Chiara Badano

Chiara Badano

(1971-1990)

Beatificazione:

- 25 settembre 2010

- Papa  Benedetto XVI

Ricorrenza:

- 29 ottobre

Laica, anche nota come Chiara Luce o Chiara Luce Badano, fu un'appartenente al movimento dei focolari, morì a soli 18 anni a causa di un osteosarcoma; prima focolarina ad essere beatificata

  • Biografia
  • Omelia
  • messa di ringraziamento
  • le parole di Benedetto XVI
"Io non devo dire di Gesù, ma devo dare Gesù con il mio comportamento"

 

Chiara Badano nasce il 29 ottobre 1971 a Sassello in diocesi di Acqui Terme. I suoi genitori l’avevano attesa per ben 11 anni. La sua nascita viene accolta come una grazia della Madonna, fervidamente invocata nel “Santuario delle Rocche” dal papà.

Cresce circondata da tanto amore. È sana, ama la natura e il gioco, si distingue fin da piccola per l’amore a Gesù e alla Madonna. Ha una particolare attrattiva per gli “ultimi”, che copre di attenzione e di piccoli servizi, rinunciando spesso a momenti di svago.

Nel giorno della prima comunione riceve in dono il libro dei Vangeli. È per lei “un magnifico libro”. “Come per me è facile imparare l’alfabeto, così deve esserlo anche a vivere il Vangelo!”.

A 9 anni aderisce al Movimento dei Focolari fondato da Chiara Lubich come GEN (Generazione Nuova), coinvolgendo pure i genitori. Da allora in poi la sua vita è tutta in ascesa: cerca di “mettere sempre Dio al primo posto” e di dirgli “sempre sì”. Ama lo studio e lo sente come un “dovere” che assolve con gioia e serenità, felice di essere accanto ai suoi compagni. Terminata la prima Liceo, appare più pallida e un po’ stanca, ma non se ne preoccupa. Ha 17 anni ed è nel pieno della vitalità.

Verso la fine dell’estate, durante una partita di tennis, un dolore lancinante alla spalla sinistra la costringe a lasciar cadere la racchetta. La TAC all’ospedale S. Corona di Pietra Ligure rivela un osteosarcoma dei più gravi con metastasi diffuse.

Il 7 febbraio 1989 entra nell’ospedale Molinette di Torino dove il 28 viene effettuata una prima operazione. Al risveglio, sulle sue labbra: “Se lo vuoi tu, Gesù, lo voglio anch’io!” Nonostante l’operazione e le cure il male galoppa inesorabile. Chiara si rende conto della situazione e si rivolge alla Madonna con un bigliettino: “Mamma Celeste…ti chiedo il miracolo della guarigione; se ciò non rientra nella Sua volontà, ti chiedo la forza necessaria a non mollare mai”.

I dolori non la frenano.Sulle sue labbra non un lamento. Il suo volto irradia gioia e gli occhi sono sempre luminosi nonostante il suo progressivo venire meno: la perdita dei capelli e delle gambe. Non ha paura di morire. Lo Sposo tanto atteso viene a prenderla all’alba del 7 ottobre 1990, dopo una notte molto sofferta.

Alla mamma che le era accanto, accarezzandole con un grande sforzo la fronte, sussurra: “Mamma, sii felice, perché anch’io lo sono. Ciao” e spicca il volo verso vera Vita. 

BEATIFICAZIONE DELLA SERVA DI DIO CHIARA BADANO

OMELIA DEL CARDINALE ANGELO AMATO

Santuario del Divino Amore, Roma, 25 settembre 2010

 

1. Non ci poteva essere luogo più adatto per la beatificazione di Chiara Badano che il Santuario del Divino Amore, quell’amore divino, che rapì totalmente il suo cuore di ragazza giovane e amante della vita.

Ogni santuario mariano è la casa di Maria, e Chiara – come tutti noi –  si trova bene nella casa della Mamma celeste. Ogni santuario mariano è anche una specie di anticamera del cielo, perché apre la mente e il cuore all’incontro con Gesù, con Maria, la madre del Divino Amore, e con tutti gli angeli e i santi del cielo. Ricordiamoci che la nostra Beata spirò proprio nel giorno della memoria della Madonna del Rosario, il 7 ottobre 1990, sussurrando alla mamma terrena: «Ciao, sii felice, perché io lo sono».

In paradiso, la casa di Dio Amore, la Beata Vergine Maria attendeva a braccia aperte questa sua figlia diletta, che tanto amava il suo Gesù e che tanto aveva sofferto in unione col Crocifisso Abbandonato. Maria l’ha stretta forte forte al suo petto materno. Era proprio questo il desiderio di Chiara: «Quando morirò, non soffrirò più, andrò in cielo e vedrò Gesù e la Madonna».

