Celina Chludzińska v. Borzęcka

Celina Chludzińska v. Borzęcka

(1833-1913)

Beatificazione:

- 27 ottobre 2007

- Papa  Benedetto XVI

Ricorrenza:

- 26 ottobre

Vedova, laica, poi fondatrice della Congregazione delle Suore della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo

  • Biografia
  • omelia di beatificazione
"Dio mi ha tolto ciò che umanamente mi dava la sicurezza, per farmi vedere che la sua opera può poggiarsi unicamente su di Lui"

 

Celina Chludzińska Borzęcka nacque il 29 ottobre 1833 ad Antowil, presso Orsza (allora territorio polacco, odierna Bielorussia) da Ignazio e Petronella Chludzinski, una famiglia di ricchi proprietari terrieri. Crebbe in un ambiente di sane tradizioni cattoliche e patriottiche. L'istruzione le fu data in casa come era costume del tempo e come dettava la posizione sociale dei genitori.

La vita spirituale di Celina cominciò a svilupparsi ben presto e la domanda indirizzata a Dio: "Cosa vuoi che io faccia con la mia vita?" apparve spesso nelle sue preghiere. Dopo un ritiro a Vilnius nel 1853, espresse il desiderio di diventare suora, ma incontrò l'opposizione dei genitori. Obbedendo alla volontà dei genitori e al consiglio del suo confessore, all'età di 20 anni si sposò nella cattedrale di Vilnius con Giuseppe Borzecki, proprietario di una tenuta vicino a Grodno. Comunque, rimase dentro di lei una convinzione interiore che "la sua vita non sarebbe dovuta finire in un modo ordinario".

Celina, profondamente amata dal marito, era anche lei moglie amorosa ed esemplare, che condivideva la responsabilità per la tenuta e dimostrava la sua attenzione ai poveri. Ebbe quattro figli, di cui due morirono nell'infanzia. Celina considerò le due figlie rimaste come dono di Dio, affidato alla sua responsabilità. Nelle sue "Memorie per le mie figlie" rivelò i propri sforzi nello sviluppare la loro relazione con Dio in quanto Creatore e Padre amoroso. Incoraggiava le figlie all'auto-dominio e al servizio del prossimo. Ognuna delle figlie era trattata in maniera unica e individuale e le era lasciata la libertà di scegliere la via della vocazione che voleva seguire.

Quando, nel 1869, Giuseppe Borzecki ebbe un ictus che lo lasciò paralizzato, Celina si trasferì con la famiglia a Vienna per ottenere le migliori cure mediche per lui. Durante la sua sofferenza che durò ben cinque anni, lei era la sorgente del sostegno spirituale e morale per lui e funse da sua sensibile e dedicata infermiera. Simultaneamente continuava a prodigarsi per l'educazione delle figlie.

Dopo la morte del marito, Celina con le figlie andò a Roma nel 1875 per allargare i propri orizzonti spirituali e culturali. Inoltre stava cercando indicazioni riguardo alla volontà di Dio per se stessa e per le figlie. Nella chiesa di San Claudio a Roma incontrò il cofondatore dei Risurrezionisti, Padre Pietro Semenenko, il quale per molti anni desiderava fondare un ramo femminile della Congregazione della Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo. Lei divenne una sua penitente. P. Pietro la introdusse alla spiritualità concentrata sul Mistero Pasquale di Cristo. Più tardi lei esprimerà la sua via alla santità nel motto che sarà iscritto sulla croce della professione dei voti perpetui di ogni Suora della Risurrezione: Per crucem et mortem ad resurrectionem et gloriam.

