Arcangelo Tadini

Arcangelo Tadini

(1846-1912)

Beatificazione:

- 03 ottobre 1999

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 26 aprile 2009

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 20 maggio

Sacerdote, fondatore della Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth, si adoperò per i diritti e la dignità dei lavoratori

  • Biografia
  • Omelia
  • uno di noi
  • omelia di beatificazione
“Starò con voi, vivrò con voi, morirò con voi”

 

Arcangelo Tadini, sacerdote bresciano vissuto tra il 1846 e il 1912, è una figura limpida e affascinante. Uomo intraprendente, prete autentico, ha intrecciato sapientemente rischio e fede, amore per gli uomini e amore per Dio, austerità e tenerezza.

Nasce a Verolanuova (BS) il 12 ottobre 1846. Conclusi gli studi elementari nel paese natale, frequenta il ginnasio a Lovere (BG).

Nel 1864 entra nel seminario di Brescia e nel 1870 è ordinato sacerdote. Dal 1871 al 1873 è nominato vicario-cooperatore a Lodrino (BS), piccolo paese di montagna, e dal 1873 cappellano al santuario di S. Maria della Noce, frazione di Brescia.

Nel 1885 inizia il suo servizio a Botticino Sera (BS) come  vicario-cooperatore; due anni dopo, è nominato Parroco e vi rimane fino al 1912, anno della sua morte. All’inizio del suo mandato, dal pulpito afferma con forza:  “Starò con voi, vivrò con voi, morirò con voi”.

Gli anni vissuti a Botticino sono certamente i più fecondi della vita di don Tadini. Egli ama i suoi parrocchiani come figli e non si risparmia in nulla. Dà inizio alla Schola Cantorum, alla banda musicale, a varie Confraternite, al Terz’ordine Francescano, alle Figlie di S. Angela; ristruttura la chiesa, offre ad ogni categoria di persone la catechesi più adatta, cura la liturgia. Ha una particolare attenzione per la celebrazione dei Sacramenti. Prepara le omelie tenendo presente da una parte la Parola di Dio e della Chiesa, dall’altra il cammino spirituale della sua gente. Quando parla dal pulpito, tutti rimangono stupiti per il calore e la forza che le sue parole sprigionano.

La sua attenzione pastorale è rivolta soprattutto alle povertà del difficile periodo della prima industrializzazione: egli avverte che la Chiesa è chiamata in causa da chi soffre nelle fabbriche, nelle filande, nelle campagne… Per i lavoratori dà inizio all’Associazione Operaia di Mutuo Soccorso e, per le giovani del paese che maggiormente vivono nell’incertezza e subiscono ingiustizie, costruisce una filanda per dare loro un lavoro.

Nel 1900 il Tadini fonda la Congregazione delle Suore Operaie della S. Casa di Nazareth: donne consacrate ma “operaie con le operaie” che educano le giovani lavoratrici non salendo in cattedra ma lavorando gomito a gomito con loro, non tenendo grandi discorsi ma dando l’esempio di guadagnarsi il pane con dignità e con il sudore della propria fronte. Uno scandalo per quel tempo in cui si pensava alle fabbriche come  luoghi pericolosi, immorali e fuorvianti.

Il Tadini affida alle sue Suore l’esempio di Gesù, Maria e Giuseppe che nella Casa di Nazareth, nel silenzio e nel nascondimento, hanno lavorato e vissuto con umiltà e semplicità. Indica l’esempio di Gesù  che non solo “ ha sacrificato se stesso sulla croce”  ma per trent’anni, a Nazareth, non si è vergognato di usare gli strumenti del carpentiere e di “avere le mani incallite e la fronte bagnata di sudore”. 

Per questa sua intraprendenza il Tadini ottiene calunnie e incomprensioni, anche da parte della Chiesa. In realtà egli precorre i tempi: egli intuisce che la Suora, operaia tra le operaie, può dare una comprensione più positiva del mondo del lavoro, visto non più come luogo avverso alla Chiesa, ma ambiente bisognoso di fermento evangelico, un mondo da incontrare più che da contrastare.

