Émilie Tavernier Gamelin

Émilie Tavernier Gamelin

(1800-1851)

Beatificazione:

- 07 ottobre 2001

- Papa  Giovanni Paolo II

Ricorrenza:

- 23 settembre

Religiosa, che, perduti il marito e i figli, si dedicò all’assistenza dei bisognosi e fondò la Congregazione delle Suore della Provvidenza al servizio degli orfani, degli anziani e dei malati di mente

  • Biografia
  • omelia di beatificazione
"Aveva un cuore aperto a ogni sofferenza, servendo soprattutto i poveri e i piccoli, che desiderava trattare come re" (Giovanni Paolo II)

 

Émilie Tavernier nacque a Montreal il 19 febbraio 1800 da genitori modesti ma virtuosi e lavoratori. Ella è l'ultima di una schiera di 15 figli nati dall'unione Tavernier-Maurice. I genitori partirono ben presto per il cielo lasciando però ai loro figli una educazione cristiana segnata dalla presenza della Provvidenza nella loro vita.

All'età di 4 anni, Émilie fu affidata alle cure di una zia paterna che riconobbe subito nella sua pupilla una sensibile e amorevole tendenza verso i poveri e i derelitti.

Così verso suo fratello rimasto vedovo, sente il dovere di andare ad aiutarlo — ella ha già 18 anni — e non chiede remunerazione, mette solo la condizione di poter avere sempre, una tavola preparata per i mendicanti che si presentassero, — tavola che essa con amore chiamò: «la Tavola del Re».

Nel 1823, Émilie sposa Jean-Baptiste Gamelin, di professione «coltivatore di mele». In lui ella aveva trovato un amico dei poveri, in pieno accordo con le sue aspirazioni. Émilie e suo marito ebbero tre figlioli ma la sua gioia fu offuscata dalla loro morte e da quella di suo marito con il quale viveva felice e fedele al loro impegno matrimoniale.

Anche se afflitta per le varie prove subite, essa non si ripiega su se stessa e la sua sofferenza, ma cerca e trova nella Vergine Addolorata, il modello sul quale orientare tutta la sua vita.

La sua preghiera e la contemplazione della Vergine Maria ai piedi della croce apre per lei la via alla pratica di una carità piena di compassione per tutti coloro che si trovano in preda alle sofferenze di ogni genere. Saranno queste persone ora a prendere il posto dei suoi figli e di suo marito.

Un povero handicappato mentale e la sua madre aprono la lista di coloro che saranno i suoi beneficiari non solo delle risorse lasciatele da suo marito ma anche del suo tempo, della sua dedizione, del suo benessere, del suo tempo libero e della sua stessa salute. La sua casa diventa la loro casa e cercherà di aumentare i locali per accogliere gli indigenti, le persone anziane, gli orfani, i prigionieri, gli immigrati, i senza lavoro, i sordomuti, i giovani o le coppie in difficoltà, gli handicappati fisici e intellettuali, tutti conoscono bene la sua dimora che spontaneamente chiamano: «Casa della Provvidenza», perché essa stessa Émilie è una «vera provvidenza».

A casa, come nelle prigioni, presso gli ammalati e anche dai sani, Émilie è accolta col sorriso perché porta conforto e assistenza. Essa è veramente il Vangelo in azione: «Ciò che voi farete al più piccolo del miei fratelli l'avrete fatto a me».

Parenti ed amici si stringono attorno a lei per assecondarla ed aiutarla; altri invece, vedendola aprire altre case, interpretano male la sua opera fino a dire: «La Signora Gamelin non ne aveva abbastanza di matti che se ne aggiungono altri!».

Durante un periodo di 15 anni, essa moltiplicherà i suoi atti di eroismo e di dedizione, sotto lo sguardo benevolo, riconoscente e compiaciuto del Vescovo Jean-Jacques Lartigue prima, e poi del secondo Vescovo di Montreal, Monsignore Ignace Bourget. Una esistenza così preziosa per le sue pecorelle non doveva sparire ma bensì assicurare la sua continuità.

