Giovanna di Valois

Giovanna di Valois

(1464-1505)

Beatificazione:

- 21 aprile 1742

- Papa  Benedetto XIV

Canonizzazione:

- 28 maggio 1950

- Papa  Pio XII

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 4 febbraio

Regina di Francia e poi religiosa: essendo stato dichiarato nullo il vincolo di matrimonio con il re Luigi XII, si rifugiò in Dio, venerò con particolare devozione la Croce e fondò l’Ordine della Santissima Annunciazione della beata Vergine Maria

  • Biografia
  • Omelia
"Ho considerato che ero rimasta con mio marito per 22 anni, durante i quali non avevo potuto fare gran che di bene, ora però potrò prendermi la rivincita"

 

Figlia del re di Francia Luigi XI e di Carlotta di Savoia, nacque il 23 aprile 1464 a Nogent-le-Roy, con gran delusione del padre che desiderava un maschio; il 19 maggio dello stesso anno, a ventisei giorni di età, fu dal padre fidanzata a suo cugino Luigi di Orléans, di due anni.

Deforme e claudicante, a cinque anni è relegata a Linières (Berry) dove il suo maggior piacere è di conversare con la "benedetta Vergine". A sei anni, invitata dal re a scegliersi un confessore, si mette a pregare e ode una voce: "Per le piaghe di mio Figlio tu avrai la madre". Scelse il francescano Giovanni de la Fontaine. A sette anni si sente investita di una missione mariana: "Prima di morire fonderai una Religione in mio onore. E così facendo mi darai gran piacere e mi renderai un servizio".

Malgrado le resistenze di Maria di Clèves, madre del duca d'Orléans, Luigi XI impone il matrimonio (il contratto è firmato da lui il 21 agosto 1476 e da Maria di Clèves il 28), celebrato a Montrichard l'8 settembre 1476.
Sebbene fosse tenuta sempre in disparte dal marito, salvo qualche giorno a Linières e durante i tre anni di prigionia, dopo la "guerra folle" la Bretagna, a Lusignan e soprattutto a Bourges, Giovanna fece tuttavia la sua entrata solenne ad Orléans dopo la liberazione del marito nel 1491, ma fu nuovamente abbandonata quando Luigi seguì Carlo VIII in Italia (1494-95). Il 7 aprile 1498 Carlo VIII morí e Luigi d'Orléans divenne re con il nome di Luigi XII.


Ben presto egli desiderò liberarsi del legame che gli pesava da ventidue anni, per poter sposare la vedova di Carlo VIII. Assente dalla consacrazione di Reims (27 maggio 1498), Giovanna vide aprirsi, nell'agosto dello stesso anno, il processo canonico di nullità del suo matrimonio. Il 10 agosto 1498 ella risponde alla citazione ricevuta e pronuncia nella chiesa di Saint-Gatien di Tours la sua solenne protesta. Vi è tra la sua testimonianza e quella del re una contraddizione: secondo quanto ella dichiara il matrimomo è stato consumato, mentre suo marito afferma il contrario. Giovanna allora gli chiede il juramentum veritatis e Luigi XII non esita a prestarlo: Giovanna si inchina e il 17 dicembre di quell'anno l'annullamento è pronunciato.

Giovanna confiderà piú tardi al suo confessore: "In guel momento nostro Signore mi fece la grazia che quando udii la notizia, mi mise nel cuore il convincimento che Dio aveva permesso ciò affinché io potessi fare del bene, come avevo tanto desiderato. Ho considerato che ero rimasta con il re mio marito per ventidue anni, durante i quali non avevo potuto fare gran che di bene, né alcuna di quelle cose che avevo desiderio di fare; ora però potrò prendermi la rivincita e varrà h pena di vivere virtuosamente visto che sono sotttatta alla soggezione di un uomo".

Divenuta, il 26 dicembre 1498, duchessa di Berry, il 15 marzo dell'anno successivo Giovanna fa il suo solenne ingresso a Bourges dove inizia una vita di mortificazioni corporali e di generosità senza limiti, amministrando il suo ducato con saggezza e facendo regnare la giustizia. La peste scoppiata nel 1499 e 1500 le permise di dare la misura della sua carità.

Si diede premura per il salario degli operai e rafforzò la dote del collegio S. Maria. Non tardò, però, a compiere la missione di cui si sapeva investita; assicuratasi della collaborazione del p. Gilberto Nicolas (il cui nome nel 1517 sarà mutato da Leone X in quello di Gabriele Maria e che diverrà appunto il b. Gabriele Maria), ella intraprese la fondazione di un Ordine mariano. Si può dedurre che Giovanna la volle realizzare senza ritardo dal fatto che, pur essendole occorso certamente del tempo per informare della sua decisione il buon sacerdote, per sopportare il suo rifiuto, per caderne malata, per convincere il religioso finalmente commosso, per elaborare un programma pratico, tuttavia il 21 maggio 1500 troviamo già il p. Gabriele a Tours in cerca di novizie. Ne raccolse infatti undici, dai nove ai quattordici anni, primizie dell'Annunziata, che la buona duchessa adottò, visitandole ogni sera e associandole alle sue devozioni.

