Giacomo Berthieu

Giacomo Berthieu

(1838-1896)

Beatificazione:

- 17 ottobre 1965

- Papa  Paolo VI

Canonizzazione:

- 21 ottobre 2012

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 8 giugno

Sacerdote professo della Compagnia di Gesù e martire, che in pace come in guerra si adoperò con dedizione per il Vangelo e, scacciato per tre volte dalle missioni, preso a calci e ripetutamente invitato invano all’apostasia, fu infine ucciso in odio alla fede

  • Biografia
  • Omelia
  • Litterae Apostolicae
  • omelia di beatificazione
"Preferisco morire piuttosto che rinunciare alla mia fede"

 

 

VITA E OPERE

 

 

    Sacerdote gesuita secondo il Cuore di Gesù

 

    San Jacques Berthieu nacque il 27 novembre 1838 in Francia, a Polminhac, nel dipartimento del Cantal, nei pressi di Aurillac, e fu battezzato lo stesso giorno. Frequentò la scuola primaria nel suo villaggio, poi proseguì gli studi presso i “Fratelli delle Scuole Cristiane” di Aurillac.

    All’età di 15 anni suo padre l’autorizzò ad entrare nel seminario minore di Pléaux; senza brillare, alla fine degli studi secondari passò al seminario maggiore di Saint-Flour dove fu ordinato sacerdote il 21 maggio 1863.

    Il vescovo lo nominò vicario nella parrocchia di Roannes-Saint-Mary e là durante nove anni si dedicò con fervore al ministero sacerdotale. Nel frattempo maturò in lui la vocazione religiosa e missionaria, che lo portò ad entrare nella Compagnia di Gesù nel 1873. In quell’anno, avendo già 34 anni, si unì ai giovani novizi gesuiti di Pau; l’anno seguente si trasferì tra gli studenti di teologia di Vals. Si entusiasmò ai corsi del P. Ramière che gli comunicò il suo ardore nel diffondere la devozione al Sacro Cuore.

 

    «Un padre che non abbandonava i suoi figli»

 

    Il 26 settembre 1875 il P. Berthieu s’imbarcò a Marsiglia, destinato al Madagascar. Gli costò dare l’addio alla famiglia, soprattutto alla mamma, ma era felice. Il suo sogno si realizzava: già da tempo aveva sentito la voce di Dio.

    Il P. Berthieu fu dapprima inviato nell’isola di Sainte Marie. In quella realtà si scontrò con le difficoltà della lingua: la sua memoria non era più molto flessibile, tuttavia s’impegnò con accanimento e dovette riprendere lo studio molte volte, ma venne il giorno in cui i suoi cristiani trovarono la sua lingua davvero chiara.

    Nell’isola di Sainte Marie il suo tempo era assorbito dall’inse­gnamento del catechismo, visite ai cristiani, battesimi, preparazione alle prime comunioni, celebrazione e regolarizzazione dei matrimoni. Non mancavano i malati e neppure i lebbrosi, che egli assistette con affetto particolare. A ciò affiancò un saggio lavoro di educazione degli indigeni ad una colti­vazione agricola razionale: offrì in tal modo un aiuto alla loro elevazione sociale. La missione trovava pure i mezzi necessari per sostenere la scuola dei bambini.

    Nel 1881, a motivo dei decreti di espul­sione dei religiosi dai territori francesi, egli, come gli altri gesuiti, dovette abbandonare l’isola.

    Gli anni che seguirono gli fecero spesso rivivere queste dure esperienze. A Tamatave, lavorò per un anno e mezzo, tra molte difficoltà, che tuttavia non gli impedirono di esercitare il suo ministero. Poi, nel gennaio 1885, partì per Vohémar, nel nord-est del Madagascar, come cappellano volontario fra i soldati francesi; finalmente, nel 1886, quando si ristabilirono relazioni pacifiche tra il governo di Parigi e quello di Tananarive, ebbe fretta di ritornare fra i suoi malgasci. Il 5 giugno era a Tamatave e poi a Tananarive, dove s’incontrò con i confratelli.

    Ambositra fu il nuovo centro di missione che venne affidato alle cure del P. Berthieu, il quale vi giunse il 3 luglio 1886.

    Alla fine del 1891, il missionario fu costretto a lasciare questa comunità: i superiori gli affidarono come nuovo centro di apostolato la località di Anjozorofady, chiamata anche Andrainarivo, a nord-est di Tananarive.

    Si donò con rinnovato zelo alla nuova comunità. La pienezza del suo amore sacerdotale era tale che quanti lo avvicinavano ne erano profondamente colpiti: il suo distacco da tutto e la povertà in cui egli viveva destavano l’ammirazione in chi lo conosceva; il suo zelo e la prontezza ad accorrere presso i moribondi ed i bisognosi commuovevano i suoi cristiani; ma soprattutto destava ammirazione la fede viva e convinta con cui egli parlava della vita eterna.

    Nel 1894, nel giro di pochi mesi, la situazione del paese divenne più problematica: P. Berthieu dovette ancora una volta lasciare la comunità e fare ritorno ad Andrainarivo, dove bande di ribelli erano insorte contro i francesi e percorrevano il paese, seminando la distruzione; essi vedevano nei missionari coloro che – portando Cristo – ave­vano fatto perdere il potere alle loro divinità pagane ed ai loro amuleti.

 

    Fedele fino alla morte

 

    Nel mese di marzo del 1896 la presenza di tre bande d’insorti (chiamati Fahavalo o Ménalamba) fu segnalata nei pressi di Ambatomainty, uno dei luoghi ove si trovava il P. Berthieu. L’esercito francese, ritenendo che il villaggio era difficile da difendere, ne decise l’evacuazione: gli abitanti si recarono sulla sommità di una collina vicina, ove si accamparono alla meno peggio. Il padre non abbandonò i suoi cristiani; ma rimase con loro per condividerne i disagi e soprattutto per rincuorarli, proteggerli e rinfrancarli nella fede.

    I villaggi vennero frattanto incendiati e distrutti.