In paradiso, anche Gesù, lo sposo celeste di Chiara, l’ha salutata con le parole di amore del Cantico dei Cantici: «Alzati, amica mia, mia bella, e vieni presto! Perché, ecco, l’inverno è passato, è cessata la pioggia, se n’è andata; i fiori sono apparsi nei campi, il tempo del canto è tornato e la voce della tortora ancora si fa sentire nella nostra campagna. […] Alzati, amica mia, mia bella, e vieni! Mostrami il tuo viso, fammi sentire la tua voce, perché la tua voce è soave, il tuo viso è leggiadro» (Ct 2,10-14)

2. L’odierna liturgia della Parola dipinge bene il ritratto spirituale di Chiara, ragazza dal cuore cristallino come acqua di sorgente, che trovava rifugio e consolazione in Dio: «Ho detto al Signore: “Il mio Signore sei tu, solo in te è il mio bene”. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice: nelle tue mani è la mia vita. Io pongo sempre davanti a me il Signore, sta alla mia destra, non potrò vacillare. Per questo gioisce il mio cuore ed esulta la mia anima; anche il mio corpo riposa al sicuro, perché non abbandonerai la mia vita negli inferi» (Sal 16,2-1.5.8-10).

Chiara vedeva Dio e lo mostrava su questa terra, mediante la carità che ella aveva verso il prossimo: «Carissimi – ammonisce san Giovanni, l’evangelista della carità –, amiamoci gli uni gli altri, perché l’amore è da Dio […]. Nessuno ha mai visto Dio; se ci amiamo gli uni gli altri, Dio rimane in noi e l’amore di lui è perfetto in noi» (1Gv 4,7.12).

Chiara ha vissuto alla lettera la parola che Gesù ci ha rivolto nel vangelo odierno: «Rimanete nel mio amore […]. Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,9.11).

I giorni dell’esistenza terrena di Chiara furono giorni di carità donata a piene mani. La vita, che umanamente fu una dolorosissimaa salita al Calvario, per la sua grande carità divenne una luminosa trasfigurazione taborica. Ella cambiò il dolore in gioia, le tenebre in luce, dando significato e sapore anche allo strazio del suo corpo debole. Nella malattia, ella si rivelò donna forte e sapiente: «Voi siete il sale della terra e la luce del mondo» (Mt 5,13.14).

3. Carissimi, abbiamo ascoltato con edificazione la lettura della biografia di Chiara, del resto già ben nota alla maggior parte di voi. Avviciniamoci più da vicino al suo ritratto, che campeggia davanti a noi e fermiamoci a contemplarlo.

L’abito nuziale, col quale Chiara andò incontro al Signore Gesù, era impreziosito dai sette diamanti della spiritualità cristiana e focolarina: Dio Amore; fare la volontà di Dio; Parola di vita vissuta; amore verso il prossimo; amore reciproco che realizza l’unità; presenza di Gesù nell’unità. Ma c’è un settimo diamante, il più prezioso, che brilla più degli altri, ed è l’amore a Gesù Crocifisso e Abbandonato. Questo – afferma Chiara Lubich, la fondatrice del Movimento dei Focolari – è il cardine principe, che riassume la spiritualità focolarina e che la nostra Beata ha interpretato al meglio.

L’amore a Gesù Abbandonato le infuse quell’energia spirituale, quella grazia capace di sopportare ogni avversità. Colpita a 16 anni da osteosarcoma, accetta la croce con dolore, ma con serena fortezza: «Non ho più le gambe e mi piaceva tanto andare in bicicletta, ma il Signore mi ha dato le ali». Soffriva, ma l’anima cantava. Rifiuta la morfina perché – diceva – «mi toglie lucidità e io posso offrire a Gesù soltanto il mio dolore». Alla fine di dicembre del 1989, quando la malattia la stava divorando, riceve da Chiara Lubich la Parola di Vita: «Chi rimane in me ed io in lui, questi porta molto frutto» (Gv 15,5). Il 26 luglio dello stesso anno, la Lubich le dà un nome nuovo, “Luce”. Nome indovinatissimo perché Chiara era un’esplosione di luce divina, che sorprendeva tutti, giovani e adulti. Diceva spesso: «Gesù è da amare e basta». E fin da piccola, fu generosissima nel corrispondere all’ideale dell’amore di Dio e del prossimo.

Le manifestazioni di questa carità sono molteplici. Suor Bonaria racconta che Chiara durante le elementari dava la sua merendina a una compagna povera. Quando la piccola lo disse alla mamma, questa aggiungeva ogni giorno due merendine. Anche questa volta, Chiara continuò a distriburle ai bambini poveri, perché in essi vedeva Gesù.

A Sassello c’era un ragazzo, [Cesare Merialdo, ora deceduto] un po’ ritardato, che diceva cose sconclusionate, fuori posto. Quand’era in chiesa, cantava ad alta voce, stonando molto e disturbando tutti. Le persone lo tenevano in disparte. Un giorno, alla messa del pomeriggio, Cesare si trovava nel banco davanti alla mamma di Chiara. All’improvviso si voltò e le chiese di sedersi accanto. Ma la mamma non si mosse. Tornata a casa, la signora racconta alla figlia l’episodio. Chiara si fa seria e domanda: «Non ti sei spostata? Gesù era in Cesare». La mamma rassicurò la figlia: subito dopo era andata a sedersi accanto a Cesare. Questo ragazzo, quando seppe della morte di Chiara, visitò la salma, si tolse il cappello, le baciò i piedi e da solo recitò il rosario.

