István Sándor

István Sándor

(1914-1953)

Beatificazione:

- 19 ottobre 2013

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 8 giugno

Laico professo della Società di San Francesco di Sales, martire. Educatore dei giovani, in particolare degli apprendisti e dei lavoratori, animatore dell’oratorio e dei gruppi giovanili, annunciò il Vangelo attraverso la pedagogia della bontà. Quando il regime comunista chiuse tutte le opere cattoliche, affrontò le persecuzioni con coraggio, e fu ucciso a 39 anni.

  • Biografia
  • Omelia
  • LITTERAE APOSTOLICAE
  • sulla beatificazione
"Esemplare nel servizio ai giovani, nell’oratorio e nell’istruzione professionale" (Papa Francesco)

 

István (Stefano) Sándor nacque a Szolnok, in Ungheria, il 26 ottobre 1914 da Stefano e Maria Fekete, primo di tre fratelli. Il padre era impiegato presso le ferrovie dello Stato, e la madre era casalinga. Entrambi trasmisero ai

figli una profonda religiosità.

Stefano studiò nella sua città ottenendo il diploma di tecnico metallurgico. Fin da ragazzo veniva stimato dai compagni, era allegro, serio e gentile. Aiutava i fratellini a studiare e a pregare, dando per primo l’esempio.

Fece con fervore la cresima impegnandosi a imitare il suo santo protettore e san Pietro. Serviva ogni giorno la messa dai francescani ricevendo

l’Eucaristia.

Leggendo il «Bollettino salesiano» conobbe don Bosco. Si sentì subito attratto dal suo carisma. Si confrontò col suo direttore spirituale, esprimendogli il desiderio di entrare nella congregazione salesiana. Ne parlò anche ai genitori. Essi gli negarono il consenso, e cercarono di dissuaderlo. Ma Stefano riuscì a convincerli, e nel 1936 fu accettato al Clarisseum, dove in due anni fece l’aspirantato. Frequentò nella tipografia Don Bosco i corsi di tecnico stampatore.

Iniziò il noviziato, ma dovette interromperlo per la chiamata a prestare il servizio militare.

Nel 1939 si congedò e, dopo l’anno di noviziato, emise la prima professione l’8 settembre 1940 come salesiano coadiutore. Destinato al Clarisseum, insegnò ai corsi professionali.

Ebbe anche l’incarico dell’assistenza all’oratorio, che condusse con entusiasmo e competenza. Fu il promotore della Gioventù operaia cattolica. Il suo gruppo fu riconosciuto come il migliore del movimento.

Sull’esempio di don Bosco, fu un educatore modello. Nel 1942 fu richiamato al fronte e guadagnò una medaglia d’argento al valore militare.

La trincea era per lui un oratorio festivo che animava salesianamente, rincuorando i compagni di leva. Alla fine della Seconda guerra mondiale si impegnò nella ricostruzione materiale e morale della società, dedicandosi in particolare ai giovani più poveri, che radunava insegnando loro un mestiere. Il 24 luglio 1946 emise la professione perpetua come salesiano coadiutore.

Nel 1948 conseguì il titolo di maestro-stampatore. Alla fine degli studi gli allievi di Stefano venivano assunti nelle migliori tipografie della capitale e dello Stato.

Quando l’Ungheria nel 1949, sotto Mátyás Rákosi, incamerò i beni ecclesiastici, dando inizio alle persecuzioni nei confronti delle scuole cattoliche, che dovettero chiudere, Sándor cercò di salvare almeno le macchine tipografiche. Ma lo stalinismo di Rákosi continuò ad accanirsi: i religiosi vennero dispersi. Senza più casa, lavoro, comunità, molti si ridussero allo stato di clandestini. Travestiti e sotto falsi nomi, si adattarono a fare di tutto: spazzini, contadini, manovali, facchini, servitori. Anche Stefano dovette “sparire”, lasciando la tipografia. Invece di rifugiarsi all’estero rimase in patria per salvare la gioventù ungherese. Colto sul fatto mentre stava cercando di salvare delle macchine tipografiche, dovette fuggire e rimanere nascosto per alcuni mesi, poi, sotto altro nome, riuscì a farsi assumere in una fabbrica di detergenti della capitale, ma continuò clandestinamente il suo apostolato, pur sapendo che era un’attività rigorosamente proibita.

Nel luglio 1952 fu catturato sul posto di lavoro e non fu più rivisto dai confratelli. Un documento ufficiale ne certifica il processo e la condanna a morte eseguita per impiccagione l’8 giugno 1953.

