Annibale Maria Di Francia

Annibale Maria Di Francia

(1851-1927)

Beatificazione:

- 07 ottobre 1990

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 16 maggio 2004

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 1 giugno

Presbitero, fondatore delle Congregazioni dei Padri Rogazionisti del Cuore di Gesù e delle Suore del Divino Zelo, si adoperò con particolare dedizione per gli orfani distendendo a tutti i poveri le mani misericordiose di Dio

  • Biografia
  • Omelia
  • l'eredità
  • omelia di beatificazione
"Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe"

 

Annibale Maria Di Francia nacque a Messina il 5 luglio 1851 dalla nobildonna Anna Toscano e dal cavaliere Francesco, marchese di Santa Caterina dello Ionio, Vice Console Pontificio e Capitano Onorario della Marina. Terzo di quattro figli, Annibale divenne orfano a soli quindici mesi per la morte prematura del padre. Questa amara esperienza infuse nel suo animo la particolare tenerezza e lo speciale amore verso gli orfani, che caratterizzò la sua vita ed il suo sistema educativo.

Sviluppò un grande amore per l'Eucaristia, tanto da ricevere il permesso, eccezionale per quei tempi, di accostarsi quotidianamente alla Santa Comunione. Giovanissimo, davanti al Santissimo Sacramento solennemente esposto, ebbe quella che si può definire «intelligenza del Rogate»: scoprì cioè la necessità della preghiera per le vocazioni, che, in seguito, trovò espressa nel versetto del Vangelo: «La messe è molta ma gli operai sono pochi. Pregate [Rogate] dunque il Padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe» (Mt 9, 38; Lc 10, 2). Queste parole del Vangelo costituirono l'intuizione fondamentale alla quale egli dedicò tutta la sua esistenza.

Di ingegno vivace e di notevoli capacità letterarie, appena sentì la chiamata del Signore, rispose generosamente, adattando questi talenti al suo ministero. Completati gli studi, il 16 marzo 1878 fu ordinato sacerdote. Qualche mese prima, un incontro «provvidenziale» con un mendicante quasi cieco lo mise a contatto con la triste realtà sociale e morale del quartiere periferico più povero di Messina, le cosiddette Case Avignone e gli aprì il cammino di quello sconfinato amore verso i poveri e gli orfani, che diverrà una caratteristica fondamentale della sua vita.

Con il consenso del suo Vescovo, andò ad abitare in quel «ghetto» ed impegnò tutte le sue forze per la redenzione di quegli infelici, che ai suoi occhi si presentavano, secondo l'immagine evangelica, come «pecore senza pastore». Fu un'esperienza segnata fortemente da incomprensioni, difficoltà e ostilità di ogni tipo, che egli superò con grande fede, vedendo negli umili ed emarginati lo stesso Gesù Cristo e attuando ciò che definiva: «Spirito di doppia carità: l'evangelizzazione e il soccorso dei poveri».

Nel 1882 diede inizio ai suoi orfanotrofi, che furono chiamati antoniani perché messi sotto la protezione di Sant'Antonio di Padova. La sua preoccupazione fu non solo quella di dare il pane e il lavoro, ma soprattutto un'educazione completa della persona sotto l'aspetto morale e religioso, offrendo agli assistiti un vero clima di famiglia, che favorisse il processo formativo a far loro scoprire e seguire il progetto di Dio.

Con spirito missionario avrebbe voluto abbracciare gli orfani e i poveri di tutto il mondo. Ma come fare? La parola del Rogate gli apriva questa possibilità. Perciò scrisse: «Che cosa sono questi pochi orfani che si salvano e questi pochi poveri che si evangelizzano dinanzi a milioni che si perdono e sono abbandonati come gregge senza pastore? ... Cercavo una via d'uscita e la trovavo ampia, immensa in quelle adorabili parole di nostro Signore Gesù Cristo: Rogate ergo ... Allora mi pareva di aver trovato il segreto di tutte le opere buone e della salvezza di tutte le anime».

