José María de Yermo y Parres

José María de Yermo y Parres

(1851-1904)

Beatificazione:

- 06 maggio 1990

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 21 maggio 2000

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 20 settembre

Presbitero, fu di fronte alla terribile scena di alcuni maiali che stavano divorando due bambini neonati, che decise la fondazione di una casa di accoglienza per gli abbandonati e bisognosi: la Congregazione delle Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei Poveri, con il compito, appunto, di soccorrere i bisognosi nelle necessità dell’anima e del corpo 

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
“Amo devotamente la chiesa ed è mia ferma volontà obbedirla e rispettarla sempre”

 

José María de Yermo y Parres nacque nella tenuta di Jalmolonga, municipio di Malinalco, nello Stato del Messico il 10 novembre 1851, figlio dell'avvocato Manuel de Yermo y Soviñas e di María Josefa Parres.

Di nobili origini, fu educato cristianamente dal padre e dalla zia Carmen poiché la madre morì 50 giorni dopo la sua nascita. Scoprì ben presto la sua vocazione al sacerdozio. 

All'età di 16 anni lasciò la casa paterna per fare ingresso nella Congregazione della Missione a Città del Messico. Dopo una sofferta crisi vocazionale abbandonò quella famiglia religiosa e continuò la strada verso il sacerdozio nella diocesi di León, e ivi fu ordinato sacerdote il 24 agosto 1879. I suoi primi anni di sacerdozio furono fecondi di attività e zelo apostolico. Fu oratore eloquente, promosse la catechesi giovanile e disimpegnò con accuratezza alcune cariche di rilievo, alle quali, per motivi di malattia dovette rinunciare. Il nuovo Vescovo gli affidò due piccole chiesette alla periferia della città: El Calvario e il Santo Niño. Questa nomina fu un duro colpo nella vita del giovane sacerdote. Lo fece tentennare. Ma anche se si sentì ferito nel suo orgoglio decise di seguire Cristo nell'obbedienza soffrendo questa umiliazione silenziosamente. 

Ecco che un giorno mentre si dirigeva alla chiesetta del Calvario, si trovò improvvisamente di fronte a una terribile scena: alcuni maiali stavano divorando due bambini neonati. Scosso da quella orrenda visione si sentì interpellato da Dio, e nel suo cuore ardente d'amore escogitò la fondazione di una casa di accoglienza per gli abbandonati e bisognosi. Ottenuta l'autorizzazione del Vescovo mise mano all'opera e il 13 dicembre 1885, seguito da quattro giovani coraggiose, diede inizio all'Asilo del Sagrado Corazón sulla collina del Calvario. Quel giorno è anche l'inizio della nuova famiglia religiosa delle «Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei Poveri». 

Da quel giorno il Padre Yermo mette il piede sul primo scalino di una lunga e costante scalata di donazione al Signore e ai fratelli, che sa di sacrificio e di abnegazione, di gioie e sofferenze, di pace e di inquietudini, di povertà e miserie, di apprezzamento e calunnie, di amicizie e tradimenti, di obbedienze e di umiliazioni. La sua vita fu molto travagliata, ma anche se le tribolazioni e difficoltà si susseguirono a ritmo quasi vertiginoso non abbatterono mai l'animo dell'ardente apostolo della carità evangelica. 

Nella sua non lunga vita (1851-1904) fondò scuole, ospedali, case di accoglienza per anziani, orfanotrofi, una organizzatissima casa di rigenerazione della donna, e poco prima della sua morte avvenuta santamente il 20 settembre 1904 nella città di Puebla de los Ángeles, portò la sua famiglia religiosa nella difficile missione tra gli indigeni tarahumaras del nord del Messico. La sua fama di santità si estese ben presto al popolo di Dio che si affidava alla sua intercessione. Fu beatificato dal Papa Giovanni Paolo II nella Basilica della Madonna di Guadalupe a Città del Messico il giorno 6 maggio 1990.