Egli stesso è consapevole che la sua Opera è anzitempo, ma è fermamente convinto che non è opera sua ma di Dio: “Dio l’ha voluta, la guida, la perfeziona, la porta al suo termine”. La morte lo coglie quando il sogno della sua vita è ancora incompiuto, ma come seme affidato alla terra, a suo tempo, porterà frutti abbondanti.

CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI

Arcangelo Tadini (1846-1912) 
Bernardo Tolomei (1272-1348)
Nuno de Santa Maria Alvares Pereira (1360-1431)
Gertrude Comensoli (1847-1903)
Caterina Volpicelli (1839-1894)  

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Sagrato della Basilica Vaticana 
Domenica, 26 aprile 2009

 

Cari fratelli e sorelle,

in questa terza domenica del tempo pasquale, al centro della nostra attenzione la liturgia pone ancora una volta il mistero di Cristo risorto. Vittorioso sul male e sulla morte, l’Autore della vita, che si è immolato quale vittima di espiazione per i nostri peccati, “continua ad offrirsi per noi ed intercede come nostro avvocato; sacrificato sulla croce più non muore e con i segni della passione vive immortale” (cfr Prefazio pasquale 3). Lasciamoci interiormente inondare dal fulgore pasquale che promana da questo grande mistero, e con il Salmo responsoriale preghiamo: “Risplenda su di noi, Signore, la luce del tuo volto”.

La luce del volto di Cristo risorto risplende oggi su di noi particolarmente attraverso i tratti evangelici dei cinque Beati che in questa celebrazione vengono iscritti nell’albo dei Santi: Arcangelo Tadini, Bernardo Tolomei, Nuno de Santa Maria Alvares Pereira, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli. Mi unisco volentieri all’omaggio che a loro rendono i pellegrini, qui convenuti da varie nazioni, ai quali con grande affetto rivolgo un cordiale saluto. Le diverse vicende umane e spirituali di questi nuovi Santi stanno a mostrarci il rinnovamento profondo che nel cuore dell’uomo opera il mistero della risurrezione di Cristo; mistero fondamentale che orienta e guida tutta la storia della salvezza. Giustamente pertanto la Chiesa sempre, ed ancor più in questo tempo pasquale, ci invita a dirigere i nostri sguardi verso Cristo risorto, realmente presente nel Sacramento dell’Eucaristia.

Nella pagina evangelica, san Luca riferisce una delle apparizioni di Gesù risorto (24,35-48). Proprio all’inizio del brano, l’evangelista annota che i due discepoli di Emmaus, tornati in fretta a Gerusalemme, raccontarono agli Undici come lo avevano riconosciuto “nello spezzare il pane” (v. 35). E mentre essi stavano narrando la straordinaria esperienza del loro incontro con il Signore, Egli “in persona stette in mezzo a loro” (v. 36). A causa di questa sua improvvisa apparizione gli Apostoli restarono intimoriti e spaventati, al punto che Gesù, per rassicurarli e vincere ogni titubanza e dubbio, chiese loro di toccarlo – non era un fantasma, ma un uomo in carne ed ossa - e domandò poi qualcosa da mangiare. Ancora una volta, come era avvenuto per i due di Emmaus, è a tavola, mentre mangia con i suoi, che il Cristo risorto si manifesta ai discepoli, aiutandoli a comprendere le Scritture e a rileggere gli eventi della salvezza alla luce della Pasqua. “Bisogna che si compiano – egli dice – tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi” (v. 44). E li invita a guardare al futuro: “nel suo nome saranno predicati a tutti i popoli la conversione e il perdono dei peccati” (v. 47).

