Clelia Barbieri

Clelia Barbieri

(1847-1870)

Beatificazione:

- 27 ottobre 1968

- Papa  Paolo VI

Canonizzazione:

- 09 aprile 1989

- Papa  Giovanni Paolo II

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 13 luglio

Vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Minime dell'Addolorata, si adoperò per il bene spirituale della gioventù femminile per la formazione umana e cristiana specialmente delle ragazze povere e bisognose

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
"Signore, aprite il vostro cuore e buttate fuori una quantità di fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio. Fate che io bruci d’amore"

 

Clelia Barbieri nacque il 13 febbraio 1847 nella contrada volgarmente chiamata le "Budrie", appartenente civilmente al comune di S. Giovanni in Persiceto (BO), ecclesiasticamente alla Archidiocesi di Bologna, da Giuseppe Barbieri e Giacinta Nannetti.

I genitori erano di censo diverso: Giuseppe Barbieri proveniva dalla famiglia quasi più povera delle "Budri ", mentre Giacinta dalla famiglia più in vista; lui garzone dello zio di Giacinta, medico condotto del luogo, lei la figlia di Pietro Nannetti benestante. Per il matrimonio contro corrente, Giacinta benestante sposò la povertà di un bracciante e da una casa agiata passò ad abitare nella umilissima casetta di Sante Barbieri, papà di Giuseppe; tuttavia si costituì una famiglia cementata sulla roccia della fede e della pratica cristiana.

Al battesimo amministratole lo stesso giorno della nascita, per espresso volere della mamma, la neonata ricevette i nomi di Clelia, Rachele, Maria. La mamma insegnò precocemente alla piccola Clelia ad amare Dio fino a farle desiderare di essere santa. Un giorno Clelia le domandò: "Mamma, come posso essere santa"? Per tempo la Clelia imparò pure l'arte del cucire, di filare e tessere la canapa, il prodotto caratteristico della campagna persicetese.

All'età di 8 anni, durante l'epidemia colerica del 1855 Clelia perdette il babbo. Con la morte del babbo, per generosità dello zio medico, la mamma, Clelia e la piccola sorellina Ernestina passarono ad abitare in una casa più accogliente vicino alla chiesa parrocchiale.

Per Clelia le giornate divennero più santificate. Chiunque avesse voluto incontrarla poteva trovarla immancabilmente o a casa, a filare o cucire, o in chiesa a pregare. Sebbene era nell'uso del tempo accostarsi per la prima volta alla Comunione quasi adulti, Clelia per la sua precoce preparazione catechistica e spirituale vi fu ammessa il 17 giugno 1858, a soli undici anni.

Fu un giorno decisivo per il suo futuro, perché visse la sua prima esperienza mistica: contrizione eccezionale dei peccati propri e altrui. Premette su di lei l'angoscia del peccato che crocifigge Gesù e addolora la Madonna. Dal giorno della prima Comunione, il Crocifisso e la Madonna Addolorata ispireranno la sua spiritualità.

In pari tempo ebbe una intuizione interiore del suo futuro nella duplice linea contemplativa e attiva. In adorazione dinanzi al Tabernacolo appariva come una statua immobile, assorta in preghiera; a casa era la compagna maggiore delle ragazze costrette al lavoro. Con maturità precoce all'età trovava nel lavoro il suo primo modo di rapporto con le ragazze, poiché alle "Budrie" il lavorare, specialmente la canapa, era l'unica fonte per tirare avanti la vita. Ma Clelia vi aggiungeva qualcosa che nell'ambiente era particolarmente suo: lavorare con gioia, con amore, pregando, pensando a Dio e addirittura parlando di Dio.

Clelia non è Marta che si affaccenda tutta presa dal servizio per le cose del mondo, tuttavia si prodiga compiutamente, appassionatamente al servizio delle creature più amate da Gesù, i poveri, tanto che le sue tenere mani portano i segni della più dura fatica. Clelia non è Maria che tutto lascia, esclude e abbandona per immobilizzarsi estatica nel gesto di devozione e di amore. Eppure non ha altro pensiero, non ha altri affetti e si muove e cammina immersa in Lui, come una sonnambula.

Cammina nell'amore, si dà tutta all'Amore, senza risparmio. Dimentica il suo corpo, anzi lo ignora. È felice di appartenere al Signore e la sua felicità sta appunto nel non avere altro pensiero che Lui. Qualcosa però la spinge ad andare verso gli uomini, quelli più miseri e bisognosi, che aspettano una testimonianza di carità. Una fede ardente la consuma e sente che " deve andare " dividere e distribuire se stessa alle creature del suo Signore. Adora la solitudine che le consente di concentrarsi alla ricerca del pieno possesso di Dio, ma esce dalla sua casa, si lancia nel mondo, forzata dalla carità.