In un messaggio indirizzato alla famiglia salesiana, il rettor maggiore don Pascual Chávez Villanueva ricorda come Stefano Sándor dalla nascita fino alla morte sia stato un uomo profondamente religioso, e come in tutte le circostanze della vita abbia risposto con dignità e coerenza alle esigenze della sua vocazione salesiana. Desideroso, fin dalla prima giovinezza, di consacrarsi al servizio di Dio e dei fratelli nel generoso compito dell’educazione dei giovani secondo lo spirito di don Bosco, fu capace di coltivare uno spirito di fortezza e di fedeltà a Dio e ai fratelli che lo misero in grado, nelle difficoltà, di resistere, prima alle situazioni di conflitto, e poi alla prova suprema del dono della vita.

Stefano Sándor ha compiuto un reale e profondo cammino di fede, iniziato fin dall’infanzia e giovinezza, irrobustito dalla professione religiosa salesiana e consolidato nell’esemplare vita di coadiutore. Si nota in particolare una genuina vocazione consacrata, animata secondo lo spirito di don Bosco da un intenso e fervoroso zelo per la salvezza delle anime, soprattutto giovanili.

Anche i periodi più difficili, quali il servizio militare e l’esperienza della guerra, non scalfirono l’integro comportamento morale e religioso del giovane coadiutore. È su tale base che Stefano Sándor subì il martirio senza ripensamenti o esitazioni.

La beatificazione di Stefano Sándor impegna tutta la congregazione salesiana nella promozione della vocazione del coadiutore, accogliendone la testimonianza esemplare. Come salesiano laico, riuscì a dare buon esempio anche ai preti. È un modello per i giovani consacrati, per il modo in cui affrontò le prove e le persecuzioni senza accettare compromessi.

Le cause a cui si dedicò, la santificazione del lavoro cristiano, l’amore per la casa di Dio e l’educazione della gioventù, sono tuttora missione fondamentale della Chiesa.

Cardinale Péter Erdő

Omelia per la Beatificazione di Stefano Sándor

(Piazza antistante alla Cattedrale di Santo Stefano Re, 19 ottobre 2013)

 

Fratelli e Sorelle in Cristo!

1. Con grande gioia e riconoscenza festeggiamo oggi nella Chiesa la beatificazione di Stefano Sándor, martire, coadiutore salesiano.

Il Vangelo di oggi ci propone il chicco di grano che muore e produce molto frutto. Questo brano del Vangelo veniva utilizzato nella vita dei primi cristiani. Tra il primo e il secondo secolo Sant’Ignazio di Antiochia scrive: „Sono frumento di Dio e sarò macinato dai denti delle fiere per divenire pane puro di Cristo.  Supplicate Cristo per me, perché per opera di queste belve io divenga ostia per il Signore”. (Ign., Rom 4,1). Se seguiamo e pratichiamo il volere di Dio nella vita e nella morte, ciò sarà per noi fonte di rinnovamento e benedizione. San Clemente contemporaneo di Sant’Ignazio scrive: „Uscì il seminatore e gettò nella terra i semi; secchi e nudi caduti nella terra si dissolvono. Poi la grandezza della provvidenza del Signore li fa rinascere, e da un solo crescono molti e portano frutto”. (Clem 24,5). L’opera di redenzione del Signore è nella speranza della nostra risurrezione. Qui sulla terra stiamo già diventando simili al Padre, ma poi saremo simili a Lui, „perché lo vedremo così come egli è” (1 Gv 3,2). Ma la grazia, qui sulla terra, ci aiuta già ad essere come Lui nella nostra trasformazione e nel nostro cambiamento. Con il battesimo siamo rinati e siamo diventati simili a Cristo. Per questo leggiamo nella lettera di San Paolo apostolo agli Efesini: „Da morti che eravamo per le colpe, ci ha fatto rivivere con Cristo: per grazia siete salvati”. (Ef 2,5)

Stefano Sándor ha seminato il seme di grano con fiducia. In egli festeggiamo l’eroe, che mediante la vocazione di salesiano coadiutore rimase fedele fino alla morte. In egli festeggiamo il lavoratore onesto, che ha amato e ha insegnato ad amare il lavoro. Ci soffermiamo in modo sconvolgente davanti ai processi farsi, dove con accuse inverosimile hanno torturato, poi condannato a morte e giustiziato.