    Al dolore si aggiunse la spossatezza: il fisico del padre non resse più oltre agli stenti; fu assalito dalla febbre e i fedeli lo portarono di peso a Tananarive. Là lo curarono come si poteva ed egli si riprese: convalescente, trascorse lunghe ore in ginocchio davanti al S.mo Sacramento, fece ancora una volta gli esercizi spirituali e poi, non potendo più stare lontano dai suoi cristiani, si affrettò a lasciare la capitale per ritornare fra loro. Il 21 maggio raggiunse i fedeli che, smarriti durante la sua assenza, riacquistarono serenità e sicurezza al rivederlo. Il 7 giugno, però, il P. Berthieu ricevette una notificazione delle autorità militari secondo la quale i profughi che erano con lui, in numero di circa 2.000, dovevano immediatamente mettersi in cammino alla volta di Tananarive, sotto la scorta di un gruppo di soldati francesi.

    Celebrata la messa, il missionario si unì alla folla che si avviava sul sentiero che conduceva alla capitale. Mentre i soldati francesi stavano in testa, noncuranti di coloro che non li potevano seguire, i malati, i vecchi, i bambini rimanevano indietro, sempre più distanti da loro; la colonna si snodava per alcuni chilometri. Il padre, a cavallo, cercava di andare ora presso gli uni ora presso gli altri per incoraggiarli. Ad un certo momento gli giunsero grida di invocazione, ed egli ritornò sui suoi passi: un dipendente della missione, che il padre tanto amava, era sul ciglio del sentiero e piangeva di dolore e di paura. Il padre ebbe compassione di lui e gli diede il suo cavallo.

    A tre chilometri circa a nord del mercato di Talata, alcuni gruppi di Ménalamba fecero irruzione. Il padre, insieme con alcuni cristiani, riuscì a raggiungere Ambohibemasoandro: vi trascorse la notte e celebrò la messa il mattino seguente, 8 giugno. Nel pomeriggio, il villaggio fu invaso dai Ménalamba, che erano stati informati della sua presenza. Lo scoprirono e lo catturarono, poi lo trascinarono verso la porta del villaggio dove sopraggiunse uno dei caporioni che sferrò al padre un colpo di accetta sul collo, ferendolo; poi lo forzarono a proseguire. Quando il P. Berthieu ebbe varcata la porta a sud di Ambohibemasoandro, i Fahavalo lo spogliarono della sottana. Allora si vide il crocifisso che egli portava al collo. Uno dei capi dei Fahavalo, glielo strappò violentemente gridando: « Ecco il tuo amuleto! È di questo che ti servi per traviare la gente! ». Poi gli domandò: « Dimmi, continuerai ancora a pregare e a far pregare la gente, sì o no? ». – « Certo che pregherò ancora, fino alla morte », fu la sua risposta.

    Una volta giunti presso il villaggio di Ambiatibe, i Ménalamba isolarono il padre a 30 o 40 metri circa, ma senza legarlo. Il capo dei ribelli fece avanzare sei uomini armati di fucile. Al vedere questo il padre si inginocchiò. Ben presto due tiratori spararono un primo colpo, ma non lo colpirono. Egli fece il segno di croce. In quel momento uno dei capi gli si avvicinò e disse: « Rinuncia alla tua stupida religione; non ingannare più la gente; noi ti prenderemo per fare di te un nostro capo e consigliere, e non ti uccideremo ». – « Io non posso assolutamente acconsentire a ciò, figlio mio; preferisco morire ».

    I due uomini spararono di nuovo e fallirono nuovamente il colpo. Un quinto colpo di fucile raggiunse il padre nella schiena, ma senza ucciderlo; il padre rimase semplicemente in ginocchio. Allora il capitano gli si avvicinò e gli scaricò un colpo alla nuca che lo uccise. Era l’8 giugno 1896.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

    a) In vista della beatificazione

 

    In virtù della fama di martirio del Padre Giacomo Berthieu, largamente diffusa sia in Madagascar che in Francia, si svolsero il Processo informativo sul martirio nella Curia arcivescovile di Antananarivo dal 1933 al 1935 ed il Processo rogatoriale nella Curia diocesana di Saint Fleur in Francia nel 1934.

    Il Sommo Pontefice firmò il decreto sulla introduzione della Causa il 26 giugno 1940.

    Durante gli anni 1947-1948 si svolse il Processo apo­stolico sul martirio del Servo di Dio nella Arcidiocesi di Antana­narivo. Il decreto super martyrio fu promulgato l’8 aprile 1964.

    Il Sommo Pontefice Paolo VI procedette alla beatificazione del Padre Giacomo Berthieu il 17 ottobre 1965.

 

    b) In vista della canonizzazione

 

    Dall’11 marzo al 28 agosto 2005 si è svolta nell’Arci­diocesi di Antananarivo l’Inchiesta diocesana su un presunto miracolo ottenuto per intercessione del Beato, e cioè la guarigione straordinaria del Sig. Jean François Régis Randriamiadana.

    La Consulta Medica della Congregazione, riunitasi per la seconda volta il 7 maggio 2009, all’unanimità ha riconosciuto che la guarigione non è spiegabile in base alle attuali conoscenze delle scienze mediche.

    Il 15 luglio 2009 si è tenuto il Congresso Speciale della Congre­gazione delle Cause dei Santi. Dopo le puntualizzazioni della Postulazione, il caso è stato riesaminato, con esito positivo, dai Consultori Teologi il 21 maggio del 2011.

    L’8 novembre 2011 si è tenuta la Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi.

    Sua Santità Benedetto XVI ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto super miraculo.

CAPPELLA PAPALE
PER LA CANONIZZAZIONE DEI BEATI:

GIACOMO BERTHIEU
PEDRO CALUNGSOD
GIOVANNI BATTISTA PIAMARTA
MARIA DEL MONTE CARMELO SALLÉS Y BARANGUERAS
MARIANNA COPE
CATERINA TEKAKWITHA
ANNA SCHÄFFER

OMELIA DEL SANTO PADRE BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 21 ottobre 2012

 

 

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr Mc 10,45).

Venerati Fratelli,
cari fratelli e sorelle!