Nel 1882, Celina Borzecka, insieme con la sua figlia più piccola, Edvige, e altre donne cominciò la vita in comunità a Roma, sotto la direzione spirituale di P. Pietro Semenenko. Dopo l'improvvisa morte del Padre, avvenuta nel 1886 a Parigi, Celina dovette affrontare gli intrighi delle persone contrarie alla nuova fondazione e i loro tentativi di unire la nuova comunità a uno degli istituti già esistenti. Celina, sempre più fortemente, sentiva la chiamata a fondare una comunità delle donne dedicate al Mistero della Risurrezione: la vocazione a vivere consapevolmente la propria vita nella sua dimensione personale, comunitaria e apostolica, attraverso la forza che proviene da Gesù Risorto. Lei non volle mai abbandonare lo specifico spirito e stile di vita della sua comunità né il suo nome: Suore della Risurrezione.

Nel 1887, assistita dai fedeli amici, Celina aprì la sua prima scuola pomeridiana per le ragazze, dove Mons. Giacomo Della Chiesa, il futuro Papa Benedetto XV, i cui genitori abitavano nell'appartamento accanto alla scuola, servì da cappellano e catechista.

Dopo anni di prove e sofferenze, Celina Borzecka e sua figlia, Edvige, co-fondatrice, il 6 gennaio 1891 fecero la professione dei voti religiosi in quanto Suore della Risurrezione, alla presenza del Card. Lucido Parocchi, Vicario Generale di Sua Santità per la Diocesi di Roma, dando ufficialmente inizio alla nuova Congregazione. Nell'autunno dello stesso anno, Celina aprì la prima casa in territorio polacco, a Kety, vicino a Wadowice, intesa principalmente come la sede del noviziato. Man mano che cresceva il numero delle suore, la Fondatrice cominciò a mettere in pratica il suo sogno di una Congregazione in grado di contribuire al rinnovamento della società, specialmente tramite l'educazione. Fondò (invitata dai Risurrezionisti) la missione ecumenica a Malko Tirnovo in Bulgaria (allora parte dell'Impero Turco). Poi arrivarono le fondazioni a Czestochowa, a Varsavia (in Polonia) e a Chicago in USA, dove le suore iniziarono il lavoro nelle parrocchie degli emigrati polacchi.

Nel 1904, Madre Celina scelse la zona di Prati a Roma per costruire la Casa-Madre della Congregazione all'ombra del Vaticano. Lavorò duramente, assieme alla figlia, e finalmente nel 1905 si rallegrò per il Decretum Laudis ricevuto dalla sua Congregazione. Dopo la improvvisa scomparsa della figlia, Edvige, all'età di 43 anni, Celina convocò il primo capitolo generale della comunità nel 1911, dove fu eletta superiora generale ad vitam. Spese i suoi ultimi anni di vita nelle frequenti visite alle case della Congregazione e nell'ampia corrispondenza con le consorelle, formandole nello spirito della fondazione.

Pian piano che si avvicinava la morte Celina ripeteva alle suore: "Siate sante". Espresse il dinamismo della sua vita, quando prima di morire, scrisse su un pezzo di carta, non potendo più parlare: "In Dio c'è la felicità in eterno". Madre Celina Borzecka morì il 26 ottobre 1913, in un semplice appartamento a Cracovia, dove si trovava di passaggio durante una visita canonica.

Rispondendo all'incoraggiamento del Papa Pio XII, la sua causa di beatificazione fu aperta a Roma nel 1944. Il Decreto sull'eroicità delle virtù fu promulgato l'11 febbraio 1982 e il miracolo per la beatificazione è stato approvato il 16 dicembre 2007.

La Beata Celina appartenne ad un raro gruppo di donne che sperimentarono diversi stati di vita: moglie, madre, vedova, religiosa e fondatrice. Nonostante molte e varie opere realizzate nella sua vita, lei con tutta semplicità e umiltà, scrisse, dando così una caratteristica alla sua vita spirituale: "Dio non mi ha chiamato a fare le cose straordinarie... forse perché non voleva che diventassi orgogliosa. La mia vocazione è quella di compiere la volontà di Dio fedelmente e con amore".

