, she conformed her life to Christ’s and now delights in the "rich fare and choice wines" of the heavenly kingdom (cf. Is 25:6). She wrote, "I consider a day without suffering as a day lost". May we imitate her in shouldering our own crosses so as to join her one day in paradise.

["Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto" (Is 25, 8). Queste parole del profeta Isaia contengono la promessa che ha sostenuto Alfonsa dell'Immacolata Concezione nel corso di una vita di estrema sofferenza fisica e spirituale. Questa donna eccezionale, che oggi è offerta al popolo dell'India come sua prima santa, era convinta che la sua croce fosse proprio lo strumento per raggiungere il banchetto celeste approntato per lei dal Padre. Accettando l'invito alla festa nuziale, e adornandosi con il vestito della grazia di Dio attraverso la preghiera e la penitenza, ha conformato la propria vita a quella di Cristo e ora partecipa con gioia al banchetto di grasse vivande e di vini eccellenti (cfr Is 25, 6). Scrisse:  "Considero un giorno senza dolore un giorno perso". Che possiamo imitarla nel portare le nostre croci per poterci unire a lei in paradiso.]

La joven laica ecuatoriana Narcisa de Jesús Martillo Morán nos ofrece un ejemplo acabado de respuesta pronta y generosa a la invitación que el Señor nos hace a participar de su amor. Ya desde una edad muy temprana, al recibir el sacramento de la Confirmación, sintió clara en su corazón la llamada a vivir una vida de santidad y de entrega a Dios. Para secundar con docilidad la acción del Espíritu Santo en su alma, buscó siempre el consejo y la guía de buenos y expertos sacerdotes, considerando la dirección espiritual como uno de los medios más eficaces para llegar a la santificación. Santa Narcisa de Jesús nos muestra un camino de perfección cristiana asequible a todos los fieles. A pesar de las abundantes y extraordinarias gracias recibidas, su existencia transcurrió con gran sencillez, dedicada a su trabajo como costurera y a su apostolado como catequista. En su amor apasionado a Jesús, que la llevó a emprender un camino de intensa oración y mortificación, y a identificarse cada vez más con el misterio de la Cruz, nos ofrece un testimonio atrayente y un ejemplo acabado de una vida totalmente dedicada a Dios y a los hermanos.

[La giovane laica ecuadoriana Narcisa di Gesù Martillo Morán ci offre un esempio completo di risposta pronta e generosa all'invito che il Signore ci fa a partecipare al suo amore. Già in tenera età, nel ricevere il sacramento della Confermazione, udì chiaramente nel suo cuore la chiamata a vivere una vita di santità e di dedizione a Dio. Per assecondare con docilità l'azione dello Spirito Santo nella sua anima, cercò sempre il consiglio e la guida di sacerdoti buoni ed esperti, considerando la direzione spirituale uno dei mezzi più efficaci per giungere alla santificazione. Santa Narcisa di Gesù ci mostra un cammino di perfezione cristiana accessibile a tutti i fedeli. Nonostante le abbondanti e straordinarie grazie ricevute, la sua esistenza trascorse con grande semplicità, dedita al lavoro come sarta e all'apostolato come catechista. Nel suo amore appassionato per Gesù, che la portò a intraprendere un cammino di intensa preghiera e di mortificazione,  e a identificarsi sempre più con il mistero della Croce, ci offre una testimonianza attraente e un esempio completo di una vita totalmente dedita a Dio e ai fratelli.]

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest’oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza. Gesù invita ciascuno di noi a seguirlo, come questi Santi, nel cammino della croce, per avere poi in eredità la vita eterna di cui Egli morendo ci ha fatto dono. I loro esempi ci siano di incoraggiamento; gli insegnamenti ci orientino e confortino; l’intercessione ci sostenga nelle fatiche del quotidiano, perché anche noi possiamo giungere un giorno a condividere con loro e con tutti i santi la gioia dell’eterno banchetto nella Gerusalemme celeste. Ci ottenga questa grazia soprattutto Maria, la Regina dei Santi, che in questo mese di ottobre veneriamo con particolare devozione. Amen.

L’8 febbraio 1986 Alfonsa dell’Immacolata Concezione Muttathupadathu fu proclamata Beata da Papa Giovanni Paolo II a Kottayam in India.

"Con l’odierna Canonizzazione la Chiesa che è in India indica alla venerazione dei fedeli di tutto il mondo la sua prima Santa. Nel suo nome, fedeli provenienti da ogni parte del mondo, si uniscono nell’unico ringraziamento a Dio, nel segno delle due grandi tradizioni orientale ed occidentale, romana e malabarese che Suor Alfonsa visse e armonizzò nella sua vita santa".