Nella Chiesa bolognese, per combattere la noncuranza religiosa, specialmente degli uomini, vi erano gli "Operai della dottrina cristiana". Alle "Budrie" il gruppo era animato da un maestro molto anziano. Clelia volle essere e fu Operaia della dottrina cristiana. Alle "Budrie" la catechesi si rinnovò col suo inserimento che trascinò pure altre compagne di uguali sentimenti. Al principio Clelia fu ammessa come sottomaestra e era l'ultima ruota del carro, ma ben presto rivelò insospettate capacità tanto che gli stessi anziani si facevano suoi discepoli.

Respinte non poche lusinghiere proposte di matrimonio, la comitiva di ragazze che facevano capo a Clelia concepì la prima idea di un nucleo di giovinette votate alla vita contemplativa e apostolica; un servizio che doveva scaturire dall'Eucarestia, doveva consumarsi nella Comunione quotidiana e sublimarsi nella istruzione dei contadini e dei braccianti del luogo. L'idea non poté realizzarsi subito per le vicende politiche dopo l'unità d'Italia del 1866-67. Si poté attuare il 1° maggio 1868 allorché, sopite le questioni ambientali e burocratiche, Clelia con le sue amiche poterono ritirarsi nella casa cosiddetta del maestro, ove cioè fino allora si erano radunati gli Operai della dottrina cristiana.

Fu l'inizio umile della famiglia religiosa di Clelia Barbieri che i superiori in seguito chiameranno "Suore Minime dell'Addolorata". Minime per la grande devozione che la Beata Clelia ebbe al santo Minimo Romito di Paola, S. Francesco, patrono e provvido protettore della nascente comunità; dell'Addolorata, perché la Madonna Addolorata era veneratissima alle "Budrie" e perché era il titolo della Madonna preferito dalla Beata.

Dopo il ritiro delle ragazze nella "Casa del maestro" cominciarono fatti straordinari, come altrettanti attestati della Provvidenza a favore della piccola comunità che altrimenti non avrebbe potuto perseverare. Essi venivano propiziati dalle sofferenze fisiche e morali di Clelia nella notte oscura dello spirito e nelle umiliazioni più incomprensibili da parte di persone che avrebbero dovuto invece comprenderla. La sua fede però era sempre proverbiale come pure il suo raccoglimento nella preghiera.

Nel ritiro delle "Budrie" si respirava un clima di fede, una vera fame e sete di Dio, un istinto missionario pieno di creatività e di fantasia, affatto poggiato sopra i mezzi organizzativi che mancavano. Clelia ne era l'anima. Il gruppo iniziale lievitò e attorno a esso anche il numero dei poveri, dei malati, dei ragazzi e ragazze da catechizzare e istruire. A poco a poco la gente vide Clelia in un ruolo di guida, di maestra nella fede. Cominciarono così, nonostante i suoi 22 anni, a chiamarla " Madre ". La chiameranno così fino alla morte che avverrà prestissimo.

La tisi che l'accompagnava subdolamente, esplose violenta appena due anni dopo la fondazione. Clelia morì profetizzando a colei che la sostituirà: "Io me ne vado ma non vi abbandonerò mai ... Vedi, quando là in quel campo d'erba medica accanto alla chiesa, sorgerà la nuova casa, io non ci sarò più... Crescerete di numero e vi espanderete per il piano e per il monte a lavorare la vigna del Signore. Verrà giorno che qui alle Budrie accorrerà tanta gente, con carrozze e cavalli... ". E aggiunse: "Me ne vado in paradiso e tutte le sorelle che moriranno nella nostra famiglia avranno la vita eterna ...". La morte la colse nella soddisfazione di andare incontro allo Sposo verginale, il 13 luglio 1870. La profezia di Clelia in morte si è avverata.

La Congregazione delle Suore Minime dell'Addolorata si è sviluppata e si sviluppa. È diffusa in Italia, in India, in Tanzania. Oggi le suore nell'imitazione della Beata Clelia, in umiltà nel proficuo loro lavoro assistenziale sono intorno alle trecento, divise in 35 case.

Con i suoi 23 anni, al giorno della morte, Clelia Barbieri può dirsi la fondatrice più giovane della Chiesa.

SOLENNE CANONIZZAZIONE DI CLELIA BARBIERI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 9 aprile 1989

 

1. “Io, Giovanni, vidi e intesi voci di molti angeli intorno al trono . . . Il loro numero era miriadi di miriadi e migliaia di migliaia . . .” (Ap 5, 11).