RITO DI BEATIFICAZIONE
DELLA SERVA DI DIO
CELINA CHLUDZIŃSKA BORZĘCKA

OMELIA DEL CARDINALE JOSÉ SARAIVA MARTINS

Basilica di San Giovanni in Laterano, Roma
Sabato, 27 ottobre 2007

 

Cari fratelli e sorelle,

una beatificazione è sempre un canto all'onnipotenza e alla misericordia di Dio, per l'infinito amore e l'immensa grazia con cui opera nei suoi figli più fedeli. Con gioia oggi contempliamo le meraviglie compiute in Celina Chludzińska Borzęcka, oggi iscritta nell'albo dei beati. Questa celebrazione ricorda a ciascuno di noi che l'amore di Dio è la fonte, la méta e il sostegno di ogni santità.
Saluto anzitutto gli eminentissimi signori cardinali: Camillo Ruini, Vicario di Sua Santità per la diocesi di Roma, e Stanislao Dziwisz, arcivescovo di Cracovia, che rappresentano due diocesi particolarmente legate a questa causa di beatificazione: Roma, diocesi dell'inchiesta sulla vita e sulle virtù, e Cracovia, diocesi del processo sul miracolo, avvenuto grazie all'intercessione di Madre Celina. Saluto gli eccellentissimi vescovi, che esprimono con la loro presenza l'unità del collegio episcopale e le diverse realtà ecclesiastiche, in cui si è sparso e si realizza il carisma di fondazione, affidato dal Cristo Risorto alla nostra beata. Saluto i sacerdoti, i religiosi e tutti i fedeli presenti. Un saluto particolare rivolgo alle suore Risurrezioniste, che oggi vedono la loro madre Fondatrice elevata all'onore degli altari.

L'odierna liturgia della parola ci propone dei brani biblici di cui la chiave di lettura può essere ricercata nei concetti di giustizia di Dio e umiltà dell'uomo. Il sapiente Siracide parla di un Dio che è giusto nei suoi giudizi e non si fa condizionare dalle posizioni sociali, ritenute dagli uomini privilegiate. Anzi: colui che è povero, si sente oppresso, soffre a causa delle disgrazie capitategli, ma "venera Dio", egli è gradito all'Altissimo e "la sua preghiera giungerà fino alle nubi". Sono infatti l'umiltà e la povertà in spirito i due elementi essenziali della preghiera del credente.

Per arrivare alla gloriosa "corona di giustizia", che il Signore ci consegnerà in quel giorno, bisogna aggiungere alla preghiera l'atteggiamento di umiltà e perseverare nei momenti di difficoltà, sostenere le prove, ponendo tutta la fiducia nella volontà di Dio giusto e fedele che ci salverà per il suo regno eterno.

Tutta la storia della salvezza, di cui un frammento abbiamo meditato nella liturgia della parola, viene proposta agli uomini per manifestare loro le meraviglie di Dio e anche per incoraggiarli a cogliere quel continuo invito di Dio a tradurre la realtà della grazia nel proprio vissuto quotidiano. È proprio così che l'uomo si scopre voluto e amato da Dio, e perciò chiamato all'unione sempre più intima con Lui; e dall'altro canto si sente spinto a rispondere in preghiera e in umiltà alla voce della chiamata e intraprendere il cammino verso la santità. A tale proposito la beata Celina si sforzava di educare le proprie figlie a vedere nella umiltà verso Dio l'unico criterio di riferimento per la loro vita e del possibile progresso nella santità.

La stessa prospettiva troviamo come filo conduttore dell'omelia del Santo Padre, Benedetto XVI, durante l'ultimo incontro dei giovani a Loreto, il 2 settembre 2007. Il Papa incoraggiava ardentemente i giovani: "Non seguite la via dell'orgoglio, bensì quella dell'umiltà. Andate controcorrente: non ascoltate le voci interessate e suadenti che oggi da molte parti propagandano modelli di vita improntati all'arroganza e alla violenza, alla prepotenza e al successo ad ogni costo, all'apparire e all'avere, a scapito dell'essere. (...) Non abbiate paura di apparire diversi e di venire criticati per ciò che può sembrare perdente e fuori moda. (...) Quella dell'umiltà è la via maestra... È la via scelta da Cristo... Non è la via della rinuncia ma del coraggio. Non è l'esito di una sconfitta, ma il risultato di una vittoria dell'amore sull'egoismo e della grazia sul peccato...". Perché, "tutti, e voi lo sapete, siamo chiamati a essere santi".

