Guglielmo Repin

(1709-1794)

Beatificazione:

- 19 febbraio 1984

- Papa  Giovanni Paolo II

Ricorrenza:

- 2 gennaio

Sacerdote, e 98 compagni, martiri di Angers: mentre infuriava la rivoluzione francese, morirono ghigliottinati per la loro fedeltà alla Chiesa

  • Biografia
  • Omelia
  • gli altri martiri
"Se dobbiamo conservare la vita alla condizione che ci viene proposta, vi dichiariamo che preferiamo la morte per non venire meno all’amore che abbiamo giurato al nostro Dio"

 

Il beato Guglielmo Repin, parroco e canonico di 85 anni, è il capolista dei 99 martiri, vittime della Rivoluzione Francese, nella diocesi di Angers; beatificati il 19 febbraio 1984 da papa Giovanni Paolo II.

Guillaume Repin nacque a Thouarcé (Maine-et-Loire) in Francia, il 26 agosto 1709, secondo figlio dei coniugi Renato Repin e Renata Gourdon; a 19 anni entrò nel seminario di Angers, dove fu poi ordinato sacerdote. Nei primi anni dal 1734 al 1749, fu coadiutore della parrocchia di S. Giuliano di Angers e poi parroco di San Sempliciano a Martigné-Briand e nel contempo fu nominato anche canonico; espletò il suo ministero con serenità per oltre 40 anni, amato e rispettato dai suoi parrocchiani e da quanti lo conobbero per i più svariati motivi. La chiesa parrocchiale fu da lui fatta abbellire più volte, con opportuni restauri e ristrutturazioni. 

Nel contempo in Francia era scoppiata la Rivoluzione Francese e il nuovo governo, nel 1791, richiese dagli ecclesiastici, che erano visti come il fumo negli occhi, di prestare giuramento di fedeltà alla Costituzione Civile del Clero, che fra l’altro considerava l’istituzione di un clero asservito al potere statale e quindi scismatico con la Chiesa di Roma; una lotta contro il Dio della Redenzione in nome della dea Ragione, frutto del pensiero rivoluzionario di quel periodo storico.

Alcuni aderirono, per paura o per opportunità, ma una buona parte del clero e dei religiosi non giurarono, venendo identificati come “preti refrattari” e subendo persecuzioni, che ben presto si tramutarono in incriminazioni ed esecuzioni. Anche il parroco Guglielmo Repin, rifiutò il giuramento richiestogli dal sindaco di Martigné-Briand il 10 febbraio 1791, e quindi dovette purtroppo lasciare il quarantennale incarico e andò a rifugiarsi ad Angers, dove comunque fu catturato il 17 giugno 1792 e rinchiuso nel locale seminario, insieme ad un gran numero di altri sacerdoti ‘refrattari’; in questa prigionia, essendo il più anziano, venne scelto per celebrare la Messa e comunicare i suoi confratelli.

Il 14 agosto 1792 la Convenzione Nazionale votò la richiesta di giuramento “liberté - egalité”, per tutti i funzionari pubblici e il 2 settembre 1792 questo giuramento divenne obbligatorio per tutti i cittadini francesi.
Padre Repin rifiutò anche questo secondo giuramento e il 30 novembre 1792, fu trasferito insieme ad altri preti anziani o malati, alla “Rossignolerie”, come veniva chiamata comunemente la scuola dei Fratelli della Dottrina Cristiana e qui rimase fino al 17 giugno 1793, quando fu liberato con tutti gli altri, dagli insorti della Vandea, che avevano occupato Angers.

Si spostò in vari posti, ma non potendo seguire l’esercito vandeano, a causa della tarda età, tornò a nascondersi nei Mauges, dove fu di nuovo catturato il 24 dicembre 1793 e condotto in prigione a Chalonnes. 
Dopo essere stato interrogato dal locale giudice di pace e considerato sospetto, venne deferito al Comitato rivoluzionario di Angers, che a sua volta, dopo averlo di nuovo interrogato e giudicato ‘secondo la legge’, lo consegnò il 1° gennaio 1794 alla Commissione militare, che condannò padre Guglielmo Repin alla ghigliottina; la sentenza fu eseguita il giorno dopo, 2 gennaio 1794, sulla piazza “du Ralliement” insieme al parroco di S. Maria di Chalonnes, Laurent Bárard e altre due vittime della Rivoluzione.