Questa stessa esperienza, ogni comunità la rivive nella celebrazione eucaristica, specialmente in quella domenicale. L’Eucaristia, il luogo privilegiato in cui la Chiesa riconosce “l’autore della vita” (cfr At 3,15), è “la frazione del pane”, come viene chiamata negli Atti degli Apostoli. In essa, mediante la fede, entriamo in comunione con Cristo, che è “altare, vittima e sacerdote” (cfr Prefazio pasquale 5). Ci raduniamo intorno a Lui per far memoria delle sue parole e degli eventi contenuti nella Scrittura; riviviamo la sua passione, morte e risurrezione. Celebrando l’Eucaristia comunichiamo con Cristo, vittima di espiazione, e da Lui attingiamo perdono e vita. Cosa sarebbe la nostra vita di cristiani senza l’Eucaristia? L’Eucaristia è la perpetua e vivente eredità lasciataci dal Signore nel Sacramento del suo Corpo e del suo Sangue, che dobbiamo costantemente ripensare ed approfondire perché, come affermava il venerato Papa Paolo VI, possa “imprimere la sua inesauribile efficacia su tutti i giorni della nostra vita mortale” (Insegnamenti, V [1967], p. 779). Nutriti del Pane eucaristico, i santi che oggi veneriamo, hanno portato a compimento la loro missione di amore evangelico nei diversi campi, in cui hanno operato con i loro peculiari carismi.

Lunghe ore trascorreva in preghiera davanti all’Eucaristia sant’Arcangelo Tadini, che, avendo sempre di vista nel suo ministero pastorale la persona umana nella sua totalità, aiutava i suoi parrocchiani a crescere umanamente e spiritualmente. Questo santo sacerdote, uomo tutto di Dio, pronto in ogni circostanza a lasciarsi guidare dallo Spirito Santo, era allo stesso tempo disponibile a cogliere le urgenze del momento e a trovarvi rimedio. Assunse per questo non poche iniziative concrete e coraggiose, come l’organizzazione della “Società Operaia Cattolica di Mutuo Soccorso”, la costruzione della filanda e del convitto per le operaie e la fondazione, nel 1900, della “Congregazione delle Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth”, allo scopo di evangelizzare il mondo del lavoro attraverso la condivisione della fatica, sull’esempio della Santa Famiglia di Nazareth. Quanto profetica fu l’intuizione carismatica di Don Tadini e quanto attuale resta il suo esempio anche oggi, in un’epoca di grave crisi economica! Egli ci ricorda che solo coltivando un costante e profondo rapporto con il Signore, specialmente nel Sacramento dell’Eucaristia, possiamo poi essere in grado di recare il fermento del Vangelo nelle varie attività lavorative e in ogni ambito della nostra società.

Anche in san Bernardo Tolomei, iniziatore di un singolare movimento monastico benedettino, spicca l’amore per la preghiera e per il lavoro manuale. La sua fu un’esistenza eucaristica, tutta dedita alla contemplazione, che si traduceva in umile servizio del prossimo. Per il suo singolare spirito di umiltà e di accoglienza fraterna, fu dai monaci rieletto abate per ventisette anni consecutivi, fino alla morte. Inoltre, per assicurare l’avvenire della sua opera, egli ottenne da Clemente VI, il 21 gennaio 1344, l’approvazione pontificia della nuova Congregazione benedettina, detta di “S. Maria di Monte Oliveto”. In occasione della grande peste del 1348, lasciò la solitudine di Monte Oliveto per recarsi nel monastero di S. Benedetto a Porta Tufi, in Siena, ad assistere i suoi monaci colpiti dal male, e morì egli stesso vittima del morbo come autentico martire della carità. Dall’esempio di questo Santo viene a noi l’invito a tradurre la nostra fede in una vita dedicata a Dio nella preghiera e spesa al servizio del prossimo sotto la spinta di una carità pronta anche al sacrificio supremo.

