Carlo da Sezze

Carlo da Sezze

(1613-1670)

Beatificazione:

- 22 gennaio 1882

- Papa  Leone XIII

Canonizzazione:

- 12 aprile 1959

- Papa  Giovanni XXIII

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 6 gennaio

Religioso dell’Ordine dei Frati Minori: costretto fin dalla fanciullezza a procurarsi il vitto quotidiano, esortava i compagni all’imitazione di Cristo e dei santi; indossato finalmente, come desiderava, l’abito francescano, si dedicò all’adorazione del Santissimo Sacramento

  • Biografia
  • DISCORSO GIOVANNI XXIII
"Sia benedetto Dio! Sia benedetto Dio” Sia benedetto Dio!"

 

Giancarlo Marchionne nacque a Sezze (Latina) il 19 ottobre 1613 da genitori contadini.

Fece anche lui il pastore e l'agricoltore.

A 17 anni fece voto di castità in onore della Vergine e poco dopo entrò nell'Ordine dei Frati Minori come fra Carlo: lavora come cuoco, portinaio, questuante.

Nonostante gli scarsi studi, ha il dono della scienza infusa ed è chiamato dai Papi come consigliere. Si distingue per l’umiltà, unendo contemplazione e carità concreta.  

Fu in numerosi conventi del Lazio come cuoco. portinaio, questuante e sacrestano. Ma, nonostante gli scarsi studi, aveva doni di scienza straordinari e ciò gli permise di realizzare una vasta produzione di opere ascetico-letterarie.

Fu consigliere di Alessandro VII e Clemente IX.

Morì nel 1670 ed è santo dal 1959.

Patrono di Sezze e della diocesi di Latina-Terracina Sezze-Priverno.

 

DISCORSO DEL SANTO PADRE GIOVANNI XXIII
AI PELLEGRINAGGI GIUNTI A ROMA
PER ONORARE I NUOVI SANTI
CARLO DA SEZZE E
GIOACCHINA DE VEDRUNA DE MAS*

Aula della Benedizione
Lunedì, 13 aprile 1959

 

Siamo lieti di aprirvi le Nostre braccia nel più accogliente saluto, diletti figli e figlie, che, guidati dai vostri Pastori e dalle Autorità civili dei vostri paesi di origine, siete venuti a Roma per la Canonizzazione del Beato Carlo da Sezze e della Beata Gioacchina de Vedruna.

Ieri, nei fulgori della Basilica Vaticana, nella sovrana maestà di riti vetusti, avete assistito trepidanti e commossi all'atto solenne, con cui essi sono stati dichiarati santi. La vostra commozione è stata grande, perchè vi sentite più strettamente uniti ai nuovi Santi, per i legami insopprimibili della stirpe e della nazionalità, oltre che della fede comune. Ma lasciate che vi diciamo che grande è stata la Nostra gioia e la Nostra commozione: da quando infatti il Signore ha voluto elevarCi alla responsabilità di Supremo Pastore della Chiesa, è questa la prima occasione in cui, tremando per la Nostra indegnità, abbiamo proclamato davanti al mondo intero, davanti al cielo stesso, l'eroico esempio di questi figli della vostra terra.

Salga dunque a Dio onnipotente l'inno di riconoscenza, per la grazia che Ci ha data; e s'innalzi pure il vostro tripudio osannante, perchè le vostre genti, ricche di antica virtù, hanno così offerto al Signore due nuove, splendide gemme.

Nell'omelia che pronunciammo ieri durante il pontificale, tratteggiammo in breve sintesi la vita dei due Santi e non vogliamo oggi riperterCi. Ci piace tuttavia sottolineare nuovamente come il loro accostamento provvidenziale nel rito della Canonizzazione faccia risaltare che davanti a Dio tutti, senza distinzione, siamo chiamati alla santità. Si è avverata ancora una volta la dolcezza sublime dell'invito del Salvatore: « siate dunque perfetti, come è perfetto il Padre vostro che è nei cieli » [1]; parole che armoniosamente riecheggiano quelle dell'antica legge: « siate santi, perchè io sono santo, il vostro Dio e Signore » [2]. Partendo da diverse strade, i due protagonisti della solennità di ieri arrivano ad un unico traguardo: la morte alla propria natura, l'adeguamento perfetto alla volontà di Dio, l'esercizio eroico delle virtù.

Guardate S. Carlo da Sezze! È un pastorello, un semplice; eppure quale splendore sotto la ruvida scorza della sua tonaca grossolana, quale altissima contemplazione in quell'apparenza modesta! La sua predilezione, che dimostra fino a quale grado di eroismo abbia vissuto il Vangelo ed il genuino spirito francescano, va all'umiltà, al nascondimento, all'annientamento di sé. Non cerca « altro che Gesù Cristo, e questo crocifisso» [3]. E Gesù lo esalta, fino allo spirituale trionfo, culminato ieri nel rito solenne.

Sconosciuto, o quasi, in vita, è oggi venerato dalle supreme autorità della Chiesa. Anche dai grandi del mondo, anche da chi non si sarebbe forse accorto di lui durante la sua vita. L'insegnamento che egli oggi ci imparte è quello di un assoluto amore al silenzio, al distacco, all'umiltà — valori che il mondo disprezza, ma che soli valgono davanti a Dio.