Per essersi rifiutati di prestare il suddetto giuramento, dal 30 ottobre 1793 al 14 ottobre 1794, furono ghigliottinati 177 persone ad Angers, nella piazza detta “du Ralliement”; ma dal gennaio 1794 al 16 aprile dello stesso anno, morirono fucilati per lo stesso motivo, circa 2.000 persone al Campo dei Martiri d’Avrillé.

Fra le migliaia di vittime, sono stati identificati con certezza, da una speciale Commissione, istituita nel 1905 dal vescovo di Angers, 99 di loro, che subirono il martirio per motivi religiosi; di essi 12 sacerdoti furono ghigliottinati, insieme a tre suore e 84 laici di cui ben 80 donne, furono fucilati.

La causa per la loro beatificazione si concluse il 9 giugno 1983. La festa religiosa comune a tutti i 99 si celebra il 1° febbraio, mentre i 12 sacerdoti e le tre suore sono anche ricordati nel giorno della loro morte, che per il beato Guglielmo Repin è il 2 gennaio.

 

(fonte: santiebeati.it)

SOLENNE RITO DI BEATIFICAZIONE DEI MARTIRI 
D'ANGERS E DI P. GIOVANNI MAZZUCCONI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana -  Domenica, 19 febbraio 1984

 

Cari fratelli e sorelle.

1. “Chi ci separerà dall’amore di Cristo?” (Rm 8, 35).

Questa è la domanda posta un tempo dall’apostolo Paolo nella sua lettera ai Romani. Aveva allora davanti agli occhi le sofferenze e le persecuzioni della prima generazione di discepoli, testimoni di Cristo. Le parole di tribolazione, angoscia, fame, nudità, pericolo, persecuzione, supplizio, massacro “come pecore da macello” descrivevano realtà molto precise, che erano - o sarebbero state - l’esperienza di molti di coloro che si erano uniti a Cristo, o piuttosto che avevano accolto nella fede l’amore di Cristo. Egli stesso avrebbe potuto enumerare le prove che aveva già subito (cf. 2 Cor 6, 4-10), mentre attendeva il suo martirio qui, a Roma. E oggi la Chiesa, con i martiri dal XVIII e del XIX secolo, si domanda a sua volta “chi ci separerà dall’amore di Cristo?”.

San Paolo si affretta a dare una risposta certa a questa domanda: “Niente ci separerà dall’amore di Cristo che è in Gesù Cristo nostro Signore”, niente, neppure la morte, né le forze misteriose del mondo, né l’avvenire, né alcuna creatura (cf. Rm 8, 38-39).

Poiché Dio ha dato il suo unico Figlio per il mondo, poiché questo Figlio ha dato la sua vita per noi, un tale amore non verrà mai meno. È più forte d’ogni cosa. Custodisce nella vita eterna coloro che hanno amato Dio al punto da dare la loro vita per lui. I regimi di persecuzione passano. Ma questa gloria dei martiri rimane. “Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati” (Rm 8, 37).

