Anna Schäffer

Anna Schäffer

(1882-1925)

Beatificazione:

- 07 marzo 1999

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 21 ottobre 2012

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 5 ottobre

Laica, vergine, che all’età di diciannove anni, mentre prestava servizio come domestica, si ustionò con acqua bollente e, nonostante il progressivo peggioramento delle sue condizioni, visse poi serenamente in povertà e in preghiera, offrendo la croce del suo dolore per la salvezza delle anime

  • Biografia
  • Omelia
  • Il mistero della croce
  • omelia di beatificazione
Il letto di dolore diventò per lei cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario.

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

    Santa Anna Schäffer nacque il 18 febbraio 1882 a Mindel­stetten, piccola cittadina situata in Diocesi di Ratisbona, distretto di Riedenburg, provincia del Palatinato Superiore, nell’allora regno ed oggi repubblica di Baviera. Era figlia dei legittimi coniugi Michele Schäffer, falegname, e di Teresa Forster, figlia di contadini. Nello stesso giorno della nascita Anna fu battezzata nella chiesa parroc­chiale in Mindelstetten dal parroco don Benno Steiger.

    Sull’infanzia della Beata si sa poco, anche se le scarse notizie pervenuteci sono sufficienti a farci conoscere almeno le sue prin­cipali direttrici comportamentali. Sulla base di quanto risulta dalle tavole processuali, Anna può definirsi una giovane tranquilla e serena, non amante delle compagnie chiassose e dei giochi sfrenati, piuttosto portata ad interessarsi alle pie pratiche ed a comportarsi bene in ogni situazione, specie a scuola, dove in effetti risultò un’alunna molto diligente. Il 1° maggio 1888 iniziò a frequentare le scuole elementari del paese: tutto il ciclo, che allora durava sette anni, la vide emergere come una delle migliori alunne. All’età di undici anni, il 12 aprile 1893, si accostò per la prima volta alla mensa eucaristica: quest’even­to ebbe una grande importanza nel suo percorso spirituale, poiché in quell’occasione Anna assunse l’impegno di voler diventare una vittima di espiazione. Nel 1896 morì il padre a soli 40 anni, lasciando la famiglia in uno stato di gravissima indigenza, tanto che la Beata già a tredici anni dovette lasciare la famiglia per andare a servizio. Grazie all’aiuto del parroco del posto, Karl Rieger, Anna ottenne il suo primo lavoro presso un’omeopata di Ratisbona, per un anno e poi come donna di servizio a Landshut presso un pretore, per due anni. Seguirono ulteriori attività di servizio in altri paesi, ma sempre per poco tempo.

    La svolta nella semplice e quieta vita di Anna Schäffer si verificò il 4 febbraio 1901: aveva 19 anni ed era a servizio presso l’ispettore forestale di Stammham. Quel giorno, mentre si trovava nella lavan­deria insieme ad una sua collega di servizio, salì sul bordo della caldaia, in cui era a bollire la liscivia per il bucato, al fine di rimettere in sede il tubo che alimentava il calore; ma, avendo gli zoccoli pieni di neve, perse l’equilibrio e cadde nella caldaia. Per i suoi arti inferiori l’esito fu devastante: subì orribili ustioni alle gambe, tali che nessuna cura poté mai più farle ricuperare l’uso degli arti. Le settimane che seguirono furono terribili. La carne, andata in cancrena, doveva essere eliminata in continuazione con un coltello ed in parte fino alle ossa. Dopo una degenza di 90 giorni in ospedale a Kösching, poiché l’obbli­go di sussidio da parte dell’assicurazione era terminato, Anna fu riportata a Mindelstetten presso sua madre, la quale da allora in poi si prese cura della povera inferma. Risulta chiaramente che il medico tentò di guarire le ferite, da cui usciva continuamente un liquido puru­lento, con vari metodi: incisioni, termocausticazioni, raschiamenti, trapianti cutanei e pomate. Malgrado l’anestesia praticata, la Beata soffrì sempre di dolori terribili.

    Il ventennio che va dal 1905 alla morte di Anna Schäffer corri­sponde al periodo delle gravi sofferenze a letto: in questo lasso di tempo ella purificò il suo animo fino ad entrare in uno stato di particolare unione con il Signore. Chi si prese maggiormente cura di lei, con vera carità e sollecitudine, fu il Dott. Wäldin, il quale intervenendo chirurgicamente per trenta volte, cercò di guarirla con trapianti di pelle. Ogni volta la carne putrefatta veniva tagliata fino all’osso o asportata con allume o con la pietra infernale (nitrato d’argento). Anche il medico distrettuale di Riedenburg la visitò ripetutamente, senza potere però aiutarla. Poiché nessuna delle cure intraprese diede giovamento, alla fine il medico curante fasciò le gambe in suppurazione con garza allo xeroformio. Questa cura restò la stessa per venti anni.

