Josè Vaz

Josè Vaz

(1651-1711)

Beatificazione:

- 21 gennaio 1995

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 14 gennaio 2015

- Papa  Francesco

- Colombo, Sri Lanka

Ricorrenza:

- 16 gennaio

Presbitero, fondatore dell’Istituto dell’Oratorio di S. Filippo Neri a Goa e Apostolo dell’Isola di Ceylon e di Canarà, percorrendo con mirabile ardore faticosi sentieri tra i campi confermò instancabilmente nella fede i cattolici dispersi e nascosti, predicando con zelo il Vangelo della salvezza.

  • Biografia
  • Omelia
  • Lettera Apostolica
  • omelia nella beatificazione
“L’epopea di un uomo libero che si fa schiavo per evangelizzare”

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

Giuseppe Vaz nacque il 21 aprile 1651 a Benaulim/Sancoale, nell’ex colonia portoghese di Goa, India. Fu allevato in una famiglia, dove la fede era tenuta in gran conto e dalla quale germogliò in lui il desiderio di diventare sacerdote. Dopo gli studi classici all’Universi­tà del posto e gli studi filosofici e teologici all’Accademia di San Tommaso d’Aquino a Goa, fu ordinato sacerdote nel 1676, all’età di venticinque anni.

Ritornò a Sincoale e, dato che non aveva un preciso ministero parrocchiale, si dedicò alla predicazione in molte parrocchie e fondò una scuola di latino per futuri aspiranti al sacerdozio. A quel tempo anche la sua devozione alla Madre di Dio prese una chiara fisionomia nella sua personale consacrazione a Maria “come schiavo perpetuo” il 5 agosto 1677.

Dopo aver conosciuto la condizione dei cattolici a Ceylon, nacque in Giuseppe Vaz un profondo desiderio di andare come missionario in quel paese. Il cattolicesimo era stato portato a Ceylon dai portoghesi. Purtroppo i missionari non avevano incoraggiato lo sviluppo dei cattolici locali e non avevano favorito le vocazioni ceylanesi al sacerdozio. Quando i portoghesi furono cacciati dagli olandesi tra il 1656 e il 1658 anche i sacerdoti portoghesi si ritira­rono, lasciando i pochi cattolici di Ceylon senza l’amministrazione dei sacramenti e con una confusa organizzazione per la conser­vazione della loro fede. Gli olandesi cercarono di distruggere la Chiesa, proibendo la pratica della fede cattolica, discriminando i cattolici negli impieghi pubblici e provocandoli ad apostatare.

Giuseppe Vaz sentì la chiamata di Dio per andare a servire quelle popolazioni così duramente perseguitate. I suoi superiori ecclesiastici però gli assegnarono la missione di Canara, vicino a Goa. Dopo avervi lavorato con grandi risultati, ritornò a Goa e ivi, desiderando una vita interiore più intensa, entrò in un piccolo gruppo di sacerdoti che praticavano la vita comune. Modellato sull’Oratorio di San Filippo Neri, il gruppo elesse Giuseppe Vaz come Superiore, responsabile della stabilità e della crescita della comunità. Intanto, il richiamo per andare dai cattolici abbandonati di Ceylon rimaneva imperioso.

Nel marzo del 1686 Giuseppe Vaz poté partire per Ceylon. A causa della dura persecuzione della Chiesa da parte delle autorità olandesi, egli dovette muoversi con precauzione: si travestì da “coolie”, la più umile forma di servo, e, con una rozza cintura attor­no ai fianchi, poté introdursi clandestinamente in Ceylon.

Dopo aver patito la fame, Giuseppe Vaz approdò a Jaffna e partì per scoprire i cattolici nascosti. Andò elemosinando porta a porta, anche perché non possedeva nulla. Portava un grande Rosario attorno al collo e faceva attenzione alle reazioni della gente. Pian piano stabilì i primi contatti con le famiglie cattoliche e cominciò a celebrare la Messa in segreto. Per evitare di essere scoperto si trasferì nel piccolo villaggio di Sillalai, dove rimaneva ancora una piccola comunità cattolica guidata da un catechista. C’era una specie di organizzazione di laici che Giuseppe Vaz voleva che si estendesse ovunque in Ceylon e che è rimasta fino ai nostri giorni. Per due anni fece di Sillalai la sua base, viaggiando in segreto di notte, in continuo pericolo. Ma la sua presenza fu scoperta, e quelli che gli diedero asilo furono flagellati e imprigionati. Giuseppe Vaz riuscì a scappare e partì per Kandy, trasferendosi nel villaggio di Puttalam, per poi riuscire ad entrare nella città regia di Kandy. Qualcuno lo denunciò come spia portoghese, e per questo fu incatenato.

