Jean-Baptiste Fouque

Jean-Baptiste Fouque

(1851-1926)

Venerabilità:

- 21 dicembre 2016

- Papa  Francesco

Beatificazione:

- 30 settembre 2018

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 5 dicembre

Sacerdote diocesano dell’Arcidiocesi di Marsiglia, rimase vice-parroco per tutta la vita. Apostolo della carità, promosse numerose opere assistenziali e sociali in favore di giovani, anziani, poveri e ammalati; la sua vita, completamente dedita al servizio dei poveri, si spense il 5 dicembre 1926. Il popolo lo considerò «il San Vincenzo de’ Paoli marsigliese»

  • Biografia
  • il miracolo
  • beatificazione
"Non sono io. È il buon Dio che ha fatto e fa tutto. Mi sento sospinto dal buon Dio"

 

Jean-Baptiste Fouque nacque a Marsiglia, Francia, il 12 settembre 1851. Trascorse l’infanzia in un clima familiare ispirato al cristianesimo: in modo particolare, vide nei genitori un esempio di fede e di carità verso il prossimo e questo insegnamento lo accompagnerà per tutta la vita.

Frequentò le scuole dei Lasalliani e, sulla soglia dell’adolescenza, percepì i segni della vocazione al sacerdozio. In quel contesto ebbe modo di frequentare il Servo di Dio Timon-David, che in un primo momento aiutò lui e altri ragazzi nel discernimento vocazionale; successivamente frequentò il seminario della sua città natale e, al termine del percorso formativo, venne ordinato presbitero il 10 giugno 1876.

Il suo primo incarico pastorale fu quello di viceparroco a Santa Margherita, poi ad Auriol, quindi venne trasferito presso la cattedrale La Major e, infine, presso la parrocchia della Santissima Trinità: per tutta la vita resterà sempre viceparroco. Il tessuto sociale di queste comunità parrocchiali era costituito, accanto alla tradizionale popolazione marsigliese, da giovani donne che, dopo aver abbandonato la campagna, si erano trasferite in città: perciò, bruscamente, dal mondo contadino erano approdate nelle fabbriche, e a servizio di famiglie ricche, con conseguenze problematiche anche sul piano morale e religioso. Soprattutto la condizione femminile appariva estremamente fragile e minacciata dal repentino urbanesimo che, proprio in quegli anni, caratterizzò la metropoli francese.

Perciò nel 1888 aprì una casa di accoglienza a favore della gioventù femminile e, alcuni anni dopo, fu incaricato di prendersi cura degli orfani e dei ragazzi disagiati. A tal fine avviò una rete di rapporti, creò un ristorante, aprì un educandato e avviò altresì diverse iniziative a favore delle donne anziane. Anche i tribunali dello Stato facevano riferimento alle sue istituzioni, per poter collocare ragazzi e giovani condannati per qualche reato o bisognosi di reintegrazione sociale.

Alla fine della prima guerra mondiale numerosi furono gli orfani, provenienti soprattutto dalle regioni del nord della Francia, che trovarono accoglienza e rifugio presso le sue case. L’abbé Fouque istituì anche un ospedale, che volle dedicare a San Giuseppe. L’ultima opera risale al 1921: una casa di accoglienza per bambini e adolescenti handicappati presso Avignone.      

L’abbé Fouque fu un uomo di grande fede. Questo orientamento fondamentale, appreso in famiglia, lo motivò e lo sostenne in tutte le tappe della vita. Fare la volontà di Dio e seguire la via tracciata da Gesù Cristo fu il suo vero progetto, che perseguì fedelmente dall’infanzia fino al ministero sacerdotale, vissuto con straordinaria intensità. Il suo zelo pastorale si fondava sull’amore per Dio e per il suo popolo ed ebbe come costante modello il Cristo Buon Pastore.

Jean Baptiste Fouque manifestò una particolare attitudine per il ministero del servizio e rientra a pieno titolo in quel “cristianesimo sociale” che a cavallo del XIX e XX secolo si pose come una valida risposta ai segni dei tempi, a quelle res novae di cui Leone XIII si rese autorevole interprete.

Sentiva molto la vicinanza verso i poveri e gli infermi e in loro seppe vedere l’icona del Cristo sofferente. La sua casa, nell’ordinarietà della vita pastorale, era sempre aperta a tutti, indigenti e ricchi, sapienti ed ignoranti, che unanimemente riconobbero in lui la presenza di un padre. Con incessante disponibilità si dedicò ad amministrare il sacramento della Riconciliazione e fu operatore di pace nel suo ambiente, non di rado attraversato da tensioni e polemiche. La vita eucaristica e la devozione alla Vergine Maria nutrirono la sua giornata terrena.

In vista della sua beatificazione la Postulazione della Causa ha sottoposto al giudizio della Congregazione delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa di una donna.

L’evento si verificò a Marsiglia nel 1929. A partire dal 1915 la donna iniziò ad avvertire dei fortissimi dolori allo stomaco, con violenti attacchi di vomito e altri fenomeni patologici. L’intero ciclo dell’alimentazione risultò compromesso e si assistette, ovviamente, ad un notevole calo del suo peso corporeo. Una diagnosi, emessa nel 1927, prevedeva un’ulteriore degenerazione; perciò la paziente si sottopose ad intervento chirurgico in una clinica di Marsiglia, ma i risultati furono del tutto insufficienti. Anche un secondo intervento, a pochi mesi di distanza, non sortì alcun miglioramento.