Oggi la Chiesa ascolta ancora una volta queste parole di Gesù, pronunciate durante il cammino verso Gerusalemme, dove si doveva compiere il suo mistero di passione, morte e risurrezione. Sono parole che contengono il senso della missione di Cristo sulla terra, segnata dalla sua immolazione, dalla sua donazione totale. In questa terza domenica di ottobre, nella quale si celebra la Giornata Missionaria Mondiale, la Chiesa le ascolta con particolare intensità e ravviva la consapevolezza di essere tutta intera in perenne stato di servizio all’uomo e al Vangelo, come Colui che ha offerto se stesso fino al sacrificio della vita.

Rivolgo il mio saluto cordiale a tutti voi, che riempite Piazza San Pietro, in particolare le Delegazioni ufficiali e i pellegrini venuti per festeggiare i sette nuovi Santi. Saluto con affetto i Cardinali e i Vescovi che in questi giorni stanno partecipando all’Assemblea sinodale sulla Nuova Evangelizzazione. E’ felice la coincidenza tra questa Assise e la Giornata Missionaria; e la Parola di Dio che abbiamo ascoltato risulta illuminante per entrambe. Essa mostra lo stile dell’evangelizzatore, chiamato a testimoniare ed annunciare il messaggio cristiano conformandosi a Gesù Cristo, seguendo la sua stessa vita. Questo vale sia per la missione ad gentes, sia per la nuova evangelizzazione nelle regioni di antica cristianità.

Il Figlio dell’uomo è venuto per servire e dare la propria vita in riscatto per molti (cfr Mc 10, 45).

Queste parole hanno costituito il programma di vita dei sette Beati che oggi la Chiesa iscrive solennemente nella gloriosa schiera dei Santi. Con eroico coraggio essi hanno speso la loro esistenza nella totale consacrazione a Dio e nel generoso servizio ai fratelli. Sono figli e figlie della Chiesa, che hanno scelto la vita del servizio seguendo il Signore. La santità nella Chiesa ha sempre la sua sorgente nel mistero della Redenzione, che viene prefigurato dal profeta Isaia nella prima Lettura: il Servo del Signore è il Giusto che «giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità» (Is 53,11); questo Servo è Gesù Cristo, crocifisso, risorto e vivo nella gloria. L’odierna canonizzazione costituisce un’eloquente conferma di tale misteriosa realtà salvifica. La tenace professione di fede di questi sette generosi discepoli di Cristo, la loro conformazione al Figlio dell’Uomo risplende oggi in tutta la Chiesa.

Jacques Berthieu, né en 1838, en France, fut très tôt passionné de Jésus-Christ. Durant son ministère de paroisse, il eut le désir ardent de sauver les âmes. Devenu jésuite, il voulait parcourir le monde pour la gloire de Dieu. Pasteur infatigable dans l’île Sainte Marie puis à Madagascar, il lutta contre l’injustice, tout en soulageant les pauvres et les malades. Les Malgaches le considéraient comme un prêtre venu du ciel, disant : Vous êtes notre ‘père et mère’ ! Il se fit tout à tous, puisant dans la prière et dans l’amour du Cœur de Jésus la force humaine et sacerdotale d’aller jusqu’au martyre en 1896. Il mourut en disant : ‘Je préfère mourir plutôt que renoncer à ma foi’. Chers amis, que la vie de cet évangélisateur soit un encouragement et un modèle pour les prêtres, afin qu’ils soient des hommes de Dieu comme lui ! Que son exemple aide les nombreux chrétiens persécutés aujourd’hui à cause de leur foi ! Puisse en cette Année de la foi, son intercession porter des fruits pour Madagascar et le continent africain ! Que Dieu bénisse le peuple malgache !

[Jacques Berthieu, nato nel 1838, in Francia, fu ben presto conquistato da Gesù Cristo. Durante il suo ministero in parrocchia, ebbe il desiderio ardente di salvare le anime. Diventato gesuita, voleva percorrere il mondo per la gloria di Dio. Pastore infaticabile nell’Isola Santa Maria e poi nel Madagascar, lottò contro l’ingiustizia, mentre recava sollievo ai poveri e ai malati. I Malgasci lo consideravano come un sacerdote venuto dal cielo, dicendo: Lei è il nostro ‘padre e madre’! Si fece tutto a tutti, attingendo nella preghiera e nell’amore del Cuore di Gesù la forza umana e sacerdotale di giungere fino al martirio nel 1896. Morì dicendo: «Preferisco morire piuttosto che rinunciare alla mia fede». Cari amici, la vita di questo evangelizzatore sia un incoraggiamento e un modello per i sacerdoti, affinché siano uomini di Dio come lui! Il suo esempio aiuti i numerosi cristiani oggi perseguitati a causa della fede! Possa la sua intercessione, in questo Anno della fede, portare frutti per il Madagascar e il continente africano! Dio benedica il popolo malgascio!]

Pedro Calungsod was born around the year 1654, in the Visayas region of the Philippines. His love for Christ inspired him to train as a catechist with the Jesuit missionaries there. In 1668, along with other young catechists, he accompanied Father Diego Luis de San Vitores to the Marianas Islands in order to evangelize the Chamorro people. Life there was hard and the missionaries faced persecution arising from envy and slander. Pedro, however, displayed deep faith and charity and continued to catechize his many converts, giving witness to Christ by a life of purity and dedication to the Gospel. Uppermost was his desire to win souls for Christ, and this made him resolute in accepting martyrdom. He died on 2 April 1672. Witnesses record that Pedro could have fled for safety but chose to stay at Father Diego’s side. The priest was able to give Pedro absolution before he himself was killed. May the example and courageous witness of Pedro Calungsod inspire the dear people of the Philippines to announce the Kingdom bravely and to win souls for God!

[Pedro Calungsod nacque intorno al 1654, nella regione di Visayas nelle Filippine. Il suo amore per Cristo lo spinse a prepararsi per diventare catechista con i missionari Gesuiti di quel luogo. Nel 1668, assieme ad altri giovani catechisti, accompagnò il P. Diego Luis de San Vitores alle Isole Marianas per evangelizzare il popolo Chamorro. La vita là era dura e i missionari soffrirono persecuzioni a causa di invidie e calunnie. Pedro, però, dimostrò fede e carità profonde e continuò a catechizzare i molti convertiti, dando testimonianza a Cristo mediante una vita di purezza e di dedizione al Vangelo. Molto intenso era il suo desiderio di guadagnare anime a Cristo, e ciò lo rese risoluto nell’accettare il martirio. Morì il 2 aprile 1672. Testimoni raccontano che Pedro avrebbe potuto mettersi in salvo ma scelse di rimanere al fianco di P. Diego. Il sacerdote ebbe modo di dare l’assoluzione a Pedro prima di essere lui stesso ucciso. Possano l’esempio e la coraggiosa testimonianza di Pedro Calungsod ispirare le care popolazioni delle Filippine ad annunciare il Regno di Dio con forza e guadagnare anime a Dio!]