Per più di due anni rimase in prigione, ma anche qui riuscì a esercitare il suo ministero sacerdotale per i fedeli i quali comincia­rono ad andare da lui. Convinto della sua innocenza, il re ordinò che fosse rilasciato, ma Giuseppe Vaz rimase agli arresti domiciliari. Egli intanto ampliò il suo ministero ed a Natale del 1691 celebrò per la prima volta la Messa a Kandy. Pian piano ebbe più libertà, so­prattutto a causa della riputazione di uomo di grande santità, rispettato persino dai Buddisti. La chiesa a Kandy cominciò a prendere forma.

Finalmente Giuseppe Vaz acquistò piena libertà con un miracolo pubblico. Durante una lunga siccità, dopo i vani tentativi dei Buddisti, Giuseppe Vaz preparò un altare nella piazza pubblica di fronte al palazzo del re e, con una grande fiducia in Dio, pregò per la pioggia. Mentre stava ancora pregando la pioggia cadde abbon­dantemente e da allora in poi Giuseppe Vaz ricevette rispetto e protezione da parte del re.

Da Kandy, Giuseppe Vaz intraprese frequenti e lunghi viaggi attraverso tutti i villaggi del reame. Cercò i cattolici, li istruì, celebrò i Sacramenti, costruì chiese, aiutò i poveri, assistette gli ammalati e preparò catechisti, animatori del popolo. Da solo riorganizzò la Chiesa rendendola molto più stabile di quanto non fosse stata prima. I suoi viaggi furono lunghi e pericolosi attraverso fitte giungle; ma noncurante dei serpenti velenosi e delle bestie selvatiche, camminò a piedi nudi, spinto sempre avanti dal suo zelo.

Giuseppe Vaz si avventurò oltre il regno di Kandy, nel territorio olandese, dove era pericoloso essere cattolico, e tanto più essere sacerdote. Penetrò persino nel cuore della capitale, Colombo, facendo ministero in segreto‚ protetto dall’oscurità della notte. Quando si vide che la sua presenza era evidente e che era braccato, cambiò posto. I villaggi furono visitati uno a uno. Dovette viaggiare travestito, per lo più da mendicante e soffrì la fame, la paura e le cattive condizioni del tempo. Camminò attraverso tutta la costa occidentale di Ceylon, da Jaffna fino a Colombo, visitando tutte le classi e caste, promuovendo un nuovo laicato e istituendo modelli di chiese che perdurano ancora.

Mentre stava compiendo questa fatica erculea, inviò un messaggio a Goa, al suo amato Oratorio, per ottenere l’aiuto di altri sacerdoti. I primi arrivarono tra il 1696 e il 1697 ed altri quattro arrivarono nel 1705 cosicché l’intera isola fu divisa in otto missioni.

Nel 1697 scoppiò una terribile epidemia di vaiolo a Kandy. I malati e i moribondi erano abbandonati, e quelli che potettero, fuggirono dalla città, compresi il re e la sua corte. Giuseppe Vaz s’incaricò della cura di tutti: di ogni religione e casta. Egli lavorò senza tregua assistendo i malati, organizzando i cattolici a lavorare con lui, trovando cibo per gli ammalati, seppellendo i morti. Dopo dodici mesi l’epidemia si placò. L’amore e gli sforzi eroici di Giuseppe Vaz e dei cattolici furono motivo di perenne ammirazione del re e di tutti nella città di Kandy.

Giuseppe Vaz continuò i suoi viaggi missionari dirigendo non solo il laicato cattolico, ma anche i sacerdoti che lo aiutavano. Camminò per centinaia di miglia, ma dovette portare il peso di tanti anni di nascondigli, di digiuni, di viaggi continui. Nel 1710 si mise nuovamente in cammino per le varie missioni, ma fu riportato privo di sensi a Kandy. Dopo mesi di sofferenza fisica, il 16 gennaio 1711 morì. Era nel suo sessantesimo anno di età e nel ventiquattresimo del suo apostolato missionario a Ceylon.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della beatificazione

 

La venerazione di cui godeva Giuseppe Vaz durante la sua vita portò a intraprendere i primi passi per la Causa di beatificazione appena due anni dopo la sua morte. Alla fine del 1713 Don Pedro Pacheco, vescovo di Cochin, iniziò il processo informativo. Tra il 1730 e il 1738 anche gli Oratoriani promossero un processo infor­mativo, e nel 1740 il nuovo vescovo di Cochin si mise in contatto con Papa Benedetto XIV per definire la forma canonica del processo. La Sacra Congregazione dei Riti, nella risposta, fece riferimento alla “vasta fama di santità, virtù e miracoli” di Giuseppe Vaz.