In occasione di un viaggio a Parigi, Monsignore Bourget nel 1841 sollecita dei rinforzi tra le suore di San Vincenzo de' Paoli per l'opera della signora Émilie Gamelin e per mettere le basi di una nuova comunità religiosa. Alla risposta affermativa, Montreal vede sorgere un nuovo edificio per accoglierle. Ma all'ultimo momento le religiose attese non vengono e la Provvidenza prepara altri piani.

L'opera della Signora Émilie Gamelin continuerà a dispetto di tutto!

Il Vescovo Monsignore Bourget si rivolgerà alla propria diocesi e le giovani ragazze canadesi verranno inviate alla Signora Gamelin. Ella le formerà all'opera della carità compassionevole che lei vive con amore, devozione e sacrificio, e alla missione di Provvidenza, che essa proclama coi fatti, più eloquenti delle parole.

Nella Casa della Provvidenza, le suore della Provvidenza incominciano la loro opera nella Chiesa di Montreal, e Émilie Tavernier-Gamelin si unirà al gruppo delle prime religiose, prima come novizia, poi come Madre e Fondatrice. La prima professione religiosa ebbe luogo il 29 marzo 1844.

I bisogni dei poveri, degli ammalati, degli emigranti, ecc. non cessano di aumentare in una città e in una società in via di sviluppo.

La comunità nascente conoscerà delle ore oscure quando i morti in tempo di epidemie vedranno diminuire gli effettivi e quando il Vescovo Bourget metterà in dubbio, sotto l'influenza di una religiosa ombrosa e sospettosa, la buona volontà della superiora. Ma la Fondatrice resterà salda ai piedi della croce sull'esempio della Vergine Addolorata, suo modello sin dalle ore penose della sua vedovanza. Il Vescovo stesso riconoscerà la sua grandezza d'animo e la sua generosità spinte sino all'eroismo.

La nuova comunità si svilupperà per rispondere ai bisogni del momento. Le Suore della Provvidenza vedranno il loro numero crescere e moltiplicarsi sino a 50, e quando la Fondatrice stessa soccomberà, vittima della epidemia del colera del 1851, 8 anni soltanto dopo l'inizio della comunità della Provvidenza, le sue figlie raccoglieranno dalle sue labbra morenti, l'ultimo testamento della loro Madre: umiltà, semplicità, carità, soprattutto carità.

Dopo un tale modesto inizio, ben 6147 giovani ragazze si sono impegnate alla sequela di Émilie Tavernier-Gamelin. Oggi queste suore si trovano in Canadà, negli Stati Uniti, nel Cile, in Argentina, ad Haïti, nel Cameroun, in Egitto, nelle Filippine e a El Salvador.

Il Santo Padre Giovanni Paolo II promulgò il decreto sulle virtù eroiche il 23 dicembre 1993. Dopo il riconoscimento ufficiale di un miracolo attribuito alla sua intercessione, avvenuto il 18 dicembre 2000, il Sommo Pontefice la proclama beata il 7 ottobre 2001, proponendola al popolo di Dio come modello di santità per una vita spesa al servizio dei fratelli e sorelle più poveri della società, e fissa la sua festa liturgica al 23 settembre, giorno anniversario della sua morte, avvenuta il 23 settembre 1851.

 CAPPELLA PAPALE PER LA BEATIFICAZIONE DI 7 SERVI DI DIO

OMELIA DEL SANTO PADRE

Domenica, 7 ottobre 2001

 

1. "Il giusto vivrà per la sua fede" (Ab 2, 4): con queste parole piene di fiducia e di speranza il profeta Abacuc si rivolge al popolo d'Israele in un momento particolarmente travagliato della sua storia. Rilette dall'apostolo Paolo alla luce del mistero di Cristo, queste stesse parole sono utilizzate per esprimere un principio universale: è con la fede che l'uomo si apre alla salvezza che gli viene da Dio.