BEATIFICAZIONE DI PADRE KURIAKOSE ELIAS CHAVARA E DI SUOR
ALFONSA MUTTATHUPANDATHU NELLO STADIO NAHRU DI KOTTAYAM

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Sabato, 8 febbraio 1986

 

“Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra” (Mt 11, 25).  

Cari fratelli e sorelle.

1. Queste sono le parole di Gesù di Nazaret, ed egli si rallegrava nello Spirito Santo quando le pronunciò. Quanto sono piene di significato per noi oggi! “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. (Mt 11, 25)

Quali cose ha tenuto nascoste il Signore? Quali misteri ha rivelato? Davvero i più profondi, della sua vita divina, quelli noti qui sulla terra solo a lui, solo a Cristo stesso. Dice egli infatti: “Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 27).

E osservate, il Figlio rivela effettivamente queste cose. Allo stesso tempo egli rivela il Padre. Il Padre è rivelato attraverso il Figlio. E a chi rivela il Figlio queste cose? Le rivela a coloro che sceglie: “Perché così è piaciuto a te”, dice Gesù al Padre. Egli rivela queste cose ai piccoli.

2. Oggi, in questa sacra liturgia, desideriamo unirci in modo particolare a Cristo Signore. Insieme a lui desideriamo benedire il Padre per il particolare amore che ha dimostrato a un figlio e a una figlia della Chiesa in India. Rendiamo lode a Dio per le sue innumerevoli benedizioni nel corso della bimillenaria esistenza della Chiesa sul suolo indiano. Con Cristo glorifichiamo il Padre per l’amore che ha dimostrato ai piccoli del Kerala e di tutta l’India.

La Chiesa in tutto il mondo si rallegra con la Chiesa in India nel momento in cui padre Kuriakose Elias Chavara e suor Alfonsa dell’Immacolata Concezione vengono innalzati al rango di beati nella grande comunione dei santi. Quest’uomo e questa donna, entrambi membri della Chiesa siro-malabarese qui nel Kerala, hanno raggiunto grandi vette di santità attraverso la loro generosa cooperazione con la grazia di Dio. Ciascuno di essi possedeva un ardente amore di Dio, e tuttavia ciascuno ha seguito un cammino spirituale diverso.

3. Padre Kuriakose Elias Chavara nacque qui nel Kerala, e per quasi tutti i 65 anni della sua vita terrena operò generosamente per il rinnovamento e l’arricchimento della vita cristiana. Il suo profondo amore per Cristo lo colmò di zelo apostolico e lo rese particolarmente attento a promuovere l’unità della Chiesa. Con grande generosità collaborò con altri, in particolare fratelli sacerdoti e religiosi, nell’opera di salvezza.

Le numerose e fertili iniziative apostoliche in cooperazione coi padri Thomas Palackal e Thomas Porukara, padre Kuriakose fondò una Congregazione religiosa indiana maschile, ora nota col nome di Carmelitani di Maria Immacolata. Successivamente, con l’aiuto di un missionario italiano, padre Leopoldo Beccaro, fondò una Congregazione religiosa indiana femminile, la Congregazione della Madre del Carmelo. Queste Congregazioni crebbero e fiorirono, e le vocazioni religiose vennero meglio capite e apprezzate. Grazie agli sforzi comuni dei membri di nuove famiglie religiose, le sue speranze e opere vennero moltiplicate molte e molte volte.

La vita di padre Kuriakose, così come le vite di questi nuovi religiosi, furono dedicate al servizio della Chiesa siro-malabarese. Sotto la sua guida o ispirazione, vennero intraprese numerose iniziative apostoliche: istituzione di seminari per l’educazione e la formazione del clero, introduzione di ritiri annuali, una casa editrice di opere cattoliche, una casa di ricovero per gli indigenti e gli incurabili, scuole di istruzione generale e programmi per la formazione dei catecumeni. Egli diede un contributo alla liturgia siro-malabarese e diffuse la devozione alla santa Eucaristia e alla sacra Famiglia. In particolare, si dedicò all’incoraggiamento e al sostegno delle famiglie cristiane, convinto com’era del ruolo fondamentale della famiglia nella vita della società e della Chiesa.

Ma nessuna causa apostolica era più cara al cuore di questo grande uomo di fede che quella dell’unità e armonia in seno alla Chiesa. Era come se avesse sempre a mente la preghiera di Gesù, la sera prima del sacrificio sulla croce: “Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola” (Gv 17, 21). Oggi la Chiesa ricorda solennemente con amore e gratitudine tutti i suoi sforzi per resistere alle minacce di disunione e per incoraggiare clero e fedeli a mantenere l’unità con la Sede di Pietro e la Chiesa universale. La sua riuscita in questo, come in tutte le sue molte iniziative, era indubbiamente dovuta all’intensa carità e preghiera che caratterizzarono la sua vita quotidiana, alla sua intima comunione con Cristo e al suo amore per la Chiesa quale corpo visibile di Cristo sulla terra.