Con la sua beatificazione siamo oggi resi ancor più partecipi della storia di vita di una donna, che trattò così seriamente l'insegnamento di Gesù da volerlo seguire fino in fondo, praticando le virtù cristiane in maniera eroica e divenendo così degna di essere iscritta nell'albo dei beati.

Nell'Imitazione di Cristo (Libro I, c. 2, 2) leggiamo: "Dio protegge e libera chi in umiltà lo ama e lo consola...; gli rivela i suoi segreti e dolcemente lo trae e lo invita a sé". Queste parole sembrano corrispondere perfettamente al ritratto spirituale della beata Celina Chludzińska Borzęcka, le cui diverse tappe della sua vita costituiscono per molte persone un possibile modello da imitare, perché ci dimostrano che la grandezza dell'uomo non consiste soltanto nel compiere azioni straordinarie, ma nel vivere la vita quotidiana responsabilmente, ossia diventando abile di dare così la propria risposta alla grazia di Dio.

La beata Celina visse la sua storia costantemente unita a Dio in preghiera, che l'ha resa capace di accettare umilmente varie realtà e situazioni e riconoscere in esse la mano del Signore che la proteggeva, sosteneva e guidava, facendole seguire sempre la volontà di Dio, e intuire che - come diceva il servo di Dio Bogdan Janski, fondatore dei Risurrezionisti - "a volte Dio usa delle strane vie per portarci ai suoi traguardi". La sua figura sembra essere scolpita dal Divin Scultore col cesello della orazione e della sottomissione al Suo piano. Infatti, quando alla ventenne ragazza, che sentiva il profondo desiderio di offrirsi al Signore nella vita consacrata, perfino nella vita di clausura, viene comunicata la volontà dei genitori di dover sposarsi, dopo l'afflizione di tre giorni, segnati dalla tristezza e dalle lacrime, arriva la decisione di fare gli esercizi spirituali per vivere quel momento a tu per tu con Dio ed affidare a Lui le sue aspettative, le sue paure e le sue speranze. È la preghiera che la fa perdurare presso Dio e accettare il matrimonio come parte del Suo progetto verso di lei. L'orazione fiduciosa accompagna il suo essere moglie e madre, specialmente quando ben due volte la gioia della nascita dei figli viene presto spenta dal lutto per la loro morte.

In Dio pone la sua speranza quando viene arrestata e imprigionata per aver aiutato gli insorti che lottavano per l'indipendenza della sua amata Polonia. È Dio lo sfogo della sua anima, quando il marito viene colpito da un attacco di paralisi e perde la facoltà di muovere le gambe. E lei diventa dolce e paziente infermiera per lui, unendo all'attenzione e al servizio fisico, il conforto spirituale e l'appoggio morale. La forza le viene data dall'Eucaristia a cui partecipa tutte le mattine, attingendo dal sacrificio di Cristo l'ispirazione e l'energia per il suo sacrificio quotidiano. È proprio vero quanto afferma la Sacramentum Caritatis: "L'Eucaristia è all'origine di ogni forma di santità ed ognuno di noi è chiamato a pienezza di vita nello Spirito Santo. Quanti santi hanno reso autentica la propria vita grazie alla loro pietà eucaristica! (...) La santità ha sempre trovato il suo centro nel Sacramento dell'Eucaristia" (94).