2. Questa è la vittoria che hanno riportato i martiri elevati oggi alla gloria degli altari con la beatificazione.

a) Essi sono innanzitutto i numerosissimi martiri che, nella diocesi di Angers, ai tempi della Rivoluzione francese, hanno accettato la morte poiché volevano, secondo le parole di Guillaume Repin, “conservare la loro fede e la loro religione”, fortemente uniti alla Chiesa cattolica e romana; sacerdoti, rifiutarono di prestare un giuramento giudicato scismatico, non vollero abbandonare il loro incarico pastorale; laici, rimasero fedeli a questi sacerdoti; alla messa celebrata da loro, ai segni del loro culto a Maria e ai santi. Senza dubbio, in un contesto di grandi tensioni ideologiche, politiche e militari, si è potuto far pesare su di loro dei sospetti di infedeltà alla patria, li si è, nelle “motivazioni” delle sentenze, accusati di compromissione con “le forze anti-rivoluzionarie”; è del resto così in quasi tutte le persecuzioni, di ieri e di oggi. Ma per gli uomini e le donne i cui nomi sono stati ricordati - tra molti altri senza dubbio parimenti meritevoli - quello che hanno realmente vissuto, quello che hanno risposto agli interrogatori dei tribunali non lascia alcun dubbio sulla loro determinazione a restare fedeli - a rischio della loro vita - a ciò che la loro fede esigeva, né sul motivo profondo della loro condanna, l’odio per questa fede che i loro giudici disprezzavano come “devozione insostenibile” e “fanatismo”. Noi rimaniamo ammirati davanti alle risposte decisive, calme, brevi, franche, umili, che non hanno niente di provocatorio, ma che sono nette e ferme sull’essenziale: la fedeltà alla Chiesa. Così parlano i sacerdoti, tutti ghigliottinati come il loro venerabile decano Guillaume Repin, i religiosi che rifiutano persino di far credere di aver prestato giuramento, i quattro laici: è sufficiente citare la testimonianza di uno di loro (Antoine Fournier): “Voi vi sottoporreste dunque alla morte in difesa della vostra religione?”. “Sì”. Così parlano le ottanta donne che non si è potuto accusare di ribellione armata! Alcune avevano già espresso prima il desiderio di morire per il nome di Gesù piuttosto che rinunciare alla religione (Renée Feillatreau).

Veri cristiani, testimoniano così, col loro rifiuto di odiare i loro carnefici, con il loro perdono, il loro desiderio di pace per tutti: “Non ho pregato il buon Dio che per la pace e l’unità di tutto il mondo” (Marie Cassin). Infine, i loro ultimi momenti manifestavano la profondità della fede. Alcuni cantavano inni e salmi fino al luogo del supplizio. “Essi chiesero alcuni minuti per rendere a Dio il sacrificio della loro vita, che essi fecero con tanto fervore che i loro carnefici stessi ne rimasero stupiti”. Suor Marie-Anne, Figlia della carità, conforta così la sua consorella: “Noi avremo la felicità di vedere Dio e di possederla per tutta l’eternità . . . e ne saremo posseduti senza paura di esserne separati” (testimonianza dell’abate Gruget).

Oggi questi novantanove martiri d’Angers sono associati, nella gloria della beatificazione, al primo di loro, l’abate Noël Pinot, beatificato da circa sessant’anni.

Sì, le parole dell’apostolo Paolo trovano qui splendido riscontro: “Noi siamo più che vincitori per virtù di colui che ci ha amati”. 

b) Analoga testimonianza di fede adamantina e di carità ardente è stata data alla Chiesa e al mondo dal padre Giovanni Mazzucconi, che consumò nel martirio la sua giovane esistenza di sacerdote e di missionario. Membro, tra i primi, del Pontificio Istituto per le Missioni Estere di Milano, sentiva che le missioni erano “il segreto desiderio” del suo cuore. All’orizzonte della sua vita egli intravedeva un’unione ancora più profonda con il Cristo, unione che lo avrebbe accomunato alle sofferenze e alla croce del suo Signore e Maestro, proprio a motivo del suo impegno instancabile per l’evangelizzazione: “Beato quel giorno in cui mi sarà dato di soffrire molto per una causa sì santa e sì pietosa, ma più beato quello in cui fossi trovato degno di spargere per essa il mio sangue e incontrare fra i tormenti la morte”.

Sennonché il messaggio cristiano, che il Mazzucconi proclamava agli indigeni di Woodlark, era un’aperta condanna della loro condotta che giungeva fino agli orrori dell’infanticidio. E nonostante l’immensa carità e l’indefessa dedizione dal beato, la sua predicazione provocava irritazione e odio. Ma egli era soprannaturalmente sereno, in mezzo ai disagi, alle febbri, alle opposizioni, perché viveva intimamente unito a Dio. Parafrasando le parole di san Paolo, poteva scrivere: “So che Dio è buono e mi ama immensamente. Tutto il resto: la calma e la tempesta, il pericolo e la sicurezza, la vita e la morte, non sono che espressioni mutevoli e momentanee del caro Amore immutabile, eterno”.