    A partire dal 1923, si presentò una nuova e tremenda soffe­renza. Convulsioni atroci, durante le quali la testa della Beata veniva gettata all’indietro con grande violenza, si presentarono cinque o sei volte al giorno. Esse colpivano anche le gambe paralizzate e le sue dita si contraevano al punto che era quasi impossibile disserrarle. Nell’estate del 1925 cadde dal letto e subì una ferita cerebrale che menomò le sue facoltà orali e visive.

    La sera del 5 ottobre 1925 Anna Schäffer venne liberata dalle sue pesanti sofferenze: morì a 43 anni.

    Rivestita con l’abito del Terzo Ordine di San Francesco, dal 5 all’8 ottobre, data dei funerali e della sepoltura, si ebbe la prova evi­dente della fama di santità di cui Anna godeva presso una vastissima cerchia di persone. Un incredibile afflusso di fedeli si precipitò nella casa dove la Beata era appena morta, a cercare reliquie ed a pregare presso quel corpo che per loro apparteneva ad una santa.

    Tre giorni dopo, l’8 ottobre 1925, venne sepolta accompagnata da un’immensa partecipazione di persone.

    La tomba nel cimitero di Mindelstetten è ornata da una pietra, sulla quale sono leggibili le seguenti parole: “Qui riposa in Dio la vergine virtuosa del luogo Anna Schäffer. 1882 – 1925”.

    Innumerevoli persone, tra le quali anche l’Arcivescovo Michael Buchberger, hanno visitato, pregato e deposto fiori su questa tomba a partire dal 1925.    

    Era ancora giovanissima, aveva appena subìto il grave incidente alle gambe, che Anna Schäffer incominciò ad essere considerata come una creatura speciale, toccata particolarmente dalla grazia di Dio, per come accettava le sue terribili sofferenze mutandole in gioiosa offerta per il bene del prossimo. Non meraviglia quindi che era da tutti ritenuta una santa, tanto che di continuo la gente bussava alla sua porta per vederla e scambiare qualche parola con lei. Ciò avveniva particolarmente nei giorni della settimana in cui si svolgeva il mercato di Mindelstetten. Tutte queste persone le portavano piccoli regali, fiori, candele e generi alimentari, ottenevano consigli e consolazioni e si affidavano alla sua preghiera.

    Anna poteva lasciare solo in rari casi il suo letto e quando lo faceva doveva essere sorretta. Ogni tanto veniva portata in chiesa oppure anche nella cappella riedificata alla fine del centro abitato.

    Nel 1972 il vescovo Rudolf Graber di Ratisbona concesse, in seguito a molteplici richieste, il permesso affinché i resti mortali di Anna Schäffer venissero trasportati nella chiesa parrocchiale.

    Il 26 luglio 1972 avvenne la solenne traslazione alla quale par­teciparono circa 5000 persone, provenienti da ogni luogo circostante. Da allora non è mai scemato l’interesse per Anna Schäffer, anzi ogni anno cresce il numero dei pellegrini. Mindelstetten vive un giorno particolare in occasione dell’annuale festività di S. Anna, il 26 luglio: durante la messa solenne, alla quale partecipano migliaia di fedeli, viene ricordata dal popolo anche la vita santa di Anna Schäffer.

    La bavarese Anna Schäffer di Mindelstetten, malgrado il trascor­rere degli anni, costituisce, specialmente per i laici, un richiamo ad accettare la missione che Gesù ha stabilito per ciascuno, fosse anche quella di abbracciare, in atteggiamento di umiltà, la più dura delle croci. La conformità alla volontà di Dio era in lei abituale.

    Il parroco del luogo, che ebbe cura di lei per tutto il periodo della sua sofferenza, asserì: “Non ho mai sentito, in 25 anni, una lamente­la”. Il silenzio e la pazienza che Gesù ebbe durante la sua passione, furono condivisi dalla Beata.

    È significativo rimarcare che tra le sue letture, c’era il libro del mistico Thomas da Kempis Imitazione di Cristo.

    Durante il periodo della sua sofferenza Anna ebbe delle esperienze mistiche, che lei chiamava “Sogni”. Le riportò anche su carta e così sono state tramandate ai posteri 12 quaderni, 183 lettere e bigliettini. La sua lingua è sempre semplice e naturale, è il modo d’esprimersi di una fanciulla che non ha frequentato altre scuole se non quella pubblica del luogo natio.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della beatificazione

 

    Poiché la fama di santità, di cui Anna Schäffer fu circondata nella sua vita, dopo la morte aumentava e si diffondeva sempre più, il 17 marzo 1973 fu istruito, su impulso del Vescovo Mons. Rudolf Graber, il Processo Ordinario informativo sulla fama di san­tità, delle virtù e dei miracoli, presso la Curia Vescovile di Ratisbona.