Desiderosa di elaborare una Regola, Giovanna udí di nuovo la sua voce interiore: "Fa scrivere tutto ciò che nel Vangelo è scritto che io ho fatto in questo mondo, fanne una regola trovando il modo di farla approvare dalla Sede apostolica. E sappi che, per tutti coloro che la vorranno osservare, ciò significherà essere nella grazia di Gesú mio figlio e mia e sarà la via sicura per adempire ai desideri di mio figlio e miei". Docile a questa ispirazione il p. Gabriele prende dal Vangelo i dieci capitoli che parlano della Vergine e articola su di essi la Regola che è approvata dalia duchessa e che il p. Morin porta a Roma per l'approvazione. Alessandro VI avrebbe approvato la nuova Regola, ma i cardinali, adducendo il decreto del IV concilio del Laterano che proibiva la fondazione di nuovi Ordini, vi si opposero: era un rifiuto.

Rientrando in Francia il p. Morin ne perde il testo e di ciò Giovanna rimane "profondamente turbata", ma il p. Gabriele si rimette all'opera e porta lui stesso a Roma il nuovo testo della Regola dell'Ordine delle "Dieci Virtú o Piaceri della Vergine Maria". Da principio a Roma si ha la stessa reazione, ma poi, in seguito ad un sogno significativo, il principale oppositore rinuncia alle sue obiezioni e nel febbraio 1501 la Regola è approvata.

Nell'agosto 1502 Giovanna decide di costruire un convento: si presentano nuove vocazioni, alcuni miracoli facilitano la costruzione ed il 20 ottobre 1502 cinque giovinette prendono l'abito dalle mani stesse della buona duchessa assistita dal p. Gabriele e dal p. Girardo. Poco a poco la comunità giunge a comprendere ventuno religiose e Caterina Gauvinelle di Amboise, diviene la prima "madre an cella". Quanto a Giovanna, pur emettendo la professione il 26 maggio 1504, a titolo privato, resta nel mondo fedele al suo sovrano. Il 3 dicembre 1503, con lettere patenti firmate a Lione, Luigi XII aveva approvato la fondazione della "sua carissima e amatissima cugina Giovanna di Francia, duchessa di Berry" prendendo il convento sotto la sua "protezione e salvaguardia speciale". Il 9 novembre 1504 cinque religiose emettono la professione. L'intenzione della fondatrice di affidare le sue opere ai Frati Minori dell'Osservanza: il 21 novembre successivo le religiose entrano in clausura.

Il 22 gennaio 1505, colpita da un grave malessere, Giovanna fa murare la porta di comunicazione col convento; dal 2 febbraio non può piú comunicarsi e muore la sera del 4.

 

(fonte: santiebeati.it)

IN SOLEMNI CANONIZATIONE

BEATAE IOANNE VALESIAE, GALLIAE REGINAE,
IN VATICANA BASILICA VATICANA HABITA

HOMILIA SANCTISSIMI DOMINI NOSTRI PIO PP. XII*

Die XXVIII mensis Maii, Anno Domini MCML

 

[. . . ] Tum Beatissimus Pater, in Cathedra sedens, sic definivit :

Ad honorem Sanctae et Individuae Trinitatis, ad exaltationem Fidei Catholicae et Christianae Religionis augmentura, auctoritate Domini Nostri Iesu Christi, Beatorum Apostolorum Petri et Pauli ac Nostra, matura deliberatione praehabita et divina ope saepius implorata, ac de Venerabilium Fratrum Nostrorum Sanctae Romanae Ecclesiae Cardinalium, Patriarcharum, Archiepiscoporum et Episcoporuim in Urbe exsistentium consilio; Beatam Ioannam, Galliae Reginam, Sanctam esse decernimus et definimus ac Sanctorum Catalogo adscribimus, statuentes ab Ecclesia Universali illius memoriam quolibet anno die eius natali, quarta nempe Februarii, inter Sanctas nec Virgines nec Martyres, pia devotione recoli debere. In nomine Patris et et Spiritus Sancti. Amen.

Venerabiles Fratres, dilecti Fili,

Discite a me, quia mitis sum et humilis corde : et invenietis requiem animabus vestris » (Matth. 11, 14). Haec Divini Redemptoris sententia menti Nostrae succurrit, dum vitae cursum recogitamus S. Ioannae, Galliae Reginae, cui summos decrevimus tribuendos sanctitudinis honores. Mitissima siquidem atque humillirna ea fuit; sed christiana illa animi demissione, quae non mentis hebetatio est, non debilitas voluntatis, sed veri nominis virtus. Virtutem dicimus, quae ob illatas iniurias, etsi atrocissimas, perturbatos animi motus comprimere, temperare ac dirigere valet ; virtutem, quae mortalibus dominium sui praebet; quae tranquillitatem, serenitatem ac pacem donat; quae in tristibus laetisve rebus oculos ad Caelum convertere iubet, ubi unusquisque post terrestre hoc exsilium praemium tam excelsum assequi poterit, ut humanae omnes amplitudines ac dignitates res caducae prorsus, inanes ac vacuae videatur.