Giovanni Battista Piamarta, sacerdote della diocesi di Brescia, fu un grande apostolo della carità e della gioventù. Avvertiva l’esigenza di una presenza culturale e sociale del cattolicesimo nel mondo moderno, pertanto si dedicò all’elevazione cristiana, morale e professionale delle nuove generazioni con la sua illuminata carica di umanità e di bontà. Animato da fiducia incrollabile nella Divina Provvidenza e da profondo spirito di sacrificio, affrontò difficoltà e fatiche per dare vita a diverse opere apostoliche, tra le quali: l’Istituto degli Artigianelli, l’Editrice Queriniana, la Congregazione maschile della Santa Famiglia di Nazareth e la Congregazione delle Umili Serve del Signore. Il segreto della sua intensa ed operosa vita sta nelle lunghe ore che egli dedicava alla preghiera. Quando era oberato di lavoro, aumentava il tempo per l’incontro, cuore a cuore, con il Signore. Preferiva le soste davanti al santissimo Sacramento, meditando la passione, morte e risurrezione di Cristo, per attingere forza spirituale e ripartire alla conquista del cuore della gente, specie dei giovani, per ricondurli alle sorgenti della vita con sempre nuove iniziative pastorali.

«Que tu misericordia, Señor, venga sobre nosotros como lo esperamos de ti». Con estas palabras, la liturgia nos invita a hacer nuestro este himno al Dios creador y providente, aceptando su plan en nuestras vidas. Así lo hizo Santa María del Carmelo Sallés y Barangueras, religiosa nacida en Vic, España, en mil ochocientos cuarenta y ocho. Ella, viendo colmada su esperanza, después de muchos avatares, al contemplar el progreso de la Congregación de Religiosas Concepcionistas Misioneras de la Enseñanza, que había fundado en mil ochocientos noventa y dos, pudo cantar junto a la Madre de Dios: «Su misericordia llega a sus fieles de generación en generación». Su obra educativa, confiada a la Virgen Inmaculada, sigue dando abundantes frutos entre la juventud a través de la entrega generosa de sus hijas, que como ella se encomiendan al Dios que todo lo puede.

[«Donaci, Signore, il tuo amore: in te speriamo». Con queste parole, la liturgia ci invita a fare nostro questo inno a Dio creatore e provvidente, accettando il suo progetto nella nostra vita. Così fece santa Maria del Carmelo Sallés y Barangueras, religiosa nata a Vic, in Spagna, nel 1848. Ella, vedendo realizzata la sua speranza, dopo molte vicissitudini, contemplando lo sviluppo della Congregazione delle Religiose Concezioniste Missionarie dell’Insegnamento, che aveva fondato nel 1892, poté cantare insieme con la Madre di Dio: «Di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono». La sua opera educativa, affidata alla Vergine Immacolata, continua a portare frutti abbondanti in mezzo alla gioventù mediante l’impegno generoso delle sue figlie, che come lei si pongono nelle mani del Dio che tutto può.]

I now turn to Marianne Cope, born in 1838 in Heppenheim, Germany. Only one year old when taken to the United States, in 1862 she entered the Third Order Regular of Saint Francis at Syracuse, New York. Later, as Superior General of her congregation, Mother Marianne willingly embraced a call to care for the lepers of Hawaii after many others had refused. She personally went, with six of her fellow sisters, to manage a hospital on Oahu, later founding Malulani Hospital on Maui and opening a home for girls whose parents were lepers. Five years after that she accepted the invitation to open a home for women and girls on the island of Molokai itself, bravely going there herself and effectively ending her contact with the outside world. There she looked after Father Damien, already famous for his heroic work among the lepers, nursed him as he died and took over his work among male lepers. At a time when little could be done for those suffering from this terrible disease, Marianne Cope showed the highest love, courage and enthusiasm. She is a shining and energetic example of the best of the tradition of Catholic nursing sisters and of the spirit of her beloved Saint Francis.

[Rivolgo ora lo sguardo a Marianne Cope, nata nel 1838 ad Heppenheim, in Germania. Quando aveva un anno soltanto fu portata negli Stati Uniti, e nel 1862 entrò nel Terz’Ordine Regolare di san Francesco a Syracuse, New York. In seguito, come Superiora Generale della sua Congregazione, Madre Marianne accolse di sua volontà una chiamata a prendersi cura dei lebbrosi delle Hawaii, dopo che molti altri avevano rifiutato. Si recò là con sei consorelle, per gestire un ospedale a Oahu e successivamente fondare l’ospedale Malulani a Maui ed aprire una casa per ragazze i cui genitori erano lebbrosi. Dopo cinque anni, accettò l’invito ad aprire una casa per donne e ragazze nella stessa isola di Molokai, coraggiosamente andandovi lei stessa ed in pratica terminando il proprio contatto con il mondo esterno. Là si prese cura di padre Damiano, già famoso per la sua eroica attività fra i lebbrosi, curandolo sino alla morte e prendendone il posto fra i lebbrosi maschi. Quando ancora si poteva fare poco per quanti soffrivano di questa terribile malattia, Marianne Cope dimostrò l’amore, il coraggio e l’entusiasmo più alti. Ella è un luminoso e forte esempio della migliore tradizione cattolica nell’accudire alle sorelle e dello spirito del suo amato san Francesco.]

Kateri Tekakwitha was born in today’s New York state in 1656 to a Mohawk father and a Christian Algonquin mother who gave to her a sense of the living God. She was baptized at twenty years of age and, to escape persecution, she took refuge in Saint Francis Xavier Mission near Montreal. There she worked, faithful to the traditions of her people, although renouncing their religious convictions until her death at the age of twenty-four. Leading a simple life, Kateri remained faithful to her love for Jesus, to prayer and to daily Mass. Her greatest wish was to know and to do what pleased God.

