Catherine Jarrige

Catherine Jarrige

(1754-1836)

Beatificazione:

- 24 novembre 1996

- Papa  Giovanni Paolo II

Ricorrenza:

- 4 luglio

Vergine, che, membro del Terz’Ordine di San Domenico, rifulse nell’aiuto ai poveri e ai malati; al tempo della rivoluzione francese, difese con ogni mezzo i sacerdoti dai rivoltosi che li ricercavano e si recò a far loro visita in carcere

  • Biografia
  • omelia di beatificazione
Donò tutta la sua vita al servizio di Dio e del prossimo

 

Catherine Jarrige nacque il 4 ottobre 1754 in Alvernia (o Cantal) nel Sud-Est della Francia nel borgo di Doumis, parrocchia di Chalvignac diocesi di Clermont allora, ora diocesi di Saint-Flour.

Ultima di sette figli, ebbe tre fratelli e tre sorelle: una numerosa famiglia di agricoltori poveri. Per abitazione un'unica stanza a pianterreno e un granaio che doveva servire anche per dormire. Visse la vita dura di una bambina di campagna: lavoro nei campi e a casa. Non frequentò la scuola ma imparò a leggere poiché, più tardi avrà il suo libro di preghiere e la sua regola di terziaria domenicana. Fu una bambina gioiosa, spontanea, anche birichina, e scherzosa. Presto però, cioè all'età di nove anni, i genitori, a causa della loro povertà, la mandarono a servizio di famiglie più ricche: ella servì successivamente più padroni con una fedeltà, una laboriosità, un'intelligenza non comuni. Verso i dodici anni ricevette la prima Comunione, divenendo più seria e fervorosa nella preghiera.

A tredici anni rimase orfana di madre e possiamo immaginare come questo evento segnasse fortemente la sua adolescenza. Crescendo imparò il mestiere di merlettaia e, all'età di vent'anni, prese residenza a Mauriac insieme a due sorelle.
Aveva anche una grande passione per la danza caratteristica di quell'ambiente rurale: la bourrée. Non tralasciava una serata dove fosse possibile praticare il suo "hobby" Ad essa rinunciò subito e totalmente quando capì che il Signore la voleva al sua servizio: questa rinuncia fu uno dei più grandi sacrifici della sua vita.

Dio solo ormai era il suo canto e la sua gioia. Le restava il diminutivo dialettale con cui era conosciuta: "Catinon" a cui si aggiungeva ora quello di "Menette" cioè "piccola monaca". Le "menettes" erano laiche che vivevano nel mondo secondo lo spirito della famiglia religiosa a cui si aggregavano.

Catherine facendo promessa di castità scelse il Terz'Ordine di S.Domenico, forse perchè portava il nome della grande Santa senese o perché il Parroco di Mauriac, Superiore del locale Convento di Suore Domenicane, le fece conoscere la famiglia domenicana, ma senza dubbio fu attirata dallo spirito evangelico apostolico di S. Domenico.

Il servizio dei più poveri non era il miglior modo di annunciare il Vangelo? Divenuta figlia di S. Domenico con la Professione definitiva nel Terz'Ordine, Catinon-Menette si mise all'opera: per sessant'anni i poveri, i malati, gli orfani, tutti gli infelici della zona di Mauriac furono i suoi veri padroni, perché in essi scorgeva il Volto sofferente di Cristo: li servi  li nutrì, li curò, li vestì come avrebbe curato e nutrito il Cristo. Si manteneva col suo lavoro e poi trascorreva parte delle sue giornate a questuare presso la famiglie benestanti per soccorrere i poveri.

Mostrava con uno sguardo e un sorriso le due grandi tasche del suo grembiule e diceva allegramente: "Riempite,riempite!" oppure: "Non vi preoccupate! Io tornerò ancora!" Davanti ad un bambino povero, orfano o sofferente, non resisteva, lo portava in casa sua o in casa di persone amiche, lo rifocillava, lo rivestiva, gli donava quanto aveva prima di rimandarlo.

Presso i malati svolgeva il ruolo di infermiera e di accompagnatrice spirituale perché s'interessava nello stesso tempo della guarigione dei coppi e dei cuori. Fu veramente la "menette dei poveri" ma divenne anche la "menette dei preti" nel triste periodo delle Rivoluzione francese (1789/1799)

Agli inizi del 1791 i Preti che non avevano prestato giuramento alla Costituzione civile del clero, furono cacciati dai loro impegni pastorali, interdetti dalla predicazione e dall'insegna,  mento, discriminati in ogni modo. Quando la rivoluzione giunse effettivamente nella regione di Cantal, Catinon si impegnò in mille modi ad aiutare il Clero clandestino rimasto fedele all'autorità della Chiesa.
Trovò dei rifugi nelle caverne quasi inaccessibili delle montagne dell'Ausedeldella Dordogne, nelle case, nei granai, nei casolari. Nascose per diciotto mesi, in casa sua, due Preti, sapendo di rischiare come loro, la pena di morte, se fossero stati scoperti.