3. Per tutti questi martiri, di epoche diverse, si sono adempiute le parole del Cristo agli apostoli: “Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali . . . Sarete condotti davanti ai governanti.. per causa mia . .. Il fratello darà morte al fratello . . . E sarete odiati da tutti a causa del mio nome (Mt 10, 17-22). Difatti molti tra i martiri d’Angers sono stati arrestati nella loro casa o nel loro nascondiglio, perché altri li avevano denunciati. Ci si è accaniti contro di loro, uomini e donne senza difesa, con un disprezzo difficilmente comprensibile. Hanno conosciuto l’umiliazione della rappresaglia e delle prigioni insalubri; hanno affrontato tribunali ed esecuzioni sommarie.

Il padre Mazzucconi, poi, ricevette il colpo mortale di scure da un indigeno, che, salito sulla nave e avvicinatosi, facendo finta di salutarlo amichevolmente gli porgeva la mano da stringere.

Tutto questo avverrà - diceva Gesù - “per dare una testimonianza a loro e ai pagani”. Sì, i nostri martiri hanno potuto render testimonianza di fronte ai loro giudici, ai loro carnefici, e davanti a coloro che assistevano come spettatori al loro supplizio, al punto che costoro “non potevano trattenersi dall’essere stupiti e dal dire, allontanandosi, che c’era in quelle morti qualcosa di straordinario, che solo la religione può ispirare negli ultimi istanti” (Diario del sacerdote Simon Gruget). Gesù aveva annunciato tale mistero: “Chi persevererà sino alla fine sarà salvato” (Mt 10, 22). E come persevererà? “Non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire . . . È lo Spirito del padre vostro che parla in voi” (Mt 10, 19-20). Sì, quelli che restano fedeli allo Spirito Santo sono sicuri di poter contare sulla sua forza, nel momento di render testimonianza in una maniera che sconcerta gli uomini.

4. È mediante la potenza di Dio che i martiri hanno riportato la vittoria. Essi hanno contemplato la forza dell’amore di Dio: “Se Dio è per noi, chi sarà contro di noi?” (Rm 8, 31). Essi hanno fissato il loro sguardo sul sacrificio di Cristo: “Dio... ha dato il proprio Figlio per tutti noi; come non ci donerà ogni cosa insieme con lui?” (Rm 8, 32).

In una parola, essi hanno partecipato al mistero della Redenzione, che consumato dal Cristo sul Calvario, si prolunga nel cuore degli uomini lungo il corso della loro storia. Ho recentemente invitato tutti i fedeli della Chiesa a meditare su questa sofferenza redentrice. Per i martiri, la croce di Cristo è stata, nello stesso tempo, la sorgente misteriosa del loro coraggio, il senso della loro prova, il modello per rendere testimonianza all’amore del Padre, mediante il loro sacrificio, unito a quello del Cristo, e per giungere con lui alla risurrezione.

5. La sicurezza dei martiri era così espressa dall’autore ispirato del Libro della Sapienza (cf. Sap 3, 1-9): “Le anime dei giusti . . .sono nelle mani di Dio . . . la loro fine fu ritenuta una sciagura, la loro dipartita da noi una rovina, ma essi sono nella pace. Anche se agli occhi degli uomini subiscono castighi, la loro speranza è piena di immortalità . . . Dio li ha provati e li ha trovati degni di sé”. Nel 1793 e 1794, per i beati compagni di Guglielmo Repin; nel 1855, per il beato Giovanni Mazzucconi, coloro che li facevano morire, e un certo numero dei loro compatrioti, pensavano a un castigo e a un annientamento; si credeva che le fosse in cui erano stati ammucchiati alla rinfusa sarebbero state dimenticate per sempre. Ma essi “sono nelle mani di Dio”. “Li ha graditi come un olocausto. Nel giorno del loro giudizio risplenderanno; come scintille nella stoppia correranno qua e là. Governeranno le nazioni . . . e il Signore regnerà per sempre su di loro” (Sap 3, 6-8). La memoria della Chiesa non li ha dimenticati: molto presto sono stati venerati, si è ascoltato il loro messaggio, sono stati invocati, si è avuta fiducia nella loro intercessione presso Dio. E oggi essi risplendono, scintillano ai nostri occhi, perché la Chiesa sa che essi sono beati, e che “vivranno presso Dio nell’amore” (cf. Sap 3, 9).