Oggi abbiamo la gioia di contemplare questo grande mistero di salvezza attualizzato nei nuovi Beati. Sono essi i giusti che per la loro fede vivono accanto a Dio in eterno: Ignazio Maloyan, Vescovo e martire; Nikolaus Gross, padre di famiglia e martire; Alfonso Maria Fusco, presbitero; Tommaso Maria Fusco, presbitero; Émilie Tavernier Gamelin, religiosa; Eugenia Picco, vergine; Maria Euthymia Üffing, vergine.

Questi nostri illustri fratelli, ora elevati alla gloria degli altari, hanno saputo tradurre la loro indomita fede in Cristo in una straordinaria esperienza di amore verso Dio e di servizio verso il prossimo.

 

2. Monsignor Ignace Maloyan, morto martire all'età di 46 anni, ci ricorda la battaglia spirituale di ogni cristiano, la cui fede è esposta agli attacchi del male. È nell'Eucaristia che attingeva, giorno dopo giorno, la forza necessaria per compiere con generosità e passione il suo ministero di sacerdote, dedicando alla predicazione, alla pastorale dei sacramenti e al servizio dei più poveri.

Nel corso della sua esistenza visse pienamente le parole di san Paolo:  "Dio infatti non ci ha dato uno spirito di timidezza, ma di forza, di amore e di saggezza" (2 Tm 7). Di fronte ai pericoli della persecuzione, il Beato Ignace non accettò alcun compromesso, dichiarando a quanti facevano pressione su di lui:  "A Dio non piace che io rinneghi Gesù mio Salvatore. Versare il mio sangue a favore della mia fede è il più vivo desiderio del mio cuore!". Che il suo esempio illumini oggi tutti coloro che vogliono essere testimoni del Vangelo, per la gloria di Dio e per la salvezza dei fratelli!

3. Nella sua vita di madre di famiglia e di religiosa fondatrice delle Suore della Provvidenza, Émilie Tavernier Gamelin è stata il modello di un coraggioso abbandono alla Provvidenza. La sua attenzione per le persone e le situazioni la portò a inventare forme nuove di carità. Aveva un cuore aperto a ogni sofferenza, servendo soprattutto i poveri e i piccoli, che desiderava trattare come re.

Ritenendo di aver ricevuto tutto dal Signore, donava senza limiti. Tale era il segreto della sua gioia profonda, persino nelle avversità. In uno spirito di totale fiducia in Dio e con un senso acuto dell'obbedienza, come il "servo" del Vangelo, compì il suo dovere come un comandamento divino, volendo fare in tutto la volontà del Signore. Che la nuova Beata sia un modello di contemplazione e di azione per le Suore del suo Istituto e per le persone che lavorano con loro!

4. Entrambi i nuovi beati tedeschi ci riportano a un momento buio del XX secolo. Rivolgiamo lo sguardo al beato Nikolaus Gross, giornalista e padre di famiglia. Con acume comprese che l'ideologia nazionalsocialista non poteva accordarsi con la fede cristiana. Coraggiosamente prese la penna per difendere la dignità delle persone. Nikolaus Gross amò molto amato sua moglie e i suoi figli. Tuttavia, nemmeno per un momento il vincolo che lo univa alla famiglia fece sì che abbandonasse Cristo e la sua Chiesa. Egli sapeva bene che "Se oggi non impegniamo la nostra vita, come pretenderemo poi di stare al cospetto di Dio e del nostro popolo?".

Per questa sua convinzione fu condotto al patibolo, ma gli si spalancarono le porte del cielo. Nel beato martire Nikolaus Gross si realizza ciò che aveva predetto il profeta:  "Il giusto vivrà per la sua fede" (Ab, 2, 4).

5. Suor Euthymia ha recato una testimonianza di tutt'altro tipo. La suora clementina si è dedicata alla cura dei malati, in particolare dei prigionieri di guerra e degli immigrati. Fu detta anche "mamma Euthymia". Dopo la guerra dovette occuparsi di una lavanderia invece che della cura dei malati. Avrebbe certo preferito servire le persone piuttosto che le macchine. Ciononostante rimase una suora piena di empatia che aveva per tutti un sorriso amichevole e una buona parola. Esprimeva così il suo desiderio:  "Il Signore deve usarmi come un raggio di sole che illumina tutti i giorni". Visse secondo il motto:  qualunque cosa facciamo, siamo sempre solo "servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare" (Lc 17, 10). La sua grandezza sta nella fede nelle piccole cose.