Salì e scese per i cammini impervi delle montagne, di notte come di giorno, d'estate come d'inverno, pur di portare ai Ministri di Dio alimenti, vestiti e il necessario per celebrare l'Eucarestia e gli altri Sacramenti. Accompagnò alla ghigliottina l'Abbé Francois Filiol di 28 anni, e ne raccolse il sangue, come i primi Cristiani raccoglievano il sangue dei martiri. Anche lei, l'anno dopo, fu arrestata e comparve in tribunale, ma fu liberata per mancanza di prove.
I1 coraggio che dona lo Spirito di Dio alle anime forti, la sosten­ne e la guidò in ogni suo passo.

Passato il decennio della rivoluzione, continuò ad aiutare il Clero per ricostruire la Parrocchia di Mauriac dedicata alla Madonna dei Miracoli. E continuò la sua opera a beneficio dei più disagiati, compresa l'assistenza ai carcerati e la cura di seppellire gli abbandonati, prodigando altresì le sue cure ai malati dell'Ospedale di Mauriac. All'età di 82 anni, dopo un breve malattia, Dio la chiamò a Sè alle ore dieci di lunedì, 4 luglio 1836.

La salma venne rivestita dell'abito domenicano ed una folla immensa si recò a renderle omaggio. Ne parlò persino la "Gazzetta di Francia" Proclamata ora beata anche dalla Chiesa, Catinon-Manette danza la sua festa eterna dinanzi a Colui che ama chi dona con gioia, senza dimenticare quanti ancora si rivolgono a Lei per essere guariti nell'anima e nel corpo.

Fu proclamata beata da Papa Giovanni Paolo II il 24 novembre 1996.

 

(fonte: domenicani.net)

PROCLAMAZIONE SOLENNE DI TRE NUOVI BEATI :
OTTO NEURURER, JAKOB GAPP E CATHERINE JARRIGE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità di Cristo Re - Domenica, 24 novembre 1996

 

1. Oggi, ultima domenica dell’Anno Liturgico, la Chiesa celebra la solennità di Cristo Re e fissa lo sguardo sulla figura del Buon Pastore. Cristo, Buon Pastore, conduce il suo gregge, lo custodisce dagli assalti del nemico, procura il nutrimento per le pecore (cf. Ez 34, 11ss.) e, soprattutto, cerca di condurle nella casa del Padre, in quel regno, cioè, che il Padre gli ha affidato, perché ne renda partecipi gli uomini.

Cristo, Buon Pastore, è colui che “offre la vita per le pecore” (Gv 10, 11). Cristo crocifisso e risorto: come crocifisso dà la sua vita, come risorto dona la vita.

L’apostolo Paolo scrive: “Se a causa di un uomo venne la morte, a causa di un uomo verrà anche la risurrezione dei morti; e come tutti muoiono in Adamo, così tutti riceveranno la vita in Cristo” (1Cor 15, 21-22). E aggiunge: “Poi sarà la fine, quando egli consegnerà il Regno a Dio Padre . . . Bisogna, infatti, che egli regni finché non abbia posto tutti i nemici sotto i suoi piedi. L’ultimo nemico ad essere annientato sarà la morte” (1 Cor 15, 24-26).

Così, dunque, Cristo riceve il Regno e, allo stesso tempo, Gli viene dato il compito di offrirlo a noi: Regno di grazia e di verità, regno di giustizia, di amore, di pace.

2. In questo Regno il Figlio esercita il potere. Non soltanto il potere del pastore, ma anche quello del giudice, come indica l’odierno Vangelo. Cristo è Re poiché a lui appartiene il giudizio sulle nazioni, il giudizio su ogni uomo.

San Matteo ha delineato in modo impressionante lo svolgimento di questo giudizio. Il giudice dice: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo. Perché io ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero forestiero e mi avete ospitato, nudo e mi avete vestito, malato e mi avete visitato, carcerato e siete venuti a trovarmi” (Mt 25, 34-36). I giusti domanderanno: quando mai abbiamo fatto tutto questo? Ed Egli risponderà: “In verità vi dico: ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” (Mt 25, 40).

Cristo è Re d’amore e perciò il giudizio finale sull’uomo e sul mondo sarà un giudizio sull’amore. Dall’aver amato o dal non aver amato dipenderà la nostra collocazione dall’una o dall’altra parte. Il Regno offertoci da Cristo è, allo stesso tempo, un compito dato a ciascuno di noi. Sta a noi attuarlo mediante quegli atti d’amore descritti con grande realismo dal Vangelo.

3. Oggi la Chiesa ci pone dinanzi come modelli due uomini ed una donna che, proprio mediante le opere di una generosa dedizione a Dio e ai fratelli, hanno realizzato, ognuno nel proprio ambito, il Regno di Dio e ne sono diventati eredi. Nell’ora del giudizio, essi si sono sentiti dire: “Venite, benedetti del Padre mio, ricevete in eredità il regno preparato per voi fin dalla fondazione del mondo” (Mt 25, 34). Con l’odierno rito di beatificazione vogliamo confessare il mistero del Regno di Dio ed onorare Cristo Re, Pastore pieno d’amore per il suo gregge.