«Sabei que o Senhor me fez maravilhas. Ele me ouve, quando eu o chamo» (Sal 4,4). Estas palavras do Salmo Responsorial exprimem o segredo da vida do bem-aventurado Nuno de Santa Maria, herói e santo de Portugal. Os setenta anos da sua vida situam-se na segunda metade do século XIV [catorze] e primeira do século XV [quinze], que viram aquela nação consolidar a sua independência de Castela e estender-se depois pelos Oceanos – não sem um desígnio particular de Deus –, abrindo novas rotas que haviam de propiciar a chegada do Evangelho de Cristo até aos confins da terra. São Nuno sente-se instrumento deste desígnio superior e alistado na militia Christi, ou seja, no serviço de testemunho que cada cristão é chamado a dar no mundo. Características dele são uma intensa vida de oração e absoluta confiança no auxílio divino. Embora fosse um óptimo militar e um grande chefe, nunca deixou os dotes pessoais sobreporem-se à acção suprema que vem de Deus. São Nuno esforçava-se por não pôr obstáculos à acção de Deus na sua vida, imitando Nossa Senhora, de Quem era devotíssimo e a Quem atribuía publicamente as suas vitórias. No ocaso da sua vida, retirou-se para o convento do Carmo por ele mandado construir. Sinto-me feliz por apontar à Igreja inteira esta figura exemplar nomeadamente pela presença duma vida de fé e oração em contextos aparentemente pouco favoráveis à mesma, sendo a prova de que em qualquer situação, mesmo de carácter militar e bélica, é possível actuar e realizar os valores e princípios da vida cristã, sobretudo se esta é colocada ao serviço do bem comum e da glória de Deus.

Una particolare attrazione per Gesù presente nell’Eucaristia avvertì sin da bambina santa Gertrude Comensoli. L’adorazione del Cristo eucaristico diventò lo scopo principale della sua vita, potremmo quasi dire la condizione abituale della sua esistenza. Fu infatti davanti all’Eucarestia che santa Gertrude comprese la sua vocazione e missione nella Chiesa: quella di dedicarsi senza riserve all’azione apostolica e missionaria, specialmente a favore della gioventù. Nacque così, in obbedienza a Papa Leone XIII, il suo Istituto che mirava a tradurre la “carità contemplata” nel Cristo eucaristico, in “carità vissuta” nel dedicarsi al prossimo bisognoso. In una società smarrita e spesso ferita, come è la nostra, ad una gioventù, come quella dei nostri tempi, in cerca di valori e di un senso da dare al proprio esistere, santa Gertrude indica come saldo punto di riferimento il Dio che nell’Eucaristia si è fatto nostro compagno di viaggio. Ci ricorda che “l’adorazione deve prevalere sopra tutte le opere di carità” perché è dall’amore per Cristo morto e risorto, realmente presente nel Sacramento eucaristico, che scaturisce quella carità evangelica che ci spinge a considerare fratelli tutti gli uomini.

Testimone dell’amore divino fu anche santa Caterina Volpicelli, che si sforzò di “ essere di Cristo, per portare a Cristo” quanti ebbe ad incontrare nella Napoli di fine Ottocento, in un tempo di crisi spirituale e sociale. Anche per lei il segreto fu l’Eucaristia. Alle sue prime collaboratrici raccomandava di coltivare una intensa vita spirituale nella preghiera e, soprattutto, il contatto vitale con Gesù eucaristico. E’ questa anche oggi la condizione per proseguire l’opera e la missione da lei iniziate e lasciate in eredità alle “Ancelle del Sacro Cuore”. Per essere autentiche educatrici della fede, desiderose di trasmettere alle nuove generazioni i valori della cultura cristiana, è indispensabile, come amava ripetere, liberare Dio dalle prigioni in cui lo hanno confinato gli uomini. Solo infatti nel Cuore di Cristo l’umanità può trovare la sua ‘stabile dimora”. Santa Caterina mostra alle sue figlie spirituali e a tutti noi, il cammino esigente di una conversione che cambi in radice il cuore, e si traduca in azioni coerenti con il Vangelo. E’ possibile così porre le basi per costruire una società aperta alla giustizia e alla solidarietà, superando quello squilibrio economico e culturale che continua a sussistere in gran parte del nostro pianeta.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest’oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza in Arcangelo Tadini, Bernardo Tolomei, Nuno de Santa Maria Alvares Pereira, Gertrude Comensoli e Caterina Volpicelli. Lasciamoci attrarre dai loro esempi, lasciamoci guidare dai loro insegnamenti, perché anche la nostra esistenza diventi un cantico di lode a Dio, sulle orme di Gesù, adorato con fede nel mistero eucaristico e servito con generosità nel nostro prossimo. Ci ottenga di realizzare questa missione evangelica la materna intercessione di Maria, Regina dei Santi, e di questi nuovi cinque luminosi esempi di santità, che oggi con gioia veneriamo. Amen!