OMELIA DI SUA SANTITÀ GIOVANNI PAOLO II

CANONIZZAZIONE DI 27 NUOVI SANTI

Domenica, 21 maggio 2000

 

1. "Non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità" (1 Gv 3, 18). Questa esortazione, presa dall'Apostolo Giovanni nel testo della seconda lettura di questa celebrazione, ci invita a imitare Cristo, vivendo al contempo in stretta unione con Lui. Gesù stesso ce lo ha detto nel Vangelo appena proclamato:  "Come il tralcio non può fare frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me" (Gv 15, 4).

Attraverso l'unione profonda con Cristo, iniziata nel Battesimo e alimentata dalla preghiera, dai sacramenti e dalla pratica delle virtù evangeliche, uomini e donne di tutti i tempi, quali figli della Chiesa, hanno raggiunto la meta della santità. Sono santi perché hanno posto Dio al centro della loro vita e hanno fatto della ricerca e della diffusione del suo Regno la ragione della loro esistenza; santi perché le loro opere continuano a parlare del loro amore totale per il Signore e i fratelli, recando copiosi frutti, grazie alla loro fede viva in Gesù Cristo e al loro impegno ad amare, anche i nemici, come Lui ci ha amato.

2. All'interno del pellegrinaggio giubilare dei messicani, la Chiesa è lieta di proclamare santi questi figli del Messico:  Cristóbal Magallanes e 24 compagni martiri, sacerdoti e laici; José María de Yermo y Parres, sacerdote fondatore delle Religiose Serve del Sacro Cuore di Gesù, e María de Jesús Sacramentado Venegas, fondatrice delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù.

Per partecipare a questa solenne celebrazione, onorando così la memoria di questi illustri figli della Chiesa e della vostra Patria, voi pellegrini messicani siete venuti in gran numero, accompagnati da un nutrito gruppo di Vescovi. Vi saluto tutti con grande affetto. La Chiesa in Messico si rallegra di poter contare su questi intercessori nel cielo, modelli di carità suprema, avendo seguito le orme di Gesù Cristo. Tutti donarono la propria vita a Dio e ai fratelli, attraverso il martirio o il cammino dell'offerta generosa al servizio dei bisognosi. La fermezza della loro fede e la speranza li sostennero nelle diverse prove alle quali furono sottoposti. Sono una preziosa eredità, frutto della fede radicata nelle terre messicane, la quale, agli albori del terzo millennio del cristianesimo, deve essere conservata e rivitalizzata affinché continuiate ad essere fedeli a Cristo e alla sua Chiesa come avete fatto nel passato. Messico sempre fedele!

3. Nella prima lettura abbiamo ascoltato come Paolo si muoveva a Gerusalemme:  "parlando apertamente nel nome del Signore e parlava e discuteva con gli Ebrei di lingua greca; ma questi tentarono di ucciderlo" (At 9, 28-29). Con la missione di Paolo si prepara l'opera di propagazione della Chiesa, portando il messaggio evangelico in ogni luogo. In questa opera non sono mai mancate le persecuzioni e le violenze contro gli annunciatori della Buona Novella. Tuttavia, al di sopra delle avversità umane, la Chiesa può contare sulla promessa dell'assistenza divina. Perciò abbiamo udito che "la Chiesa era dunque in pace... essa cresceva e camminava nel timore del Signore, colma del conforto dello Spirito Santo" (At 9, 31).

Possiamo applicare questo passo degli Atti degli Apostoli alla situazione che dovettero vivere Cristóbal Magallanes e i suoi 24 compagni, martiri nel primo trentennio del XX secolo. La maggior parte apparteneva al clero secolare e tre di essi erano laici seriamente impegnati ad aiutare i sacerdoti. Non abbandonarono il coraggioso esercizio del loro ministero quando la persecuzione religiosa aumentò nell'amata terra messicana, scatenando un odio per la religione cattolica. Tutti accettarono liberamente e serenamente il martirio come testimonianza della propria fede, perdonando in modo esplicito i loro persecutori. Fedeli a Dio e alla fede cattolica tanto radicata nelle comunità ecclesiali che servivano, promuovendo anche il loro benessere materiale, sono oggi un esempio per tutta la Chiesa e per la società messicana in particolare.