6. Questa beatificazione sarà una tappa nuova per tutti noi, per la Chiesa, e in particolare per i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i fedeli delle diocesi della Francia occidentale alle quali sono appartenuti questi beati, come per il Pontificio istituto per le missioni estere, per la città di Lecco e per tutta l’arcidiocesi di Milano, senza dimenticare la Papuasia-Nuova Guinea. È per tutti loro una gioia profonda sapere presso Dio coloro che sono loro vicini per sangue o nazionalità, poter ammirare la fede e il coraggio dei loro compatrioti e dei loro confratelli. Ma questi martiri ci invitano anche a pensare alla moltitudine di credenti che vengono perseguitati anche oggi, nel mondo, in modo nascosto, lancinante, ancor più grave, perché comporta la mancanza di libertà religiosa, la discriminazione, l’impossibilità di difendersi, l’internamento, la morte civile, come dicevo a Lourdes lo scorso mese d’agosto: la loro prova ha punti in comune con quella dei nostri beati. Infine, dobbiamo domandare per noi stessi il coraggio della fede, della completa fedeltà a Gesù Cristo, alla sua Chiesa, nel momento della prova come nella vita quotidiana. Il nostro mondo troppo spesso indifferente o inconsapevole attende dai discepoli di Cristo una testimonianza inequivocabile, cioè, come quella dei martiri celebrati oggi: Gesù Cristo è vivo; la preghiera e l’Eucaristia ci sono essenziali per vivere della sua vita e la devozione a Maria ci mantiene suoi discepoli; il nostro attaccamento alla Chiesa è tutt’uno con la nostra fede; l’unità fraterna è il segno per eccellenza dei cristiani; la vera giustizia, la purezza, l’amore, il perdono e la pace sono frutti dello Spirito di Gesù; l’ardore missionario fa parte di questa testimonianza; noi non possiamo tenere nascosta la nostra lampada accesa. 

7. Questa beatificazione ha luogo nel cuore dell’Anno Giubilare della Redenzione. Questi martiri illustrano la grazia della Redenzione che hanno essi stessi ricevuto. Ne sia resa gloria a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo. “Noi ti lodiamo Dio . . . È te che la stirpe dei martiri testimonia”.

Sia lodato Dio che ravviva così la nostra fede, la nostra azione la nostra vita! Oggi è col sangue dei nostri beati che sono scritte per noi le ispirate parole di san Paolo: “Chi ci separerà dall’amore di Cristo? Né la vita, né la morte . . . né presente, né avvenire . . . né alcun’altra creatura, niente potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù nostro Signore”. Amen.

Lo stesso giorno fu ghigliottinato pure con il Repin il B. Lorenzo Batard, nato nel 1744 a Chalonnes-sur-Loire. Fu condannato a morte sotto il pretesto di intelligenza con il nemico e di essersi sottratto alla legge della deportazione. È venerato a Chalonnes nella parrocchia di S. Maurilio in cui nacque, e di S. Maria di cui fu parroco. Gli altri dieci sacerdoti di Angers furono giustiziati per gli stessi motivi; rifiuto dei giuramenti prescritti, celebrazione di Messe “contro-rivoluzionarie”, atti di culto, violazione della legge relativa alla deportazione, aiuto alla contro-rivoluzione e al ristabilimento della monarchia. Nelle condanne a morte vi fu sempre, comunque, un fondo preciso e cosciente di ostilità al cattolicesimo e all’organismo ecclesiale, considerato dai persecutori il massimo ostacolo al trionfo delle nuove idee.

Gli altri sacerdoti martiri sono: il B. Giovanni Michele Langevin, nato il 28-9-1731 a Ingrandes-sur-Loire, ghigliottinato il 30-10-1793. È venerato a Briollay di cui fu parroco e a Le Mesnil dove fu catturato.