Nella letizia di questa terza domenica di Pasqua la Chiesa militante eleva con l’apostolo Giovanni il suo sguardo a contemplare la gloria della Chiesa trionfante, che si stringe intorno all’Agnello per rendergli “lode, onore, gloria e potenza nei secoli dei secoli” (Ap5, 13).

E fra le miriadi di angeli e di santi, essa fissa il suo sguardo su di una giovane fanciulla, che unisce la sua voce a quel coro osannante e pronuncia il suo “Amen” di adorazione e di gratitudine. Oggi la Chiesa riconosce solennemente che Clelia Barbieri, una ragazza di ventitre anni, nata e vissuta in terra emiliana, è per l’eternità fra i santi del cielo, unita a Cristo risorto.

Santa Clelia ripete oggi con Cristo le parole del Salmo:

“Signore Dio mio, / a te ho gridato e mi hai guarito . . . / Hai mutato il mio lamento in danza . . . / Signore, mio Dio, ti loderò per sempre” (Sal 30, 3. 12-13).

E a noi dice, con la voce suadente di chi sta già facendo la esperienza beatificante della pace di Dio:

“Cantate inni al Signore, o suoi fedeli, / rendete grazie al suo santo nome, / perché la sua collera dura un istante, la sua bontà per tutta la vita” (Sal 30, 5-6).

2. Ripensando alla vicenda umana di questa giovinetta ed alla testimonianza coraggiosa da lei resa a Cristo e al suo Vangelo durante i brevi anni della sua vita, tornano alla mente le parole dell’apostolo Pietro dinanzi al sinedrio, che lo rimproverava di aver annunziato il messaggio del Cristo risorto: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (At 5, 29).

In tempi non facili per la Chiesa e in un ambiente sociale percorso da fermenti ostili al Vangelo, Clelia Barbieri non esitò a farsi “operaia della dottrina cristiana”, come allora erano chiamati i catechisti nell’arcidiocesi bolognese, per portare a tutti l’annuncio di quel Gesù che aveva conquistato il suo cuore.

Attratte dalla forza del suo entusiasmo, anche altre giovinette della parrocchia si unirono ben presto a lei, per condividere il suo stesso ideale di vita contemplativa ed apostolica. Dopo molte traversie, dovute a motivi politici ed ambientali, il 1° maggio 1868 Clelia e le sue compagne poterono finalmente riunirsi in vita comune, dando così inizio alla famiglia religiosa, che successivamente l’Arcivescovo di Bologna, Cardinale Lucido Maria Parocchi, riconobbe col nome di “Suore Minime dell’Addolorata”: “Minime”, per la grande devozione che la fondatrice aveva verso san Francesco di Paola, patrono della comunità; “dell’Addolorata”, perché sotto tale titolo Maria santissima era fervidamente venerata in quella località e dalla santa stessa.

3. Oggi le figlie spirituali di Clelia Barbieri esultano per la elevazione alla gloria degli altari della loro fondatrice; e con esse esultano l’arcidiocesi di Bologna ed il suo paese natale. Rivolgo il mio saluto affettuoso e deferente alle autorità religiose e civili di Bologna, all’Arcivescovo Cardinale Biffi, alla superiora generale ed alle religiose della congregazione delle “Suore Minime dell’Addolorata”, ai fedeli venuti dall’Emilia e dalla Romagna e da altre località italiane ed estere per onorare la nuova santa.

Sono profondamente lieto di presiedere a questa storica cerimonia e di poter innalzare a Dio la preghiera della Chiesa affidandola all’intercessione di santa Clelia Barbieri, l’umile giovane nata nel secolo scorso a Le Budrie, località nella campagna emiliana, a pochi chilometri da Bologna.

Sono lieto di richiamare in questo modo l’attenzione di tutta la Chiesa sugli esempi della sua breve ma intensa vita, giacché sono convinto che i cristiani di oggi, specialmente i giovani, possono trarre dalla sua testimonianza indicazioni stimolanti per una presenza apostolica veramente incisiva nel mondo contemporaneo.

4. La prima indicazione che la giovane Clelia offre ai cristiani di oggi è quella della fiducia piena e totale in Cristo e nella Chiesa. Come Pietro sulle rive del mare di Tiberiade, ella ha creduto alle parole del Maestro divino e ha gettato le reti della sua vita nel mare dell’amore di Dio e del prossimo, superando insidie e tentazioni, evitando attrattive e pericoli mondani.

Come Pietro, anche Clelia, a Gesù che la invitava interiormente ad amarlo “di più”, ha potuto rispondere: “Certo, Signore, tu lo sai che ti amo” (Gv 21, 15). In una vita esteriormente semplice e ordinaria, Clelia ha alimentato in sé una fiamma d’amore così intensa e bruciante per lo Sposo divino, che il suo fisico stesso ne ha risentito: ancora giovanissima ella è crollata come consumata dall’interno ardore.