Annibale aveva intuito che il Rogate non era una semplice raccomandazione del Signore, ma un comando esplicito e un «rimedio infallibile». Motivo per cui il suo carisma è da valutare come il principio animatore di una provvidenziale fondazione nella Chiesa. Altro aspetto importante da rilevare è che egli precede i tempi nel considerare vocazioni anche quelle dei laici impegnati: genitori, insegnanti e persino buoni governanti.

Per realizzare nella Chiesa e nel mondo i suoi ideali apostolici, fondò due nuove famiglie religiose: nel 1887 la Congregazione delle Figlie del Divino Zelo e dieci anni dopo la Congregazione dei Rogazionisti. Volle che i membri dei due Istituti, approvati canonicamente il 6 agosto 1926, si impegnassero a vivere il Rogate con un quarto voto.

Così il Di Francia scrisse in una supplica del 1909 a San Pio X: «Mi sono dedicato fin dalla mia prima giovinezza a quella santa Parola del Vangelo: Rogate ergo. Nei miei minimi Istituti di beneficenza si leva una preghiera incessante, quotidiana dagli orfani, dai poveri, dai sacerdoti, dalle sacre vergini, con cui si supplicano i Cuori Santissimi di Gesù e Maria, il Patriarca San Giuseppe e i Santi Apostoli perché vogliano provvedere abbondantemente la Santa Chiesa di sacerdoti eletti e santi, di evangelici operai della mistica messe delle anime».  Per diffondere la preghiera per le vocazioni promosse numerose iniziative: ebbe contatti epistolari e personali con i Sommi Pontefici del suo tempo; istituì la Sacra Alleanza per il clero e la Pia Unione della Rogazione Evangelica per tutti i fedeli. Fondò il periodico dal titolo significativo «Dio e il Prossimo» per coinvolgere i fedeli a vivere i medesimi ideali.

«È tutta la Chiesa - egli scrisse - che ufficialmente deve pregare a questo scopo, poiché la missione della preghiera per ottenere i buoni operai è tale da dovere interessare vivamente ogni fedele, ogni cristiano, cui sta a cuore il bene di tutte le anime, ma in modo particolare i vescovi, i pastori del mistico gregge, ai quali sono affidate le anime e che sono gli apostoli viventi di Gesù Cristo»L'annuale Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, istituita da Paolo VI nel 1964, può considerarsi la risposta della Chiesa a questa sua intuizione.

Grande fu l'amore che ebbe per il sacerdozio, convinto che solo mediante l'opera di sacerdoti numerosi e santi è possibile salvare l'umanità. Fu fortemente impegnato nella formazione spirituale dei seminaristi, che l'arcivescovo di Messina affidò alle sue cure. Ripeteva spesso che senza una solida formazione spirituale, senza preghiera, «tutte le fatiche dei vescovi e dei rettori dei seminari si riducono generalmente a una cultura artificiale di preti...».  Fu egli stesso, per primo, buon operaio del Vangelo e sacerdote secondo il Cuore di Dio. La sua carità, definita «senza calcoli e senza limiti», si manifestò con connotazioni particolari anche verso i sacerdoti in difficoltà e le claustrali.

Già durante la sua esistenza terrena fu accompagnato da una chiara e genuina fama di santità, diffusa a tutti i livelli, tanto che quando il primo giugno 1927 si spense a Messina, confortato dalla presenza di Maria Santissima, che aveva tanto amato durante la sua terrena esistenza, la gente diceva: «Andiamo a vedere il santo che dorme».

I funerali furono una vera e propria apoteosi, che i giornali dell'epoca puntualmente registrarono con articoli e con fotografie. Le Autorità furono sollecite nell'accordare il permesso di tumularlo nel Tempio della Rogazione Evangelica, che lui stesso aveva voluto e che è dedicato appunto al «divino comando»: «Pregate il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe».