Le ripetute persecuzioni contro la Chiesa di Ceylon, l’espul­sione degli Oratoriani e il cambiamento delle autorità ecclesiastiche condussero all’interruzione e al temporaneo abbandono della Causa. Fu soltanto nel 1928 che Mateus Oliveira Xavier, Arcivescovo di Goa, rimise in moto la Causa. Un nuovo processo informativo fu iniziato a Goa tra il 1935 e il 1941. Dopo la seconda guerra mondiale altre trenta sessioni furono tenute a Ceylon. Fu trattato il problema della competenza tra le Diocesi di Goa (Diocesi della nascita) e quella di Kandy (Diocesi della morte). Molte autorità del posto, soprattutto Sua Eminenza il Cardinal Tommaso Cooray, OMI, Arcivescovo di Colombo, sollecitarono l’avanzamento della Causa. La Positio super virtutibus fu completata nel 1985. I consultori storici espressero il loro giudizio il 29 maggio 1985. I consultori teologi nel Congresso peculiare sulle virtù, tenutosi l’11 ottobre 1988, diedero unanimi voto affermativo. Il 13 maggio 1989 fu promulgato il decreto super virtutibus heroicis. Intanto in India era avvenuto, nel 1938, un evento prodigioso, attribuito all’intercessione del Vene­rabile. Presso la Curia di Goa, nel 1991, fu istruita l’in­chiesta canonica. Sottoposto il caso, con esito positivo, ai consueti esami presso la Congregazione della Cause dei Santi, il 6 luglio 1993, fu promulgato il decreto super miraculo. La beatificazione ebbe luogo a Colombo il 21 gennaio 1995, in occasione della visita pastorale di Papa Giovanni Paolo II in Sri Lanka.

 

b) In vista della canonizzazione

 

A nome delle Conferenze Episcopali di Sri Lanka e di India e di sacerdoti e laici, la Postulazione ha indirizzato a Sua Santità Papa Francesco la supplica di voler decretare l’auspicata canonizzazione del Beato Giuseppe Vaz, considerando la sua straordinaria rilevanza ecclesiale e la solida e vasta fama signorum che lo accompagna, dispensando, in pari tempo, dalla valutazione di un presunto evento prodigioso.

In tal modo la Postulazione ha inteso farsi interprete di un profondo e universale sentire del Popolo di Dio che, ieri come oggi, avverte il fascino che promana dalla figura del Beato e continua a individuare in lui un punto di riferimento, un sicuro intercessore e un modello di autentica vita cristiana.

Per accompagnare adeguatamente la supplica, la Postulazione ha recentemente consegnato alla Congregazione delle Cause dei Santi la Positio super Canonizatione, che illustra i motivi che hanno fatto maturare la speranza dell’auspicata Canonizzazione. Tali motivi si possono riassumere nei seguenti punti:

1. duraturo e regolare percorso della Causa fino alla Beatifi­cazione: approvazione degli scritti, la meticolosa ricostruzione della vita, i decreti sulle virtù e sul miracolo;

2. estensione del culto liturgico in onore del Beato, concesso dalla Santa Sede a diverse diocesi di Sri Lanka e India.

3. testimoniata venerazione che accompagna nel popolo di Dio la memoria del Beato: dedicazione di chiese e cappelle in Sri Lanka (24) e India (6); dedicazione di un Oratorio in Messico; dedicazione di istituti (scuole, centri pastorali…) in Sri Lanka (8) ed in India (3); dedicazione di monumenti e statue in Sri Lanka (96) e India (33); varie forme di venerazione in India, Italia, Sri Lanka, USA; pubbli­cazioni dopo la beatificazione del 1995 (33).

4. certificata fama sanctitatis et signorum a livello inter­nazionale: presentazione di sette presunti miracoli documentati da diversa certificazione medica (7) e favori miracolosi (34).

5. l’attualità pastorale e ecclesiale della figura e dell’opera di Giuseppe Vaz.

La Sessione Ordinaria dei Cardinali e Vescovi, nella riunione del 16 settembre 2014, ha espresso parere favorevole alla canonizza­zione. Il Santo Padre, nell’udienza concessa al Card. Angelo Amato, S.D.B., Prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha ratificato le conclusioni della predetta Sessione Ordinaria e ha deciso di convocare un apposito Concistoro.

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEL BEATO GIUSEPPE VAZ

OMELIA DEL SANTO PADRE

Galle Face Green, Colombo 
Mercoledì, 14 gennaio 2015

 

«Tutti i confini della terra vedranno la salvezza del nostro Dio» (Is 52,10).

Questa è la magnifica profezia che abbiamo ascoltato nella prima Lettura di oggi. Isaia predice l’annuncio del Vangelo di Gesù Cristo sino ai confini della terra. Questa profezia ha un significato speciale per noi che celebriamo la canonizzazione del grande missionario del Vangelo san Giuseppe Vaz. Come innumerevoli altri missionari nella storia della Chiesa, egli ha risposto al comando del Signore risorto di fare discepoli tutti i popoli (cfr Mt 28,19). Con le sue parole, ma soprattutto con l’esempio della sua vita, ha condotto il popolo di questo Paese alla fede che ci concede «l’eredità fra tutti quelli che da lui sono santificati» (At 20,32).