Impressiona il vertice di santità raggiunto in un tratto di tempo così breve: Clelia è la più giovane fondatrice della storia della Chiesa. La sua vicenda dimostra che la santità delle anime è opera della grazia divina, non della strategia e della cultura umana. Non v’è anche in questo un messaggio dell’Altissimo, particolarmente adatto al nostro tempo? Con la solenne canonizzazione della giovane religiosa bolognese Dio pone davanti a noi una creatura umile, fragile, priva di ricchezze materiali e di cultura, ma ricca della sapienza che i semplici attingono nella preghiera alle sorgenti stesse della Parola rivelata.

5. La famiglia e la parrocchia sono state l’ambiente in cui Clelia ha costruito l’edificio della sua santità. In famiglia la piccola bambina ha imparato i primi rudimenti della fede; in parrocchia ha sviluppato e perfezionato il proprio cammino spirituale. La sua esperienza documenta la perenne validità di queste due cellule fondamentali della vita sociale ed ecclesiale, offrendo un’ulteriore, preziosa indicazione: non si può sperare in una nuova fioritura di vita cristiana, se non ci si impegna nel risanamento della famiglia e nel rilancio della pastorale parrocchiale.

Ma tanto la famiglia cristiana quanto la famiglia parrocchiale - e in essa ogni altra comunità suscitata dalla fede - hanno un unico e medesimo centro, da cui trarre vigore di coesione, slancio di impegno, capacità di costante rinnovamento. Tale centro è l’Eucaristia.

La devozione all’Eucaristia ha svolto un ruolo fondamentale nella vita di santa Clelia Barbieri. Ella sentì profondamente l’invito di Gesù, echeggiato anche dalla pagina evangelica di oggi: “Gesù disse loro “Venite a mangiare”. E nessuno dei discepoli osava domandargli: “Chi sei?”, poiché sapevano bene che era il Signore” (Gv 21, 12).

Nella comunione eucaristica Clelia andò ogni giorno scoprendo con rinnovato trasporto la presenza amorosa del suo Signore. È precisamente dopo aver partecipato alla celebrazione eucaristica che Clelia vergò l’unica testimonianza scritta delle meraviglie di grazia che il Signore operava in lei: “Signore, in essa scrive, aprite il vostro cuore e buttate fuori una quantità di fiamme d’amore e con queste fiamme accendete il mio. Fate che io bruci d’amore”.

No, Clelia non aveva bisogno, dopo simili esperienze, di domandare a Gesù: “Chi sei?”. Come gli apostoli sulla riva del mare di Tiberiade, anch’essa “sapeva bene che era il Signore”.

6. Ecco, santa Clelia Barbieri sta davanti a noi per ripetere alla Chiesa di oggi quello che è stato il messaggio di tutta la sua vita.

Essa parla ai giovani, per dir loro che si può essere santi nonostante l’età nella quale le passioni sono più vivaci. Basta volerlo tenacemente e pregare senza stancarsi.

Santa Clelia, esemplare figura di donna consacrata, parla alle religiose per invitarle ad essere coscienti delle ricchezze spirituali della loro femminilità, mediante le quali esse possono e devono dare un contributo insostituibile all’edificazione della Chiesa e della società.

La nuova santa parla a tutti i cristiani, per richiamarli alla stima della famiglia e della parrocchia, le due istituzioni sulle quali si regge - nell’ambito naturale e in quello soprannaturale - la vita del Popolo di Dio.

7. Il Cardinale Giorgio Gusmini, primo biografo della santa, ha scritto di lei: “Chi l’ha veduta, ammirata in quegli anni, dice che se Iddio avesse mandato sulla terra uno degli Angeli della sua corte, quell’Angelo non avrebbe potuto vivere vita più bella, più santa, più feconda di bene per sé e per gli altri, di quella vissuta da Clelia Barbieri”.

“Io, Giovanni, vidi e intesi voci di molti angeli intorno al trono . . .” (Ap 5, 11). Fra quegli angeli è certamente anche santa Clelia. Alla sua intercessione affidiamo i problemi della Chiesa di oggi, i problemi delle nostre parrocchie e quelli delle vocazioni alla vita consacrata.

Valga la sua preghiera ad ottenere che i fedeli, uomini e donne, inseriti più attivamente nelle strutture delle proprie parrocchie, sappiano trovare in esse gli incentivi ed i mezzi per la loro formazione dottrinale e spirituale e per un serio impegno apostolico.