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 6 BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Sesta Domenica di Pasqua, 16 maggio 2004 

 

1. "Vi do la mia pace" (Gv 14,27). Nel tempo pasquale ascoltiamo spesso questa promessa di Gesù ai suoi discepoli. La pace vera è frutto della vittoria di Cristo sul potere del male, del peccato e della morte. Quanti lo seguono fedelmente diventano testimoni e costruttori della sua pace.

In questa luce mi piace contemplare i sei nuovi Santi, che la Chiesa addita oggi all’universale venerazione: Luigi Orione, Annibale Maria di Francia, Josep Manyanet y Vives, Nimatullah Kassab Al-Hardini, Paola Elisabetta Cerioli, Gianna Beretta Molla.

2. "Uomini che hanno votato la loro vita al nome del nostro Signore Gesù Cristo" (At 15,26). Queste parole degli Atti degli Apostoli ben possono applicarsi a san Luigi Orione, uomo totalmente donato alla causa di Cristo e del suo Regno. Sofferenze fisiche e morali, fatiche, difficoltà, incomprensioni e ostacoli di ogni tipo hanno segnato il suo ministero apostolico. "Cristo, la Chiesa, le anime - egli diceva - si amano e si servono in croce e crocifissi o non si amano e non si servono affatto" (Scritti, 68,81).

Il cuore di questo stratega della carità fu "senza confini perché dilatato dalla carità di Cristo" (ivi, 102,32). La passione per Cristo fu l'anima della sua vita ardimentosa, la spinta interiore di un altruismo senza riserve, la sorgente sempre fresca di una indistruttibile speranza.

Quest’umile figlio di un selciatore proclama che "solo la carità salverà il mondo" (ivi, 62,13) e a tutti ripete che "la perfetta letizia non può essere che nella perfetta dedizione di sé a Dio e agli uomini, a tutti gli uomini" (ivi).

3. "Se uno mi ama, osserverà la mia parola" (Gv 14,23). In queste parole evangeliche vediamo delineato il profilo spirituale di Annibale Maria di Francia, che l’amore per il Signore spinse a dedicare l’intera esistenza al bene spirituale del prossimo. In questa prospettiva, egli avvertì soprattutto l’urgenza di realizzare il comando evangelico: "Rogate ergo… - Pregate dunque il padrone della messe che mandi operai nella sua messe!" (Mt 9,38).

Ai Padri Rogazionisti e alle Suore Figlie del Divino Zelo lasciò il compito di adoperarsi con tutte le forze perché la preghiera per le vocazioni fosse "incessante e universale". Questo stesso invito Padre Annibale Maria Di Francia rivolge ai giovani del nostro tempo, sintetizzandolo nella sua abituale esortazione: "Innamoratevi di Gesù Cristo".

Da questa provvidenziale intuizione è sorto nella Chiesa un grande movimento di preghiera per le vocazioni. Auspico di cuore che l’esempio di Padre Annibale Maria Di Francia guidi e sostenga anche in questo nostro tempo tale azione pastorale.

4. "El Espíritu Santo, que enviará el Padre en mi nombre, será quien os lo enseñe todo y os vaya recordando todo lo que os he dicho" (Jn 14, 26). Desde el principio el Paráclito ha suscitado hombres y mujeres que han recordado y difundido la verdad revelada por Jesús. Uno de éstos fue San José Manyanet, verdadero apóstol de la familia. Inspirándose en la escuela de Nazaret, realizó su proyecto de santidad personal y se dedicó, con entrega heroica, a la misión que el Espíritu le confiaba. Para ello fundó dos Congregaciones Religiosas. Un símbolo visible de su anhelo apostólico es también el templo de la Sagrada Familia de Barcelona.

[in lingua catalana]

Que sant Josep Manyanet beneeixi totes les famílies i us ajudi a portar els exemples de la Sagrada Família a les vostres llars".

[ ¡Que San José Manyanet bendiga a todas las familias y os ayude a llevar los ejemplos de la Sagrada Familia a vuestros hogares!]