2. La vocazione salesiana di Stefano Sándor era nata nella cittadina di Szolnok, dove dopo aver ricevuto il diploma di tecnico mettallurgico, incominciò a lavorare. Dopo esser entrato nella Congregazione salesiana divenne anche tipografo. Amava quanto faceva e con grande fervore si occupava dell’educazione dei giovani. Nel frattempo era arrivata la guerra mondiale e i beni della tipografia salesiana vennero statalizzati. Il cardinale Mindszenty venne arrestato e nel 1950 vennero soppresi gli ordini religiosi. Anche Stefano Sándor dovette ritornare a Szolnok. Li operò come sagrestano, ma anche li si occupò dei giovani. Il regime di quel tempo che si dava l’appellativo di potenza del lavoro, non tollerava che proprio tra i giovani operai qualcuno ricevesse un’educazione cristiana. I sacerdoti tra gli anni ’70 e ’80 sentivano frequentemente dire: „I giovani sono nostri”. E allora si parlava solo dei giovani operai! Ma nel cuore e nello spirito di Stefano Sándor non si poteva opprimere la voce della vocazione. Lui aveva ricevuto l’amore e lo spirito di San Giovanni Bosco, ma come conosciamo e sappiamo da San Giovanni apostolo „nell’amore non c’è paura”. (cfr. 1 Gv 4,18)

3.  Stefano Sándor non viveva solo ed esculsivamente per i giovani. Amava il suo lavoro. Lavorava con operosità e con competenza, fino a raggiungere alti livelli. Sentiva interiormente che il lavoro non era solo un mezzo per la sussistenza e la soppravivenza, ma rappresenteva anche la dignità dell’uomo. L’uomo lavoratore si unisce con il Dio creatore. Il lavoro come lo interpteva sviluppa le capacità, diviene sacrificio per gli altri, diventa umano e valorizza di più il mondo. Non per caso che gli antichi affermavano che i mestieri erano parte dell’arte. Nel nostro mondo dove tutto diventa meccanico e noi ci allontaniamo sempre di più, il messaggio di Stefano Sándor diventa sempre attuale. La via per la felicità nostra e del prossimo secondo il piano di Dio, deve essere nel lavoro fatto per bene. Per questo nella persona di Stefano Sándor dobbiamo onorare l’esempio della persona che mediante il lavoro ha fatto vedere la vera fede e il vero amore.

4. Il martirio di Stefano Sándor è importante per altri punti di vista. Egli non è stato semplicemente deportato, non è stato solamente vittima di un complotto senza nessuna spiegazione e nemmeno non è stato deportato in prigione o in campi di lavoro forzato dove è morto. Lui è stato ucciso. È stato condannato a morte e lo hanno ucciso. È inquietante sentire che nella vita sociale, in un caso di giustizia sia stato proprio lo stato ad eseguire la condanna a morte. Il martirio di Stefano Sándor richiama il periodo triste dei processi farsa. Egli è stato condannato di alto tradimento e partecipazione a complotti contro l’ordine democratico. Stefano operava nel campo educativo secondo l’insegnamento della Chiesa cattolica. Tra i suoi studenti ci sono allievi che erano stati assunti nel corpo della polizia segreta. Lo Stato con questo processo voleva dimostrare che la Chiesa doveva stare lontano dai giovani operai. Stefano Sándor dopo 184 ore di interrogatori strazianti è rimasto fedele alla sua vocazione. L’8 giugno 1953 mediante impiccagione è stato ucciso. Aveva 39 anni.

Il ricordo del cristiano deve essere momento di perdono e di riconciliazione. Preghiamo per quanti hanno sofferto e patito il martirio. Il ricordo di Stefano Sándor sia per tutti noi un momento per la riconciliazione e per un nuovo slancio spirituale. La sua persona sia esempio nell’intraprendenza della vita religiosa, dell’operosità nell’lavoro quotidiano e fedeltà nell’amore verso Cristo e verso gli altri!

Nostra Signora d’Ungheria, la Beata e sempre Vergine Maria prega per noi! Beato Stefano Sándor, martire, prega per noi! Amen.

FRANCISCUS PP.

LITTERAE APOSTOLICAE

VENERABILI SERVO DEI STEPHANO SÁNDOR
BEATORUM HONORES DECERNUNTUR*

 

Ad perpetuam rei memoriam. — « Si autem ut Christianus, non erubescat, glorificet autem Deum in isto nomine » (1 Pe 4, 16).

Martyrum agmini qui, communistarum regimine saeviente, in Hungaria suum sanguinem fideles fuderunt, Dei Servus Stephanus Sándor, Salesianus coadiutor, annumeratur. A puero praeclarum fidei cursum tenuit ac sincera vitae consecratae vocatione, spiritalitate sancti Ioannis Bosco institutus, eminuit.