Dopo le dure prove che la Chiesa sostenne in Messico in quegli anni convulsi, oggi i cristiani messicani, incoraggiati dalla testimonianza di questi testimoni della fede, possono vivere in pace e in armonia, apportando alla società la ricchezza dei valori evangelici. La Chiesa cresce e progredisce, essendo il crogiolo dove nascono abbondanti vocazioni sacerdotali e religiose, dove si formano famiglie secondo il piano di Dio e dove i giovani, parte considerevole del popolo messicano, possono crescere con la speranza in un futuro migliore. Che il luminoso esempio di Cristóbal Magallanes e dei suoi compagni martiri vi spinga a un rinnovato impegno di fedeltà a Dio, capace di continuare a trasformare la società messicana affinché in essa regnino la giustizia, la fraternità e l'armonia fra tutti!

4. "Questo è il mio comandamento:  che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato" (1 Gv 3, 23). Il mandato per eccellenza che Gesù ha dato ai suoi è di amarsi fraternamente come egli ci ha amato (cfr Gv 15, 12). Nella seconda lettura che abbiamo ascoltato, il comandamento ha un duplice aspetto:  credere nella persona di Gesù Cristo, Figlio di Dio, professandolo in ogni momento, e amarci gli uni gli altri perché Cristo stesso ce lo ha prescritto. Questo comandamento è così importante per la vita del credente da trasformarsi nel presupposto necessario affinché abbia luogo la inabitazione divina. La fede, la speranza e l'amore portano ad accogliere esistenzialmente Dio come cammino sicuro verso la santità.

Si può dire che fu questo il cammino intrapreso da José María de Yermo y Parres, che visse il suo dono sacerdotale a Cristo aderendo a Lui con tutte le sue forze, e al contempo distinguendosi per il suo atteggiamento fondamentalmente orante e contemplativo. Nel Cuore di Cristo trovò la guida per la sua spiritualità, e considerando il suo amore infinito per gli uomini, volle imitarlo facendo della carità la regola della sua vita.

Il nuovo Santo fondò le religiose Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei Poveri, denominazione che riunisce i suoi due grandi amori, che esprimono nella Chiesa lo spirito e il carisma del nuovo santo.

Care Figlie di San José María de Yermo y Parres:  vivete con generosità la ricca eredità del vostro fondatore, cominciando dalla comunione fraterna in comunità e prolungandola nell'amore misericordioso per il fratello, con umiltà, semplicità ed efficacia, e, al di sopra di tutto, in perfetta unione con Dio.

5. "Rimanete in me e io in voi... Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete fare nulla" (Gv 15, 4-5). Nel Vangelo che abbiamo ascoltato, Gesù ci ha esortato a rimanere in Lui, per unire a sé tutti gli uomini. Questo invito esige di portare a termine il nostro impegno battesimale, di vivere nel suo amore, d'ispirarsi alla sua Parola, di alimentarsi con l'Eucaristia, di ricevere il suo perdono e, quand'è necessario, di portare con Lui la croce. La separazione da Dio è la tragedia più grande che l'uomo possa vivere. La linfa che giunge al tralcio lo fa crescere; la grazia che proviene da Cristo ci rende adulti e maturi affinché rechiamo frutti di vita eterna.

Santa María de Jesús Sacramentado Venegas, prima messicana canonizzata, seppe rimanere unita a Cristo nella sua lunga esistenza terrena e per questo recò frutti abbondanti di vita eterna. La sua spiritualità fu caratterizzata da una singolare pietà eucaristica, poiché è chiaro che cammino eccellente per l'unione con il Signore è cercarlo, adorarlo, amarlo nel santissimo mistero della sua presenza reale nel Sacramento dell'Altare.

Volle prolungare la sua opera con la fondazione delle Figlie del Sacro Cuore di Gesù, che proseguono oggi nella Chiesa il suo carisma della carità verso i poveri e i malati. Di fatto, l'amore di Dio è universale, intende giungere a tutti gli uomini; perciò la nuova Santa comprese che il suo dovere era di diffonderlo, prodigandosi in attenzioni verso tutti fino alla fine dei suoi giorni, anche quando l'energia fisica diminuì e le dure prove attraversate nel corso dell'esistenza ridussero le sue forze. Fedelissima nell'osservanza delle costituzioni, rispettosa verso i Vescovi e i sacerdoti, sollecita con i seminaristi, Santa María de Jesús Sacramentado è un'eloquente testimonianza di consacrazione assoluta al servizio di Dio e dell'umanità dolente.