I parrocchiani di Botticino intuiscono la santità del loro parroco e imparano ben presto a conoscere e a scoprire, sotto la sua riservatezza e austerità, il cuore di un padre attento e sensibile alla loro vita di stenti e di duro lavoro. Alle sue doti naturali egli unisce una grande capacità di entrare nella vita e nella quotidianità della gente e ben presto si parla di lui come di un prete santo, un uomo eccezionale…   e,  nel tempo, si dirà di lui “E’ uno di noi” !

Uno di noi quando, molto presto, percorre le vie del paese e il suo passo risuona come sveglia per chi si prepara ad iniziare una giornata di lavoro. Tutti sanno che quel sacerdote, innamorato di Dio e dell’uomo, porterà nella preghiera la vita e le fatiche della sua gente.

Uno di noi quando raccoglie le lacrime delle mamme preoccupate per la precarietà del lavoro dei figli, quando sogna, progetta e costruisce la filanda per le ragazze del paese, perché possano riscoprire la loro dignità di donne.

Uno di noi quando inventa la famiglia delle Suore Operaie, donne consacrate che, nei luoghi di lavoro, siano testimoni di un Amore grande nella semplice quotidianità della vita.

Uno di noi perché ancora ci sorride, ci accompagna nella nostra quotidianità e con le sue parole ci invita a seguire le sue orme: “La santità che guida al cielo è nelle nostre mani. Se vogliamo possederla, una cosa sola dobbiamo fare: amare Dio”.

Con la canonizzazione il Papa Benedetto XVI lo offre come esempio ai sacerdoti, lo indica come intercessore alle famiglie, lo dona come protettore ai lavoratori.

SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER LA PROCLAMAZIONE DI SEI NUOVI BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza San Pietro - Domenica, 3 ottobre 1999

 

1. "La vigna del Signore è il suo popolo".

Così abbiamo poc'anzi ripetuto nel Salmo responsoriale. L'odierna Liturgia della Parola ci presenta l'immagine della vigna e pone in evidenza l'amore che Dio ha verso il suo popolo. Questa allegoria, presente sia nella prima Lettura che nel Vangelo, diviene ancor più eloquente in questo tempo autunnale, nel quale si effettua la vendemmia e si raccolgono i frutti della terra prima dell'inverno.

Vigna del Signore è la casa d'Israele, che nella parabola evangelica s'allarga ad abbracciare anche i pagani, quegli "altri vignaioli", appunto, a cui il padrone affida la sua vigna. E' così delineata la missione della Chiesa, popolo della nuova Alleanza, chiamato a portare frutti di verità e di santità.

Nell'odierna celebrazione abbiamo la gioia di vedere elevati alla gloria degli altari sei fedeli operai della vigna del Signore. Essi sono: Ferdinando Maria Baccilieri, Edward Joannes Maria Poppe, Arcangelo Tadini, Mariano da Roccacasale, Diego Oddi, Nicola da Gesturi. In tempi diversi e con modalità differenti, ciascuno di essi ha speso generosamente la propria vita a servizio del Vangelo.

2. Ferdinando Maria Baccilieri, presbitero, fu zelante operaio nella vigna del Signore attraverso il ministero parrocchiale, che esercitò con intemerata condotta di vita. Da povero "curato di campagna", come egli amava definirsi, dissodò le anime mediante la vigorosa predicazione, nella quale esprimeva la sua profonda convinzione interiore. Egli divenne così icona vivente del Buon Pastore.

