Jean Gabriel Perboyre

Jean Gabriel Perboyre

(1802-1840)

Beatificazione:

- 10 novembre 1889

- Papa  Leone XIII

Canonizzazione:

- 02 giugno 1996

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 11 settembre

Presbitero della Congregazione della Missione e martire: nella città di Wuchang nella provincia dello Hebei in Cina, per predicare il Vangelo assunse un aspetto conforme alle consuetudini del luogo, ma allo scoppio della persecuzione fu sottoposto durante una lunga carcerazione a varie torture e, infine, appeso a una croce e strangolato con un laccio

  • Biografia
  • Omelia
"Non so cosa mi aspetta nel cammino che si apre davanti a me: senza dubbio la croce, che è il pane quotidiano del missionario. Cosa ci si può augurare di meglio, andando a predicare un Dio crocifisso?"

 

Jean Gabriel Perboyre nacque a Montgesty, vicino a Cahors, nella Francia meridionale, il 6 gennaio 1802 in una famiglia che donò alla Chiesa tre missionari di san Vincenzo e due Figlie della Carità. In un simile ambiente respirò la fede, dei valori semplici e sani e il senso della vita come dono.

Nell'adolescenza, Colui che " chiama per nome " sembrò ignorarlo. Si rivolse al fratello minore Luigi perché entrasse in seminario. A Giovanni Gabriele fu chiesto di accompagnare il fratello minore per qualche tempo, in attesa che si abituasse al clima dell'ambiente. Era dunque capitato per caso, e avrebbe dovuto uscirne presto. Ma il caso svelò agli occhi stupiti del giovane orizzonti inaspettati; fu così che in seminario trovò la sua strada.

La Chiesa di Francia era allora appena uscita dall'esperienza della Rivoluzione francese con le vesti color porpora per il martirio di alcuni, ma con il dolore per l'apostasia di molti. Il panorama ai primi dell'800 era desolante: edifici distrutti, conventi saccheggiati, anime senza pastori. Non fu pertanto un caso che l'ideale sacerdotale apparisse al giovane non come una blanda sistemazione per la vita, ma come il destino degli eroi.

I genitori, sorpresi, accettarono la scelta del figlio e lo accompagnarono con il loro incoraggiamento. Non a caso lo zio paterno Giacomo era stato missionario di S. Vincenzo. E questo spiega perché nel 1818 maturò nel giovane Giovanni Gabriele l'ideale missionario. Allora la missione voleva dire principalmente la Cina. Ma la Cina era un miraggio lontano. Partire voleva dire non ritrovare più l'atmosfera di casa, gustarne i profumi, goderne gli affetti. Fu naturale per lui scegliere la Congregazione della Missione fondata da S. Vincenzo de Paoli nel 1625 per evangelizzare i poveri, formare il clero, ma soprattutto spingere gli stessi missionari alla santità. La missione non è propaganda. Da sempre la Chiesa ha preteso che gli annunciatori della Parola fossero persone interiori, mortificate, piene di Dio e di carità. Per illuminare le tenebre dell'uomo non basta la lampada, se manca l'olio.

Giovanni Gabriele non pensò a mezze misure. Se fu martire è perché fu santo.

Dal 1818 al 1835 fu missionario in patria. Prima, nel periodo di formazione, fu un modello di novizio e di studente. Dopo l'ordinazione sacerdotale (1826) fu incaricato della formazione dei seminaristi.

Un fatto nuovo, non certo casuale, venne a modificare la sua vita. Protagonista fu ancora una volta il fratello Luigi. Era entrato anche lui nella Congregazione della Missione e aveva chiesto di essere mandato nella Cina, ove, nel frattempo i figli di S. Vincenzo avevano avuto un nuovo martire, nella persona del b. Francesco Régis Clet (18 febbraio 1820). Ma durante il viaggio il giovane Luigi, a soli 24 anni fu chiamato alla missione del cielo.

Tutto quanto il giovane aveva sperato e fatto si sarebbe rivelato inutile, se Giovanni Gabriele non avesse fatto domanda di sostituire il fratello sulla breccia.

Giovanni Gabriele raggiunse la Cina nell'agosto del 1835. Allora in occidente si conosceva quasi nulla del Celeste Impero, e l'ignoranza era contraccambiata. I due mondi si sentivano attratti, ma il dialogo era difficile. Nei paesi europei non si parlava di una civiltà cinese, ma solo di superstizioni, di riti e usanze " ridicole ". I giudizi erano dunque pregiudizi. Non migliore era l'apprezzamento che la Cina aveva dell'Europa e del cristianesimo.