Pubblichiamo una nostra traduzione in italiano delle parole pronunciate in tedesco e in francese dal Papa durante l’omelia della Santa Messa di Beatificazione:

4. Gesù, che è venuto per testimoniare la verità, non è solo l’oggetto di una disquisizione filosofica, ma la verità vivente del Dio che si rivela. Si tratta della verità che porta la salvezza e trasforma la vita. Per questa verità il Signore ha recato la propria testimonianza. E per questa verità che sta a fondamento del suo Regno è morto.

I due martiri del Tirolo, il presbitero e parroco Otto Neururer e il sacerdote dell’Ordine dei Marianisti Jakob Gapp stanno, per così dire, con la loro testimonianza di vita accanto a quel Cristo incatenato, che era stato consegnato al potere di Pilato.

Padre Jakob Gapp recò la propria testimonianza con la forza della Parola coraggiosa e della profonda convinzione come fra l’ideologia pagana del nazionalsocialismo e il cristianesimo non si potesse giungere ad alcun compromesso. In questa contrapposizione vide, a ragione, una lotta apocalittica. Sapeva da che parte stare e per questo venne condannato a morte.

5. Il semplice parroco Otto Neururer recò la propria testimonianza della verità di Cristo, difendendo nelle circostanze più difficili e più pericolose la santità del matrimonio cristiano e venendo per questo imprigionato dalla Gestapo. Nel campo di concentramento fu il suo senso del dovere sacerdotale a spingerlo a impartire lezioni di fede, nonostante il severo divieto della direzione del campo.

Per punizione fu appeso a testa in giù fino a quando morì. Entrambi i sacerdoti hanno difeso la verità, hanno recato la loro testimonianza, lasciati a se stessi, abbandonati, derisi, inermi, ma fedeli fino alla morte. Oggi, in occasione della beatificazione, un raggio dell’eterno Regno di Dio si proietta su questi due testimoni martiri.

Appartengono alla schiera di coloro che siedono con Lui sul trono, poiché, come afferma l’Apocalisse “non avevano adorato la bestia e la sua statua” (Ap 20, 4).

I due Martiri Otto Neururer e Jakob Gapp offrono a tutti noi, in un periodo che vorrebbe relegare il cristianesimo alle scelte personali e relativizzare tutti gli obblighi, la testimonianza di una lealtà alla verità di Cristo che non accetta compromessi, laddove essa sempre risplende. In tal modo essi possono essere nostri intercessori celesti in quanto Patroni del coraggio nell’annuncio e della santità del matrimonio e del servizio sacerdotale.

6. “Il Signore è il mio Pastore: non manco di nulla” (Sal 22, 1). Animata da questa certezza, Catherine Jarrige donò tutta la sua vita al servizio di Dio e del prossimo. Quando percorreva di notte le vallate del Cantal, quando attraversava la “valle oscura” (Sal 22, 4) per soccorrere i sacerdoti perseguitati, quando passava per le case a mendicare per i poveri nei quali aveva riconosciuto il volto di Cristo sofferente, ella continuava a portare nel suo cuore la presenza del Signore, suo baluardo e suo scudo (cf. Sal 84, 12). Terziaria domenicana, figlia spirituale di santa Caterina da Siena ella predicava Cristo e il Vangelo mediante le sue azioni. Il suo messaggio è un messaggio di gioia, di amore e di speranza.

Messaggio di gioia: Cristo, Re dell’universo, può impossessarsi completamente di un’anima per farne un’immagine vivente della sua carità. Come ha fatto per Catherine, Egli non cessa di attirarci a lui. Messaggio d’amore: di fronte ai suoi persecutori, Catinon-Menette trovava la pronta risposta, quella punta d’umorismo che disarmava l’avversario che dentro di sé continuava ad amare. Messaggio di speranza: la pecora smarrita (cf. Ez 34, 16) viene trasportata sulle spalle dal Pastore e da quanti l’accompagnano. Catherine è vissuta accanto a numerose povertà materiali e spirituali e le ha soccorse. Tutto ciò che ha fatto a un fratello più piccolo, l’ha fatto a Cristo (cf. Mt 25, 40).E Cristo stesso l’ha accolta presso di Lui facendola partecipe della sua Resurrezione beata.

7. “Venite, benedetti del Padre mio” (Mt 25, 34): questo dolce invito hanno udito i tre Beati che oggi ho avuto la gioia di elevare agli onori degli altari. La Chiesa li propone alla venerazione di tutti i battezzati.

Carissimi Fratelli e Sorelle, imitiamo la loro fede, imitiamo la loro carità, perché la nostra speranza si rivesta di immortalità. Non lasciamoci distrarre da altri interessi terreni e passeggeri. I beati Otto Neururer, Jakob Gapp e Catherine Jarrige ci indicano la strada: seguiamone le orme!

Ci guidi nel cammino verso il Regno dei Cieli, Maria, Regina di tutti i Santi, così che anche a noi sia dato, un giorno, di ascoltare le parole di Cristo: “Venite, benedetti del Padre mio”. Amen.