6. Questa solenne celebrazione ci ricorda che la fede comporta una relazione profonda con il Signore. I nuovi santi ci insegnano che i veri seguaci e discepoli di Gesù sono coloro che compiono la volontà di Dio e che sono uniti a Lui mediante la fede e la grazia.

Ascoltare la parola di Dio, rendere armoniosa la propria esistenza, mettendo al primo posto Cristo, fa sì che la vita dell'essere umano si configuri a Lui. Il "rimanete in me e io in voi" continua ad essere l'invito di Gesù che deve risuonare continuamente in ognuno di noi e nel nostro ambiente. San Paolo, accogliendo questa stessa chiamata, poté esclamare:  "non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me" (Gal 2, 20). Che la Parola di Dio proclamata in questa liturgia faccia sì che la nostra vita sia autentica rimanendo esistenzialmente uniti al Signore, amando non solo a parole ma con i fatti e nella verità (cfr 1 Gv 3, 18)! Così la nostra vita sarà realmente "per Cristo, con Cristo ed in Cristo".

Stiamo vivendo il Grande Giubileo dell'Anno 2000. Fra i suoi obiettivi vi è quello di "suscitare in ogni fedele un vero anelito alla santità" (Tertio Millennio adveniente, n. 42). Che l'esempio di questi nuovi Santi, dono della Chiesa in Messico alla Chiesa universale, spinga i fedeli, con tutti i mezzi a loro disposizione e soprattutto con l'aiuto della grazia di Dio, a ricercare con coraggio e decisione la santità!

Che la Vergine di Guadalupe, invocata dai martiri nel momento supremo del loro dono di sé, alla quale San José María de Yermo e Santa María de Jesús Sacramentado Venegas professarono una così tenera devozione, accompagni con la sua materna protezione i buoni propositi di quanto onorano oggi i nuovi Santi e aiuti coloro che seguono il loro esempio, guidi e protegga anche la Chiesa affinché, con la sua azione evangelizzatrice e la testimonianza cristiana di tutti i suoi figli, illumini il cammino dell'umanità nel terzo millennio cristiano! Amen.

BEATIFICAZIONE DI JUAN DIEGO ED ALTRI SERVI DI DIO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Santuario di Guadalupe, Città del Messico
Domenica, 6 maggio 1990

 

“Cristo . . . portò i nostri peccati nel suo corpo sul legno della croce . . . dalle sue piaghe siete stati guariti” (1 Pt 2, 21. 24. 25).

1. Carissimi figli e figlie del Messico,

Sono venuto di nuovo nella vostra terra per professare di fronte a voi e con tutti voi, la fede comune in Cristo, l’unico Redentore del mondo. Desidero proclamarlo in tutti i luoghi del mio pellegrinaggio nella vostra terra; ma voglio farlo soprattutto qui, in questo luogo particolarmente sacro per voi: il Tepeyac.

Cristo, Redentore del mondo, è presente nella storia, generazione dopo generazione per mezzo della Sua Santissima Madre, la stessa che lo diede alla luce in Betlemme, la stessa che era presso la Croce sul Golgota.

Cristo, quindi, per mezzo della Vergine Maria, è entrato nelle vicissitudini proprie di tutte le generazioni umane, nella storia del Messico e dell’America tutta. Il luogo nel quale ci troviamo, la venerata Basilica di Guadalupe, conferisce a questo fatto salvifico una testimonianza di insuperabile eloquenza.

Mi sento particolarmente felice di poter cominciare la mia seconda visita pastorale in Messico da questo luogo sacro, verso il quale rivolgono il loro sguardo ed i loro cuori tutti i figli della patria messicana, ovunque si trovino. Per questo, da questo Santuario, dove pulsa il cuore materno che dà vita e speranza a tutto il Messico, voglio rivolgere il mio saluto più affettuoso a tutti gli abitanti di questa grande Nazione, da Tijuana a Rio Bravo fino alla penisola dello Yucatàn. Desidero che il saluto affettuoso del Papa giunga in tutti i luoghi, al cuore di tutti i messicani per dar loro affetto, gioia, coraggio per superare le difficoltà e per continuare a costruire una società nuova dove regnino la giustizia, la verità e la fraternità, che faccia di questo amato popolo una grande famiglia.