Santa Clelia illumini ed accompagni le sue figlie spirituali, rendendole sempre più generose e intraprendenti nel servizio della Chiesa e della società. Ottenga, al tempo stesso, da Dio che tanti cuori giovanili accolgano l’invito a donarsi senza riserve alla causa del Vangelo, perché all’umanità contemporanea non manchi la possibilità di incontrare in Cristo colui nel quale soltanto è possibile trovare salvezza (cf. At 4, 12).

8. “Signore Dio mio, / a te ho gridato e mi hai guarito. / Signore, mi hai fatto risalire dagli inferi, / mi hai dato la vita / perché non scendessi nella tomba . . .” (Sal 30, 3-4).

Sì, santa Clelia vive in Dio nella luce del Cristo risorto e dal cielo ci incoraggia a perseverare nel cammino del nostro impegno quotidiano, sempre fidando in colui che “ha creato il mondo e ha salvato gli uomini nella sua misericordia” (Canticum ad Evangelium).

“Signore Dio mio . . . / Hai mutato il mio lamento in danza, / Signore, mio Dio, ti loderò per sempre” (Sal 30, 3. 12-13). Amen!

SOLENNE BEATIFICAZIONE DI CLELIA BARBIERI

OMELIA DI PAOLO VI

Domenica, 27 ottobre 1968

 

LA PARABOLA EVANGELICA SULLA UMILTÀ

«A che cosa paragoneremo il regno di Dio? O con quale similitudine lo figureremo? Esso è simile a un granello di senapa, il quale, quando si semina in terra, è più piccolo di tutti i semi che sono sulla terra; ma, seminato che sia, cresce e diventa più grande di tutti. gli erbaggi e fa dei rami così grandi che gli uccelli del cielo possono ripararsi alla sua ombra» (Marc. 4, 30-32).

A queste parole del Signore correva il Nostro pensiero, mentre porgevamo ora il Nostro atto di venerazione alla nuova Beata, sembrando a Noi, come supponiamo che quanti oggi la onorano vadano pensando, di ravvisarle riflesse tali parole evangeliche nell’umile ed eletta figura di Clelia Barbieri. Perché la prima impressione che la sua vita offre al nostro sguardo, abituati, come tutti siamo, a osservare e misurare gli uomini secondo la loro statura nel contesto storico e sociale, è quella della piccolezza. Qual è la sua storia? Si dura fatica a rintracciarla e a descriverla per la scarsezza di dati di cui si compone, per un primo motivo, quello della brevità del suo soggiorno terreno: di soli ventitre anni! Vero è che nei fasti della santità Clelia Barbieri non è sola a raggiungere il paradiso in così giovane età; a raggiungerlo, diciamo, con i segni anche a noi visibili della gloria. Non consideriamo ora il caso di bambini e di fanciulli e di giovani che giungono alla salvezza proprio in virtù dell’integrità della grazia battesimale e della loro naturale innocenza, senza aver subito alcuna profanazione, che una più lunga durata della loro terrena esistenza e una più piena esperienza delle avversità del pellegrinaggio nel mondo avrebbero forse loro arrecata. Ma ciò che ora interessa la nostra attenzione è il fatto che la brevità della vita sia illustrata in alcuni casi da uno straordinario complesso di virtù personali, di grazie spirituali e di circostanze biografiche da conferire alla giovane vita l’aureola più gloriosa e più difficile a conseguirsi quella della santità.

MERAVIGLIE DELLA GIOVINEZZA CONSACRATA AL SERVIZIO DI DIO

La santità nella giovinezza sembra a Noi un fenomeno umano ed agiografico degno del più grande interesse, per la sua precocità (non è una delle curiosità moderne quella dei «fanciulli-prodigio», o dei giovanissimi atleti, o artisti, o scienziati, o eroi, che, superando gli indugi dello sviluppo e i ritmi del tempo, raggiungono in anticipo una pienezza naturale sbalorditiva?); e sembra un fenomeno mirabile per la ricchezza di doni soprannaturali, che l’acerbità stessa dell’età mette in evidenza. Chi non ricorda, ad esempio (e restiamo nel giardino femminile), l’elogio di S. Ambrogio per Agnese, la giovinetta vergine e martire da lui magnificata: «Ella, come si narra, aveva dodici anni quando subì il martirio» (Haec duodecim annorum martyrium fecisse traditur - De virgin. 1, 7).