In quella difficile situazione, l’inferma, che negli anni precedenti aveva conosciuto di persona il Ven. Servo di Dio e verso il quale nutriva una grande devozione, rivolse a lui la sua preghiera, chiedendo il dono della guarigione. Inoltre possedeva un reliquiario che era appartenuto al Venerabile e che lei considerava quasi come una reliquia di lui. Improvvisamente, il 25 agosto 1929, mentre tornava in treno da Lourdes, la signora ebbe una violenta crisi cui fece seguito uno svenimento. Le fu amministrata l’unzione degli infermi. Al suo risveglio si trovò completamente guarita. Successive indagini, cui la donna si sottopose, evidenziarono in lei l’assenza di qualsiasi sintomatologia patologica nell’apparato interessato.

Appare evidente la concomitanza cronologica e il nesso tra l’invocazione al Ven. Servo di Dio e la guarigione della signora, che in seguito ha goduto di buona salute ed è stata in grado di gestire una normale vita relazionale.

«Ha esercitato il ministero della bontà» amando «tutte le anime, bene incarnate in corpi viventi, che avevano bisogno di aiuto e che avevano i visi di persone sole e malate, di poveri e bambini». Per questo la Chiesa ora venera come beato il prete marsigliese Jean-Baptiste Fouque, vissuto tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. È stato il cardinale Angelo Becciu, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, a elevarlo agli onori degli altari durante la celebrazione presieduta domenica 30 settembre, in rappresentanza di Papa Francesco, nella cattedrale della città portuale francese. Proprio nella chiesa in cui egli fu viceparroco tra il 1885 e il 1888, prima di raggiungere la parrocchia della Santissima Trinità di La Palud.

«Con creatività, nell’azione concreta, lasciandosi guidare da Dio — ha spiegato il porporato all’omelia — don Fouque ha amato con entusiasmo», perché riteneva che senza quest’ultimo «siamo condannati a vivere nella banalità e nell’indifferenza». Il suo stile di vita è ben riassunto nel consiglio che il prete lasciò a monsignor Blanc, suo successore alla guida delle opere di carità da lui avviate: «Quando avrà un’idea per fare il bene, non rifletta, faccia subito, altrimenti riflettendo si vedono le difficoltà, si esita e così si perdono molte cose buone». Perché, ha rilanciato il cardinale Becciu dal pulpito, è così che si diviene santi: «Facendo il bene. Basta un atto di amore alla volta, uno ogni giorno, ma fatto bene, con convinzione, con entusiasmo, senza rimandare». Solo così «ci diviene accessibile la santità», della quale «spesso ci facciamo una falsa idea, considerando che richiede cose straordinarie» e si finisce col mettere «da parte la nostra vocazione, scegliendo di rifugiarci nella mediocrità».

Eppure a quasi cento anni dalla morte di don Fouque, ha evidenziato il prefetto, ci sono «uomini e donne che continuano, nelle opere da lui fondate, a servire non soltanto i bambini, ma anche tutti quelli che sono resi fragili dalle condizioni di vita, a prescindere della loro età». Di conseguenza, ha aggiunto il celebrante rivolgendosi all’assemblea dei fedeli, «questa testimonianza di amore e di servizio compiuto in nome di Gesù, con e per amore a Gesù, fa di ciascuno di noi oggi autentici missionari della bontà e della misericordia. Ecco la nostra missione; non dobbiamo dormire! E se, sul cammino, inciampiamo o cadiamo, ricordiamoci questo consiglio di don Fouque: “Nonostante quello che ti possa accadere, non scoraggiarti mai!”». Quindi, ha fatto notare il cardinale Becciu, «proclamando beato un marsigliese come voi, riconosciamo che è salito al cielo per il bene che ha fatto. Tutti i marsigliesi possono compiere il bene e divenire, come Jean-Baptiste Fouque, temerari della carità».

Un messaggio che vale soprattutto per i preti e i seminaristi, che nel nuovo beato possono trovare un modello, anzitutto perché «colpiva profondamente nel modo di celebrare la messa e, precorrendo i tempi, insisteva perché molti giovani e adulti ricevessero frequentemente la comunione eucaristica». In secondo luogo, ha proseguito il prefetto, nel ministero della riconciliazione: «ascoltando pazientemente la miseria dei fratelli, ha versato sulle loro sofferenze il balsamo della carità di Cristo» e «la lunga panca accanto al suo confessionale» testimonia quante «persone lo cercavano perché trovavano in lui un uomo di Dio, capace di comprendere l’animo umano». Insomma, ha esortato il cardinale Becciu, in lui il clero può trovare «il coraggio e la perseveranza di farsi prossimo degli altri, particolarmente di chi è ferito o escluso.

Obbedienza, povertà, umiltà, servizio di Dio e dei poveri, ecco le caratteristiche della vita di un sacerdote per il quale tutto era ordinato all’amore di Dio e al servizio delle anime». E nell’odierno «contesto reso difficile a causa dei peccati gravi di certi ministri della nostra Chiesa, — ha concluso il porporato — abbiamo bisogno di sacerdoti come don Fouque, che, come lui, fanno dell’amore di Dio, ricercato nella preghiera e nell’Eucaristia, il centro propulsivo della loro vita totalmente dedicata ai fratelli».