Ringrazio vivamente il Cardinale Ernesto Corripio Ahumada, Arcivescovo di Mexico, per le affettuose parole di benvenuto che mi ha rivolto, a nome anche dei nostri fratelli nell’Episcopato e di tutta la Chiesa messicana.

2. La mia gioia è ancor più grande perché nel cominciare ora la mia seconda visita pastorale nella vostra terra, quale Successore dell’Apostolo San Pietro e Pastore della Chiesa Universale, il Signore mi concede la grazia di beatificare, cioè di elevare alla gloria degli altari, alcuni figli prediletti della vostra Nazione.

Ho fatto questo nel nome e con l’autorità ricevuta da Gesù Cristo, il Signore, Colui che ci ha redenti con il sangue delle sue santissime piaghe e per questo è divenuto il Pastore delle nostre anime.

Juan Diego, il confidente della dolce Signora del Tepeyac. I tre fanciulli martiri di Tlaxcala, Cristóbal, Antonio e Juan. Il sacerdote e fondatore José María de Yermo y Parres. I loro nomi, già scritti in cielo, sono da oggi scritti nel libro delle beatitudini e nella storia della fede della Chiesa di Cristo, che vive ed è pellegrina in Messico.

Questi cinque beati sono scritti in modo indelebile nella grande epopea dell’evangelizzazione del Messico. I primi quattro fra le primizie della semina della Parola in queste terre; il quinto nella storia della sua fedeltà a Cristo, fra gli avvenimenti del secolo scorso. Tutti hanno vissuto e testimoniato questa fede, sotto la protezione della Vergine Maria. Lei, effettivamente, è stata e continua ad essere la “Stella dell’Evangelizzazione” colei che con la sua presenza e protezione continua ad alimentare la fede e a rafforzare la comunione ecclesiale.

3. La beatificazione di Juan Diego e dei fanciulli martiri di Tlaxcala, ci rammenta le primizie della predicazione della fede in queste terre, nel momento in cui ci stiamo preparando a celebrare il V Centenario dell’Evangelizzazione dell’America.

Il Vangelo di Gesù Cristo penetrò in Messico con l’ardore apostolico dei primi evangelizzatori. Essi hanno annunciato Gesù Cristo crocifisso e risorto, Signore e Messia, ed hanno portato la fede alle moltitudini, con la forza dello Spirito Santo che infiammava la loro parola di missionari e il cuore degli evangelizzati.

Quella ardente azione evangelizzatrice rispondeva al mandato missionario di Gesù ai suoi apostoli ed alla effusione dello Spirito Santo nella Pentecoste. Abbiamo ascoltato questo nella prima lettura di questa celebrazione eucaristica, quando Pietro, in nome degli altri apostoli, ha proclamato il “Kerigma” di Cristo Crocifisso e Risorto.

Quelle parole giunsero al cuore di quelli che ascoltavano, i quali domandarono subito a Pietro e agli altri apostoli: “Che cosa dobbiamo fare, fratelli?” (At 2, 37). La risposta del Principe degli Apostoli spiega chiaramente il dinamismo di ogni autentico processo di conversione e di aggregazione alla Chiesa. Alla proclamazione del Vangelo segue l’accettazione della fede da parte dei catecumeni in virtù della Parola che anima i cuori. Alla confessione della fede segue la conversione e il battesimo in nome di Gesù, per la remissione dei peccati e per ricevere l’effusione dello Spirito Santo. Per mezzo del battesimo i credenti vengono uniti alla comunità della Chiesa per vivere in una comunione di fede, di speranza e d’amore.

Di fatto “quelli che accolsero la sua parola furono battezzati e quel giorno si unirono a loro circa tremila persone” (At 2, 41). Tali furono le origini della predicazione evangelica e della diffusione della Chiesa nel mondo intero.