Voi Bolognesi, subito in Cuor vostro commentate: anche la nostra beata Imelda Lambertini, fiore della santa Eucaristia, aveva tredici anni. Potremmo ricordare che Giovanna d’Arco chiuse la sua vita avventurosa, mistica, militare ed eroica a diciannove anni, A trentatré Santa Caterina da Siena. E Santa Bartolomea Capitanio, ch’ebbe una vita sotto molti aspetti simile alla nostra Clelia Barbieri, pochi decenni prima, meritò ella pure d’essere fondatrice d’una fiorente famiglia religiosa nel breve spazio di ventisei anni. Ricordiamo tutti che S. Teresa del Bambin Gesù mori a ventiquattro anni. Potremmo continuare. Ma ora ci basta fermare lo sguardo sulla nostra Beata, traendo conferma dalla brevità stessa del suo passaggio nel tempo che la santità, anche quella meritevole del suffragio ufficiale della Chiesa, è possibile alla gioventù; ed inoltre, a tutto ben considerare, quando i carismi della grazia e l’intelligenza del Vangelo le siano assicurati, potremmo dire che meglio si addice la perfezione cristiana alla giovane età che non ad altro periodo dell’umana esistenza.

CRISTO NEI SUOI SEGUACI PIÙ GENEROSI E FEDELI

Ma la giovane età segna indubbiamente un limite di piccolezza, se non al valore, alla storia d’una breve vita. Ed altro limite riscontriamo in Clelia nella scena umana in cui quella vita si svolge: l’umiltà dell’ambiente, quello d’una modesta ed ignota Parrocchia rurale, le Budrie di S. Giovanni in Persiceto, dove all’occhio curioso di valori culturali e civili nulla appare di notevole, e dove invece è giustamente notata la deficienza economica e sociale, propria delle popolazioni rurali di quel tempo.

Certo, un occhio più attento ai valori morali e religiosi può scoprire le meraviglie di quel quadro umano, in cui la nostra civiltà cristiana ha modellato, composto, ornato il costume degnissimo dell’umile gente, dove la laboriosità, la sobrietà, l’onestà, la modestia, la bontà, il senso del dovere, il timor di Dio, il rispetto per tutti sono così penetrati nella mentalità e nelle abitudini della tranquilla e travagliata popolazione contadina da trarne stupendi e quasi campestri fiori di gentilezza, di abnegazione, di candida semplicità, di sensibilità morale, di spiritualità cristiana, che indarno cercheremmo in tanti altri ambienti più evoluti, e ormai prevalenti nella nostra moderna società. Occorre finezza manzoniana per apprezzare simile scena, gusto francescano, e, diciamo pure, senso evangelico.

Ma la piccolezza rimane la misura del quadro, anche sotto un altro aspetto, che, per altro verso, grandeggia di meravigliosa irradiazione spirituale, vogliamo dire quello della vita religiosa. Anche questa è semplice, popolare e ordinaria; essa è formata alle fonti più accessibili della preghiera comune; alimentata da letture che di poco si estendono oltre i primi elementi della dottrina cristiana, e dal Manuale di Filotea, allora assai in voga, del Can. Riva di Milano. Suoi maestri sono due Parroci di campagna, magnifici Sacerdoti, ottimi pastori, assai virtuosi, il Setanassi e il Guidi, ma entrambi senza pretese di vasta cultura e di pensiero originale. Anche il nome, che definirà la Famiglia religiosa fondata da Clelia Barbieri, metterà in evidenza la dimensione scelta, sull’esempio e in onore d’un grande umilissimo Santo, Francesco da Paola, per caratterizzare l’istituzione delle «Suore Minime dell’Addolorata». Minime.

Ma questa esatta impressione di piccolezza non dice tutto della nuova Beata, anzi non dice le ragioni dell’esaltazione, che meritamente la Chiesa oggi le tributa. Un’altra impressione succede, quella della scoperta. Avviene spesso nella vita dei Santi. I titoli della loro vera personalità bisogna scoprirli, e perciò bisogna cercarli. Quelli che credono che la santità abbia come manifestazione ordinaria il miracolo spesso si illudono. Il miracolo potrà verificarsi, e costituire il segno di virtù e di carismi straordinari, e quindi santità meritevole di speciale onore e di fiducioso credito. Ma questa santità dev’essere cercata in altre sue manifestazioni, le quali esigono nell’osservatore particolari condizioni di spirito, che sono poi quelle che da un lato rendono a lui benefico il culto dei Santi e dall’altro lo giustificano; cioè dev’essere cercata nella somiglianza, che il Santo riflette su di sé, di Cristo, il modello, il maestro, il vero Santo. Il culto dei Santi è una ricerca di Cristo in alcuni suoi seguaci, più fedeli e più favoriti.