Primus ex tribus liberis, Stephanus Sándor die XXVI mensis Octobris anno MCMXIV e familia perquam religiosa in oppido Szolnok ortus est. Christianae virtutes, quas puer complexus est, adoleverunt cum sui oppidi paroeciam assidue frequentaret. Eius vocatio ad Salesianos est conversa, inter quos die XII mensis Ianuarii anno MCMXXXVI ut postulans ingressus est. Kalendis Aprilibus anno MCMXXXVIII novitiatum veluti frater coadiutor intravit; vota ad triennium die VIII mensis Septembris anno MCMXL, iterum die XVI mensis Octobris anno MCMXLIII et perpetua vota die XXIV mensis Iulii anno MCMXLVI nuncupavit. Hoc tempore primum ut tiro deinde moderator Salesiani typographei opus fecit, iuvenes simul instituens et tirones, qui item extra Societatem S. Francisci Salesii sicut sodalis compositorque Consociationis Nationalis Iuvenum Catholicorum cognoscebatur. Tum insignem indolem et altam spiritalitatem ostendit, quae erga Eucharistiam et Mariam Auxiliatricem in dilectione nitebantur.

Interea factio communistarum, cum contra religionem Ecclesiamque proposita manifestaret, Hungaricorum imperii potita est. Dei Servus Salesianam communitatem delinquere et in oppido Szolnok opus apud typographeum reperire coactus est, usque dum Budapestinum a Nationis potestatibus est missus, pupillos instituturus et iuvenes tirones. Cum emigrare posset, in patria manere maluit confirmans se vitam ad Hungaricam iuventutem servandam etiam per martyrium traditurum. Cum esset detectus per suas epistolas lectas, die XXVIII mensis Iulii anno MCMLII captus est. Saevissima quaestio in eum est posita necnon coërcitio mentis, sed etiam in carcere integram erga Christum fidelitatem servavit, impense orans offerensque Domino suos dolores et suos concaptivos solans. Capitis die XII mensis Martii anno MCMLIII officiose est damnatus, quod die VIII mensis Iunii eodem anno per suspendium factum est. Dioecesana Inquisitio apud archidioecesim Strigoniensem-Budapestinensem a die XXIV mensis Maii anno MMVI ad diem VIII mensis Decembris anno MMVII peracta est. Die XXVII mensis Martii anno MMXIII Nos facultatem fecimus ut Congregatio de Causis Sanctorum Decretum super martyrio Dei Servi Stephani Sandor evulgaret ac die X mensis Maii anno MMXIII decrevimus ut Beatificationis ritus Budapestini die XIX mensis Octobris anno MMXIII celebraretur.

Hodie igitur de Nostro mandato Venerabilis Frater Noster Angelus S.R.E. Cardinalis Amato, Congregationis de Causis Sanctorum Praefectus, textum Litterarum Apostolicarum legit, quibus Nos in Beatorum numerum Venerabilem Dei Servum Stephanum Sándor adscribimus:

Nos, vota Fratris Nostri Archiepiscopi Metropolitae Strigoniensis-Budapestinensis, necnon plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque Christifidelium explentes, de Congregatione de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Venerabilis Servus Dei Stephanus Sándor, laicus professus Societatis S. Francisci Salesii, martyr, qui fuit exempli clari institutor et catechista iuvenum per bonitatis paedagogiam, Beati nomine in posterum appelletur, eiusque festum die octava mensis Iunii, qua in caelum ortus est, quotannis in locis et modis iure statutis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Decet prorsus insignem hunc caelitem palam honorare, qui eximias dedit religiosae pietatis atque intrepidae fidei testificationes, cum suam vitam inpenderet in beneficium animarum et in salutarem Evangelii veritatem martyrii per testimonium demonstrandam, unde nostrae aetatis homines incitamentum capiant ad Salvatoris mandata diligentius sequenda. Haec vero quae hodie statuimus firma usquequaque esse volumus ac valida fore iubemus, contrariis quibuslibet rebus obstantibus.

Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XIX mensis Octobris, anno MMXIII, Pontificatus Nostri primo.