Fra le due civiltà c'era un solco oscuro. Occorreva che qualcuno lo attraversasse, per portare su di sé il male di molti, e bruciarlo nella carità.

Giovanni Gabriele dopo essersi ambientato a Macao, iniziò un lungo viaggio in giunca, a piedi o a cavallo, che dopo 8 mesi lo portò nell'Henan, a Nanyang, ove si impegnò ad imparare la lingua.
Dopo 5 mesi era in grado di esprimersi, pur con qualche fatica, in un buon cinese, e subito si lanciò nel ministero, visitando le piccole comunità cristiane. Poi fu trasferito nell'Hubei, che fa parte della regione dei laghi formati dallo Yangtze Kiang (fiume azzurro). Nonostante l'intenso apostolato egli soffriva molto nel corpo e nello spirito. In una lettera scriveva: " No, non sono un uomo che faccia meraviglie qui in Cina come non le facevo in Francia... Domanda la mia conversione e la mia santificazione, e la grazia che non guasti troppo la sua opera". Per chi vede le cose dall'esterno, era inconcepibile che un simile missionario si trovasse in una notte oscura. Ma lo Spirito Santo lo preparava, nel vuoto dell'umiltà e nel silenzio di Dio, alla testimonianza suprema.

Improvvisamente nel 1839 due fatti, apparentemente senza collegamento, vennero a turbare l'orizzonte. Il primo è lo scoppio delle persecuzione, dopo che l'imperatore mancese Quinlong (17361795) aveva proscritto nel 1794 la religione cristiana.

II secondo è lo scoppio della guerra cino-britannica, meglio conosciuta come " guerra dell'oppio " (1839-1842). La chiusura delle frontiere della Cina e la pretesa del governo cinese di esigere un atto di vassallaggio dagli ambasciatori stranieri aveva creato una situazione esplosiva. La scintilla venne dalla confisca di carichi di oppio stivati nel porto di Canton, a danno di mercanti per la maggior parte inglesi. La flotta britannica intervenne, e fu guerra.

I missionari, interessati evidentemente solo al primo aspetto, erano sempre all'erta. Come spesso succede, i troppi allarmi diminuirono la vigilanza. È quanto accadde il 16 settembre 1839 a Cha-yuen-ken, ove Perboyre risiedeva. In quel giorno si trovava con due altri missionari europei, il confratello Baldus e il francescano Rizzolati, e un missionario cinese, il p. Wang. Venne segnalata una colonna di un centinaio di soldati. I missionari sottovalutarono le informazioni. Forse andavano da un'altra parte. E invece di essere cauti, continuarono nel piacere di un fraterno colloquio.

Quando non ci fu più dubbio della direzione dei soldati, era tardi. Baldus e Rizzolati decisero di fuggire lontano. Perboyre di nascondersi nelle vicinanze, dato che le montagne vicine erano ricche di foreste di bambù e di grotte nascoste. I soldati però con le minacce, come ci ha attestato il padre Baldus, costrinsero un catecumeno a rivelare il luogo ove il missioanrio si nascondeva. Fu un debole, ma non fu un Giuda.

Iniziò il triste Calvario di Giovanni Gabriele. Il prigioniero non aveva diritti, non era tutelato dalla legge, ma era all'arbitrio dei carcerieri e dei giudici. Dato che era in stato d'arresto si presumeva che fosse colpevole, e se colpevole, poteva essere punito.

Cominciò la serie dei processi. Il primo si tenne a Kou-ChingHien. Furono epiche le risposte del martire:
- Sei un prete cristiano?
- Sì, sono prete e predico questa religione. 
- Vuoi rinunciare alla tua fede?
- Non rinuncerò mai alla fede di Cristo.

Gli chiesero di tradire i compagni di fede e le ragioni per cui aveva trasgredito le leggi della Cina. Si voleva insomma trasformare la vittima in colpevole. Ma un testimone di Cristo non è un delatore.

Perciò tacque.

Il prigioniero fu poi trasferito a Siang-Yang. Gli interrogatori si fecero serrati. Fu tenuto per diverse ore in ginocchio su catene di ferro arrugginite, fu sospeso per i pollici e i capelli a una trave (supplizio dello hangtzé), venne battuto più volte con le canne di bambù. Ma più che la violenza fisica, rimase ferito dal fatto che furono messi in ridicolo i valori in cui credeva: la speranza della vita eterna, i sacramenti, la fede.