    Trasmessi gli Atti a Roma, fu emanato il Decreto sulla validità giuridica.

    Ultimata la preparazione della Positio super virtutibus, la stessa fu sottoposta al giudizio dei Consultori Teologi, i quali, il 15 gennaio 1995, dichiararono che Anna Schäffer ha esercitato tutte le virtù in grado eroico. Un esito parimenti favorevole si ottenne nella Congregazione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi il successivo 25 aprile 1995. Il Santo Padre, l’11 luglio 1995 promulgò il decreto sulle virtù eroiche.

    In vista della beatificazione fu presentato un presunto miracolo, riguardante la straordinaria guarigione del signor Franz Zwirchmaier, il quale, contro ogni aspettativa medica, era guarito in modo rapido, perfetto e duraturo dalle conseguenze di un gravissimo incidente stradale, con trauma cranico e coma del grado più severo.

    Dopo l’udienza pontificia e la lettura del Decreto sul miracolo in data 3 luglio 1998, si giunse alla beatificazione, che ebbe luogo il 7 marzo 1999.

 

b) In vista della canonizzazione

 

    Per la canonizzazione della Beata Anna Schäffer è stata presentata alla Congregazione delle Cause dei Santi l’asserita inspiegabile guarigione della signora Christina Simon da ascite, conseguenza della cirrosi epatica.

    L’Inchiesta Diocesana è stata celebrata nella Curia Vescovile di Ratisbona negli anni 2003/2004.

    La validità giuridica venne decretata il 15 ottobre 2004.

    Nella Seduta del 30 settembre 2010, dopo che nel frattempo erano stati richiesti ed eseguiti molti esami di laboratorio sia sulla natura della malattia principale che sull’attuale stato di salute della sanata, la Consulta Medica della Congregazione delle Cause dei Santi all’unanimità ha riconosciuto l’evento “inspiegabile scientifi­camente”.

    Il caso è stato esaminato, con esito positivo, dai Consultori Teologi il 2 luglio del 2011, e dai Cardinali ed Vescovi il 15 novembre 2011.

    Sua Santità Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto super miraculo.

CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI:

GIACOMO BERTHIEU
PEDRO CALUNGSOD
GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA
MARIA DEL MONTE CARMELO SALLÉS Y BARANGUERAS
MARIANNA COPE
CATERINA TEKAKWITHA
ANNA SCHÄFFER

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 21 ottobre 2012

 

 

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr Mc 10,45).

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Oggi la Chiesa ascolta ancora una volta queste parole di Gesù, pronunciate durante il cammino verso Gerusalemme, dove si doveva compiere il suo mistero di passione, morte e risurrezione. Sono parole che contengono il senso della missione di Cristo sulla terra, segnata dalla sua immolazione, dalla sua donazione totale. In questa terza domenica di ottobre, nella quale si celebra la Giornata Missionaria Mondiale, la Chiesa le ascolta con particolare intensità e ravviva la consapevolezza di essere tutta intera in perenne stato di servizio all’uomo e al Vangelo, come Colui che ha offerto se stesso fino al sacrificio della vita.

Rivolgo il mio saluto cordiale a tutti voi, che riempite Piazza San Pietro, in particolare le Delegazioni ufficiali e i pellegrini venuti per festeggiare i sette nuovi Santi. Saluto con affetto i Cardinali e i Vescovi che in questi giorni stanno partecipando all’Assemblea sinodale sulla Nuova Evangelizzazione. E’ felice la coincidenza tra questa Assise e la Giornata Missionaria; e la Parola di Dio che abbiamo ascoltato risulta illuminante per entrambe. Essa mostra lo stile dell’evangelizzatore, chiamato a testimoniare ed annunciare il messaggio cristiano conformandosi a Gesù Cristo, seguendo la sua stessa vita. Questo vale sia per la missione ad gentes, sia per la nuova evangelizzazione nelle regioni di antica cristianità.

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr Mc 10, 45).

Queste parole hanno costituito il programma di vita dei sette Beati che oggi la Chiesa iscrive solennemente nella gloriosa schiera dei Santi. Con eroico coraggio essi hanno speso la loro esistenza nella totale consacrazione a Dio e nel generoso servizio ai fratelli. Sono figli e figlie della Chiesa, che hanno scelto la vita del servizio seguendo il Signore. La santità nella Chiesa ha sempre la sua sorgente nel mistero della Redenzione, che viene prefigurato dal profeta Isaia nella prima Lettura: il Servo del Signore è il Giusto che «giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53,11); questo Servo è Gesù Cristo, crocifisso, risorto e vivo nella gloria. L’odierna canonizzazione costituisce un’eloquente conferma di tale misteriosa realtà salvifica. La tenace professione di fede di questi sette generosi discepoli di Cristo, la loro conformazione al Figlio dell’Uomo risplende oggi in tutta la Chiesa.