Ad appena undici anni, si propone di «amare chi mi sta antipatico». Quando invitava qualcuno a pranzo diceva alla mamma di mettere la tovaglia più bella, «perché oggi Gesù viene a trovarci».

In paese c’era una certa signora Maria, una donna emarginata, che non godeva di nessuna considerazione e non andava mai in chiesa. Chiara, incontrandola spesso per strada, l’aiutava a portare gli oggetti pesanti e la chiamava “signora” Maria. Quando Maria seppe della morte di Chiara, volle andare in chiesa. Si vestì come si deve, partecipò alla Messa e diede come offerta ben cinquantamila lire, molte per quei tempi.

Un giorno un’amica domanda a Chiara: «Con gli amici al bar, ti capita di parlare di Gesù, cerchi di far passare qualcosa di Dio?». «No, non parlo di Dio». «Ma come, ti fai sfuggire le occasioni?»: E lei: «Non conta tanto parlare di Dio. Io lo devo dare».

4. Con i suoi atti di carità Chiara mostrava e dava Dio. Con i suoi atti d’amore la nostra Beata ha anche riempito la valigia per il suo santo viaggio. L’amore a Gesù era da lei vissuto quotidianamente in mille episodi di carità. Non propositi al vento, ma fatti concreti. A Gianfranco Piccardo, volontario in partenza per scavare trenta pozzi d’acqua potabile in Benin, consegna i suoi risparmi, un milione e trecentomila lire, regalo per il suo ultimo compleanno, dicendo: «A me non servono, io ho tutto».

Il giorno di san Valentino dell’anno 1990, Chiara, ormai stabilmente a letto, desiderò che la mamma e il papà quella sera uscissero a cena. La mamma trovò la scusa che non c’era più tempo per la prenotazione. Chiara prese l’elenco telefonico e, dopo vari tentativi, riuscì a fissare la cena in un locale di Albissola Marina. Prima che uscissero fece queste raccomandazioni: «Guardatevi negli occhi e non tornate a casa prima delle 24». Poco prima aveva detto alla mamma: «Ricordati, mamma, che prima di me c’era papà». Chiara stava allenando i genitori a rimanere soli, senza di lei.

Tutti coloro che la visitavano credevano di portarle affetto e consolazione, ma in realtà erano loro a ricevere conforto e incoraggiamento. Durante la malattia, donava Gesù, non facendo prediche, ma diffondendo gioia e speranza di vita eterna. Il suo apostolato era unire armonicamente questa valle di lacrime con la Gerusalemme celeste. Un’infermiera racconta che, quando giungeva una visita, pregava la persona di attendere la conclusione della seduta. Quando le si faceva notare che dopo sarebbe stata molto stanca, Chiara rispondeva: «Non importa, fuori c’è Gesù che aspetta».

L’incontro con Chiara – arriva a dire un teste – dava «la sensazione di incontrare Dio».

5. Questa ragazza, all’apparenza fragile, in realtà era una donna forte. Anche sul letto di morte fece un ultimo dono, quello delle cornee ancora trapiantabili, perché non intaccate dal male. Furono espiantate e due giovani oggi vedono grazie a lei.

Una teste, Ivana Pianta, ricorda che Chiara, tredicenne, faceva parte delle Gen 3 della Liguria, e per la sua coerenza di vita era talvolta criticata dalle amiche e perfino da qualche sacerdote. Nel piccolo paese dove abitava era presa in giro, perché era una Gen, perché andava a Messa anche durante la settimana, partecipava con attenzione all’ora di religione, cercava di amare tutti i professori, anche i più indigesti, era molto disponibile ad aiutare tutti. Per questo le sue amichette – e i bambini talvolta sanno essere cattivelli – la chiamavano “suora”. Questo la faceva molto soffrire, ma in Mariapoli Chiara trovava la risposta in Lui, in Gesù Abbandonato.

Nel cuore di Chiara era racchiuso un amore grande come l’oceano. Anche da ammalata diceva: «Ora non ho più niente di sano, ma ho ancora il cuore e con quello posso sempre amare».

Amava il prossimo, amava la Chiesa, amava il Papa. Un giorno la mamma si recò al liceo della figlia a colloquio con una insegnante, che, appena la vide, esclamò: «Nella vita, sua figlia farà il giudice o l’avvocato». A casa, la mamma chiese spiegazioni di ciò. Chiara allora la informò che una insegnante, non credente, cercava in ogni modo di mettere in cattiva luce il Papa, criticandolo per i suoi molti viaggi: «Io mi sono alzata e le ho detto: “Non sono d’accordo su tutto quanto ha affermato”. E ho aggiunto che il Papa viaggiava unicamente per evangelizzare il mondo».