Il terzo processo si tenne a Wuchang. Fu convocato da 4 diversi tribunali e fu sottoposto a 20 interrogatori. Alle domande si univano le torture e il dileggio più crudele. Si processava il missionario, ma intanto si calpestava l'uomo. Furono costretti dei cristiani all'abiura, e qualcuno di essi addirittura a sputare e percuotere il missionario, che aveva portato loro la fede. Per non aver calpestato il crocifisso, ricevette 110 colpi di pantsé.

Fra le varie accuse la più terribile fu quella di aver avuto rapporti immorali con una ragazza cinese, Anna Kao, che aveva fatto voto di verginità. Il martire si difese. Non era né la sua amante né la sua serva. La donna è rispettata non vilipesa dal cristianesimo, fu il senso delle risposte di Giovanni Gabriele. Ma rimase turbato perché facevano soffrire, per causa sua, degli innocenti.

Durante un interrogatorio fu costretto a rivestirsi dei paramenti della Messa. Volevano accusarlo di usare il fascino del sacerdozio per interessi privati. Ma il missionario, con gli abiti sacerdotali, impressionò gli astanti, e due cristiani si avvicinarono a lui per chiedergli l'assoluzione.

II giudice più crudele fu il viceré. Il missionario era ormai un'ombra. La rabbia di questo uomo senza scrupoli si accanì contro una larva di uomo. Accecato dalla sua onnipotenza voleva confessioni, ammissioni, delazioni. Ma se il corpo era debole, l'anima si era rinforzata. La sua speranza era ormai l'incontro con Dio, che ogni giorno più sentiva vicino.

Quando per l'ultima volta Giovanni Gabriele gli disse: " Piuttosto morire che rinnegare la mia fede ", allora il giudice pronunciò la sua sentenza. E fu di morte per strangolamento.

Iniziò un periodo di attesa della conferma imperiale. Forse si poteva sperare nella clemenza del sovrano. Ma la guerra con gli inglesi cancellò ogni possibile gesto di benevolenza. Cosicché l' 11 settembre 1840 un messo imperiale arrivò a briglia sciolta, portando il decreto di conferma della condanna.

Con sette banditi il missionario fu condotto su un'altura chiamata la " Montagna rossa ". Furono prima uccisi i banditi, e il Perboyre si raccolse in preghiera, fra la meraviglia dei presenti.

Venuto il suo turno, i carnefici lo spogliarono della tunica purpurea e lo legarono a un palo a forma di croce. Gli passarono la corda al collo e lo strangolarono. Era l'ora sesta. Come Gesù Giovanni Gabriele morì come il chicco di frumento. Morì, o meglio nacque al cielo, per far scendere sulla terra la rugiada della benedizione di Dio.

Molte circostanze della sua detenzione (tradimento, arresto, morte in croce, giorno e ora) lo avvicinano alla Passione di Cristo. In realtà tutta la sua vita fu quella di un testimone e di un discepolo fedele di Cristo. Ha scritto s. Ignazio d'Àntiochia: " Io cerco colui che è morto per noi; io voglio colui che per noi è risorto. Ecco, è vicino il momento in cui io sarò partorito! Abbiate compassione di me, fratelli! Non impedite che io nasca alla vita! ".

Giovanni Gabriele "nacque alla vita" l' 11 settembre 1840, perché sempre aveva cercato "colui che è morto per noi". Il suo corpo fu riportato in Francia, ma il suo cuore rimase nella patria elettiva, in terra di Cina. È là che ha dato un appuntamento ai figli e figlie di S. Vincenzo, in attesa che anch'essi, dopo una vita spesa per il Vangelo e per i poveri, nascano al cielo.

CANONIZZAZIONE DEI BEATI: JEAN-GABRIEL PERBOYRE
EGIDIO MARIA DI SAN GIUSEPPE E JUAN GRANDE ROMÁN  

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità della Santissima Trinità - Domenica, 2 giugno 1996

 

1. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3, 16).

Nell’odierna solennità della Santissima Trinità, terminato ormai con la Pentecoste il tempo pasquale, la Chiesa quasi abbraccia ancora una volta, in un’unica celebrazione, l’intero contenuto salvifico della Pasqua. Essa alza lo sguardo verso il sommo Mistero della vita trinitaria: uno sguardo colmo di riconoscenza e di lode. "Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo: a Dio che è, che era e che viene" (Canto del Vangelo, cf. Ap 1, 8 ). Egli viene perché "ha amato il mondo".