Jacques Berthieu, né en 1838, en France, fut très tôt passionné de Jésus-Christ. Durant son ministère de paroisse, il eut le désir ardent de sauver les âmes. Devenu jésuite, il voulait parcourir le monde pour la gloire de Dieu. Pasteur infatigable dans l’île Sainte Marie puis à Madagascar, il lutta contre l’injustice, tout en soulageant les pauvres et les malades. Les Malgaches le considéraient comme un prêtre venu du ciel, disant : Vous êtes notre ‘père et mère’ ! Il se fit tout à tous, puisant dans la prière et dans l’amour du Cœur de Jésus la force humaine et sacerdotale d’aller jusqu’au martyre en 1896. Il mourut en disant : ‘Je préfère mourir plutôt que renoncer à ma foi’. Chers amis, que la vie de cet évangélisateur soit un encouragement et un modèle pour les prêtres, afin qu’ils soient des hommes de Dieu comme lui ! Que son exemple aide les nombreux chrétiens persécutés aujourd’hui à cause de leur foi ! Puisse en cette Année de la foi, son intercession porter des fruits pour Madagascar et le continent africain ! Que Dieu bénisse le peuple malgache !

[Jacques Berthieu, nato nel 1838, in Francia, fu ben presto conquistato da Gesù Cristo. Durante il suo ministero in parrocchia, ebbe il desiderio ardente di salvare le anime. Diventato gesuita, voleva percorrere il mondo per la gloria di Dio. Pastore infaticabile nell’Isola Santa Maria e poi nel Madagascar, lottò contro l’ingiustizia, mentre recava sollievo ai poveri e ai malati. I Malgasci lo consideravano come un sacerdote venuto dal cielo, dicendo: Lei è il nostro ‘padre e madre’! Si fece tutto a tutti, attingendo nella preghiera e nell’amore del Cuore di Gesù la forza umana e sacerdotale di giungere fino al martirio nel 1896. Morì dicendo: «Preferisco morire piuttosto che rinunciare alla mia fede». Cari amici, la vita di questo evangelizzatore sia un incoraggiamento e un modello per i sacerdoti, affinché siano uomini di Dio come lui! Il suo esempio aiuti i numerosi cristiani oggi perseguitati a causa della fede! Possa la sua intercessione, in questo Anno della fede, portare frutti per il Madagascar e il continente africano! Dio benedica il popolo malgascio!]

Pedro Calungsod was born around the year 1654, in the Visayas region of the Philippines. His love for Christ inspired him to train as a catechist with the Jesuit missionaries there. In 1668, along with other young catechists, he accompanied Father Diego Luis de San Vitores to the Marianas Islands in order to evangelize the Chamorro people. Life there was hard and the missionaries faced persecution arising from envy and slander. Pedro, however, displayed deep faith and charity and continued to catechize his many converts, giving witness to Christ by a life of purity and dedication to the Gospel. Uppermost was his desire to win souls for Christ, and this made him resolute in accepting martyrdom. He died on 2 April 1672. Witnesses record that Pedro could have fled for safety but chose to stay at Father Diego’s side. The priest was able to give Pedro absolution before he himself was killed. May the example and courageous witness of Pedro Calungsod inspire the dear people of the Philippines to announce the Kingdom bravely and to win souls for God!

[Pedro Calungsod nacque intorno al 1654, nella regione di Visayas nelle Filippine. Il suo amore per Cristo lo spinse a prepararsi per diventare catechista con i missionari Gesuiti di quel luogo. Nel 1668, assieme ad altri giovani catechisti, accompagnò il P. Diego Luis de San Vitores alle Isole Marianas per evangelizzare il popolo Chamorro. La vita là era dura e i missionari soffrirono persecuzioni a causa di invidie e calunnie. Pedro, però, dimostrò fede e carità profonde e continuò a catechizzare i molti convertiti, dando testimonianza a Cristo mediante una vita di purezza e di dedizione al Vangelo. Molto intenso era il suo desiderio di guadagnare anime a Cristo, e ciò lo rese risoluto nell’accettare il martirio. Morì il 2 aprile 1672. Testimoni raccontano che Pedro avrebbe potuto mettersi in salvo ma scelse di rimanere al fianco di P. Diego. Il sacerdote ebbe modo di dare l’assoluzione a Pedro prima di essere lui stesso ucciso. Possano l’esempio e la coraggiosa testimonianza di Pedro Calungsod ispirare le care popolazioni delle Filippine ad annunciare il Regno di Dio con forza e guadagnare anime a Dio!]