[Kateri Tekakwitha nacque nell’odierno stato di New York nel 1656 da padre Mohawk e da madre cristiana algonchina, che le trasmise il senso del Dio vivente. Fu battezzata all’età di vent’anni e, per fuggire dalle persecuzioni, si rifugiò nella missione di san Francesco Saverio vicino a Montreal. Là lavorò, fedele alle tradizioni del suo popolo - anche se rinunciò alle convinzioni religiose della sua gente - sino alla morte all’età di 24 anni. Vivendo un’esistenza semplice, Kateri rimase fedele al suo amore per Gesù, alla preghiera e alla Messa quotidiana. Il suo più grande desiderio era conoscere Dio e fare ciò che a Lui piace.]

Kateri nous impressionne par l’action de la grâce dans sa vie en l’absence de soutiens extérieurs, et par son courage dans sa vocation si particulière dans sa culture. En elle, foi et culture s’enrichissent mutuellement ! Que son exemple nous aide à vivre là où nous sommes, sans renier qui nous sommes, en aimant Jésus ! Sainte Kateri, protectrice du Canada et première sainte amérindienne, nous te confions le renouveau de la foi dans les premières nations et dans toute l’Amérique du Nord ! Que Dieu bénisse les premières nations !

[Kateri ci impressiona per l’azione della grazia nella sua vita in assenza di sostegni esterni, e per il coraggio nella vocazione tanto particolare nella sua cultura. In lei, fede e cultura si arricchiscono a vicenda! Il suo esempio ci aiuti a vivere là dove siamo, senza rinnegare ciò che siamo, amando Gesù! Santa Kateri, patrona del Canada e prima santa amerinda, noi ti affidiamo il rinnovamento della fede nelle prime nazioni e in tutta l’America del Nord! Dio benedica le prime nazioni!]

Anna Schäffer aus Mindelstetten wollte als Jugendliche in einen Missionsorden eintreten. Da sie aus einfachen Verhältnissen stammte, versuchte sie die nötige Aussteuer für die Aufnahme ins Kloster als Dienstmagd zu verdienen. In dieser Stellung erlitt sie einen schweren Unfall mit unheilbaren Verbrennungen an den Beinen, der sie für ihr ganzes weiteres Leben ans Bett fesselte. So wurde ihr das Krankenlager zur Klosterzelle und das Leiden zum Missionsdienst. Sie haderte zunächst mit ihrem Schicksal, verstand ihre Situation dann aber als einen liebevollen Ruf des Gekreuzigten in seine Nachfolge. Gestärkt durch die tägliche Kommunion wurde sie zu einer unermüdlichen Fürsprecherin im Gebet und zu einem Spiegel der Liebe Gottes für viele Ratsuchende. Ihr Apostolat des Betens und des Leidens, des Opferns und des Sühnens sei den Gläubigen in ihrer Heimat ein leuchtendes Vorbild, ihre Fürbitte stärke die christliche Hospizbewegung in ihrem segensreichen Wirken.

[Anna Schäffer di Mindelstetten, da giovane, voleva entrare a far parte di un Ordine religioso missionario. Essendo di modesta provenienza, cercò di guadagnare come domestica la dote necessaria per essere accolta in convento. In questo lavoro ebbe un grave incidente con ustioni inguaribili alle gambe, che la costrinsero al letto per tutta la vita. Così, il letto di dolore diventò per lei cella conventuale e la sofferenza costituì il suo servizio missionario. Inizialmente si lamentava della propria sorte, ma poi giunse a interpretare la sua situazione come una chiamata amorevole del Crocifisso a seguirLo. Confortata dalla Comunione quotidiana, ella diventò un’instancabile strumento di intercessione nella preghiera e un riflesso dell’amore di Dio per molte persone che cercavano il suo consiglio. Possa il suo apostolato di preghiera e di sofferenza, di sacrificio e di espiazione costituire un esempio luminoso per i fedeli nella sua Patria, e la sua intercessione rafforzi il movimento cristiano di hospice [centri di cure palliative per malati terminali] nel loro benefico servizio.]

Cari fratelli e sorelle! Questi nuovi Santi, diversi per origine, lingua, nazione e condizione sociale, sono uniti con l’intero Popolo di Dio nel mistero di salvezza di Cristo, il Redentore. Insieme a loro, anche noi qui riuniti con i Padri sinodali venuti da ogni parte del mondo, con le parole del Salmo proclamiamo al Signore che «egli è nostro aiuto e nostro scudo», e lo invochiamo: «Su di noi sia il tuo amore, Signore, come da te noi speriamo» (Sal 32,20-22). Possa la testimonianza dei nuovi Santi, della loro vita generosamente offerta per amore di Cristo, parlare oggi a tutta la Chiesa, e la loro intercessione possa rafforzarla e sostenerla nella sua missione di annunciare il Vangelo al mondo intero.

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta beatificatione

 

PAULUS PP. VI

ad perpetuam rei memoriam

 

 

    « “Inter persecutiones mundi et consolationes Dei peregrinando pro­currit Ecclesia ” (S. August., Civ. Dei, 18, 51, 2; PL 41, 614), crucem et mortem Domini annuntians, donec veniat » (cfr. 1 Cor. 11, 26; Conc. Oec. Vat. II, Const. De Eccl.; A. A. S., LVII, 1965, p. 12). Cuius rei effectores ac testes praecipui sunt martyres, quorum « multitudinem in omni tempore illa praemittit ad Patrem » (cfr. S. Iren., Adv. Haer. 4, 33, 9; PG 7, 1078). Atque gaudemus, quod Nobis datur hac ipsa aetate, qua Concilium Oecu­menicum Vaticanum Secundum agitur, cuius ope mysterium Ecclesiae clarius et efficacius est propositum, egregium eiusdem piissimae Matris filium, humilem patientemque sacerdotem, studio apostolico flagrantem praeconem Evangelii, dignum Societatis Iesu sodalem, Iacobum Berthieu, Beatorum Martyrum agmini sollemni ritu inserere. Hi sunt gloria summa Ecclesiae, quae « tanto magis pullulat, quanto uberiore martyrum sanguine rigatur » (cfr. S. August., De cat. rud. 24, 44; PL 40, 341). Laetamur etiam quod copiosa seges spiritualis, quae ex cruore profuso ab eo, quem hodie celebramus, surrexit, Madagascariae insulae contigit, ad Africam adia­centi, terram illam amplissimam, quam, Ugandenses Martyres Sanctorum albo annumerantes, appellare non dubitavimus « regionem Evangelio patentem novamque patriam Christi » (cfr. Homil.; A. A. S. LXI, 1964, pp. 907-908).