Regio genere orta, inde a puerilibus annis non Aulae fastos, non saeculi pompas, non effusas suae aetatis laetitias in deliciis habebat, sed potius umbratili vacare vitae, pietatem colere erga Deum et Deiparam Virginem, ac benignissimam, quotiescumque poterat, in egenos praebere largitatem.

Adhuc puella in matrimonium tradita, parentibus demisso animo obtemperavit; attamen in coniugio, in quo duos ac viginti annos vixit, non placidam illam iucunditatem assecuta est, non materni muneris gaudia, quibus plerumque huius in vitae adiunctis frui licet, sed poenas, sed spinas acutissimas, ac postremo sui viri neglectionem amplissimaeque frustrationem dignitatis suae.

Ioanna hisce in acerrimis aerumnis adversisque rebus excelsa fortitudine, una cum humilitate ceterisque animi ornamentis coniuncta, mirabili quodam modo praedita apparuit; serenam reclinavit frontem; atque hominibus nobilitate illa eximia pepercit, quam christiana virtus adauget, atque internus externusque exornat divinae gratiae nitor. Itaque dilabenti a suis oculis terrestri regno pacate libenterque vale dixit, ut facilius atque impensius ad Dei Regnum assequendum ac dilatandum allaborare posset. Religionis ac caritatis operibus se dedidit totam, suasione praesertim atque exemplo permota Sancti Francisci a Paula; atque ita evenit ut quae dilectissimo populo suo regia dignitate praeire non posset, praeclarissimae virtutis splendore antecelleret ac praeluceret.

Quod autem iam diu sua mente versabat consilium, sacrarum nempe virginum Ordinem constituendi, quae longe a terrenarum rerum tumultu serenam in claustris vitam agerent, quae precibus caelestibusque contemplationibus vacarent, atque sponte ultroque susceptis corporis castigationibus ac cruciatibus suas proximorumque labes expiarent, id tandem aliquando, cum iam proxima esset ab extremo terrestris sui exsilii exitu, suavissima cum animi voluptate ad effectum deducere potuit. Quod quidem ab se conditum Ordinem Deiparae Virgini dicatum voluit, quam tantopere inde a tenella aetate adamabat ac venerabatur.

Ac praeterea, ut intimam suam, qua Deo donante fruebatur, animi serenitatem cum ceteris pro facultate participaret, virorum ac mulierum consociationem condidit; quam idcirco a pace nuncupatam voluit, ut omnes, qui institutum huiusmodi amplecterentur, in id potissimum totis viribus contenderent, ut illa, quae e Caelo oritur, veri nominis pax in hominum animis, in sermonibus, in ipsaque agitatione vitae, summa cum privata ac publica utilitate reapse et efficaciter vigeret. Quod quidem institutum nemo est qui non videat quam opportunum illis temporibus fuerit, quibus nimio saepius acerrima odia populos perturbabant, domesticos convictus in contrarias distrahebant partes, ac vel ipsa humanae societatis fundamenta discordiis, contentionibus, ac non raro bellicis etiam conflictationibus subruere minabantur.

At si tempestate illa peropportunum erat, non minus profecto hac nostra aetate perutile est; quandoquidem haud leviora, ut omnes vident, incumbunt discrimina, haud minores dissensiones simultatesque animos disiungunt, atque operosam civium vitam tumultuarie saepenumero commovent non sine magno cum communis utilitatis detrimento.

Id igitur nobis conciliet suis exemplis suisque monitis haec Sancta novensilis, id nobis a Deo impetret e caelisti solio, ubi sempiternis laetatur gaudiis, ut omnes restinctis odiis se invicem ament; ut mutuis asperrimisque discidiis iustitia et caritate feliciter compositis, fraterna tandem actuosaque conspiratione cuncti populi coniungantur; ut Nationes denique, detrimentosis ac perniciosis sedatis pacatisque discordiis ac peculiaribus cuiusque suis concordatis rationibus, quasi unam efficiant magnamque familiam, quae, animis ac viribus quasi consertis, ad communem omnium procedant assequendam prosperitatem ac pacem.

At hoc potissimum, hoc imprimis impetret rogamus, sine quo cetera omnia nihil possunt, nihil valent; ut nempe mortalium animos divinus refoveat amor, christiana erga omnes impellat caritas, atque evangelica praecepta temperent, moderentur et dirigant.

In eius vitam intueantur omnes, ab eaque intellegant non humanas amplitudines, non divitias, non saeculi voluptates felicitatem hominibus impertire posse, sed virtutem solummodo, qua « nihil est... formosius, nihil pulchrius, nihil amabilius » (Cic. Fam. 9, 14). Ad eam igitur potiundam, divina suffulti gratia, contendamus omnes; atque ita aliquando poterimus sempiternam illam attingere beatitatem, quae nescit occasum. Amen.