Giovanni Battista Piamarta, sacerdote della diocesi di Brescia, fu un grande apostolo della carità e della gioventù. Avvertiva l’esigenza di una presenza culturale e sociale del cattolicesimo nel mondo moderno, pertanto si dedicò all’elevazione cristiana, morale e professionale delle nuove generazioni con la sua illuminata carica di umanità e di bontà. Animato da fiducia incrollabile nella Divina Provvidenza e da profondo spirito di sacrificio, affrontò difficoltà e fatiche per dare vita a diverse opere apostoliche, tra le quali: l’Istituto degli Artigianelli, l’Editrice Queriniana, la Congregazione maschile della Santa Famiglia di Nazareth e la Congregazione delle Umili Serve del Signore. Il segreto della sua intensa ed operosa vita sta nelle lunghe ore che egli dedicava alla preghiera. Quando era oberato di lavoro, aumentava il tempo per l’incontro, cuore a cuore, con il Signore. Preferiva le soste davanti al santissimo Sacramento, meditando la passione, morte e risurrezione di Cristo, per attingere forza spirituale e ripartire alla conquista del cuore della gente, specie dei giovani, per ricondurli alle sorgenti della vita con sempre nuove iniziative pastorali.

«Que tu misericordia, Señor, venga sobre nosotros como lo esperamos de ti». Con estas palabras, la liturgia nos invita a hacer nuestro este himno al Dios creador y providente, aceptando su plan en nuestras vidas. Así lo hizo Santa María del Carmelo Sallés y Barangueras, religiosa nacida en Vic, España, en mil ochocientos cuarenta y ocho. Ella, viendo colmada su esperanza, después de muchos avatares, al contemplar el progreso de la Congregación de Religiosas Concepcionistas Misioneras de la Enseñanza, que había fundado en mil ochocientos noventa y dos, pudo cantar junto a la Madre de Dios: «Su misericordia llega a sus fieles de generación en generación». Su obra educativa, confiada a la Virgen Inmaculada, sigue dando abundantes frutos entre la juventud a través de la entrega generosa de sus hijas, que como ella se encomiendan al Dios que todo lo puede.

[«Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo». Con queste parole, la liturgia ci invita a fare nostro questo inno a Dio creatore e provvidente, accettando il suo progetto nella nostra vita. Così fece santa Maria del Carmelo Sallés y Barangueras, religiosa nata a Vic, in Spagna, nel 1848. Ella, vedendo realizzata la sua speranza, dopo molte vicissitudini, contemplando lo sviluppo della Congregazione delle Religiose Concezioniste Missionarie dell’Insegnamento, che aveva fondato nel 1892, poté cantare insieme con la Madre di Dio: «Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono». La sua opera educativa, affidata alla Vergine Immacolata, continua a portare frutti abbondanti in mezzo alla gioventù mediante l’impegno generoso delle sue figlie, che come lei si pongono nelle mani del Dio che tutto può.]

I now turn to Marianne Cope, born in 1838 in Heppenheim, Germany. Only one year old when taken to the United States, in 1862 she entered the Third Order Regular of Saint Francis at Syracuse, New York. Later, as Superior General of her congregation, Mother Marianne willingly embraced a call to care for the lepers of Hawaii after many others had refused. She personally went, with six of her fellow sisters, to manage a hospital on Oahu, later founding Malulani Hospital on Maui and opening a home for girls whose parents were lepers. Five years after that she accepted the invitation to open a home for women and girls on the island of Molokai itself, bravely going there herself and effectively ending her contact with the outside world. There she looked after Father Damien, already famous for his heroic work among the lepers, nursed him as he died and took over his work among male lepers. At a time when little could be done for those suffering from this terrible disease, Marianne Cope showed the highest love, courage and enthusiasm. She is a shining and energetic example of the best of the tradition of Catholic nursing sisters and of the spirit of her beloved Saint Francis.

[Rivolgo ora lo sguardo a Marianne Cope, nata nel 1838 ad Heppenheim, in Germania. Quando aveva un anno soltanto fu portata negli Stati Uniti, e nel 1862 entrò nel Terz’Ordine Regolare di san Francesco a Syracuse, New York. In seguito, come Superiora Generale della sua Congregazione, Madre Marianne accolse di sua volontà una chiamata a prendersi cura dei lebbrosi delle Hawaii, dopo che molti altri avevano rifiutato. Si recò là con sei consorelle, per gestire un ospedale a Oahu e successivamente fondare l’ospedale Malulani a Maui ed aprire una casa per ragazze i cui genitori erano lebbrosi. Dopo cinque anni, accettò l’invito ad aprire una casa per donne e ragazze nella stessa isola di Molokai, coraggiosamente andandovi lei stessa ed in pratica terminando il proprio contatto con il mondo esterno. Là si prese cura di padre Damiano, già famoso per la sua eroica attività fra i lebbrosi, curandolo sino alla morte e prendendone il posto fra i lebbrosi maschi. Quando ancora si poteva fare poco per quanti soffrivano di questa terribile malattia, Marianne Cope dimostrò l’amore, il coraggio e l’entusiasmo più alti. Ella è un luminoso e forte esempio della migliore tradizione cattolica nell’accudire alle sorelle e dello spirito del suo amato san Francesco.]