Non si possono proclamare queste parole senza pensare spontaneamente alla continuità di questa evangelizzazione ed effusione dello Spirito Santo qui, in Messico. In effetti, di essa, furono beneficiari e collaboratori i nostri Beati, primizie dell’evangelizzazione e illustri testimoni della fede delle origini. Qui si è compiuta la parola profetica di San Pietro il giorno di Pentecoste: “Per voi infatti è la promessa e per i vostri figli e per tutti quelli che sono lontani, quanti ne chiamerà il Signore Dio nostro” (At 2, 39).

4. Queste terre e gli uomini e le donne che le popolavano erano lontane nel tempo e nello spazio; ma in virtù del mandato apostolico giunse finalmente qui un gruppo di dodici missionari che la tradizione ha chiamato, con evidente riferimento alle origini della predicazione apostolica, i “dodici apostoli”.

Con la croce in mano annunciarono Cristo Redentore e Signore; predicarono la conversione, e le moltitudini ricevettero le acque rigeneratrici del Santo Battesimo e l’effusione dello Spirito Santo.

Così questi popoli si incorporarono nella Chiesa, come nel giorno di Pentecoste, e la Chiesa si arricchì dei valori della loro cultura.

Gli stessi missionari trovarono negli indigeni i migliori collaboratori per la missione, come mediatori nella catechesi, come interpreti ed amici per avvicinarsi ai nativi e facilitare una miglior comprensione del messaggio di Gesù.

Come esempio di essi abbiamo Juan Diego di cui si dice che si dedicasse alla catechesi a Tlaltelolco. Anche i fanciulli martiri di Tlaxcala, che nella loro tenera età seguirono con entusiasmo i missionari francescani e domenicani, disposti a collaborare con essi nella predicazione della Buona Novella del Vangelo.

5. Agli albori dell’evangelizzazione del Messico occupa un posto importante ed originale il Beato Juan Diego, il cui nome indigeno, secondo la tradizione, era Cuauhtlatóhuac, “Aquila che parla”.

La sua amata figura è inscindibile dall’avvenimento di Guadalupe, l’apparizione miracolosa e materna della Vergine, Madre di Dio, tanto nelle opere iconografiche e letterarie come nella secolare devozione che la Chiesa del Messico ha manifestato per questo indio prediletto da Maria.

Come agli antichi personaggi biblici, che erano una rappresentazione collettiva di tutto il popolo, potremmo dire che Juan Diego rappresenta tutti gli indigeni che accolsero il Vangelo di Gesù, grazie all’aiuto materno di Maria, sempre inseparabile dalla manifestazione di suo Figlio e dalla fondazione della Chiesa, come fu la sua presenza fra gli Apostoli il giorno di Pentecoste.

Le notizie che ci sono giunte su di lui elogiano le sue virtù cristiane: la sua fede semplice, alimentata nella catechesi e che accoglieva i misteri; la sua speranza e fiducia in Dio e nella Vergine; la sua carità, la sua coerenza morale, il suo distacco e la sua povertà evangelica.

Conducendo la vita dell’eremita qui, vicino al Tepeyac, è stato esempio di umiltà. La Vergine lo scelse fra i più umili per quella manifestazione di approvazione e d’amore qual è l’apparizione di Guadalupe. Un permanente ricordo di ciò è il suo volto materno e la sua immagine benedetta, che ci ha lasciato come inestimabile dono. In tal modo ha voluto rimanere fra voi, come segno di comunione e di unità di tutti coloro che dovevano vivere e convivere in questa terra.

Il riconoscimento del culto che, già da secoli, è stato dato al laico Juan Diego, riveste un’importanza particolare. È un importante appello a tutti i fedeli laici di questa Nazione affinché assumano tutte le loro responsabilità nel trasmettere il messaggio evangelico e nel testimoniare una fede viva ed operante nell’ambito della società messicana. Da questo luogo privilegiato di Guadalupe, cuore del Messico sempre fedele, desidero esortare tutti i laici messicani ad impegnarsi più attivamente nella nuova evangelizzazione della società.