Terziario dell'Ordine dei Servi di Maria, con una devozione intensa e filiale verso la Madonna, specialmente verso la Vergine Addolorata, volle inserire il nome di Maria nello stesso titolo della famiglia religiosa da lui fondata, le "Suore Serve di Maria di Galeazza". Ora il beato Ferdinando Maria canta in cielo, come abbiamo ascoltato nel brano del profeta Isaia, il suo "cantico d'amore" per la vigna del Signore (cfr Is 5, 1).

3. "Je chanterai pour mon ami le chant du bien-aimé à sa vigne". Ces paroles du livre d'Isaïe que nous venons d'entendre s'appliquent au Père Edward Poppe, qui a consacré sa vie au Christ dans le ministère sacerdotal. Il devient aujourd'hui un modèle pour les prêtres, notamment pour ceux de son pays, la Belgique. Il les invite à conformer leur vie au Christ Pasteur, afin d'être comme lui des "prêtres de feu", amoureux de Dieu et de leurs frères. L'action pastorale n'est véritablement féconde que dans la contemplation. Elle se nourrit de la rencontre intime avec le divin Maître, qui unifie l'être intérieur en vue de faire sa volonté. J'invite les prêtres à mettre toujours l'Eucharistie au centre de leur existence et de leur ministère, comme le bienheureux Poppe. C'est en se laissant illuminer par le Christ qu'ils pourront transmettre la lumière.

Dat, dankzij het voorbeeld van deze nieuwe Zalige, allen die een katechetische zending hebben, de nodige tijd mogen nemen om Christus te ontmoeten ! Door hun onderricht en levenswandel zullen zij dan getuigenis afleggen van het Evangelie, en zij zullen aan anderen, in het bijzonder aan de jongeren, die op zoek zijn naar de waarheid en de bron van het leven, de morele eisen die tot het geluk leiden, voorhouden. De priester Poppe, die de beproeving heeft gekend, richt ook een boodschap tot de zieken, waarbij hij hen in herinnering brengt dat het gebed en de liefde voor Maria wezenlijk zijn voor de missionaire inzet van de Kerk. Laten wij de Heer bidden dat Hij in zijn wijngaard priesters moge zenden naar het beeld van de Zalige Poppe!

4. "Chi rimane in me e io in lui, porta molto frutto" (Canto al Vangelo).

L'unione a Cristo, lo spirito di preghiera e la forte tensione ascetica furono il segreto della straordinaria efficacia pastorale di un altro generoso operaio della vigna, il sacerdote Arcangelo Tadini, che oggi la Chiesa iscrive nell'albo dei Beati. Alla scuola dell'Eucaristia egli imparò a spezzare il pane della Parola di Dio, ad esercitare la carità, a rispondere con intraprendenza pastorale alle sfide sociali e religiose che contraddistinsero la fine del secolo scorso.

Proprio perché uomo tutto di Dio, egli poté anche essere sacerdote tutto per gli uomini. I bisogni allora emergenti dal mondo del lavoro stimolarono il suo cuore di pastore alla ricerca di nuove modalità di annuncio e di testimonianza evangelica. Il suo ideale di vita e la solidarietà da lui esercitata verso le fasce più deboli della società proseguono ancora oggi nell'impegno della Congregazione religiosa da lui fondata, le Suore Operaie della Santa Casa di Nazareth.

5. Quanto poi alla vita ed alla spiritualità del beato Mariano da Roccacasale, religioso francescano, si può dire che esse sono emblematicamente riassunte nell'augurio dell'apostolo Paolo alla comunità cristiana di Filippi: "Il Dio della pace sarà con voi!" (4, 9). La sua esistenza povera e umile, condotta sulle orme di Francesco e Chiara d'Assisi, fu costantemente rivolta verso il prossimo, col desiderio di ascoltare e condividere le pene di ciascuno, per poi presentarle al Signore nelle lunghe ore trascorse in adorazione davanti all'Eucaristia.