Kateri Tekakwitha was born in today’s New York state in 1656 to a Mohawk father and a Christian Algonquin mother who gave to her a sense of the living God. She was baptized at twenty years of age and, to escape persecution, she took refuge in Saint Francis Xavier Mission near Montreal. There she worked, faithful to the traditions of her people, although renouncing their religious convictions until her death at the age of twenty-four. Leading a simple life, Kateri remained faithful to her love for Jesus, to prayer and to daily Mass. Her greatest wish was to know and to do what pleased God.

[Kateri Tekakwitha nacque nell’odierno stato di New York nel 1656 da padre Mohawk e da madre cristiana algonchina, che le trasmise il senso del Dio vivente. Fu battezzata all’età di vent’anni e, per fuggire dalle persecuzioni, si rifugiò nella missione di san Francesco Saverio vicino a Montreal. Là lavorò, fedele alle tradizioni del suo popolo - anche se rinunciò alle convinzioni religiose della sua gente - sino alla morte all’età di 24 anni. Vivendo un’esistenza semplice, Kateri rimase fedele al suo amore per Gesù, alla preghiera e alla Messa quotidiana. Il suo più grande desiderio era conoscere Dio e fare ciò che a Lui piace.]

Kateri nous impressionne par l’action de la grâce dans sa vie en l’absence de soutiens extérieurs, et par son courage dans sa vocation si particulière dans sa culture. En elle, foi et culture s’enrichissent mutuellement ! Que son exemple nous aide à vivre là où nous sommes, sans renier qui nous sommes, en aimant Jésus ! Sainte Kateri, protectrice du Canada et première sainte amérindienne, nous te confions le renouveau de la foi dans les premières nations et dans toute l’Amérique du Nord ! Que Dieu bénisse les premières nations !

[Kateri ci impressiona per l’azione della grazia nella sua vita in assenza di sostegni esterni, e per il coraggio nella vocazione tanto particolare nella sua cultura. In lei, fede e cultura si arricchiscono a vicenda! Il suo esempio ci aiuti a vivere là dove siamo, senza rinnegare ciò che siamo, amando Gesù! Santa Kateri, patrona del Canada e prima santa amerinda, noi ti affidiamo il rinnovamento della fede nelle prime nazioni e in tutta l’America del Nord! Dio benedica le prime nazioni!]

Anna Schäffer aus Mindelstetten wollte als Jugendliche in einen Missionsorden eintreten. Da sie aus einfachen Verhältnissen stammte, versuchte sie die nötige Aussteuer für die Aufnahme ins Kloster als Dienstmagd zu verdienen. In dieser Stellung erlitt sie einen schweren Unfall mit unheilbaren Verbrennungen an den Beinen, der sie für ihr ganzes weiteres Leben ans Bett fesselte. So wurde ihr das Krankenlager zur Klosterzelle und das Leiden zum Missionsdienst. Sie haderte zunächst mit ihrem Schicksal, verstand ihre Situation dann aber als einen liebevollen Ruf des Gekreuzigten in seine Nachfolge. Gestärkt durch die tägliche Kommunion wurde sie zu einer unermüdlichen Fürsprecherin im Gebet und zu einem Spiegel der Liebe Gottes für viele Ratsuchende. Ihr Apostolat des Betens und des Leidens, des Opferns und des Sühnens sei den Gläubigen in ihrer Heimat ein leuchtendes Vorbild, ihre Fürbitte stärke die christliche Hospizbewegung in ihrem segensreichen Wirken.

[Anna Schäffer di Mindelstetten, da giovane, voleva entrare a far parte di un Ordine religioso missionario. Essendo di modesta provenienza, cercò di guadagnare come domestica la dote necessaria per essere accolta in convento. In questo lavoro ebbe un grave incidente con ustioni inguaribili alle gambe, che la costrinsero al letto per tutta la vita. Così, il letto di dolore diventò per lei cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario. Inizialmente si lamentava della propria sorte, ma poi giunse a interpretare la sua situazione come una chiamata amorevole del Crocifisso a seguirLo. Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio. Possa il suo apostolato di preghiera e di sofferenza, di sacrificio e di espiazione costituire un esempio luminoso per i fedeli nella sua Patria, e la sua intercessione rafforzi il movimento cristiano di hospice [centri di cure palliative per malati terminali] nel loro benefico servizio.]

Cari fratelli e sorelle! Questi nuovi Santi, diversi per origine, lingua, nazione e condizione sociale, sono uniti con l’intero Popolo di Dio nel mistero di salvezza di Cristo, il Redentore. Insieme a loro, anche noi qui riuniti con i Padri sinodali venuti da ogni parte del mondo, con le parole del Salmo proclamiamo al Signore che «egli è nostro aiuto e nostro scudo», e lo invochiamo: «Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo» (Sal 32,20-22). Possa la testimonianza dei nuovi Santi, della loro vita generosamente offerta per amore di Cristo, parlare oggi a tutta la Chiesa, e la loro intercessione possa rafforzarla e sostenerla nella sua missione di annunciare il Vangelo al mondo intero.

