Francesco Zirano

Francesco Zirano

(1564-1603)

Beatificazione:

- 12 ottobre 2014

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 25 gennaio

Religioso, sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, missionario e martire: ucciso in odium fidei ad appena 39 anni nella città di Algeri il 25 gennaio 1603, scorticato vivo tra urla e insulti; è il primo martire sardo dell’epoca moderna a essere elevato dalla Chiesa alla gloria degli altari

  • Biografia
  • il martirio
  • ANGELUS
“Sono cristiano e religioso del mio padre san Francesco, e come tale voglio morire; e supplico Dio che vi illumini così che abbiate a conoscerlo”

 

Francesco Zirano nacque a Sassari nel 1564 da modesta famiglia di agricoltori.

A 16 anni emise la professione religiosa tra i Frati Minori Conventuali della sua città. Divenuto sacerdote nel 1586, si distinse per la carità fraterna.

Nel 1590 il cugino Francesco Serra, pure francescano e diacono, fu fatto schiavo dai corsari di Algeri. Risultati vani due tentativi di liberarlo – una prima volta da parte dei genitori scambiando la sua libertà con quella di un moro schiavo a Sassari, una seconda volta da parte dei Padri Mercedari – padre Zirano inizialmente chiese e ottenne dal Pontefice Clemente VIII di poter questuare tra i fedeli i soldi necessari al riscatto, poi di recarsi personalmente a redimerlo al pari di altri cristiani.

Nella facoltà di questua concessa dal papa il 19 marzo 1599, è palesato anche l’intento prettamente missionario del Beato: oltre al voler restituire la libertà al cugino sottraendolo a tutti quei maltrattamenti che “i barbari infedeli” sono soliti infliggere “a persone religiose”, come si espresse il primo biografo nel 1605, egli “ricerca ansiosamente la sua libertà perché non corra alcun pericolo per la fede”. Finita positivamente la faticosa questua per il riscatto, padre Zirano giunse in Africa il 28 luglio 1602.

Purtroppo si trovò in una situazione imprevista, sfavorevole ai riscatti: la nave spagnola l’aveva portato infatti a un porto del regno di Cuco, il cui re, Sid Amar, s’era accordato da poco col sovrano di Spagna Filippo III, per conquistare la città di Algeri, interessato l’uno a scuotere il pesante tributo dovuto ai turchi e l’altro a stroncare definitivamente la morsa dei corsari algerini nei mari e terre cristiane. Il tentativo di riscattare il cugino, messo in atto un mese dopo, recandosi ad Algeri, fallì per l’indisponibilità del governo della città alle normali operazioni di ‘redenzione’. Il Beato comunque, il 27 agosto, dai dintorni di Algeri portò liberi quattro schiavi cristiani al regno di Cuco.

Dal settembre a fine dicembre 1602, a causa della guerra effettivamente scoppiata, egli poté liberamente operare tra i cristiani e i rinnegati del regno di Cuco, data la situazione di pace decretata da Sid Amar per i cristiani. Coinvolto suo malgrado nella suddetta guerra, gli fu affidata la missione di annunciare al re di Spagna la notizia della vittoria riportata dal re Sid Amar. Il 1° gennaio 1603, mentre stava per imbarcarsi, il Beato fu tradito dai mori che l’accompagnavano e consegnato all’esercito di Algeri.

Fu incarcerato nel palazzo del pascià Solimàn, cristiano rinnegato nativo di Catania, che fissò per la sua liberazione una cifra favolosa (3000 ducati d’oro, eguale al prezzo di 17 schiavi). Ma i giannizzeri, veri protagonisti del Gran Consiglio della reggenza di Algeri, considerandolo una spia e perché aveva sottratto alla città quattro schiavi, ne fecero decretare la morte la mattina del 25 gennaio 1603.

Durante le tre settimane passate in carcere, al primo annuncio fattogli dal cugino fra Francesco Serra della possibile sentenza di morte, il Beato aveva esclamato: “Piaccia a Dio che ciò avvenga per essere io cristiano. Al successivo annuncio del 24 gennaio che la morte sarebbe avvenuta l’indomani, egli così pregò: “Piaccia a Dio che con la mia morte i rinnegati riconoscano quanto male hanno fatto rinnegandolo”. All’intimazione della sentenza, che comportava l’essere scorticato vivo e la pelle venire ricucita e riempita di paglia per essere apposta alla porta più frequentata della città, egli, sereno, proruppe nelle parole liturgiche: “Rendiamo grazie al nostro Dio, perché ha scelto me suo servo indegno”.

Fu allora che i messi del Gran Consiglio gli prospettarono la possibilità di avere salva la vita se si fosse convertito all’Islam. Al suo reciso rifiuto fu condotto al supplizio facendogli percorrere la via principale della città, assiepata di folla, che lo maltrattò con spintoni, schiaffi e sputi. Mentre lui procedeva pregando, una seconda esortazione a rinnegare la fede cristiana fu da lui respinta, dichiarando che la fede cristiana è ‘vera via di salvezza’ e che in essa era nato e voleva morire. Giunto sul luogo del supplizio e legato in forma di croce per l’esecuzione, rifiutò l’ultima proposta fattagli da carnefici di farsi mussulmano per evitare la morte dicendo: “Sono cristiano e religioso del mio padre San Francesco e come tale voglio morire; e supplico Dio che vi illumini perché l’abbiate a conoscere”.