4. Suor Alfonsa dell’Immacolata Concezione, nata un secolo dopo padre Elias Kuriakose, avrebbe servito con gioia il Signore con progetti apostolici simili. Ed effettivamente aveva una devozione personale per padre Kuriakose sin dagli inizi della sua vita religiosa. Ma per suor Alfonsa il cammino della santità fu chiaramente diverso. Fu la via della croce, la via della malattia e della sofferenza. Già in giovanissima età, suor Alfonsa desiderò servire il Signore come religiosa, ma non fu senza dure prove che riuscì alla fine a perseguire questo obiettivo. Quando ciò divenne possibile, si unì alla Congregazione delle Clarisse francescane. Per tutta la sua breve vita, di soli 36 anni, rese continuamente grazie a Dio per la gioia e il privilegio della propria vocazione religiosa, per la grazia dei voti di castità, povertà e obbedienza.

Sin dagli inizi della propria vita, suor Alfonsa conobbe grandi sofferenze. Col passare degli anni, il Padre celeste le diede una ancor più piena partecipazione alla passione del suo amato Figlio. Ricordiamo come essa provò non solo dolore fisico di grande intensità ma anche la sofferenza spirituale dell’essere incompresa ed erroneamente giudicata dagli altri. Tuttavia accettò costantemente tutte le sue sofferenze con serenità e fiducia in Dio, fermamente convinta che esse avrebbero purificato i suoi intenti, la avrebbero aiutata a vincere ogni egoismo, e l’avrebbero unita più intimamente al suo diletto sposo divino. Al suo direttore spirituale scriveva: “Caro padre, poiché il mio buon Signore Gesù mi ama tanto, desidero sinceramente rimanere su questo letto di malattia e soffrire non solo questo, ma anche qualsiasi altra cosa, anche sino alla fine del mondo. Capisco ora che Dio ha voluto che la mia vita fosse un’oblazione, un sacrificio di sofferenza” (20 novembre 1944). Giunse ad amare la sofferenza perché amava il Cristo sofferente. Imparò ad amare la croce attraverso il proprio amore per il Signore crocifisso.

5. Suor Alfonsa sapeva che attraverso le sue sofferenze partecipava all’apostolato della Chiesa; trovò gioia in esse offrendole tutte a Cristo. In questo modo, sembrò aver fatte proprie le parole di san Paolo: “Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa” (Col 1, 24).

Era stata dotata da Dio di un carattere affettuoso e allegro, con una capacità di gioire delle cose comuni e semplici. Il fardello della sofferenza umana, nemmeno l’incomprensione o l’altrui gelosia, non potevano estinguere la gioia del Signore che le colmava il cuore. In una lettera scritta poco prima di morire, in un momento d’intensa sofferenza fisica e mentale, diceva: “Mi sono data completamente a Gesù. Si compiaccia egli di curarsi di me. Il mio solo desiderio in questo mondo è di soffrire per amore di Dio e di rallegrarmi nel farlo” (febbraio 1946).

Sia padre Kuriakose che suor Alfonsa danno testimonianza della bellezza e della grandezza della vocazione religiosa. E vorrei cogliere quest’occasione per rivolgere in particolare i miei pensieri ai religiosi e alle religiose che sono qui presenti, nonché a tutti i religiosi dell’India.

Ognuno di coloro che sono stati battezzati in Cristo ha scoperto una “perla di grande valore” e un “tesoro” che vale tutti gli averi che si hanno (cf. Mt 13, 44-45). Poiché tutti i battezzati partecipano alla vita stessa della santissima Trinità e sono chiamati ad essere la “luce” e il “sale” del mondo (cf. Mt 5, 13-16). Tuttavia all’interno della grande famiglia della Chiesa, Dio nostro Padre chiama alcuni di voi a seguire Cristo più da vicino e a dedicare le vostre vite con una speciale consacrazione mediante la professione di castità, povertà e obbedienza. Voi, religiosi della Chiesa, date pubblica testimonianza del Vangelo e del primato dell’amore di Dio. Attraverso l’impegno permanente e la fedeltà perpetua ai vostri voti, cercate di crescere in unione con Cristo e di contribuire in modo peculiare alla vita e alla missione della Chiesa. E quale contributo vitale è il vostro!

In una ricca varietà di forme, vivete appieno la vostra consacrazione evangelica. Alcuni di voi hanno ascoltato la chiamata personale del Signore alla vita contemplativa, nella quale, benché nascosti agli occhi del mondo, offrite le vostre vite e preghiere, per il bene di tutta l’umanità. Altri sono stati chiamati a una vita apostolica attiva, nella quale servite nell’insegnamento, nel campo della salute, nel lavoro parrocchiale, nei ritiri, nelle opere di carità e in molte forme di attività pastorale.