Viene nel Figlio, che il Padre ha dato "perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3, 17).

Chi crede in Lui, cioè in Gesù Cristo, ha la vita eterna (cf. Gv 3, 16).

2. In questa domenica della Santissima Trinità la Chiesa desidera rendere gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo mediante la canonizzazione dei beati: Jean Gabriel Perboyre, Egidio Maria di San Giuseppe e Juan Grande Román.

La Liturgia di canonizzazione costituisce una solenne professione di fede nella vita eterna, divenuta parte integrante della vita degli uomini. Questi nostri fratelli in Cristo, che mediante il Battesimo ricevuto nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, sono stati resi partecipi della Vita divina, hanno realizzato nel corso della loro vicenda umana la pienezza di questa Vita. Essi sono così divenuti "gloria di Dio". "Gloria Dei vivens homo", "L’uomo vivente è la gloria di Dio". "Vita autem hominis visio Dei", "e la visione di Dio è la vita dell’uomo" (S. Ireneo, Adv. haer., IV, 20, 7).

Parte pronunciata in lingua francese:  

3. Jean-Gabriel Perboyre, prêtre de la Congrégation de la Mission, a voulu suivre le Christ évangélisateur des pauvres, à l'exemple de saint Vincent de Paul. Après avoir exercé le ministère de formateur du clergé en France, il partit pour la Chine. Il y témoignera ardemment de l'amour du Christ pour le peuple chinois. « Je ne sais pas ce qui m'est réservé dans la carrière qui s'ouvre devant moi: sans doute bien des croix, c'est là le pain quotidien du missionnaire. Et que peut-on souhaiter de mieux, en allant prêcher un Dieu crucifié? » (Jean-Gabriel Perboyre, Lettre 70), écrivait-il alors qu'il était aux portes de la Chine. C'est la Croix du Christ qu'il trouvera sur les chemins où il est envoyé. Par l'imitation quotidienne de son Seigneur, dans l'humilité et la douceur, il s'identifiera pleinement à lui. Le suivant pas à pas dans sa Passion il le rejoindra pour toujours dans sa gloire. « Une seule chose est nécessaire: Jésus Christ », aimait-il à dire. Son martyre est le sommet de son engagement à la suite du Christ missionnaire. Après avoir été torturé et condamné, reproduisant avec une extraordinaire similitude la Passion de Jésus, il ira comme lui jusqu'à la mort et la mort sur une croix. Jean-Gabriel avait une unique passion, le Christ et l'annonce de son Évangile. C'est par fidélité à cette passion que lui aussi a été mis au rang des humiliés et des condamnés, et qu'aujourd'hui l'Église peut proclamer solennellement sa gloire dans le choeur des saints du ciel. À la mémoire de Jean-Gabriel Perboyre que nous célébrons aujourd'hui nous voulons unir la mémoire de tous ceux qui ont témoigné du nom de Jésus Christ sur la terre de Chine au cours des siècles passés. Je pense en particulier aux bienheureux martyrs dont la canonisation commune, souhaitée par de nombreux fidèles, pourrait un jour être un signe d'espérance pour l'Église présente au sein de ce peuрle, dont je demeure très proche par le coeur et par la prière.

Traduzione italiana della parte pronunciata in lingua francese:

3. Jean-Gabriel Perboyre, sacerdote della Congregazione della Missione, volle seguire Cristo evangelizzatore dei poveri, sull’esempio di san Vincenzo de’ Paoli. Dopo aver esercitato il ministero di formatore del clero in Francia, si recò in Cina. Qui rese testimonianza con ardore dell’amore di Cristo per il popolo cinese. "Non so cosa mi aspetta nel cammino che si apre davanti a me: senza dubbio la croce, che è il pane quotidiano del missionario. Cosa ci si può augurare di meglio, andando a predicare un Dio crocifisso?" (Lettera n. 70), scriveva trovandosi alle porte della Cina. Lungo le vie dove era stato inviato trovò la Croce di Cristo. Attraverso l’imitazione quotidiana del suo Signore, con umiltà e dolcezza, s’identificò pienamente con lui. Seguendolo passo dopo passo nella sua Passione, lo raggiunse per sempre nella sua gloria. "Una sola cosa è necessaria: Gesù Cristo", amava dire. Il suo martirio è il momento culminante del suo impegno nella sequela di Cristo missionario. Dopo essere stato torturato e condannato, riproducendo la Passione di Gesù con straordinaria similitudine, giunse come lui fino alla morte e alla morte su una croce. Jean-Gabriel aveva un’unica passione: Cristo e l’annuncio del suo Vangelo. È per fedeltà a questa passione che anche lui è stato messo sullo stesso piano degli umiliati e dei condannati, e che la Chiesa può oggi proclamare solennemente la sua gloria nel coro dei santi del cielo. Al ricordo di Jean-Gabriel Perboyre, che celebriamo oggi, desideriamo unire quello di tutti coloro che hanno reso testimonianza del nome di Gesù Cristo in terra di Cina nel corso dei secoli passati. Penso in particolare ai beati martiri la cui canonizzazione comune, auspicata da numerosi fedeli, potrebbe un giorno essere un segno di speranza per la Chiesa presente in seno a questo popolo, a cui rimango vicino con il cuore e con la preghiera. 