    Iacobus in praedio, quod, Monlogis appellatum, agro Polminhacensi ac finibus dioecesis Sancti Flori continetur, die vicesima septima mensis Novembris anno millesimo octingentesimo duodequadragesimo est natus, secundus e septem filiis agricolarum Petri Berthieu et Catharinae Lamou­re, qui animi virtutes Arvernorum proprias christianae vitae institutis locuple­tabant. Eodem die Christo renatus, in domestico convictu pie inno­centerque adolevit. Cum, undecimum fere annum agens, divinam Euchari­stiam primum sumpsisset, coepit, ut videtur, de capessendo sacerdotio cogitare. Vocanti Deo tunc, quemadmodum per totius vitae cursum, animo prompto et alacri obtemperavit. Studia in seminario minore oppidi Pleaux et maiore urbis Sancti Flori diligenter exercuit. Quibus absolutis, die vicesima prima mensis Maii anno millesimo octingentesimo sexagesimo quarto sacerdotium iniit munusque pastoris animarum. Episcopi iussu in paroecia Roannes-Saint-Mary ut adiutor a sacris salutari est functus officio; propter studium religionis et caritatem populo acceptus, dome­sticas difficultates aequo demissoque animo est perpessus.

    Veteri propensioni obsecundans, post novem annos in paroecia illa exactos, Societati Iesu nomen dare constituit, in qua Deo devotius vitae genus obiret et crucis salvificae nuntium ad ethnicas gentes deferret. Post­quam igitur matrem et fratres, quos unice amabat – pater immatura morte erat ademptus – reliquit, in urbe Palo seu, ut vulgo appellant, Pau tiro­nibus provinciae Tolosanae eiusdem Societatis est adiunctus. Ibi prae­ceptis Sancti Ignatii a Loyola conformatus, validus Christi miles evasit, paratus omnia facere et pati ad eius gloriam procurandam. Cuius exem­plum Gabriel frater natu minor est secutus, exemplum praebens verae altiorisque germanitatis.

    E religiosa domo oppidi Valli seu Vals, quo, probationis tempus expleturus, secesserat, in Madagascariam insulam, voti compos factus, se contulit. Haec enim ei assignata fuit quasi virtutis operisque apostolici palaestra. « In nomine Domini tantum laxabo rete »: haec eius verba fuerunt, cum ad illam appulisset regionem, unde se numquam reversurum esse praescivit. Vir igitur Dei, omnia e re et veritate christiana aestimans, nihil quaerens nisi regni Christi propagationem, in insula Sanctae Mariae, quae Madagascariae est finitima, apostolatus missionalis initia posuit: totus fuit in tradenda catechesi, Sacramentis administrandis, fidelibus invisendis, aegro­tis relevandis, maxime leprosis, quos singulari complecte­batur caritate. Prae­terea, pro ingenio suo ad omnia versatili, agrorum culturam provexit, auto­chthonas hoc modo in meliorem statum socialem traducens et efficiens, ut statio missionalis ludum puerorum posset sustinere. Ab iis vero, in quos tot conferebat beneficia, impense est redamatus.

    Attamen saeva tempestas mox est coorta: anno enim millesimo octingentesimo octogesimo a Moderatoribus Galliae, sub cuius dicione Mada­ga­scaria erat, decreta lata sunt religiosis sodalibus, nominatim Socie­tati Iesu, infesta. Hac de causa Famulus Dei de insula Sanctae Mariae discedere coactus est « post tot labores, nisus, incepta, studia », ut ipsemet scripsit. Subsequenti tempore, inter res secundas et adversas, pluribus in locis est versatus, non sibi, sed Deo vivens et ovibus. In pago Ambohiman­droso, intra fines insulae Madagascariae posito, novo impetu novaque cum fructuum copia missionale institit opus, sed bello inter Gallos et Madaga­scarienses suborto, e vico illo expulsus est et, inter pericula et vexationes, una cum sociis in oppidum Tamatave deductus; ubi dum tenetur, otio usus est ad sacrum ministerium exercendum, praesertim inter milites Gallos, qui frequen­tes aderant, et ad necessitates sodalium horti cultura sublevandas. Pace composita, in oppidum Tamatave rediit, unde Tananarivum, in urbem Mada­gascariae principem, est devocatus. Merito gaudebat, quod tot inter turbas, insectationes, orbitates, non pauci laici fide et constantia in exem­plum praeluxerant. Deinde indefatigatus apostolus stationi Ambositra est praefectus, ubi iterum « omnibus omnia fieri » (cfr. 1 Cor., 9, 22) conten­debat.

    Sed post quinque amplius annos Christi athleta tandem in arenam est arcessitus, ut coronam acciperet. Etenim e Moderatoris voluntate, discidii molestiam fortiter tolerans, amplam stationem Andrainarivo, quae et Anjozorofady appellabatur, missionali labore excolendam suscepit. Dum vires corporis extenuabantur, animi vigor videbatur augescere: magis magisque a rebus terrenis se abstrahebat, voluntariis se dabat castigationi­bus, humili­tatem sectabatur; vitae ipse inhians aeternae, de ea et resur­rectione mortuo­rum ad fideles saepius loquebatur. Bello renovato, aliquandiu coactus est exsulare. Ubi primum revertendi copia fuit, fideles suos pastorali caritate est amplexus.