LA VIA REGALE DELLA NUOVA CITTADINA DEL CIELO

E allora pare a Noi di riudire la voce del Signore fare l’apologia dei suoi eletti; ed ora di questa sua fedelissima Beata; la voce, diciamo, di Lui, rimpicciolito perfino sotto il nostro livello (cfr. Phil. 2, 7-8), di Lui, fattosi povero quand’era la ricchezza stessa (cfr. 2 Cor. 8, 9), diventato fratello a tutti noi per essersi definito «il Figlio dell’uomo» (Matth. 8, 20 ecc.) e ritenuto socialmente il «Figlio del fabbro» (Matth. 13, 55); di Lui, che effondendo al Padre l’amarezza e la dolcezza insieme del suo cuore, posto a contatto con gli uomini ribelli e con quelli fedeli, svela il piano segreto della sua rivelazione: «Io Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascoste queste cose ai dotti e ai sapienti, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così Ti è piaciuto!» (Matth. 11, 25-26).

IL CANDORE DELL’ANIMA FONDAMENTO D’OGNI EROISMO

E dove Ci conduce la Nostra ricerca di Cristo nella Beata di cui appunto stiamo celebrando la somiglianza con Cristo, sulla quale la Chiesa fonda la sua certezza di dichiararla cittadina del Cielo? Oh! se Noi abbiamo avuto una prima impressione di piccolezza, adesso, ravvisando nell’umile sua figura, nella breve sua vita, nella silenziosa sua opera i tratti del volto evangelico del Signore, un’impressione di ‘meraviglia e di letizia in Noi, un’impressione di bellezza e un’impressione di grandezza invece a lei relative inonderebbero il Nostro animo, se volessimo soffermarci ad uno studio così delicato e così attraente, cioè se volessimo tessere l’elogio della Beata o narrarne la biografia. Altri, e primo fra questi un’alta figura di Pastore, il Cardinale Gusmini, Arcivescovo di Bologna, dal 1914 al 1921, lo hanno fatto, e voi che Ci ascoltate tutto sapete in proposito; né più vi diremo, se non per confidarvi, correndo, ciò che al Nostro spirito ha recato maggiore edificazione, e più benefico incanto, mentre, in ordine a questa beatificazione, C’informavamo della Serva di Dio da dichiarare Beata.

Piacque specialmente a Noi l’innocenza di questa singolare creatura, quella purità che lascia trasparire nel volto e negli atti il candore interiore; il candore, che suppone ed alimenta un continuo, quasi connaturato colloquio con quel Dio meglio conosciuto per via d’amore, che di ansiosa speculazione; Ci pareva d’ascoltare S. Agostino ragionare della verginità: «in carne corruptibili incorruptionis perpetua meditatio» (De sancta Virg., c. 13; P. L. 40, 401), una meditazione continua della Purezza incorrotta in un essere tuttora corruttibile. E da così limpida bellezza Ci pareva ovvio di vedere sgorgare una bontà semplice, affettuosa, attraente; quella che quasi spontaneamente dapprima, e poi urgentemente cercò di farsi indotta e sapiente maestra comunicativa del proprio interiore tesoro di amorosa verità e di sperimentare, fino alla dedizione materna, incantevole in una così giovane vita, l’ansia di servire la propria Parrocchia, di educare gli altri, di formarsi un cerchio di sorelle e di amiche, con cui pregare e lavorare, e poi costituirsi in «ritiro», in cenacolo religioso qualificato all’orazione e al servizio dei poveri e dei sofferenti, come appunto fanno le figlie di Clelia Barbieri, le ottime Suore Minime dell’Addolorata.

PARTECIPAZIONE PATERNA ALLA ESULTANZA DI BOLOGNA

Godiamone tutti. Voi, sì, per prime, Suore pie e gentili, che traducete in opere di carità lo spirito della Beata; voi, che date testimonianza di ciò che può in una comunità ecclesiale l’esempio, l’ardore, l’azione della gioventù femminile affascinata dal volto di Cristo, trasportata dalla sua grazia e compresa di quanti bisogni soffrono i fratelli e di quanto bene essi siano capaci rincorrendo, lo slancio giovanile della purezza apostolica; voi, che offrendo al Signore la vostra vita tutto perdete e tutto guadagnate nell’esercizio assiduo ed eroico della carità.