Traduzione italiana delle parti pronunciate in spagnolo ed in catalano:

[4. "Lo Spirito Santo che il Padre manderà nel mio nome, egli v'insegnerà ogni cosa e vi ricorderà tutto ciò che io vi ho detto" (Gv 14, 26). 
Sin dall'inizio il Paraclito ha ispirato uomini e donne che hanno ricordato e diffuso la verità rivelata da Gesù. Uno di questi è stato san José Manyanet, vero Apostolo della famiglia. Ispirandosi alla scuola di Nazareth, ha realizzato il suo progetto di santità personale e si è dedicato, con sollecitudine eroica, alla missione che lo Spirito gli ha affidato. A tal fine ha fondato due Congregazioni Religiose. Un simbolo visibile del suo anelito apostolico è anche il tempio della Sacra Famiglia di Barcellona.] 
Que sant Josep Manyanet beneeixi totes les famílies i us ajudi a portar els exemples de la Sagrada Família a les vostres llars". 
[¡Que San José Manyanet bendiga a todas las familias y os ayude a llevar los ejemplos de la Sagrada Familia a vuestros hogares!] 
[Che San Giuseppe Manyanet benedica tutte le famiglie e vi aiuti a portare gli esempi della Sacra Famiglia alle vostre case!]

5. Homme de prière, amoureux de l’Eucharistie qu’il aimait adorer longuement, saint Nimatullah Kassab Al-Hardini est un exemple pour les moines de l’Ordre libanais maronite comme pour ses frères libanais et pour tous les chrétiens du monde. Il s’est donné totalement au Seigneur dans une vie de grand renoncement, montrant que l’amour de Dieu est la seule véritable source de joie et de bonheur pour l’homme. Il s’est attaché à chercher et à suivre le Christ, son Maître et Seigneur.

Accueillant à ses frères, il a soulagé et guéri beaucoup de blessures dans les cœurs de ses contemporains, leur témoignant la miséricorde de Dieu. Puisse son exemple éclairer notre route, susciter chez les jeunes en particulier un vrai désir de Dieu et de la sainteté, pour annoncer à notre monde la lumière de l’Évangile !

Traduzione italiana della parte pronunciata in francese:

[5. Uomo di preghiera, innamorato dell'Eucaristia, che gli piaceva adorare a lungo, Nimatullah Kassab Al-Hardini è un esempio per i monaci dell'Ordine libanese maronita, come pure per i suoi fratelli libanesi e per tutti i cristiani del mondo. Egli si è donato totalmente al Signore in una vita di grande rinuncia, mostrando che l'amore di Dio è l'unica fonte autentica di gioia e di felicità per l'uomo. Egli si è dedicato a cercare e a seguire Cristo, suo Maestro e Signore. 
Accogliendo i suoi fratelli, egli ha dato sollievo e ha curato molte ferite nel cuore dei suoi contemporanei, testimoniando loro la misericordia di Dio. Possa il suo esempio illuminare il nostro cammino, suscitare, in particolare tra i giovani, un desiderio autentico di Dio e di santità, per annunciare al mondo presente la luce del Vangelo!]

6. "L’angelo… mi mostrò la città santa, Gerusalemme, che scendeva dal cielo" (Ap 21,10). La splendida immagine proposta dall’Apocalisse di Giovanni esalta la bellezza e la fecondità spirituale della Chiesa, la nuova Gerusalemme. Di questa fecondità spirituale è singolare testimone Paola Elisabetta Cerioli, la cui esistenza fu copiosa di frutti di bene.

Contemplando la Santa Famiglia, Paola Elisabetta intuì che le comunità familiari restano solide quando i legami di parentela sono sostenuti e cementati dalla condivisione dei valori della fede e della cultura cristiana. Per diffondere questi valori la nuova Santa fondò l’Istituto della Sacra Famiglia. Era infatti convinta che i figli, per crescere sicuri e forti, hanno bisogno di una famiglia sana e unita, generosa e stabile. Aiuti Iddio le famiglie cristiane ad accogliere e a testimoniare in ogni circostanza l’amore di Dio misericordioso.