6. Chiara, come Mosé, era ormai alla fine del suo santo viaggio, era giunta in cima alla vetta del monte santo, a tu per tu con Dio Trinità. Di lì irradiava luce e gioia, riconsegnando al suo prossimo sia le tavole dei comandamenti, come dieci divine parole di amore, sia le beatitudini di Gesù, per orientare la vita terrena verso il sole di Dio.

Innaturale, eccezionale, incredibile sono questi gli aggettivi usati dai medici curanti per descrivere la serenità e la fortezza di Chiara di fronte alla malattia mortale. È vero. Il suo atteggiamento era innaturale, perché completamente soprannaturale, frutto di grazia divina, di fede infinita e di eroismo virtuoso. Lei parlava dell’abito di sposa per i suoi funerali, come farebbe una ragazza che si prepara per il matrimonio. Diceva: «io non piango, perché sono felice». E alla mamma: «quando mi vorrai cercare, guarda in cielo, mi troverai in una stellina».

Chiara Lubich, spiegando il nome Luce che aveva dato a Chiara, scrive che, guardando una sua foto, la giovane «non aveva gli occhi della semplice gioia, ma qualcosa di più, direi la luce dello Spirito».

7. Di fronte a questa giovane, la Chiesa ringrazia Dio Trinità per la sua vita di carità e di bontà. Chiara Badano, ragazza moderna, sportiva, positiva, ci trasmette un messaggio di ottimismo e di speranza. Anche oggi la breve stagione della gioventù può essere vissuta nella santità. Anche oggi ci sono giovani virtuosi, che in famiglia, a scuola, in società non sprecano la loro vita.

La Beata Chiara Badano è una missionaria di Gesù, un’apostola del Vangelo come buona notizia a un mondo ricco di benessere, ma spesso malato di tristezza e di infelicità. Ella ci invita a ritrovare la freschezza e l’entusiasmo della fede. L’invito è rivolto a tutti: ai giovani anzitutto, ma anche agli adulti, ai consacrati, ai sacerdoti. A tutti è data la grazia sufficiente per diventare santi. Rispondiamo con gioia a questo invito di santità e ringraziamo il Santo Padre Benedetto XVI per il dono della Beatificazione della nostra Chiara Luce. Si tratta di un segno concreto della fiducia e della stima che il Papa ha nei giovani, nei quali vede il volto giovane e santo della Chiesa.

 

Amen.

SANTA MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER LA BEATIFICAZIONE DI CHIARA BADANO

OMAGGIO E PREGHIERA DEL CARD. TARCISIO BERTONE,
SEGRETARIO DI STATO D
EL SANTO PADRE

Basilica di San Paolo fuori le mura
Domenica, 26 settembre 2010

 

Carissimi amici,

 lasciate che mi rivolga innanzitutto ai numerosi giovani qui presenti. La vostra partecipazione è il segno che avete accettato la consegna del testimone passato da Chiara Badano quando, negli ultimi giorni della sua vita ha detto alla mamma che le era accanto: “I giovani sono il futuro. Vedi, io non posso più correre, però vorrei passare loro la fiaccola come alle Olimpiadi. I giovani hanno una vita sola e vale la pena di spenderla bene”.

Questo anelito risulta come l’eco viva del Messaggio di Giovanni Paolo II rivolto ai giovani, nell’agosto del 1990: “Vi ripeto, anche oggi, quanto ho detto a Santiago de Compostela: Giovani, non abbiate paura di essere santi!”. E poi: “Volate ad alta quota, siate tra coloro che mirano a mete degne dei figli di Dio. Glorificate Dio con la vostra vita!” (Messaggio per la VI Giornata mondiale della gioventù, 15 agosto 1990). Il 7 ottobre 1990, a soli due mesi di distanza da questo invito del Papa, Chiara, diciottenne, arrivava al traguardo della sua corsa.

In questa celebrazione eucaristica di ringraziamento a Dio per il dono della sua beatificazione, con intensa gioia vogliamo dire alla nuova Beata la nostra gratitudine per aver collaborato così generosamente con la grazia divina, tanto che la Chiesa la propone come mirabile esempio da imitare.

Riascoltando il brano del Vangelo, che è stato proclamato poco fa, non c’è dubbio che la testimonianza di Chiara Badano è l’opposto del comportamento deplorevole del ricco epulone, simile alla condotta mondana dei gaudenti, che nel loro egoismo umiliano il prossimo. La sola cosa che li interessa è il piacere materiale. Nella loro squallida vita non c'è posto per Dio, né per la coscienza morale e per i valori autentici che nobilitano la persona umana. Purtroppo, non sono pochi coloro che considerano la vita come un tempo da consumare nell’egoismo, incuranti delle conseguenze negative sulla convivenza sociale.

Tu, uomo di Dio– esorta la lettera di San Paolo apostolo a Timoteo - evita queste cose; tendi invece alla giustizia, alla pietà, alla fede, alla carità, alla pazienza, alla mitezza. Combatti la buona battaglia della fede, cerca di raggiungere la vita eterna alla quale sei stato chiamato…” (1 Tm 6, 11-13).