    Sed gravius periculum impendebat: catervae seditiosorum, qui Fahavalo seu Menalamba vulgo nuncupabantur, regionem percurrere coepe­runt. Rebellantes maxime Evangelii praeconibus erant infensi, quod, christiana religione inducta, numina sua et amuleta potentia et vi essent destituta: illos igitur de medio esse tollendos et fidem ab iisdem annuntiatam funditus evertendam. Iam in territorium curis Famuli Dei commissum invaserunt: bonus pastor, oves nullo modo relinquens, iis adest, eas solatur, confirmat. De sede sua cum iis abductus et extrema paupertate gravibusque afflictationibus vexatus, nihil queritur, utpote qui summas divitias, Deum, possideat. Febri correptus, a christianis Tanana­rivum est delatus. Ubi, cum e morbo convalesceret, multas horas in adorando augusto Eucharistiae Sacramento ducebat. Sed iam a fidelibus suis diutius se abesse non est passus. Quamvis vires eius adhuc essent infirmae, eo properavit, ubi filios suos sciebat periculis urgeri. Sed post non multum tempus iussus est cum duobus fere milibus profugorum inde recedere; proficiscitur lacrimabile agmen: iuveni, qui iter pedibus pergere nequit, sollicitus sacerdos equum, quo ipse vectus est, tradit; corpus trahentes erigit, afflictis solacium et levamentum studet afferre.

    Seditiosis irrumpentibus, in vicum munitum, qui Ambohibemasoan­dro vocatur, confugiunt. Ibi Iacobus postremum divinam victimam in Eucharistico Sacrificio offert, victima ipse mox futurus. Iam sceleratus furor Christi quaerit praeconem: is captus plectitur, veste sacra exuitur, cruce, quam ante pectus gerit, spoliatur. Accusant eum, quod Deo adhibet preces et ad adhibendas alios adducit, quod coniugii indissolubile vincu­lum defendit. Raptant eum extra pagum, mittunt ad ducem. Unus e priori­bus conatur ei persuadere, ut a religione catholica deficiat: « Hac de re », ita respondet Famulus Dei, « tecum consentire nequeo prorsus; malo mori ». Nudatum, Deo supplicantem – precatoria Rosarii corona est in manibus eius –, oppro­briis affectum, ad necem producunt prope oppidum Ambiatibe. Genibus nisum semel, iterum, tertio petunt plumbeis glandibus e manuballistis emissis; denique ferocissimus dux fusti caput eius diffrin­git. At non expletur imma­nitas patrato facinore. Nam corpus, sepulcri carens honore, in vicinum proicitur flumen. Sic ergo die octava mensis Iunii anno millesimo octingen­tesimo nonagesimo sexto Iacobus Berthieu, pius et intrepidus sacerdos Christi, praeclarissimum testimonium praebuit fidei et amoris; atque adeo recte in eum cadunt haec verba Sancto Ambrosio ascripta: « Appellabo Martyrem, praedicavi satis » (cfr. De Virg. I, 2; PL 16, 200, annot.).

    Tanta autem virtus et religionis causa toleratum supplicium e populi et sodalium memoria non exciderunt. Quapropter, huiusmodi fama percre­brescente, de Famuli Dei Iacobi Berthieu martyrio et martyrii causa, post ordinarios, quos vocant, processus, apud Sacram Rituum Congrega­tionem acta est quaestio. Commissionem autem Introductionis Causae de eodem Famulo Dei Beatis Caelitibus accensendo Pius Pp. XII, Decessor Noster fel. rec., die vicesima sexta mensis Iunii anno millesimo nongentesimo quadra­gesimo manu sua obsignavit.

    Absolutis deinde omnibus, quae secundum Sacri illius Consilii insti­tuta cognoscenda fuerant ac pertractanda, coactisque de more Comitiis, Nos, lato decreto die octava mensis Aprilis anno millesimo nongentesimo sexagesimo quarto de Venerabilis Iacobi Berthieu martyrio et martyrii causa tam mani­festo constare ediximus, ut, concessa a signis seu miraculis omni­que alia opportuna dispensatione, ad reliqua pergi potuerit. Id unum igitur superfuit excutiendum, utrum, stante approbatione martyrii martyrii­que causae necnon dispensatione a signis seu miraculis, tuto procedi posset ad sollemnem eiusdem Famuli Dei Beatificationem. Quod quidem factum est. Purpurati enim Patres Sacris Ritibus tuendis praepositi, Praelati Officiales Patresque Consultores id fieri posse cunctis sententiis affirmaverunt.

    Quorum exceptis suffragiis ac Deo enixis precibus admotis, Nos die octava Iulii anno millesimo nongentesimo sexagesimo quinto ad Venera­bilis Famuli Dei Iacobi Berthieu sollemnem Beatificationem tuto procedi posse ediximus. Quae cum ita sint, Nos, vota Societatis Iesu necnon fidelis populi Gallici et Madagascariensis implentes, Apostolica Nostra auctori­tate, harum Litterarum vi perpetuumque in modum facultatem facimus, ut Venerabilis Dei Famulus Iacobus Berthieu, Martyr, Beati nomine in poste­rum appelle­tur, eiusque reliquiae, si exstent, non tamen in sollem­nibus supplicationibus deferendae, publicae Christifidelium venera­tioni propo­nantur, atque ut eiusdem imagines radiis decorentur. Praeterea, eadem Nostra auctoritate concedimus, ut de illo recitetur quotannis Officium de Communi unius Martyris cum Lectionibus propriis per Nos approbatis, et Missa cum partibus propriis approbatis celebretur iuxta Breviarii et Missalis Romani rubricas. Eiusmodi vero Officii recitationem Missaeque celebrationem fieri dumtaxat largimur in dioecesi Sancti Flori, intra cuius fines Beatus ipse ortus est, et, ex peculiari indulto, in tota Ma­dagascaria, ubi, martyrio corona­tus, migravit e vita; itemque in omnibus templis et sacellis ubique terrarum sitis, quibus Societas Iesu utitur, ab omnibus fidelibus, qui horas canonicas recitare teneantur, et, quod ad Missas attinet, a sacerdotibus omnibus, ad templa seu sacella, in quibus Beati ipsius festum agatur, convenientibus.

    Largimur denique, ut sollemnia Beatificationis eiusdem Famuli Dei, servatis servandis, in praedictis dioecesibus ac templis et sacellis, die legi­tima auctoritate statuenda, celebrentur, intra annum postquam sollemnia eadem in Sacrosancta Patriarchali Basilica Vaticana fuerint peracta. Non obstantibus Constitutionibus et Ordinationibus Apostolicis necnon Decre­tis de non cultu editis ceterisque quibusvis contrariis.