I BB. Renato e Giovanni B. Lego, fratelli, nati a La Fioche rispettivamente il 5-10-1764 e il 23-5-1766 e ghigliottinati il 1-1-1794. Sono venerati a Plessis-Grammoire dove esercitarono il loro ministero e a Cornaille, dove furono arrestati.

Il B. Giacomo Ledoyen, nato il 3-4-1760 a Rochefort-sur-Loire e ghigliottinato il 5-1-1794. È venerato a Contigue dove fu coadiutore e ad Argenton dove fu arrestato. Fu condannato a morte senza interrogatorio ”come prete scellerato” perché aveva continuato a esercitare il ministero, e aveva distolto il popolo dal seguire i preti giurati.

Il B. Francesco Peltier, nato il 26-4-1728 a Savennières e ghigliottinato senza nessun interrogatorio il 5-1-1794. È venerato a Sceaux d’Anjou di cui fu parroco.

Il B. Pietro Tessier, nato 1′ 11-5-1766 ad Angers e ghigliottinato senza interrogatorio il 5-1-1794. È venerato specialmente nella parrocchia della SS. Trinità di Angers in cui nacque e di cui fu vicario.

Il B. Francesco Luigi Chartier, nato il 6-6-1762 a Martigné (Mayenne) e ghigliottinato il 22-3-1794. È venerato a Soeurdres, di cui fu coadiutore e nel paese natale in cui fu arrestato. Non volle rivelare ai giudici dove aveva nascosto il suo calice.

Il B. Giuseppe Moreaux, nato il 21-10-1763 a St-Laurent-de-la-Plaine e ghigliottinato il 18-4-1794, Venerdì Santo. È venerato nel paese natale dove esercitò il ministero e a Combré dove fu arrestato.

Il B. Andrea Fardeau, nato il 19-11-1761 a Suocelles e ghigliottinato il 24-8-1794. È venerato a Briollay di cui fu coadiutore e nel paese natale dove fu arrestato.

Il B. Giacomo Laigneau de Langellerie, nato il 19-4-1747 a La Flèche, e ghigliottinato il 14-10-1794. È venerato come “virtuosissimo prete” a La Bruère di cui fu parroco e nel monastero delle Carmelitane di Angers. Fu arrestato mentre si recava in casa di un malato per amministrargli la santa unzione.

L’ultimo gruppo degli altri martiri trovò la morte per fucilazione il 16-4-1794.1 motivi della condanna furono per tutti gli stessi: di essere stati fedeli ai preti non giurati; di avere rifiutato ogni contatto con i preti scismatici; di avere preso parte a Messe con pericolo della vita; di avere fatto più pellegrinaggi; di avere dato viveri ai Vandeani. Furono perciò considerati dai rivoluzionari come ”fanatici e aristocratici”, fedeli cioè alla religione tradizionale.

Alcune donne meritano di essere ricordate. La B. Carlotta Lucas, nata 1’1-4-1752 a ChaIonnes-sur-Loire il 18-1-1794, e condannata alla fucilazione senza processo per avere rifiutato il giuramento di ”libertà e uguaglianza”. A ventidue anni il vescovo l’aveva incaricata di insegnare gratuitamente a leggere e a scrivere ai bambini della parrocchia di St-Maurille-de-Chalonnes e di provvedere la carne ai poveri malati. La B. Maria Lardeux, nata nel 1749 a Freigné e fucilata il 16-4-1794, dopo un interrogatorio svoltosi nel monastero del Calvario dove era stata internata. Era stata arrestata perché aveva ospitato nella sua casa per quindici giorni il parroco. Per il grande amore che nutriva per i malati veniva chiamata “figlia di Carità” e “Suor Salassatrice” essendo una donna chirurgo.