Accettare la sfida della fede cristiana oggi, in un contesto socio culturale segnato da indifferenza religiosa e da relativismo morale è una scelta non facile. Tuttavia, l’inversione di marcia a certi modi di vivere è possibile quando si trovano esempi credibili di autenticità e di altruismo, che testimoniano la gioia vera e profonda della donazione di sé. Chiara Badano è uno di questi luminosi esempi e mi propongo di sottolineare alcuni aspetti che hanno caratterizzato il suo cammino spirituale.

Innanzitutto, alla base della sua vita vi è una fede ferma e costante nell'amore di Dio, che si riflette nell’amore verso il prossimo. La sua biografia attesta una vita gioiosa, piena di interessi e di sane amicizie, segno che le esigenze del vivere cristiano non si oppongono alla brama naturale di felicità. Al contrario, si tratta di una vita la cui componente essenziale è l’amore poiché si rispecchia nell’immagine cristiana di Dio e anche nella conseguente immagine dell'uomo e del suo cammino nella storia:  “Dio è amore; chi sta nell'amore dimora in Dio e Dio dimora in lui”(1 Gv 4, 16). Colui che si affida all’amore di Dio e procede con la certezza che le disposizioni della sua Ρrοvvidenza sono le più idonee a procurargli il bene più completo e duraturo, sperimenta una pace profonda nell’affrontare anche le prove più ardue della vita.

Grazie alla fede nell’amore di Dio, Chiara, nell’ora della prova, ha spiccato un volo raggiungendo quell’ “alta quota” di cui parla Giovanni Paolo II; è salita verso quel punto in cui splende la luce della speranza cristiana. “Mamma, fidati di Dio; poi hai fatto tutto”, ha detto alla mamma per consolarla in prossimità del distacco.

Di fronte alla precoce maturità cristiana di Chiara ci chiediamo quali fattori abbiano contribuito alla sua formazione.

La famiglia, innanzitutto, ha svolto perfettamente il suo compito educativo. Abbiamo fra noi i genitori di Chiara, la mamma Maria Teresa e il papà Ruggero, che fra non molto festeggeranno il 50° anniversario del loro matrimonio. Li saluto con particolare affetto, ringraziandoli per aver collaborato nel donare alla Chiesa un vero gioiello di santità.

Chiara è stata aiutata a crescere anche dalla comunità ecclesiale e dall’ambiente sociale che l’ha circondata. Ha imparato ad ammirare la bontà di Dio nella bellezza del creato, a scoprire la benevolenza di Gesù, gli episodi della sua vita e, attraverso le parabole, il modo di far­gli piacere e di crescere nella sua amicizia. In particolare, ha appreso a prestare ascolto alla voce della coscienza, ad obbedire, a rispettare le persone, a rendersi utile al prossimo.

Per questo non posso non ringraziare colui che è stato il Pastore della diocesi di Acqui Terme negli anni in cui Chiara Badano compiva la sua corsa verso la santità, Monsignor Livio Maritano. Lo saluto di cuore, come saluto Monsignor Pier Giorgio Micchiardi, attuale Vescovo, che conserva e promuove l’eredità di Chiara Badano. Un plauso va anche alla Postulazione che ha fatto un diligente lavoro di raccolta delle numerose testimonianze e che ha seguito l’iter fino all’attuale compimento del processo di beatificazione.

Mi piace sapere che è presente il Sindaco di Sassello, che saluto insieme ad altre autorità civili. Il riconoscimento delle virtù di una figlia della vostra terra è certamente un grande motivo di orgoglio, ma è anche la dimostrazione delle profonde radici cristiane, che hanno da sempre ispirato i più alti valori umani della vostra gente.

Nella storia e nella formazione di Chiara Badano, il Movimento dei Focolari ha svolto un ruolo importante. Sono lieto di salutare la Presidente Maria Voce e tutti i focolarini e i Gen che in tutto il mondo - e non solo qui a Roma - festeggiano la loro giovane amica, proclamata beata.

Dall’età di nove anni, Chiara ha cominciato a frequentare gli incontri organizzati nel Movimento dei Fοcοlari. In quel contesto ha fatto una progressiva e forte esperienza comunitaria di vita cristiana, secondo la spiritualità dell’unità tipica del carisma di Chiara Lubich, e si è lanciata verso le méte apostoliche del Movimento. Nel “santo viaggio” della vita, insieme alle altre Gen, ha imparato anche ad approfondire il suo rapporto personale con Dio: ha reso via via più intenso il raccoglimento nella preghiera, con la partecipazione possibilmente quotidiana alla S. Messa e all’Eucaristia, ed ha coltivato l’amore per Maria SS.ma. Chiara ha così sperimentato che per avanzare al seguito di Gesù è indispensabile l'intervento della grazia. Colui che vuol donare amore, deve egli stesso riceverlo in dono; per diventare sorgente per gli altri, bisogna bere alla sorgente originaria che è Gesù Cristo.