De mandato Summi Pontificis
loco Secretarii Status

PETRUS PAROLIN
Archiepiscopus tit. Aquipendiensis

Beato Stefano Sándor, SDB (1914-1953)

Messaggio[1]

Angelo Card. Amato, SDB

 

L’odierna beatificazione del Salesiano Stefano Sándor – il cui nome richiama il primo martire cristiano – è un dono di Dio Trinità alla nobile nazione ungherese, alla Congregazione Salesiana e alla Chiesa intera. I martiri si accendono come stelle nei cieli oscuri dell’umana malizia per illuminare i sentieri dell’amore, della comprensione e del rispetto reciproco.

Se la persecuzione religiosa crea un abisso tra gli esseri umani, i martiri con il loro sacrificio costruiscono i ponti della fraternità, del perdono, dell’accoglienza. L’eredità dei martiri è la carità, tesoro divino infuso nei nostri cuori col battesimo.

In modo particolare, il Beato martire Stefano Sándor lascia ai suoi confratelli Salesiani un triplice messaggio.

1. Anzitutto l’invito a essere autentici figli di San Giovanni Bosco, mediante la fedele osservanza della vita consacrata nella gioia, nel lavoro, nella comunità. Era un giovane entusiasta della sua vocazione di Salesiano coadiutore. È commovente rileggere quello che scriveva nella domanda alla prima professione: «Mi sono adoperato a passare il periodo del noviziato con la continua aspirazione alla vita perfetta, assimilando sempre più lo spirito del nostro santo Padre Don Bosco […]. È mia ferma decisione trascorrere la mia vita in conformità alla sacre regole, per santificare la mia anima e quella degli altri, e per impiantare nel maggior numero di giovani anime il bianco stendardo mariano di Don Bosco».[2] Con felice sintesi di lui si afferma che amava i libri, l’altare e l’oratorio.[3]

2. Il secondo messaggio riguarda la sua ansia educatrice. Fedele al carisma salesiano, il Beato Stefano Sándor non solo era un maestro tipografo di alta professionalità, ma anche un impareggiabile maestro di vita. Gli allievi ricordano con ammirazione le sue esortazioni alla vita buona del Vangelo. Era giustamente convinto che i giovani apprendisti, oltre al mestiere della tipografia, avessero bisogno anche di un’educazione spirituale.[4] Li assisteva nel lavoro e nel tempo libero. Era un instancabile organizzatore dei loro giochi. Per questo aveva un gruppo di 50-60 giovani studenti e artigiani, che costituivano anche la culla delle vocazioni alla vita salesiana.

3. Il martirio è il suo terzo messaggio. Per il cristiano, il martirio di sangue è la suprema testimonianza della sua fede, della sua speranza e della sua carità. A ogni Salesiano, coadiutore o sacerdote, il nostro Beato ricorda che l’esistenza consacrata è un autentico martirio bianco, consumato giorno per giorno nella fedeltà al Vangelo e al nostro carisma.

Un gesto eroico non si improvvisa. Tra le testimonianze raccolte per il processo di beatificazione, ci sono alcune che raccontano come il signor Stefano Sándor un giorno abbia salvato dalla morte per dissanguamento un ragazzo finito sotto la ruota di un tram, togliendosi la giacca e fermando l’emorragia. Un altro giorno, ai genitori di un suo allievo gravemente ammalato di tifo, promise di dare il suo sangue se fosse stato necessario.[5]

Quando, sotto il regime comunista, fu imprigionato, torturato, falsamente accusato di misfatti mai commessi e infine ucciso, il nostro Beato rimase saldo nella fede, preferendo la morte piuttosto che riparare all’estero o rinnegare la sua vocazione salesiana.

Egli appare così come un nobile modello di Salesiano forte nell’affrontare le prove della vita, senza mai scoraggiarsi. Egli ci trasmette la profezia dell’importanza dell’educazione dei giovani, per contrastare una cultura che spesso si oppone ai valori della vita, della carità, della laboriosità, del perdono, della fraternità.

Come Salesiano mi sento onorato di aver celebrato, in rappresentanza del Santo Padre, questa beatificazione e chiedo, con la commozione nel cuore, che il nostro Beato confermi i nostri propositi di bene e susciti in molti il suo stesso anelito di consacrazione e di servizio nell’educazione e nella santificazione dei giovani. I martiri sono il terreno più propizio per far germogliare la spiga della santità.

 

[1] Testo letto il 19 ottobre nella cattedrale di Budapest, al termine del rito di beatificazione.

[2] Positio, p. 242-243.

[3] Pierluigi Cameroni, Stefano Sándor, martire del Vangelo della gioia, Don Bosco Kiadó, Budapest 2013, p. 33.

[4] Positio, p. 96.

[5] Positio, p. 124-125; 161.