E goda Bologna di questa sua Figlia, che la Chiesa celebra nell’ineffabile gloria del misterioso mondo celeste, e solleva davanti a quello terrestre come degna di ammirazione, d’imitazione, di fiducia. Noi sentiamo il dovere di congratularci con Lei, caro e venerato Signor Cardinale Lercaro, che per il compimento dei voti rivolti a questa gloriosa giornata ha prodigato le sue cure sagge ed assidue, e che può ben allietarsi di vedere oggi coronato col suo il desiderio dell’amatissima Arcidiocesi Bolognese. E sentiamo il bisogno di condividere con Bologna e con il suo presente e degno Arcivescovo Monsignor Poma la gioia di vedere questo nuovo fiore di fede e di santità testimoniare la perenne e moderna vitalità d’una secolare tradizione cattolica, che in Clelia Barbieri attesta le antiche virtù d’un popolo forte e cristiano, e dice al mondo come ancor oggi il Vangelo, ed oggi più che mai, si manifesta non solo sensibile e comprensivo degli umani bisogni, ma là, dove la giustizia, dove la fratellanza, dove l’indigenza reclamano chi li soccorra e li serva con pieno e silenzioso sacrificio di sé, esso, il Vangelo, ha pronto un suo dono generoso e misterioso di vite consacrate ed immolate.

Ed il Nostro invito a godere dell’avvenimento, che oggi è stato celebrato, vuol essere espresso a quanti sono qua accorsi per essere non solo spettatori, ma partecipi: tali sono certo le Autorità civili e politiche di Bologna e della terra emiliana e romagnola, alle quali siamo lieti, nel nome di Clelia Barbieri, di porgere il Nostro deferente saluto ed il Nostro voto augurale di prosperità e di pace.

PREZIOSI INSEGNAMENTI PER TUTTI I DISCEPOLI DI CRISTO

Così salutiamo le personalità ecclesiastiche del Clero Bolognese, Mons. Vicario Generale, i Reverendi Canonici e i Parroci della Città e dell’Arcidiocesi, fra questi quelli specialmente delle Budrie, e di San Giovanni in Persiceto, i rappresentanti del Laicato cattolico, i parenti ed i congiunti della nuova Beata e quelli che hanno goduto della sua miracolosa intercessione; e poi tutti i pellegrini e i visitatori e i fedeli presenti d’ogni provenienza, affinché abbiano tutti nella Nostra riconoscente e paterna benedizione il pegno della protezione della nuova celeste cittadina e sentano tutti, con l’impegno ch’ella ci affida a seguirne gli esempi e a tenerne desto lo spirito, l’impulso gioioso degli interiori carismi capace di rendere possibile e facile e felice la moderna militante sequela di Cristo.

Ma non possiamo congedarci da questa entusiasmante assemblea senza rivolgere un pensiero specialissimo ai gruppi di Alunni, con i loro Superiori e Maestri, dei vari Seminari, che abbiamo la fortuna di vedere d’intorno a Noi, specialmente quelli del Seminario Regionale «Benedetto XV» delle Diocesi di Bologna, Ravenna, Bertinoro, Cesena, Comacchio, Forlì, Sarsina, Rimini e Montefeltro, le quali così salutiamo nei pegni più preziosi delle loro spirituali speranze; poi quelli del Seminario arcivescovile di Bologna; quelli dell’«Onarmo»; quelli del Pre-seminario di Borgo Capanne; e quanti altri nelle rispettive Diocesi, nella Nostra di Roma ovviamente, ovvero nelle loro Famiglie religiose, maschili e femminili, si preparano a far dono a Cristo e alla sua Chiesa, della loro freschissima vita. A voi, giovani, l’augurio che possiate pienamente godere della presente glorificazione dell’umile virtù; a voi, l’esortazione che abbiate l’intuito sapiente di ciò che oggi più occorre alla Chiesa e alla moderna società, il fatto esistenziale cioè della santità.

Di santi ha bisogno la Chiesa, di santi il mondo. Di santi, diciamo, dei quali l’imitazione di Cristo e la tradizione ecclesiastica c’insegnano le vie aspre e soavi; di santi, che nel tumulto delle esperienze moderne, delle ideologie correnti, delle contestazioni di moda, sanno essere, ad un tempo, personali e sociali, liberi cioè dal mimetismo collettivo, e spontaneamente, fermamente consacrati al servizio di Dio e dei fratelli. Fate, carissimi figli, della vostra vita un esperimento totale di santità; non fermatevi a metà, non contentatevi di compromessi mediocri, non lasciatevi suggestionare dalle formidabili fatuità di cui è piena la nostra atmosfera; siate veramente discepoli del Maestro, veramente membra vive ed operanti della Chiesa di Dio, veramente esaltati ed umili della vostra scelta, fra tutte la più difficile e fra tutte la più dolce, fra tutte l’ottima per la vita presente e quella futura, la scelta della santità. Così vi parli nel cuore la nuova Beata; così vi attragga e vi avvalori quel Cristo nostro Signore di cui oggi, celebrando la festa della sua regalità, la Chiesa ci ricorda essere Lui l’unico a orientare le nostre speranze, l’unico a unire i nostri cuori, l’unico a salvare i nostri destini.