Chiara Badano ha intrattenuto un'assidua corrispondenza con la fondatrice del Movimento dei Focolari, tanto che, dietro sua richiesta, voi tutti sapete che Chiara Lubich le ha dato un secondo nome: Luce. Da questa corrispondenza si percepisce la crescita della giovane Chiara-Luce nella comprensione della parola di Dio. Si legge in una sua lettera: “Ho riscoperto il Vangelo sotto una nuova luce […]. Ora voglio fare di questo magni­fico libro il mio unico scopo della vita. Non voglio e non posso rimanere analfabeta di un così straordinario messaggio”. Si coglie anche l’accendersi di un amore particolare per Gesù in quel preciso momento della passione in cui, sulla croce, ha gridato: “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”. La Lubich, infatti, aveva spiegato alle ragazze e ragazzi della sua età che “il Gen vede in [ogni] dolore una possibilità enorme: quella di essere simili a Gesù abbandonato e di offrire il dolore a Lui [...]. Egli, se si sente amato veramente, sa come ricompensarvi: vi riempie di tanta di quella gioia nuova che ne avrete da dare a tutti. Non solo: ma Lui poi vi farà santi… Coraggio, gen! Riempiamo il mondo di santi” (Chiara Lubich al Congresso internazionale dei gen 3, giugno 1972). E lei, di rimando: “Ho scoperto che Gesù abbandonato è la chiave dell’unità con Dio e voglio sceglierlo come il mio primo sposo e prepararmi per quando viene”.

Chiara cresce così, avvolta da una luce e da un amore che l’ha resa capace di non lesinare nei sacrifici e di vivere momento per momento la volontà del Signore, fino a giungere alla prova più difficile e drammatica: la diagnosi infausta di un osteosarcoma con varie metastasi. Chiara non ancora diciottenne si trova di fronte al crollo dei progetti intensamente coltivati, al tramonto di tante esperienze appena avviate, eppure mantiene salda la certezza che Dio è fedele: sicuramente non verrà meno all'amore per lei; conosce il suo vero bene. Perciò vince nell'animo di Chiara, anche in questa circostanza, la fiducia ed è determinata a mantenere l'impegno di compiere sempre la volontà di Dio. Ripete spesso: «Ιο non guarirò più, l'ho capito: devo fare la volontà di Dio, e sono pronta a farla». Decisione che cοnfermerà in ogni fase della malattia: «Se lο vuoi tu, Gesú, lο voglio anch’iο». Chiara trasforma ogni sussulto di dolore in una rinnovata offerta: per i genitori, gli amici, per la Chiesa nel suo impegno a servizio dei giovani, per il Papa, per la GMG di Compostela.

Gli amici Gen le sono vicini per sostenere con la preghiera questa sua continua donazione e lei scrive loro: “Sento fortissima la vostra unità, le vostre offerte, le vostre preghiere, che mi permettono di rimettermi nella tensione alla santità, rinnovando così il mio sì attimo per attimo” (lettera alle gen, 4 ottobre 1989).

Non è stato breve il tempo della malattia: dal primo intervento nel febbraio 1989 fino all'ottobre del 1990. Un tempo di adesione continua a Colui che, rispondendo ad un impulso di donazione totale, Chiara aveva imparato a chiamare “il mio Sposo”: Gesù crocifisso e abbandonato. “Le occasioni per abbracciare il mio Sposo non mancano certo”, scriveva. Vicina al grande incontro con lο Sposo cresce in Chiara l'attesa del paradiso. Dio le fa provare qualche anticipo della prossima gioia attraverso una singolare esperienza di unione. È lei stessa a riferirlo con semplicità: “Non potete immaginare qual è adesso il mio rapporto con Gesù”. E aggiunge: “Trascorro le mie giornate dove tutto é silenzio e contem­plazione... Mi sento avvolta in uno splendido disegno che a poco a poco mi si svela”.

E giunge il giorno tanto atteso. È il 7 ottobre 1990. Le ultime parole: “Mamma, sii felice, iο lo sono!”.

Chiara Badano è stata ed è un esempio, che dà sostanza e concretezza alle parole scritte da Benedetto XVI nel suo recente messaggio rivolto ai giovani, in preparazione alla Giornata Mondiale della Gioventù di Madrid del 2011: “Cari amici, spesso la Croce ci fa paura, perché sembra essere la negazione della vita. In realtà, è il contrario! Essa è il “sì” di Dio all’uomo, l’espressione massima del suo amore e la sorgente da cui sgorga la vita eterna. Infatti, dal cuore di Gesù aperto sulla croce è sgorgata questa vita divina, sempre disponibile per chi accetta di alzare gli occhi verso il Crocifisso. Dunque, non posso che invitarvi ad accogliere la Croce di Gesù, segno dell’amore di Dio, come fonte di vita nuova”.