I fedeli laici partecipano alla funzione profetica, sacerdotale e regale di Cristo (cf. Lumen gentium, 31), ma realizzano tale vocazione nelle condizioni ordinarie della vita quotidiana. Il loro campo naturale ed immediato di azione si estende a tutti gli ambienti della convivenza umana e a tutto ciò che fa parte della cultura nel suo significato più ampio e completo. Come ho scritto nell’Esortazione Apostolica Christifideles laici: “Per animare cristianamente l’ordine temporale, nel senso detto di servire la persona e la società, i fedeli laici non possono affatto abdicare alla partecipazione alla “politica”, ossia alla molteplice e varia azione economica, sociale, legislativa, amministrativa e culturale destinata a promuovere organicamente e istituzionalmente il bene comune” (n. 42).

Cattolici del Messico, uomini e donne, la vostra vocazione cristiana è, per sua stessa natura, vocazione all’apostolato (cf. Apostolicam Actuositatem, 3). Non potete, pertanto, rimanere indifferenti di fronte alla sofferenza dei vostri fratelli: di fronte alla povertà, alla corruzione, agli oltraggi alla verità ed ai diritti umani. Dovete essere il sale della terra e la luce del mondo (cf. Mt 5, 13-14). Per questo il Signore vi ripete oggi: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5, 16).

Da questo momento risplenda anche di fronte a voi Juan Diego, elevato dalla Chiesa all’onore degli altari e che possiamo invocare come protettore e difensore degli indigeni.

6. Con immensa gioia ho proclamato Beati anche i tre fanciulli martiri di Tlaxcala: Cristóbal, Antonio e Juan. In tenera età furono attratti dalla parola e dalla testimonianza dei missionari e divennero loro collaboratori, quali catechisti di altri indigeni. Sono un esempio sublime e istruttivo di come l’evangelizzazione sia un compito di tutto il popolo di Dio, da cui nessuno rimane escluso, neppure i bambini.

Insieme alla Chiesa di Tlaxcala e del Messico sono felice di poter offrire a tutta l’America Latina ed alla Chiesa universale questo esempio di pietà infantile, di generosità apostolica e missionaria, coronata dalla grazia del martirio.

Nell’Esortazione Apostolica Christifideles laici ho voluto porre in particolare risalto l’innocenza dei bambini che “ci ricordano che la fecondità missionaria della Chiesa ha la sua radice vivificante non nei mezzi e nei meriti umani, ma nel dono assolutamente gratuito di Dio” (n. 47). Possa l’esempio di questi bambini beatificati suscitare un’immensa moltitudine di piccoli apostoli di Cristo fra i ragazzi e le ragazze dell’America Latina e del mondo intero, che arricchiscono spiritualmente la nostra società così bisognosa di amore.

7. La grazia dello Spirito Santo risplende ancora oggi in un’altra figura che porta i tratti del Buon Pastore: il sacerdote José Maria de Yermo y Parres. In lui sono delineati con chiarezza i tratti del vero sacerdote di Cristo, perché il sacerdozio è stato il fulcro della sua vita e la santità sacerdotale la sua meta. La sua intensa dedizione alla preghiera ed al servizio pastorale delle anime, così come la sua dedizione particolare all’apostolato fra i sacerdoti con ritiri spirituali, fanno aumentare l’interesse per la sua figura, specialmente in questo momento poiché il prossimo Sinodo dei Vescovi si occuperà anche della formazione dei sacerdoti di domani.

Apostolo della carità, come lo hanno chiamato i suoi contemporanei, Padre José Maria ha unito l’amore verso Dio all’amore per il prossimo, sintesi della perfezione evangelica, con grande devozione al Cuore di Gesù e con un amore particolare per i poveri. Il suo zelo ardente per la gloria di Dio lo portava anche a desiderare che tutti fossero missionari autentici. Tutti missionari. Tutti apostoli del cuore di Cristo. Specialmente le sue figlie, la Congregazione che egli ha fondato, le Serve del Sacro Cuore di Gesù e dei Poveri, alle quali ha lasciato come eredità carismatica due passioni: per Cristo e per i poveri. Queste due passioni erano la fiamma del suo cuore e dovevano costituire sempre la gloria più pura delle sue figlie.