Con Anna Schäffer si pone la domanda sul senso della sofferenza.

Anna visse e conobbe in modo personale le parole che leggiamo nella lettera di San Paolo ai Colossesi: «Perciò sono lieto delle sofferenze che sopporto per voi e completo nella mia carne quello che manca ai patimenti di Cristo, a favore del suo corpo che è la Chiesa» (Col 1, 24).

Attraverso il Cristo divenne capace di accettare il mistero della croce nell'amore e nella gratitudine.

Anna Schäffer è come un portone aperto che accoglie le persone provate nella sofferenza. Ella dimostra che anche il destino di una malattia inguaribile può essere sopportato attraverso l'abbandono fiducioso nel Cristo. Nella sua travagliata vita si rivela la grande verità cristiana, cioè che l'essere umano è amato da Dio, specie nella sofferenza.

CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA
PER LA PROCLAMAZIONE DI DIECI NUOVI BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica di San Pietro - Domenica, 7 marzo 1999

 

1. "Chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete" (Gv 4, 14).

Nell'odierna domenica, terza di Quaresima, l'incontro di Gesù con la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe costituisce una straordinaria catechesi sulla fede. Ai catecumeni che si preparano a ricevere il Battesimo, ed a tutti i credenti incamminati verso la Pasqua, il Vangelo mostra quest'oggi l'"acqua viva" dello Spirito Santo, che rigenera l'uomo interiormente, facendolo rinascere "dall'alto" a vita nuova.

L'esistenza umana è un "esodo" dalla schiavitù alla terra promessa, dalla morte alla vita. In questo cammino sperimentiamo a volte l'aridità e la fatica dell'esistenza: la miseria, la solitudine, la perdita di significato e di speranza, al punto che può succedere anche a noi, come agli Ebrei in cammino, di chiederci: "Il Signore è in mezzo a noi sì o no?" (Es 17, 7).

Anche quella donna di Samaria, così provata dalla vita, avrà pensato tante volte: "Dov'è il Signore?". Finché un giorno incontra un Uomo che rivela a lei, donna e per di più samaritana, vale a dire doppiamente disprezzata, tutta la verità. In un semplice dialogo Egli le offre il dono di Dio: lo Spirito Santo, sorgente di acqua viva per la vita eterna. Le manifesta se stesso come il Messia atteso e le annuncia il Padre, che vuol essere adorato in spirito e verità.

2. I santi sono i "veri adoratori del Padre": uomini e donne che, come la samaritana, hanno incontrato Cristo ed hanno scoperto, grazie a Lui, il senso della vita. Essi hanno sperimentato in prima persona quello che dice l'apostolo Paolo nella seconda Lettura: "L'amore di Dio è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato" (Rm 5, 5).

Anche nei nuovi Beati la grazia del Battesimo ha portato la pienezza del suo frutto. Essi si sono a tal punto abbeverati alla fonte dell'amore di Cristo, da esserne intimamente trasformati e da divenire a loro volta sorgenti traboccanti per la sete di tanti fratelli e sorelle incontrati lungo la strada della vita.

3. «Hemos recibido la justificación por la fe, estamos en paz con Dios [. . .] y nos gloriamos apoyados en la esperanza de los hijos de Dios» (Rm 5, 1-2). Hoy la Iglesia, al proclamar beatos a los mártires de Motril, pone en sus labios estas palabras de San Pablo. En efecto, Vicente Soler y sus seis compañeros agustinos recoletos y Manuel Martín, sacerdote diocesano, obtuvieron por el testimonio heroico de su fe el acceso a la "gloria de los hijos de Dios". Ellos no murieron por una ideología, sino que entregaron libremente su vida por Alguien que ya había muerto antes por ellos. Así devolvieron a Cristo el don que de él habían recibido.

Por la fe, estos sencillos hombres de paz, alejados del debate político, trabajaron durante años en territorios de misión, sufrieron multitud de penalidades en Filipinas, regaron con su sudor los campos de Brasil, Argentina y Venezuela, fundaron obras sociales y educativas en Motril y en otras partes de España. Por la fe, llegado el momento supremo del martirio, afrontaron la muerte con ánimo sereno, confor tando a los demás condenados y perdonando a sus verdugos. ¿Cómo es posible esto? -nos preguntamos-, y San Agustín nos responde: «Porque el que reina en el cielo regía la mente y la lengua de sus mártires, y por medio de ellos en la tierra vencía» (Sermón 329, 1-2).