Dinanzi al dono che Chiara-Luce Badano è per noi e per la Chiesa tutta, non possiamo che ammirare e ringraziare. Attraverso la sua testimonianza, Dio stimola, soprattutto voi giovani, a non soffocare mai l’anelito, presente nell’età della giovinezza, ad avere una vita più grande di quella che si consuma nelle pur giuste esigenze della quotidianità; ad avere una vita che raggiunga quella vastità e bellezza, quella capacità di amore universale, che Dio ha impresso nella persona umana creandola a sua immagine (cfr Messaggio per la XXVI Giornata Mondiale della Gioventù 2011, 6 agosto 2010, n. 1).

Ho tenuto in serbo per la conclusione una sorpresa che sono certo vi farà piacere. Ritornando dal viaggio in Gran Bretagna con il Santo Padre, seduto accanto a Lui in aereo abbiamo parlato di Chiara Luce Badano e mi ha detto che questa nostra Beata è un esempio da valorizzare per i giovani. E poi, sapendo di questa Messa di ringraziamento che avrei celebrato oggi in questa splendida Basilica di San Paolo fuori le mura, mi ha incaricato di portarvi il suo saluto e la sua benedizione; saluto che ascolteremo fra poco anche all’Angelus. Desidero ancora dire ai giovani che il Papa vi aspetta tutti alla GMG di Madrid.

INCONTRO CON I GIOVANI

DISCORSO DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza Politeama di Palermo
Domenica, 3 ottobre 2010

 

Cari giovani e care famiglie della Sicilia!

Vi saluto con tanto affetto e tanta gioia! Grazie per la vostra gioia e la vostra fede! Questo incontro con voi è l’ultimo della mia visita di oggi a Palermo, ma in un certo senso è quello centrale; in effetti, è l’occasione che ha dato il motivo per invitarmi: il vostro incontro regionale di giovani e famiglie. Allora oggi devo iniziare da qui, da questo avvenimento; e lo faccio prima di tutto ringraziando Mons. Mario Russotto, Vescovo di Caltanissetta, che è delegato per la pastorale giovanile e familiare a livello regionale, e poi i due giovani Giorgia e David. Il vostro, cari amici, è stato più di un saluto: è stata una condivisione di fede e di speranza. Vi ringrazio di cuore. Il Vescovo di Roma va dovunque per confermare i cristiani nella fede, ma torna a casa a sua volta confermato dalla vostra fede, dalla vostra gioia, dalla vostra speranza!

Dunque, giovani e famiglie. Dobbiamo prendere sul serio questo accostamento, questo trovarsi insieme, che non può essere solamente occasionale, o funzionale. Ha un senso, un valore umano, cristiano, ecclesiale. E voglio partire non da un ragionamento, ma da una testimonianza, una storia vissuta e attualissima. Penso che tutti voi sappiate che sabato 25 settembre scorso, a Roma, è stata proclamata beata una ragazza italiana di nome Chiara, Chiara Badano. Vi invito a conoscerla: la sua vita è stata breve, ma è un messaggio stupendo. Chiara è nata nel 1971 ed è morta nel 1990, a causa di una malattia inguaribile. Diciannove anni pieni di vita, di amore, di fede. Due anni, gli ultimi, pieni anche di dolore, ma sempre nell’amore e nella luce, una luce che irradiava intorno a sé e che veniva da dentro: dal suo cuore pieno di Dio! Com’è possibile questo? Come può una ragazza di 17, 18 anni vivere una sofferenza così, umanamente senza speranza, diffondendo amore, serenità, pace, fede? Evidentemente si tratta di una grazia di Dio, ma questa grazia è stata anche preparata e accompagnata dalla collaborazione umana: la collaborazione di Chiara stessa, certamente, ma anche dei suoi genitori e dei suoi amici.

Prima di tutto i genitori, la famiglia. Oggi voglio sottolinearlo in modo particolare. I genitori della beata Chiara Badano sono vivi, erano a Roma per la beatificazione - io stesso li ho incontrati personalmente - e sono testimoni del fatto fondamentale, che spiega tutto: la loro figlia era ricolma della luce di Dio! E questa luce, che viene dalla fede e dall’amore, l’hanno accesa loro per primi: il papà e la mamma hanno acceso nell’anima della figlia la fiammella della fede, e hanno aiutato Chiara a tenerla accesa sempre, anche nei momenti difficili della crescita e soprattutto nella grande e lunga prova della sofferenza, come fu anche per la Venerabile Maria Carmelina Leone, morta a 17 anni. Questo, cari amici, è il primo messaggio che vorrei lasciarvi: il rapporto tra i genitori e i figli – lo sapete – è fondamentale; ma non solo per una giusta tradizione – so che questa è molto sentita dai siciliani. E’ qualcosa di più, che Gesù stesso ci ha insegnato: è la fiaccola della fede che si trasmette di generazione in generazione; quella fiamma che è presente anche nel rito del Battesimo, quando il sacerdote dice: “Ricevete la luce di Cristo … segno pasquale … fiamma che sempre dovete alimentare”.