4. "A te la lode e la gloria nei secoli!" (Salmo Responsoriale 1; cf. Dn 3,52 ). La Chiesa oggi proclama la gloria di Dio manifestata nella santità di vita di Egidio Maria di san Giuseppe. Autentico figlio spirituale di san Francesco d’Assisi, Egidio attinse dalla contemplazione dei misteri di Cristo l’ardore di una carità senza confini, ispirando il proprio cammino spirituale all’umiltà dell’Incarnazione ed alla gratuità dell’Eucarestia. Egli seppe farsi attento ai bisogni delle persone che incontrava sia nello svolgimento dei compiti più umili della fraternità sia nel servizio ai poveri. Nelle sue quotidiane peregrinazioni per le strade di Napoli, dove visse lungamente, portò l’evangelica parola di riconciliazione e di pacein un ambiente percorso da tensioni sociali e segnato da situazioni di estrema povertà sia economica che spirituale. Nessuno era escluso dalla sua premurosa attenzione. Manifestava questo calore spirituale con l’esortazione evangelica: "Amate Dio, amate Dio!", invitando così tutti alla conversione del cuore verso Dio "misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà" ( Es 34, 6 ) che, come proclama l’odierno brano evangelico, "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" ( Gv 3, 16 ). Messaggio quanto mai attuale quello che richiama l’amore e la fedeltà di Dio! Il mondo ha urgente bisogno di credere all’amore di Dio!Sant’Egidio si meritò, con la sua esistenza umile e lieta, l’appellativo di "Consolatore di Napoli". La sua memoria è ancor oggi viva ed il suo esempio invita i cristiani del nostro tempo a vivere pienamente il Vangelo delle Beatitudini, rispondendo con la santità all’amore di Dio riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo.

Parte pronunciata in lingua spagnola:  

5. San Juan Grande llega hoy, fiesta de la Santísima Trinidad, a la gloria de los altares. En su testamento nos dеjа esta preciosa confesión: Que el Señor « guarde mi entendimiento para creer como siempre he creído y creo el misterio incomprensible de la Santísima Trinidad, Padre, Hijo y Espíritu Santo, tres personas y una esencia divina que vive y reina por siempre sin fin ». Adorador asiduo de Dios, Uno y Trino, revelado por Jesucristo, el nuevo Santo hablaba del misterio trinitario con tal altura y devoción que causaba admiración en quienes le oían y se sentían llamados a reverenciar y contemplar con mayor fe tan augusto misterio dando a Dios la gloria y el honor que le son debidos. San Juan Grande alimentaba su espiritualidad en la práctica constante de la oración. Era una oración afectiva, con la que expresaba su amor a Dios sin que se cansase de repetirle cuánto lo amaba. En su vida de hospitalario los Hermanos tenían que sacarlo a rastras de la capilla para llevarlo a su celda y dar por concluida la oración de la noche. Su oración manifestaba que Dios era el amor de su corazón, el centro de su vida, la verdadera base sobre la que descansaba su voluntad y su acción, el principio y fundamento de su conciencia y de sus decisiones.

Dios mandó a su Hijo al mundo para que el mundo se salvara por Él (cfr. Jn 3, 17). San Juan Grande encontró a Dios, lo amó, se sintió amado y en el corazón de Dios, Padre de todos, amó a todos los necesitados, especialmente los pobres, los enfermos, los afligidos, los que sufrían de algún modo o por cualquier causa. De este modo, sirvió al prójimo de día y de noche, pidiendo por todos, llamando a las puertas, diciendo que no se puede ser indiferente ante la suerte de los pobres y que su servicio es « una cuestión de conciencia ». Fue para la ciudad de Jerez un don de Dios. Como Patrono de esa diócesis, es su más insigne abogado y protector. Los Hermanos de San Juan de Dios tienen en el nuevo Santo un modelo de santidad, de cercano servidor de los pobres y enfermos, que apoya con su intercesión la asistencia y la pastoral hospitalarias.