¡Dichosos vosotros, mártires de Cristo! Que todos se alegren por el honor tributado a estos testigos de la fe. Dios los ayudó en sus tribulaciones y les dio la corona de la victoria. ¡Ojalá que ellos ayuden a quienes hoy trabajan en España y en el mundo en favor de la reconciliación y de la paz!

4. Le peuple qui campait dans le désert avait soif, comme nous le rappelle la première lecture, tirée du livre de l’Exode (cfr 17, 3). Le spectacle du peuple spirituellement assoiffé était aussi sous les yeux de Nicolas Barré, de l’Ordre des Minimes. Son ministère le mettait continuellement en contact avec des personnes qui, vivant dans le désert de l’ignorance religieuse, risquaient de s’abreuver à la source corrompue de certaines idées de leur temps. C’est pourquoi il ressentit le devoir de devenir un maître spirituel et un éducateur pour ceux qu’il rejoignait par son action pastorale. Pour élargir son rayon d’action, il fonda une nouvelle famille religieuse, les Sœurs de l’Enfant-Jésus, avec le devoir d’évangéliser et d’éduquer la jeunesse délaissée, afin de lui révéler l’amour de Dieu, de lui communiquer en plénitude la Vie divine et de contribuer à l’édification des personnes.

Le nouveau Bienheureux ne cessa d’enraciner sa mission dans la contemplation du mystère de l’Incarnation, car Dieu étanche la soif de ceux qui vivent en intimité avec Lui. Il a montré qu’une action faite pour Dieu ne peut qu’unir à Dieu et que la sanctification passe aussi par l’apostolat. Nicolas Barré invite chacun à faire confiance à l’Esprit Saint, qui guide son peuple sur le chemin de l’abandon à Dieu, du désintéressement, de l’humilité, de la persévérance jusque dans les épreuves les plus rudes. Une telle attitude ouvre à la joie du cheminement vers l'expérience de l'action puissante du Dieu vivant.

5. Wenn wir schließlich unseren Blick auf die selige Anna Schäffer richten, dann lesen wir ihr Leben gleichsam als lebendigen Kommentar dessen, was der heilige Paulus an die Römer geschrieben hat: "Die Hoffnung läßt nicht zugrunde gehen. Denn die Liebe Gottes ist ausgegossen in unsere Herzen durch den Heiligen Geist, der uns gegeben ist" (5, 5).

Je mehr ihr Lebensweg zum Leidensweg wurde, umso stärker wuchs in ihr die Erkenntnis, daß Krankheit und Schwäche die Zeilen sein können, auf denen Gott sein Evangelium schreibt. Ihr Krankenzimmer nennt sie eine "Leidenswerkstatt", um dem Kreuz Christi immer gleichförmiger zu werden. Sie spricht von drei Himmelsschlüsseln, die Gott ihr gegeben habe: "Der größte davon ist aus rohem Eisen und schwer von Gewicht, das ist mein Leiden. Der zweite ist die Nadel und der dritte der Federhalter. Mit all diesen Schlüsseln will ich täglich fest arbeiten, um das Himmelstor öffnen zu können".

Gerade im größten Schmerz wird Anna Schäffer die Verantwortung bewußt, die jeder Christ für das Heil seiner Mitmenschen hat. Dazu gebraucht sie den Federhalter. Ihr Krankenbett wird die Wiege eines weit gespannten Briefapostolats. Was ihr an Kraft bleibt, verwendet sie für die Anfertigung von Stickereien, um damit anderen eine Freude zu bereiten. Ob auf den Briefen oder bei der Handarbeit, ihr Lieblingsmotiv ist das Herz Jesu als Symbol der göttlichen Liebe. Dabei fällt auf, daß sie die Flammen aus dem Herzen Jesu nicht als Feuerflammen, sondern als Weizenähren darstellt. Der Bezug zur Eucharistie, die Anna Schäffer täglich von ihrem Pfarrer empfangen hat, ist unverkennbar. Das so gedeutete Herz Jesu ist deshalb das Attribut, das die neue Selige bei sich tragen wird.

6. Carissimi Fratelli e Sorelle, rendiamo grazie a Dio per il dono di questi nuovi Beati! Essi, malgrado le prove della vita, non hanno indurito il loro cuore, ma hanno ascoltato la voce del Signore, e lo Spirito Santo li ha ricolmati dell'amore di Dio. Hanno potuto così sperimentare che "la speranza non delude" (Rm 5, 5). Sono stati come alberi piantati lungo corsi d'acqua, che a tempo opportuno hanno portato frutti abbondanti (cfr Sal 1, 3).

Per questo, oggi, ammirando la loro testimonianza, tutta la Chiesa acclama: Signore, tu sei veramente il salvatore del mondo, tu sei la roccia da cui scaturisce l'acqua viva per la sete dell'umanità!

Dacci sempre, Signore, di quest'acqua, perché conosciamo il Padre e lo adoriamo in Spirito e Verità. Amen!