8. Cari fratelli e sorelle, in questa quarta domenica di Pasqua, tutta la Chiesa celebra Cristo, il Buon Pastore che, soffrendo per i nostri peccati, ha dato la vita per noi, le sue pecore, e ci ha lasciato allo stesso tempo un esempio affinché seguiamo le sue orme (cf. 1 Pt 2, 21). Il Buon Pastore conosce le sue pecore e le sue pecore conoscono Lui (cf. Gv 10, 14).

Juan Diego, i fanciulli martiri di Tlaxcala, Cristóbal, Antonio e Juan, José Maria de Yermo y Parres, hanno seguito con perseveranza le orme di Cristo, Buon Pastore. La loro beatificazione in questa domenica in cui la Chiesa celebra anche la Giornata Mondiale di preghiera per le vocazioni, è un appello urgente per tutti, affinché con la nostra vocazione andiamo a lavorare nella vigna del Signore.

Nei cinque nuovi Beati si riflette la pluralità delle vocazioni ed in essi abbiamo un esempio di come tutta la Chiesa debba mettersi in cammino per evangelizzare e portare la testimonianza di Cristo. I fedeli laici, tanto i bambini e i giovani, quanto gli adulti, i sacerdoti, i religiosi e le religiose. Tutti devono ascoltare e seguire il richiamo del Signore Gesù: “Andate anche voi nella mia vigna” (Mt 20, 4).

9. Nella nostra celebrazione eucaristica di oggi Cristo ci ripete ancora: “Io sono la porta delle pecore” (Gv 10, 7). La porta ci apre l’entrata alla casa. La porta, che è Cristo, ci introduce “nella casa del Padre dove ci sono molti posti” (cf. Gv 14, 2).

Il Buon Pastore, con parole severe e categoriche, avverte anche che bisogna guardarsi da tutti quelli che non sono “la porta delle pecore”. Egli li chiama ladroni e briganti. Sono quelli che non cercano il bene delle pecore bensì il proprio profitto mediante la falsità e l’inganno. Perciò, il Signore ci indica qual è la prova definitiva del disinteresse e del servizio: essere disposti a dare la vita per il prossimo (cf. Gv 10, 11).

Questa è anche la grande lezione di questi figli della terra del Messico che oggi abbiamo elevato all’onore dell’altare: hanno seguito Cristo e, come lui, hanno fatto delle proprie vite una testimonianza di amore. La morte non li ha sconfitti. Ha spalancato loro le porte dell’altra vita, la vita eterna.

Da questo Santuario della Vergine Maria di Guadalupe, vogliamo rendere grazie a Lei, la Madre di Dio, la Patrona del Messico e di tutta l’America Latina, perché in questi cinque nuovi Beati si sono compiute le parole del Buon Pastore: “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).

Sono oltre 100.000 i fedeli assiepati all’esterno del Santuario di Santa Maria di Guadalupe durante la Messa celebrata da Giovanni Paolo II. Al termine della solenne celebrazione eucaristica, il Papa rivolge loro un breve saluto. 
Carissimi fratelli e sorelle,

Che gioia essere nuovamente tra voi e ai piedi della Vergine di Guadalupe! Il mio cuore si leva in azione di ringraziamento a Dio perché, nella sua provvidenza amorevole, mi consente di stare tra i cari figli e figlie del Messico, per condividere alcune giornate di fede uniti nell’amore a Gesù Cristo.

Vi ringrazio, dal profondo del mio cuore, per la vostra presenza qui, questo pomeriggio, per celebrare, con il Papa, la Beatificazione di cinque figli prediletti di queste terre, che Dio ha voluto benedire in modo particolare e che ha posto sotto la protezione materna di Nostra Signora di Guadalupe. Tornando alle vostre case, portate a tutti il saluto affettuoso del Papa. Sono venuto a visitarvi perché vi amo, perché rappresentate una parte scelta della Chiesa di Cristo, perché desidero essere vicino a coloro che più ne hanno bisogno: i poveri, i malati, quanti soffrono nel corpo o nello spirito.

Da Guadalupe, cuore del Messico, benedico tutti e vi raccomando alla protezione della Vergine.