Traduzione italiana della parte pronunciata in lingua spagnola:

5.

San Juan Grande viene elevato oggi, solennità della Santissima Trinità, alla gloria degli altari. Nel suo testamento ci ha lasciato una preziosa confessione: che il Signore "conservi il mio intendimento per credere come sempre ho creduto e credo nel mistero imperscrutabile della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone e un’essenza divina che vive e regna per sempre senza fine". Adoratore assiduo di Dio, Uno e Trino, rivelato da Gesù Cristo, il nuovo Santo parlava del mistero trinitario con una elevazione e una devozione tali da provocare ammirazione in quanti lo ascoltavano e si sentivano chiamati a venerare e a contemplare con maggiore fede un così augusto mistero, rendendo a Dio la gloria e l’onore dovuti. San Juan Grande alimentava la sua spiritualità nella pratica costante della preghiera. Era una preghiera affettiva, con la quale esprimeva il suo amore verso Dio senza stancarsi di ripetergli quanto lo amava. Nella sua vita ospedaliera, i Fratelli dovevano trascinarlo fuori dalla cappella per condurlo alla sua cella e dare per conclusa la preghiera della notte. La sua preghiera mostrava che Dio era l’amore del suo cuore, il centro della sua vita, la vera base sulla quale riposavano la sua volontà e la sua azione, il principio e il fondamento della sua coscienza e delle sue decisioni. Dio ha mandato suo Figlio nel mondo perché il mondo si salvasse attraverso di Lui (cf. Gv 3, 17 ). San Juan Grande incontrò Dio, lo amò, si sentì amato e nel cuore di Dio, Padre di tutti, amò tutti i bisognosi, soprattutto i poveri, i malati, gli afflitti, quanti soffrivano in qualche maniera, per qualsiasi causa. In tale modo, servì il prossimo giorno e notte, chiedendo per tutti, bussando alle porte, dicendo che non si può restare indifferenti di fronte alla sorte dei poveri e che il suo servizio era "una questione di coscienza". Fu per la città di Jerez un dono di Dio. Come Patrono di questa Diocesi, è il suo più insigne avvocato e protettore. I Fratelli di San Giovanni di Dio hanno in questo nuovo Santo un modello di santità, di vicino servitore dei poveri e dei malati, che sostiene con la sua intercessione l’assistenza e la pastorale ospedaliere.

6. "Fratelli, state lieti", scrive san Paolo alla Comunità cristiana di Corinto. Ed aggiunge: "Tutti i santi vi salutano" ( 2 Cor 13, 11 . 12 ). Il saluto da parte dei santi, di tutti i santi e, in modo particolare, di coloro che oggi sono canonizzati, riveste una profonda dimensione trinitaria. L’Apostolo prosegue con le parole rese familiari dal loro utilizzo nella Liturgia eucaristica: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione (in latino communicatio, cioè il comunicarsi) dello Spirito Santo siano con tutti voi" ( 2 Cor 13, 13 ). I tre termini usati qui da san Paolo esprimono i doni appropriati alle tre Persone divine. L’amore, perché Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. La grazia del Signore Gesù Cristo, perché per opera del Figlio ed in virtù della redenzione da lui operata, siamo realmente divenuti figli di Dio. Il comunicarsi dello Spirito Santo, perché la presenza e l’attività dello Spirito nella vita dell’uomo e della Chiesa è fonte di santificazione e di santità. La persona umana che vive della pienezza della vita divina - vivens homo - costituisce all’interno del mondo creato una singolare realizzazione della gloria di Dio - gloria Dei. "Fratelli, state lieti... Tutti i santi vi salutano". Anche noi, in questa solennità della Santissima Trinità, ci rallegriamo ed esultiamo. Insieme con Jean Gabriel Perboyre, Egidio Maria di San Giuseppe, Juan Grande Román, in comunione con Maria, Regina di tutti i santi, e con quanti ci hanno preceduto nella gloria eterna di Dio, proclamiamo le meraviglie compiute dal Signore. "Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo: in principio, ora e per sempre". Amen!