7. Dell’amore divino Gianna Beretta Molla fu semplice, ma quanto mai significativa messaggera. Pochi giorni prima del matrimonio, in una lettera al futuro marito, ebbe a scrivere: "L’amore è il sentimento più bello che il Signore ha posto nell’animo degli uomini".

Sull’esempio di Cristo, che "avendo amato i suoi… li amò sino alla fine" (Gv 13,1), questa santa madre di famiglia si mantenne eroicamente fedele all’impegno assunto il giorno del matrimonio. Il sacrificio estremo che suggellò la sua vita testimonia come solo chi ha il coraggio di donarsi totalmente a Dio e ai fratelli realizzi se stesso.

Possa la nostra epoca riscoprire, attraverso l’esempio di Gianna Beretta Molla, la bellezza pura, casta e feconda dell’amore coniugale, vissuto come risposta alla chiamata divina!

8. "Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore" (Gv 14,28). Le vicende terrene di questi sei nuovi Santi ci spronano a perseverare sulla propria strada, confidando nell’aiuto di Dio e nella materna protezione di Maria. Dal cielo ora veglino su di noi e ci sostengano con la loro potente intercessione.

Le Congregazioni religiose dei Rogazionisti e della Figlie del Divino Zelo, fondate da Padre Annibale sono oggi presenti nei cinque Continenti impegnate, secondo gli ideali del Fondatore, nella diffusione della preghiera per le vocazioni attraverso centri vocazionali ed editoriali e nel gestire istituti educativo‑assistenziali a favore di bambini e ragazzi bisognosi e di audiolesi, centri nutrizionali e di sanità; case per anziani e per ragazze‑madri; scuole, centri di formazione professionale, ecc.

La santità e la missione di Padre Annibale, dichiarato «insigne apostolo della preghiera per le vocazioni», sono sentite oggi profondamente da quanti sono compenetrati delle necessità vocazionali della Chiesa.

Il Sommo Pontefice Giovanni Paolo II il 7 ottobre 1990 ha proclamato il Di Francia Beato ed il giorno successivo lo ha definito: «Autentico anticipatore e zelante maestro della moderna pastorale vocazionale».

BEATIFICAZIONE DI GIUSEPPE ALLAMANO E ANNIBALE MARIA DI FRANCIA

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza San Pietro - Domenica, 7 ottobre 1990

 

“Perché andiate e portiate frutto” (Gv 15, 16).

1. Nella liturgia dell’odierna domenica ritorna l’immagine della vigna. Il Vangelo di Matteo riprende infatti il canto della vigna di Isaia, il canto dell’amore di Dio verso la sua vigna, cioè: il popolo eletto. È il canto dell’amore, non ricambiato, però, come dovuto. L’evangelista constata che gli operai della vigna si sono appropriati del diritto su di essa, e quando viene il figlio del padrone, non lo accolgono come erede, ma lo uccidono. Quest’immagine della vigna è particolarmente eloquente e non può non stimolare una riflessione.

Penetranti sono anche le parole del Salmo: “Dio degli eserciti, volgiti, / guarda dal cielo e vedi / e visita questa vigna, / proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, / il germoglio che ti sei coltivato” (Sal 79, 15-16).

2. Il Figlio - la pietra angolare -, benché scartato dai costruttori (cf. 1 Pt 2, 6-7), assunse tuttavia pienamente l’eredità della vigna di Dio. L’assunse in maniera definitiva con il sacrificio della croce e con la potenza della risurrezione. Nel contesto di questa realtà Cristo dice agli apostoli: “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto” (Gv 15, 16).