Il beato Mariano portò dappertutto la pace, che è dono di Dio. Il suo esempio e la sua intercessione ci aiutino a riscoprire il valore fondamentale dell'amore di Dio e il dovere di testimoniarlo nella solidarietà verso i poveri. Egli ci è d'esempio, in particolare, nell'esercizio dell'ospitalità, così importante nell'attuale contesto storico e sociale e particolarmente significativo nella prospettiva del grande Giubileo dell'anno Duemila.

6. La medesima spiritualità francescana, incentrata su una vita evangelicamente povera e semplice, contraddistinse Fra Diego Oddi, che oggi contempliamo nel coro dei Beati. Alla scuola di san Francesco, egli apprese che nulla appartiene all'uomo se non i vizi ed i peccati e che tutto ciò che la persona umana possiede è in realtà dono di Dio (cfr Regola non bollata XVII, in Fonti Francescane, 48). Imparò così a non angustiarsi per nulla, ma in ogni necessità ad esporre a Dio "preghiere, suppliche e ringraziamenti", come abbiamo ascoltato dall'apostolo Paolo nella seconda Lettura (cfr Fil 4, 6).

Durante il suo lungo servizio di questuante fu autentico angelo di pace e di bene per tutte le persone che lo incontravano, soprattutto perché sapeva porsi accanto alle necessità dei più poveri e provati. Con la sua testimonianza gioiosa e serena, con la sua fede genuina e convinta, con la sua preghiera ed il suo infaticabile lavoro il beato Diego indica le virtù evangeliche che sono strada maestra per raggiungere la pace.

7. "La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d'angolo" (Mt 21, 42).

Queste parole, che Gesù nel Vangelo applicava a se stesso, richiamano il mistero dell'abbassamento e dell'umiliazione del Figlio di Dio, fonte della nostra salvezza. Ed il pensiero va, naturalmente, al beato Nicola da Gesturi, cappuccino, che ha incarnato in modo singolare nella sua esistenza questa misteriosa realtà. Uomo del silenzio, egli spandeva attorno a sé un alone di spiritualità e di forte richiamo all'assoluto. Denominato dalla gente con l'affettuoso appellativo di "Frate Silenzio", Nicola da Gesturi si presentava con un atteggiamento che era più eloquente delle parole: liberato dal superfluo ed alla ricerca dell'essenziale, non si lasciava distrarre dalle cose inutili o dannose, volendo essere testimonianza della presenza del Verbo Incarnato accanto ad ogni uomo.

In un mondo troppo spesso saturo di parole e povero di valori, c'è bisogno di uomini e di donne che, come il beato Nicola da Gesturi, sottolineino l'urgenza di recuperare la capacità del silenzio e dell'ascolto, affinché tutta la vita divenga un "cantico" di lode a Dio e di servizio verso i fratelli.

8. "Canterò per il mio diletto il mio cantico d'amore per la sua vigna" (Is 5, 1). Mentre contempliamo i prodigi che Iddio ha compiuto in questi nostri fratelli, il nostro spirito si apre alla lode ed al ringraziamento. Ti rendiamo grazie, Signore, per il dono di questi nuovi Beati. Nelle loro vite, interamente dedicate al servizio del tuo Regno, ammiriamo i copiosi frutti di bene che tu hai compiuto in loro ed attraverso di loro.

Possa il loro esempio e la loro intercessione spingerci ad imitarli, perché anche noi, con la nostra fedeltà al Vangelo, rendiamo gloria a Colui che è "fonte di ogni bene" (cfr Colletta).

Interceda per noi Maria, Regina di tutti i Santi; ci sorreggano ed incoraggino i beati Ferdinando Maria Baccilieri, Edward Joannes Maria Poppe, Arcangelo Tadini, Mariano da Roccacasale, Diego Oddi e Nicola da Gesturi, che contempliamo nella tua gloria celeste.

Amen!