Continuando a pregare e invocando i nomi di Gesù, di Maria e di san Paolo di cui la chiesa celebrava quel giorno la conversione, nel momento in cui gli strappavano l’ultimo brandello di pelle morì abbozzando le parole di Gesù in croce: “Nelle tue mani, Padre...”.

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 12 ottobre 2014

 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno

nel Vangelo di questa domenica, Gesù ci parla della risposta che viene data all’invito di Dio - rappresentato da un re - a partecipare ad un banchetto di nozze (cfr Mt 22,1-14). L’invito ha tre caratteristiche: la gratuità, la larghezza, l’universalità. Gli invitati sono tanti, ma avviene qualcosa di sorprendente: nessuno dei prescelti accetta di prendere parte alla festa, dicono che hanno altro da fare; anzi alcuni mostrano indifferenza, estraneità, perfino fastidio. Dio è buono verso di noi, ci offre gratuitamente la sua amicizia, ci offre gratuitamente la sua gioia, la salvezza, ma tante volte non accogliamo i suoi doni, mettiamo al primo posto le nostre preoccupazioni materiali, i nostri interessi e anche quando il Signore ci chiama, tante volte sembra che ci dia fastidio.

Alcuni invitati addirittura maltrattano e uccidono i servi che recapitano l’invito. Ma, nonostante le mancate adesioni dei chiamati, il progetto di Dio non si interrompe. Di fronte al rifiuto dei primi invitati Egli non si scoraggia, non sospende la festa, ma ripropone l’invito allargandolo oltre ogni ragionevole limite e manda i suoi servi nelle piazze e ai crocicchi delle strade a radunare tutti quelli che trovano. Si tratta di gente qualunque, poveri, abbandonati e diseredati, addirittura buoni e cattivi – anche i cattivi sono invitati – senza distinzione. E la sala si riempie di “esclusi”. Il Vangelo, respinto da qualcuno, trova un’accoglienza inaspettata in tanti altri cuori.

La bontà di Dio non ha confini e non discrimina nessuno: per questo il banchetto dei doni del Signore è universale, per tutti. A tutti è data la possibilità di rispondere al suo invito, alla sua chiamata; nessuno ha il diritto di sentirsi privilegiato o di rivendicare un’esclusiva. Tutto questo ci induce a vincere l’abitudine di collocarci comodamente al centro, come facevano i capi dei sacerdoti e i farisei. Questo non si deve fare; noi dobbiamo aprirci alle periferie, riconoscendo che anche chi sta ai margini, addirittura colui che è rigettato e disprezzato dalla società è oggetto della generosità di Dio. Tutti siamo chiamati a non ridurre il Regno di Dio nei confini della “chiesetta” – la nostra “chiesetta piccoletta” – ma a dilatare la Chiesa alle dimensioni del Regno di Dio. Soltanto, c’è una condizione: indossare l’abito nuziale cioè testimoniare la carità verso Dio e verso il prossimo.

Affidiamo all’intercessione di Maria Santissima i drammi e le speranze di tanti nostri fratelli e sorelle, esclusi, deboli, rigettati, disprezzati, anche quelli che sono perseguitati a motivo della fede, e invochiamo la sua protezione anche sui lavori del Sinodo dei Vescovi riunito in questi giorni in Vaticano.

Angelus……

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

questa mattina, a Sassari, è stato proclamato Beato padre Francesco Zirano, dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali: egli preferì essere ucciso piuttosto che rinnegare la fede. Rendiamo grazie a Dio per questo sacerdote e martire, eroico testimone del Vangelo. La sua coraggiosa fedeltà a Cristo è un atto di grande eloquenza, specialmente nell’attuale contesto di spietate persecuzioni contro i cristiani.

In questo momento, il nostro pensiero va alla città di Genova un’altra volta duramente colpita dall’alluvione. Assicuro la mia preghiera per la vittima e per quanti hanno subito gravi danni. La Madonna della Guardia sostenga la cara popolazione genovese nell’impegno solidale per superare la dura prova. Preghiamo tutti insieme la Madonna della Guardia: Ave Maria… La Madonna della Guardia protegga Genova!

Saluto tutti i pellegrini, soprattutto le famiglie e i gruppi parrocchiali. In particolare vorrei salutare cordialmente il gruppo dei pellegrini canadesi arrivati a Roma per la Santa Messa di ringraziamento della canonizzazione di François de Laval e Marie de l’Incarnation: che i due santi suscitino nel cuore dei giovani canadesi fervore apostolico.

Saluto il gruppo dell’«Office Chrétien des personnes handicapées» venuto dalla Francia, le famiglie del Collegio Reinado Corazón de Jesus, di Madrid, e i fedeli di Segovia, i polacchi qui presenti e quelli che hanno promosso speciali opere di carità in occasione della “Giornata del Papa”. Saluto il folto gruppo dell’Associazione Amici di San Colombano per l’Europa, venuti in occasione dell’apertura del XIV centenario della morte di San Colombano, grande evangelizzatore del Continente europeo. Saluto le Figlie di Maria Ausiliatrice partecipanti al capitolo generale, i fedeli della parrocchia Santa Maria Immacolata di Carenno, e i rappresentanti della diocesi di Lodi convenuti a Roma per l’Ordinazione episcopale del loro Pastore, unitamente ai fedeli di Bergamo e Marne.

A tutti auguro una buona domenica. Per favore vi chiedo di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!