Sono parole, queste, che testimoniano la rigenerazione della vigna di Dio; testimoniano la redenzione. Anche gli apostoli sono mandati dal Figlio-Redentore, perché, mediante il loro ministero, la vigna sia costantemente rigenerata. Sono mandati a portare frutto, a riconfermare l’eredità di Dio. Il loro servizio, come nuovi operai della vigna, trarrà frutti dall’abbondanza del dono che proviene da Dio: da Dio stesso!

3. Dopo di essi, dopo gli apostoli, seguiranno altri, e si metteranno in cammino lungo la storia, da una generazione all’altra, per riconfermare l’eredità di Dio e portare frutto, come i due nuovi beati, per i quali la Chiesa oggi è in festa.

L’apostolo Paolo, nella seconda lettura di questa domenica, dopo aver dato alcune raccomandazioni presenta ai cristiani di Filippi il suo esempio come programma di vita. “Ciò che avete imparato, ricevuto, ascoltato e veduto in me, è quello che dovete fare”. Può invitare i fedeli a essere suoi “imitatori”, poiché egli, per primo, è imitatore di Cristo (Fil 4, 9; 3, 17).

Dio in ogni periodo della storia suscita nella Chiesa determinate persone, perché siano come modelli del popolo di Dio. A tale schiera appartengono i presbiteri oggi proclamati beati: Giuseppe Allamano e Annibale Maria Di Francia.

4. Il beato Giuseppe Allamano, succedendo al suo zio, san Giuseppe Cafasso, nella direzione del Convitto ecclesiastico della Consolata, ne emulò l’amore verso i sacerdoti e la sollecitudine per la loro formazione spirituale, intellettuale e pastorale, aggiornandola secondo le esigenze dei tempi. Nulla risparmiò perché innumerevoli schiere di sacerdoti fossero pienamente compresi del dono della loro vocazione e all’altezza del loro compito. Egli stesso diede l’esempio, coniugando l’impegno di santità con l’attenzione alle necessità spirituali e sociali del suo tempo. Era radicata in lui la profonda convinzione che “il sacerdote è anzitutto l’uomo della carità”, “destinato a fare il maggior bene possibile”, a santificare gli altri “con l’esempio e la parola”, con la santità e la scienza. La carità pastorale - affermava - esige che il presbitero “arda di zelo per la salvezza dei fratelli, senza porre riserve o indugi nella dedizione di sé”.

5. Il canonico Allamano sentì come rivolte direttamente a sé le parole di Cristo: “Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo a ogni creatura” (Mc 16, 15). E per contribuire a imprimere alla comunità cristiana un tale slancio, pur rimanendo sempre attivo come sacerdote diocesano, fondò prima l’Istituto dei Missionari, e poi quello delle Missionarie della Consolata, perché la Chiesa diventasse sempre più “madre feconda di figli”, “vigna” che dà frutti di salvezza.

Nel momento in cui viene annoverato tra i beati, Giuseppe Allamano ci ricorda che per restare fedeli alla nostra vocazione cristiana occorre saper condividere i doni ricevuti da Dio con i fratelli di ogni razza e di ogni cultura; occorre annunciare con coraggio e con coerenza il Cristo a ogni persona che incontriamo, specialmente a coloro che ancora non lo conoscono.

6. Lo stesso fuoco d’amore per il Signore e per gli uomini segnò tutta la vita e l’opera del beato Annibale Maria Di Francia. Colpito sin dall’adolescenza dall’espressione evangelica: “La messe è molta, ma gli operai sono pochi. Pregate dunque il padrone della messe, perché mandi operai nella sua messe” (Mt 9, 38; Lc 10, 2), egli spese tutte le sue energie per questa nobilissima causa.

La moltitudine di persone non ancora raggiunte dal Vangelo e il numero insufficiente degli evangelizzatori sono stati il tormento del suo cuore di apostolo e di sacerdote. Fondò a tal fine due Famiglie religiose: i Rogazionisti e le Suore Figlie del Divino Zelo, e promosse numerose iniziative per diffondere fra i fedeli la coscienza della necessità di pregare intensamente per le vocazioni.