In qualunque modo servite, cari fratelli e sorelle in Cristo, non dubitate mai del valore della vostra vita consacrata. Che il vostro servizio assomigli alle grandi iniziative apostoliche di padre Kuriakose, o che assuma la forma di sofferenza segreta come per suor Alfonsa, qualunque esso sia, è importante nella vita della Chiesa. Ricordate le parole di san Paolo, nella seconda lettura di oggi: “Noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28). Anche quando vi sentite scoraggiati o prostrati da mancanze o peccati personali, abbiate ancor più fiducia nell’amore di Dio per voi. Rivolgetevi a lui per averne misericordia, perdono e amore. Poiché, come dice san Paolo nella stessa lettera, “lo Spirito viene in aiuto alla nostra debolezza” (Rm 8, 26). È in lui che troviamo la nostra forza, il nostro coraggio e la nostra gioia.

Senza il vitale contributo dei religiosi e delle religiose, la carità della Chiesa sarebbe sminuita, il suo dar frutti sarebbe di minore portata.

Così, prego perché la beatificazione di questi due religiosi esemplari dell’India vi dia rinnovato zelo nella vostra preziosa vocazione. Nel vostro amore per Cristo possiate essere ispirati dal loro fervore. E come loro possiate mantenere la semplicità dei “piccoli” del Vangelo. Siate puri di cuore e colmi di compassione. Siate sempre desiderosi di piacere al Signore. Poiché è ai piccoli che i misteri di Dio sono rivelati (cf. Mt 11, 25).

6. E ora, desidero salutare tutti coloro che sono venuti a Kottayam per questa celebrazione. Con rispetto e stima ringrazio tutti gli altri cristiani oltre che i nostri fratelli indù e musulmani e i seguaci delle altre religioni che oggi mi onorano con l’essere qui. Sono grato della presenza delle autorità civili e invoco su tutti benedizioni di gioia e di pace. Davvero straordinaria è questa giornata nella storia della Chiesa e della cristianità in terra indiana. Essa è anche importante nella storia del ministero pastorale del Vescovo di Roma, il successore di san Pietro. È la prima volta che egli ha avuto la gioia di innalzare alla gloria degli altari un figlio e una figlia della Chiesa in India, nella loro terra natia.

Pertanto cantiamo insieme al salmista nella liturgia di oggi.

Insieme rendiamo grazie: “È bello dar lode al Signore / e cantare al tuo nome, o Altissimo. / Poiché mi rallegri, Signore, con le tue meraviglie, / esulto per l’opera delle tue mani. / Come sono grandi le tue opere, Signore!” (Sal 92 [91], 2-6 a).

Davvero grandi sono le opere di Dio! E l’opera più grande di Dio sulla terra è l’uomo. La gloria di Dio è l’uomo pienamente vivo nella vita di Dio. La gloria di Dio è la santità di ciascuna persona e dell’intera Chiesa. La santità è opera della grazia divina. Quando la proclamiamo solennemente in mezzo al popolo di Dio in questa terra, rendiamo gloria all’Altissimo. Con le parole di sant’Agostino rendiamo lode a Dio dicendo: “Coronando i meriti, coroni i tuoi doni”.

7. Davvero straordinario questo giorno! Dice il profeta Isaia: “Quanto il cielo sovrasta la terra, tanto le mie vie sovrastano le vostre vie, i miei pensieri sovrastano i vostri pensieri” (Is 55, 9).

Oggi ci è dato penetrare ancor più a fondo in questi pensieri divini. Ci è dato conoscere meglio le vie del Signore. E osservate, quali vie! Quali vie! Scrive l’Apostolo: “Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati, quelli che ha giustificati li ha anche glorificati” (Rm 8, 29-30).

Sono questi i pensieri divini. Sono queste le vie del Signore. Oggi ci è dato vedere come questi pensieri si adempiono nel beato Elias Kuriakose e nella beata suor Alfonsa. Oggi vediamo come queste vie di Dio conducono attraverso i loro cuori, attraverso il loro pellegrinaggio terreno alla gloria degli altari.

8. “Sì, o Padre”, dice Gesù, “perché così è piaciuto a te” (Mt 11, 26). E prosegue: “Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero” (Mt 11, 28-30).

Così parla Gesù. E parla a ciascuno. Siamo chiamati alla santità. Siamo chiamati alla comunione con lui; col suo cuore, con la sua croce, con la sua gloria. Così parla Gesù. E insieme a Gesù il beato Kuriakose e la beata Alfonsa. I loro cuori sono uniti al Cuore del Divino Redentore e sono colmi d’amore per tutti i figli e le figlie della vostra terra benedetta. Amen.