Guardate Santa Gioacchina de Vedruna! Viene da un'illustre famiglia della nobile terra di Spagna, ed avrebbe tutte le doti per percorrere con distinzione le brillanti vie del successo mondano. Eppure anch'essa è conquistata dall'amore di Dio e del prossimo, e negli stati più diversi vive eroicamente il Vangelo fino a fondare una famiglia di Carmelitane, che nella carità trovino l'unica ragione di essere e di immolarsi; sicché, madre di ben nove figli, diventerà madre, tuttora benefica, di innumerevoli poveri. E in tutta la vita, un filo la dirige, invisibile e sicuro: il far la volontà di Dio. « Figlio mio — sono sue parole — abbandoniamoci alla divina Provvidenza, lasciamo a Dio la cura di tutto... e facciamo in tutto la sua dolce volontà... ». E ancora: « Iddio paga il cento per uno. Se vogliamo ottenere grazie, bisogna fare il bene ».

Ecco il suo insegnamento: parole semplici, alla portata di tutti: eppure sono state il segreto della sua santità.

L'itinerario, diverso e uguale, dei due Santi, diverge solo al principio, per le opposte condizioni storiche, sociali, geografiche, ma converge in un unico fine: amore, amore, amore. In S. Carlo da Sezze è radicato nell'umiltà; in Santa Gioacchina nell'abbandono, ed in ambedue è fatto dedizione assoluta a Dio ed alle anime. É sempre il soave, profondo richiamo al precetto evangelico: « Amerai il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente; ... e il prossimo come te stesso » [4]; è la pacata esortazione all'esercizio delle quattordici opere di misericordia che a Noi piace tanto di richiamare e che vuole essere la quotidiana opera di evangelizzazione, possibile a tutti i cristiani, quella che, senza il rumore delle parole vane, edifica la nuova società in Cristo Gesù.

Diletti figli e figlie ! Ben fieri dovete essere per questi due fiori di santità ! Essi sono la prova delle antiche virtù, che sempre sono regnate nelle vostre regioni e il cui patrimonio è affidato ora alle vostre cure gelose. San Carlo e Santa Gioacchina dicono a voi, genti d'Italia, genti di Spagna, che dovete saper custodire il deposito prezioso della tradizione antica, nel quale sta il segreto della vera gloria dei vostri paesi, benedetti da Dio. Essi vi parlano ancora dell'amore alla Chiesa, ed al suo perenne magistero; vi ricordano che assoluta dev'essere la fedeltà alla ricchezza domestica dei buoni costumi e dei retti insegnamenti; vi dicono che ciò che vale non sono le cose del mondo — non l'onore umano, non la nobiltà del sangue, non la ricchezza — ma il fare in semplicità e ordine la volontà di Dio, nel conoscerlo, amarlo e servirlo rettamente, per poi goderlo eternamente in Cielo.

L'esempio congiunto dei due Santi Ci offre anche la felice occasione di inculcare nel vostro cuore la stima della vita consacrata a Dio nei voti religiosi, specialmente oggi, quando la generosa gioventù può essere sviata da falsi miraggi di illusorio successo terreno; affermiamo dunque la superiorità della vocazione sacerdotale e religiosa su gli altri stati di vita, anche il più sacrificato e fedele al Signore. Ma vogliamo pure manifestare la nostra paterna e incoraggiante lode a quelle famiglie che sanno apprezzare e rispettare nel loro grembo il dono della vocazione, e si reputano felici di dare al Signore qualcuno dei loro figli, se Egli li chiama. Sappiano queste famiglie che si preparano le più soavi soddisfazioni in questa terra, e soprattutto una luminosa corona nei Cieli.

Queste sono le esortazioni che intendevamo rivolgervi, diletti figli. Ne affidiamo pertanto il frutto ai novelli Santi, efficaci intercessori presso il trono di Dio.

Ma prima di confermare i nostri voti con la paterna Benedizione Apostolica, desideriamo rivolgere un saluto ai diletti figli qui presenti della terra di Spagna.

Y ahora, una palabra en espanol, para deciros a todos la alegría que tenemos al ver reunido un grupo tan selecto y numeroso de personalidades venidas de España: el dignísimo Cardenal de Tarragona, casi veinte Obispos, las primeras Autoridades locales y provinciales de Barcelona y tantos fervorosos peregrinos. Grande ha sido Nuestro consuelo al poner, con la primera Canonización de Nuestro Pontificado, en la lista de los Santos a Santa Joaquina Vedruna, gloria de Barcelona, honra de Espana, cuna de Santos.

Damos, como prenda de los dones divinos y testimonio de Nuestro afecto a ese Noble País, una particular Bendición que deseamos extender a vuestros hogares y familias y a vuestras personas queridas.

 

 

 AAS. vol. LI, 1959, pp. 304-307.

[1] Matth. 5, 48.

[2] Lev. 19, 2.

[3] 1 Cor. 2, 2. 20.

[4] Matth. 22, 37-39.