Amò egli stesso profondamente il suo sacerdozio; lo visse con coerenza, ne esaltò la grandezza nel popolo di Dio. Ripeteva spesso che la Chiesa, per svolgere la sua missione, ha bisogno di sacerdoti “numerosi e santi”, “secondo il cuore di Dio”. Sentiva che questo è un problema di essenziale importanza e insisteva perché la preghiera e la formazione spirituale fossero al primo posto nella preparazione dei presbiteri; in caso contrario - scriveva - “tutte le fatiche dei vescovi e dei rettori dei seminari si riducono a una coltura artificiale di preti . . .” (Scritti, vol. 50, p. 9). Per lui ogni autentica vocazione è frutto della grazia e della preghiera ancor prima delle pur necessarie mediazioni culturali e organizzative.

7. Alla preghiera per le vocazioni congiunse un’attenzione concreta ai bisogni spirituali e materiali dei sacerdoti e dei seminaristi. Dovunque vi erano necessità, a cui bisognava venire incontro: piccoli senza famiglia, fanciulle in gravi pericoli, monasteri di contemplative in difficoltà materiali, fu presente con tempestività e amore. Di tutti fu padre e benefattore; pronto sempre a pagare di persona, aiutato e sostenuto dalla grazia.

Il messaggio che egli ci ha trasmesso è attuale e urgente. L’eredità lasciata ai suoi figli e figlie spirituali è impegnativa. Possa l’opera da lui iniziata continuare a dare frutti generosi a beneficio dell’intera comunità cristiana e per sua intercessione accordi il Signore alla Chiesa santi sacerdoti, secondo il cuore di Dio.

8. Rifulgano i nuovi beati quali modelli di santità sacerdotale! Li addita come tali la Chiesa, mentre è in pieno svolgimento l’VIII Assemblea generale del Sinodo dei vescovi, chiamata a esaminare l’importante questione della formazione dei sacerdoti nel nostro tempo.

Come non sottolineare questa provvidenziale circostanza? Mentre, infatti, i padri sinodali ricercano le soluzioni più opportune per un problema così vitale, i nostri beati indicano con chiarezza la direzione verso cui procedere. La loro esistenza, le loro esemplari esperienze apostoliche offrono luce alla ricerca sinodale. Essi ripetono che il mondo, adesso come allora, ha bisogno di sacerdoti santi, capaci di parlare al cuore dell’uomo moderno, perché si apra al mistero di Dio vivente. Ha bisogno di apostoli generosi, pronti a lavorare con gioia nella vigna del Signore.

9. “Perché andiate e portiate frutto”! Ritorna nella liturgia il richiamo agli operai nella vigna divina, a coloro cioè che sono stati mandati dal Figlio-Redentore, come gli apostoli. A quanti Cristo continua a chiamare e a mandare in ogni tempo e in ogni luogo, come ha chiamato e mandato questi due sacerdoti che oggi la Chiesa ha innalzato agli onori degli altari: il beato Giuseppe Allamano, il beato Annibale Maria Di Francia. Straordinaria missione è stata la loro. Missione che ha richiesto però una profonda maturità di spirito

Ai santi e ai beati non manca questa maturità, grazie proprio allo Spirito di verità lasciato da Cristo alla sua Chiesa. Grazie allo Spirito di verità si fa cosciente la certezza che il mondo è di Dio; grazie a lui si comprende che la terra è una vigna della quale l’uomo non si può appropriare; la terra gli è stata affidata con il compito di coltivarla e di perfezionarla. È dallo Spirito di verità che provengono questa coscienza e questa certezza: coscienza e certezza piene di amore verso il Creatore e il creato, verso Dio e verso l’uomo.

Rendiamo grazie per tutti coloro che Cristo, il Figlio-Redentore, continua a scegliere perché vadano e portino frutto. E che questo frutto “rinnovi la faccia della terra” (Sal 104, 30)! Amen!