Sul Campo dei Martiri furono fucilate pure due Suore, Figlie della Carità dell’Ospedale di Angers: la B. Maria Anna Vaillot e la B. Ottilia Baumgarten, nate rispettivamente il 13-5-1734 a Fontaineblau e a Gondrescange il 15-11-1750, e condannate a morte dal commissionario militare Vacheron 1’1-2-1794 per non avere voluto prestare il giuramento di “libertà e uguaglianza”. Strada facendo pregavano e si animavano a vicenda. Nel vedere la lunga fila dei condannati a morte Suor Ottilia ebbe un attimo di esitazione. Si appoggiò al braccio della consorella e fu lieta di percepire che non vacillava. Dal proprio cuore scomparve ogni ombra di timore appena da lei senti dirsi: “Una corona ci è destinata oggi. Non perdiamola!”

Sul luogo della fucilazione appena i condannati a morte si avvidero che con loro c’erano pure le Suore dell’Ospedale, gridarono: “No. Le suore no. Non devono morire come noi. Grazia, grazia per le Suore di Carità!” L’ufficiale che comandava il gruppo, turbato da quelle grida, si accostò alle due religiose e le esortò a non perdere la vita per un giuramento che veniva loro chiesto, ma Suor Maria Anna gli rispose: ”Cittadini, non solo non vogliamo fare il giuramento di cui parlate, ma non vogliamo neppure fare credere che l’abbiamo fatto… Se dobbiamo conservare la vita alla condizione che ci viene proposta, vi dichiariamo che preferiamo la morte per non venire meno all’amore che abbiamo giurato al nostro Dio”. La Beata fu tra le ultime vittime della serata. Colpita a un braccio, rimase in piedi, sostenendo dolcemente Suor Ottilia sanguinante e inanimata. Con gli occhi rivolti al cielo continuò a mormorare: ”Perdonali, Signore. Non sanno quello che fanno”, finché, crivellata dai colpi delle sciabole, non cadde nella fossa comune che era stata scavata.

Tra le donne nobili che furono fucilate merita una speciale menzione la B. Pietrina Carlotta Phélyppeau, nata e battezzata il 13/05/1740 a Saumur, e sposata il 7/04/1766 con Stefano Maturino Sailland d’Epinaz, consigliere del re, assessore criminale e primo consigliere al siniscalcato di Saumur, dal quale ebbe tre figlie; Pietrina, Giovanna e Maddalena. Al suo servizio aveva Francesco Bonneau, nata nel 1764 a Saint-Léger-des-Bois. Quando i Vandeani furono costretti a ritirarsi da Saumur, la famiglia Sailland si trasferì presso il curato costituzionale di l’Hótellerie-de-Flée, presso Segré. Stefano, sapendo che gli erano stati sequestrati i beni e che il suo nome compariva sulla lista degli emigrati, cercò di farsi perdonare dalle autorità repubblicane la collaborazione che aveva prestato alle truppe vandeane. A nulla giovarono le sue suppliche. Fu arrestato con la famiglia e il curato che gli aveva dato ospitalità, imprigionato a Segré, e condannato alla ghigliottina il 4-03-1794 sulla piazza di Angers.

La signora Sailland, con le sue tre figlie e la persona di servizio, fu internata al Calvario. Furono tutte condannate alla fucilazione il 1-02-1794 dal commissario militare Vacheron “come sospette”, vale a dire molto attaccate alla religione cattolica. L’eroica madre non cessò un solo istante di esortare le sue figlie a restare salde nella fede in cui le aveva educate. Diceva loro: “Ancora un istante e avrete la felicità di vedere Dio e di possederlo. Contemplate la corona che vi attende; rendetevene degne con la sottomissione alla sua volontà. Questa miserabile vita che stanno per togliervi, è nulla in paragone di quella che andate a godere. Morite per Gesù Cristo, come egli è morto per voi. Egli ha perdonato ai suoi nemici, anche voi perdonate ai vostri”.

Giunte sul Campo dei Martiri, temendo che per la paura della morte le sue figlie e la sua persona di servizio rinnegassero la fede, la signora Sailland, emula della madre dei Maccabei, chiese e ottenne dai gendarmi di essere fucilata per ultima. Per assicurarsene il favore aveva dato loro un rotolo di monete d’oro che aveva nascosto tra i capelli, gli orecchini di diamanti e i braccialetti pure d’oro.

Sac. Guido Pettinati SSP, 
I Santi canonizzati del giorno, vol. 1, Udine: ed. Segno, 1991, pp. 125-132. 
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