È il Divin Maestro a guidare l'impegno educativo di Madre Celina verso le figlie, svolto con amore, accuratezza e responsabilità, di cui tracce abbiamo nel suo diario, scritto per le figlie, che ci rivela il segreto della vita nella fede e nella carità, nella libertà e nella verità. Non bisogna quindi meravigliarsi che una delle figlie, Edvige, oggi venerabile serva di Dio, si unirà alla madre quando verrà il momento di fondazione del nuovo istituto religioso. Quanto è bella questa scena, che la beata ci racconta in una delle sue lettere, quando, venuta a sapere della malattia della figlia e dell'incertezza riguardo al futuro, scrive: "Sono uscita da casa da sola e mi sono inginocchiata sulla soglia della chiesa che era già chiusa, e mi sono messa a piangere, e a pregare intensamente - ed ecco mi sono sentita rincuorata, cioè la speranza è entrata nella mia anima, la speranza che non mi abbandona mai, perché Dio vuole così. E mi sono alzata con coraggio per continuare la lotta fino alla fine dei miei giorni" (28 agosto 1890). Quando bisogna affrontare sia molte incertezze interne e vacillazioni riguardo la volontà di Dio, che accuse e calunnie esterne verso la nuova fondazione è di nuovo la preghiera fiduciosa e umile che porta la risposta dall'alto. Nella lettera al padre Semenenko CR, suo direttore spirituale, descrive l'esperienza avuta durante l'adorazione del Santissimo nella Chiesa di San Claudio a Roma: "Mentre stavo immersa nei pensieri, non sentendo che cosa succedeva attorno a me, ho visto molto chiaramente le religiose che si muovevano in lunghi abiti neri, cinti con il cordone, e con il lungo velo sulla testa. Allora ho detto a me stessa: le Risurrezioniste. E ho pregato che fossero le Risurrezioniste". Non è facile iniziare un nuovo stile di vita quando si ha 58 anni, però quando si è uniti al Cristo "nulla è impossibile". Con la preghiera umile che penetra le nubi, fa i voti religiosi a Roma e poi, con orazione costante, porta la bandiera del Risorto in Bulgaria, in America e in Polonia.

La roccia di rifugio della novella beata è Dio, specie nei momenti di abbandono più desolante, che vengono da tre morti particolarmente dolorose: quella del marito, quella del direttore spirituale nella fondazione dell'istituto, padre Pietro Semenenko CR, e quella della figlia, Edvige, la colonna di sostegno di Madre Celina agli albori della vita religiosa. Quante ore di preghiera ci sono volute per accettare con sottomissione quei decreti della Provvidenza e per essere in grado di dire: "Non esiste alcuna cosa che l'anima non potrebbe sopportare per l'amore di Gesù". Quanta umiltà bisognava avere per saper scrivere: "Dio mi ha tolto ciò che umanamente mi dava la sicurezza, per farmi vedere che la sua opera può poggiarsi unicamente su di Lui".

Dopo la morte della beata Celina, monsignor Teodorowicz, arcivescovo di Leopoli, scrisse: "Era silenziosa, molto umile; era un'anima molto semplice. Non attirava l'attenzione di nessuno sopra di sé". E fu probabilmente proprio per questo che ella attirò lo sguardo di Dio. E attraverso la sua vita di santità continua ad attrarre anche oggi. Moglie, madre, vedova e religiosa: ecco le diverse tappe della vita della beata Celina, caratterizzate da ciò che di più la distingue e definisce ottimamente: la fedeltà nel compiere la volontà di Dio in tutta umiltà e disponibilità, e in profonda preghiera, ispirandosi al mistero pasquale.

Le beatificazioni e le canonizzazioni sono specchio efficace della vitalità della Chiesa e dell'azione santificante dello Spirito che la guida sulle vie della storia. Come ci insegna il Sommo Pontefice, Benedetto XVI: "...La piena realizzazione dell'uomo consiste nella santità, in una vita vissuta nell'incontro con Dio, che così diventa luminosa anche per gli altri, anche per il mondo" (Udienza generale, 29 agosto 2007). Come lo fu la vita della beata Madre Celina. Come deve essere, grazie alla sua intercessione e al suo esempio, anche la vita nostra.

Amen!