6. "Se aveste fede quanto un granellino di senapa...", esclama Gesù conversando con i discepoli (Lc 17,6).

Fu una fede genuina e tenace a guidare la vita e l'opera del beato don Alfonso Maria Fusco, fondatore delle Suore di San Giovanni Battista. Da quando era ragazzo, il Signore gli aveva posto nel cuore il desiderio appassionato di dedicare la vita al servizio dei più poveri, specialmente dei bambini e dei giovani, che incontrava numerosi nella sua città natale di Angri, in Campania. Per questo intraprese il cammino del Sacerdozio e divenne, in un certo senso, "il Don Bosco del Sud".

Fin dall'inizio volle coinvolgere nella sua opera alcune giovani che ne condividevano l'ideale, proponendo loro come motto le parole di san Giovanni Battista: "Parate viam Domini", "Preparate la via del Signore" (Lc 3,4). Confidando nella divina Provvidenza, il beato Alfonso Maria e le Suore Battistine hanno realizzato un'opera ben superiore alle loro stesse aspettative. Da una semplice casa di accoglienza è sorto un Istituto che oggi è presente in sedici Paesi e quattro continenti, accanto ai "piccoli" e agli "ultimi".

7. La singolare vitalità della fede, attestata dal Vangelo odierno, emerge anche nella vita e nell'attività di don Tommaso Maria Fusco, fondatore dell'Istituto delle Figlie della Carità del Preziosissimo Sangue. In virtù della fede egli seppe vivere, nel mondo, la realtà del Regno di Dio in modo del tutto speciale. Tra le sue giaculatorie, una ve n'era a lui particolarmente cara: "Credo in te, mio Dio; aumenta la mia fede". E' proprio questa la domanda che gli Apostoli rivolgono a Gesù nel Vangelo di oggi (cfr Lc 17,6). Il beato Tommaso Maria aveva infatti capito che la fede è prima di tutto un dono, una grazia. Nessuno può conquistarla o guadagnarla da solo. Si può soltanto chiederla, implorarla dall'Alto. Perciò, illuminati dal prezioso insegnamento del nuovo Beato, non stanchiamoci mai di invocare il dono della fede, perché "il giusto vivrà per la sua fede" (Ab 1,4).

8. La sintesi vitale tra contemplazione e azione, assimilata a partire dalla quotidiana partecipazione all'Eucaristia, fu il fondamento dell'esperienza spirituale e dello slancio di carità di Eugenia Picco.

Nella sua vita si sforzò sempre di porsi in ascolto della voce del Signore, secondo l'invito dell'odierna liturgia domenicale (cfr Rit. al Sal. Resp.), mai sottraendosi ai servizi che l'amore verso il prossimo le richiedeva. A Parma ella si fece carico delle povertà della gente, rispondendo ai bisogni dei giovani e delle famiglie indigenti ed assistendo le vittime della guerra che in quel periodo insanguinava l'Europa. Anche di fronte alla sofferenza, con gli inevitabili momenti di difficoltà e di smarrimento che questa comporta, la beata Eugenia Picco seppe trasformare l'esperienza del dolore in occasione di purificazione e di crescita interiore. Dalla nuova Beata impariamo l'arte di ascoltare la voce del Signore, per essere testimoni credibili del Vangelo della carità in questo primo scorcio di millennio.

9. "Mirabilis Deus in sanctis suis!". Con le Comunità nelle quali i nuovi Beati hanno vissuto e per le quali hanno speso le loro migliori energie umane e spirituali, vogliamo ringraziare Dio, "mirabile nei suoi santi". Al tempo stesso, Gli chiediamo, per loro intercessione, di aiutarci a rispondere con rinnovato ardore all'universale vocazione alla santità.

Amen!