La famiglia è fondamentale perché lì germoglia nell’anima umana la prima percezione del senso della vita. Germoglia nella relazione con la madre e con il padre, i quali non sono padroni della vita dei figli, ma sono i primi collaboratori di Dio per la trasmissione della vita e della fede. Questo è avvenuto in modo esemplare e straordinario nella famiglia della beata Chiara Badano; ma questo avviene in tante famiglie. Anche in Sicilia ci sono splendide testimonianze di giovani cresciuti come piante belle, rigogliose, dopo essere germogliate nella famiglia, con la grazia del Signore e la collaborazione umana. Penso alla Beata Pina Suriano, alle Venerabili Maria Carmelina Leone e Maria Magro, grande educatrice; ai Servi di Dio Rosario Livatino, Mario Giuseppe Restivo, e a tanti giovani che voi conoscete! Spesso la loro azione non fa notizia, perché il male fa più rumore, ma sono la forza, il futuro della Sicilia! L’immagine dell’albero è molto significativa per rappresentare l’uomo. La Bibbia la usa, ad esempio, nei Salmi. Il Salmo 1 dice: Beato l’uomo che medita la legge del Signore, “è come albero piantato lungo corsi d’acqua, / che dà frutto a suo tempo” (v. 3). Questi “corsi d’acqua” possono essere il “fiume” della tradizione, il “fiume” della fede da cui si attinge la linfa vitale. Cari giovani di Sicilia, siate alberi che affondano le loro radici nel “fiume” del bene! Non abbiate paura di contrastare il male! Insieme, sarete come una foresta che cresce, forse silenziosa, ma capace di dare frutto, di portare vita e di rinnovare in modo profondo la vostra terra! Non cedete alle suggestioni della mafia, che è una strada di morte, incompatibile con il Vangelo, come tante volte i nostri Vescovi hanno detto e dicono!

L’apostolo Paolo riprende questa immagine nella Lettera ai Colossesi, dove esorta i cristiani ad essere “radicati e fondati in Cristo, saldi nella fede” (cfr Col 2,7). Voi giovani sapete che queste parole sono il tema del mio Messaggio per la Giornata Mondiale della Gioventù dell’anno prossimo a Madrid. L’immagine dell’albero dice che ognuno di noi ha bisogno di un terreno fertile in cui affondare le proprie radici, un terreno ricco di sostanze nutritive che fanno crescere la persona: sono i valori, ma sono soprattutto l’amore e la fede, la conoscenza del vero volto di Dio, la consapevolezza che Lui ci ama infinitamente, fedelmente, pazientemente, fino a dare la vita per noi. In questo senso la famiglia è “piccola Chiesa”, perché trasmette Dio, trasmette l’amore di Cristo, in forza del sacramento del Matrimonio. L’amore divino che ha unito l’uomo e la donna, e che li ha resi genitori, è capace di suscitare nel cuore dei figli il germoglio della fede, cioè la luce del senso profondo della vita.

Ed eccoci all’altro passaggio importante, che posso solo accennare: la famiglia, per essere “piccola Chiesa”, deve vivere ben inserita nella “grande Chiesa”, cioè nella famiglia di Dio che Cristo è venuto a formare. Anche di questo ci dà testimonianza la beata Chiara Badano, come tutti i giovani santi e beati: insieme con la famiglia di origine, è fondamentale la grande famiglia della Chiesa, incontrata e sperimentata nella comunità parrocchiale, nella diocesi; per la beata Pina Suriano è stata l’Azione Cattolica - ampiamente presente in questa terra -, per la beata Chiara Badano il Movimento dei Focolari; infatti, anche i movimenti e le associazioni ecclesiali non servono se stessi, ma Cristo e la Chiesa.

Cari amici! Conosco le vostre difficoltà nell’attuale contesto sociale, che sono le difficoltà dei giovani e delle famiglie di oggi, in particolare nel sud d’Italia. E conosco anche l’impegno con cui voi cercate di reagire e di affrontare questi problemi, affiancati dai vostri sacerdoti, che sono per voi autentici padri e fratelli nella fede, come è stato Don Pino Puglisi. Ringrazio Dio di avervi incontrato, perché dove ci sono giovani e famiglie che scelgono la via del Vangelo, c’è speranza. E voi siete segno di speranza non solo per la Sicilia, ma per tutta l’Italia. Io vi ho portato una testimonianza di santità, e voi mi offrite la vostra: i volti dei tanti giovani di questa terra che hanno amato Cristo con radicalità evangelica; i vostri stessi volti, come un mosaico! Ecco il dono più grande che abbiamo ricevuto: essere Chiesa, essere in Cristo segno e strumento di pace, di unità, di vera libertà. Nessuno può toglierci questa gioia! Nessuno può toglierci questa forza! Coraggio, cari giovani e famiglie di Sicilia! Siate santi! Alla scuola di Maria, nostra Madre, mettetevi a piena disposizione di Dio, lasciatevi plasmare dalla sua Parola e dal suo Spirito, e sarete ancora, e sempre più, sale e luce di questa vostra amata terra. Grazie!