    Volumus autem, ut harum Litterarum exemplis, etiam impressis, dum­modo manu Secretarii Sacrae Rituum Congregationis subscripta sint atque eiusdem Congregationis sigillo munita, etiam in iudicialibus disceptatio­nibus, eadem prorsus fides adhibeatur, quae Nostrae voluntatis significa­tioni, hisce ostensis Litteris, haberetur.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XVII mensis Octobris, Dominica XIX post Pentecosten, anno MCMLXV, Pontifi­catus Nostri tertio.

 

                                                                               

Hamletus I. Card. Cicognani

a publicis Ecclesiae negotiis

 

 

Loco X Sigilli

AAS 57 (1965), 817-822 

BEATIFICAZIONE DEL MARTIRE GIACOMO BERTHIEU

ALLOCUZIONE DI SUA SANTITÀ PAOLO VI

Domenica, 17 ottobre 1965

          

Signori Cardinali!
Venerati Fratelli!
Illustri Signori del Madagascar e della Francia!
Fedeli e Figli tutti carissimi!

Gaudeamus omnes in Domino! Rallegriamoci tutti nel Signore! La Santa Chiesa, con la beatificazione di Giacomo Berthieu, Sacerdote, Religioso, Missionario, Martire, ci autorizza, anzi ci esorta ad onorare uno dei suoi figli migliori, riconosciuto oggi ufficialmente meritevole dell’eterna gloria celeste, e degno pertanto del nostro culto, riflesso di quello che dobbiamo a Cristo Signore, e della nostra fiducia nella sua intercessione in nostro favore. Un nuovo filo si aggiunge alla trama dei rapporti soprannaturali, che intercedono fra la Chiesa trionfante in paradiso e la Chiesa pellegrinante sulla terra, e che formano il tessuto animato della carità, che mai non muore, della comunione dei Santi.

La Chiesa intera guarda commossa e fiera verso il nuovo Beato; contempla nell’umile e tragica vicenda di questo suo testimonio, immolato alla fedeltà intrepida del suo ministero, la presenza perenne di Cristo, che nel suo inviato continua a cercare gli uomini, a parlare, a soffrire, a morire per loro, e per loro a vivere alla destra del Padre, riverberante speranza e gaudio sul Popolo di Dio, nel suo faticoso cammino verso gli eterni destini.

Gaudeamus omnes in Domino!

Questa beatificazione di Giacomo Berthieu viene molto a proposito, non solo a confortare ed a edificare i nostri animi sul sentiero della via cristiana nei suoi molteplici e ardui doveri, variamente assegnati a ciascuno di noi (non è questo uno degli scopi precipui d’ogni canonica esaltazione d’un Beato, o d’un Santo?), ma viene altresì a commentare ed a illustrare la duplice celebrazione missionaria propria di questi giorni; vogliamo dire la Giornata missionaria mondiale, indetta per la prossima domenica, in tutto il mondo cattolico; e vogliamo anche dire l’approvazione dello Schema sull’attività missionaria della Chiesa, testé votata dal Concilio ecumenico. Un campione eroico dell’evangelizzazione cattolica è sollevato davanti a noi quasi per mostrarci all’evidenza in un autentico tipo, in una vita silenziosamente e drammaticamente vissuta, in un determinato momento storico e in un preciso ambiente etnico e geografico, che cosa sia in realtà la Chiesa missionaria.

Faremo bene, Fratelli e Figli carissimi, a ripensare la breve storia di questo Missionario martire; e noi vi scopriremo facilmente quelle leggi che reggono la dottrina dell’evangelizzazione e la vita missionaria. La sua vocazione documenta invero la necessità che domina il fatto missionario; necessità che deriva dal piano di salvezza instaurato dalla sapienza e dalla bontà di Dio; piano non facoltativo (anche se non esclusivo per la misteriosa ampiezza della misericordia divina, che trascende i confini stessi del sistema in cui essa si esercita); non facoltativo, ma unico e necessario, e realizzabile normalmente solo se la libera volontà dell’uomo vi corrisponde; donde la forza obbligante della vocazione missionaria, la più spontanea fra tutte e la più generosa. Documenta la sua vocazione altresì l’aspetto eroico della vita missionaria, che partendo da un distacco d’ogni proprio bene (reliquimus omnia! - Matth. 19, 27) e da un dono totale di sé, non dice mai basta, non dice mai di no a tutte le pene che essa comporta, nemmeno a quella suprema, la morte, che arriva spietata ed assurda, e diventa per il missionario logica ed amica.

Così fu per Giacomo Berthieu. E la sua vocazione missionaria documenta altresì la passione per le anime, la carità per gli uomini, la quale tanto più si compiace mostrarsi eccelsa e sconfinata quanto più gli uomini a cui si rivolge affabile e gratuita, sono lontani, sono sconosciuti, sono per lingua, per costumi, per diffidenza, per cecità di giudizio e d’interesse, difficili e quasi refrattari al colloquio del messaggero evangelico; mentre poi con la fede si accende, dapprima timida ed incerta, dal cuore del missionario a quello del neofita, e divampa in nuova fiamma, che nessun vento contrario mai più spegnerà. Come appunto avvenne alla popolazione evangelizzata della grande isola. Si rispecchia cioè nella semplice e drammatica biografia del Beato Giacomo Berthieu il paradigma della grande idea missionaria, e si realizza in esempio vivente ed eloquente, che sollecita da noi l’ammirazione per lui e per l’idea missionaria che in lui s’incarna; e mentre questo nostro primo e fervoroso atto di culto al Martire Beato ci conforta a pensare che la sua protezione non mancherà di sostenere lo sforzo missionario, a cui oggi la Chiesa cattolica s’impegna con giovanile audacia, e tutti ci farà missionari; tutti cioè ci ammonisce essere dovere comune e grave d’ogni cristiano cercare di trasmettere ad altri il dono della fede; tutti ci vuole collaboratori e sostenitori dell’esercito missionario militante ai margini del regno visibile di Dio per allargarne i confini di civiltà e di salvezza; tutti ci invita a pregare, a offrire, ad operare per la causa missionaria, ch’è quella di Cristo, del suo Vangelo, della sua Chiesa, della sua gloria.