In san Giuseppe vediamo un segno eloquente della bontà e dell’amore di Dio per il popolo dello Sri Lanka. Ma in lui vediamo anche uno stimolo a perseverare nella via del Vangelo, a crescere noi stessi in santità, e a testimoniare il messaggio evangelico di riconciliazione al quale egli ha dedicato la sua vita.

Sacerdote Oratoriano, dalla sua natia Goa, san Giuseppe Vaz arrivò in questo Paese, ispirato da zelo missionario e da un grande amore per queste popolazioni. A causa della persecuzione religiosa in atto, si vestiva come un mendicante, adempiva ai suoi doveri sacerdotali incontrando in segreto i fedeli, spesso di notte. I suoi sforzi hanno dato forza spirituale e morale alla popolazione cattolica assediata. Egli ebbe un particolare desiderio di servire i malati e i sofferenti. Il suo ministero con gli infermi, durante un’epidemia di vaiolo a Kandy, fu così apprezzato dal re, che gli fu concessa maggiore libertà di esercitare il ministero stesso. Da Kandy poté raggiungere altre zone dell’isola. Si consumò nel lavoro missionario e morì, esausto, all’età di cinquantanove anni, venerato per la sua santità.

San Giuseppe Vaz continua ad essere un esempio e un maestro per molte ragioni, ma ne vorrei focalizzare tre.

Innanzitutto, egli fu un sacerdote esemplare. Qui oggi con noi ci sono molti sacerdoti, religiosi e religiose, i quali, come Giuseppe Vaz, sono consacrati al servizio del Vangelo di Dio e al prossimo. Incoraggio ognuno di voi a guardare a san Giuseppe come a una guida sicura. Egli ci insegna ad uscire verso le periferie, per far sì che Gesù Cristo sia conosciuto e amato ovunque. Egli è anche esempio di paziente sofferenza per la causa del Vangelo, di obbedienza ai superiori, di amorevole cura per la Chiesa di Dio (cfr At20,28). Come noi, egli è vissuto in un periodo di rapida e profonda trasformazione; i cattolici erano una minoranza e spesso divisa all’interno; si verificavano ostilità, perfino persecuzioni, all’esterno. Ciò nonostante, poiché egli fu costantemente unito nella preghiera al Signore crocifisso, fu in grado di diventare per tutta la popolazione un’icona vivente dell’amore misericordioso e riconciliante di Dio.

In secondo luogo, san Giuseppe ci ha mostrato l’importanza di superare le divisioni religiose nel servizio della pace. Il suo indiviso amore per Dio lo ha aperto all’amore per il prossimo; egli ha dedicato il suo ministero ai bisognosi, chiunque e dovunque essi fossero. Il suo esempio continua oggi ad ispirare la Chiesa in Sri Lanka. Essa volentieri e generosamente serve tutti i membri della società. Non fa distinzione di razza, credo, appartenenza tribale, condizione sociale o religione nel servizio che provvede attraverso le sue scuole, ospedali, cliniche e molte altre opere di carità. Essa non chiede altro che la libertà di portare avanti la sua missione. La libertà religiosa è un diritto umano fondamentale. Ogni individuo dev’essere libero, da solo o associato ad altri, di cercare la verità, di esprimere apertamente le sue convinzioni religiose, libero da intimidazioni e da costrizioni esterne. Come ci insegna la vita di Giuseppe Vaz, l’autentica adorazione di Dio porta non alla discriminazione, all’odio e alla violenza, ma al rispetto per la sacralità della vita, al rispetto per la dignità e la libertà degli altri e all’amorevole impegno per il benessere di tutti.

Infine, san Giuseppe ci offre un esempio di zelo missionario. Nonostante fosse giunto a Ceylon per soccorrere e sostenere la comunità cattolica, nella sua carità evangelica egli arrivò a tutti. Lasciandosi dietro la sua casa, la sua famiglia, il conforto dei suoi luoghi familiari, egli rispose alla chiamata di partire, di parlare di Cristo dovunque si recasse. San Giuseppe sapeva come offrire la verità e la bellezza del Vangelo in un contesto multi-religioso, con rispetto, dedizione, perseveranza e umiltà. Questa è la strada anche per i seguaci di Gesù oggi. Siamo chiamati ad “uscire” con lo stesso zelo, con lo stesso coraggio di san Giuseppe, ma anche con la sua sensibilità, con il suo rispetto per gli altri, con il suo desiderio di condividere con loro quella parola di grazia (cfr At 20,32) che ha il potere di edificarli. Siamo chiamati ad essere discepoli missionari.

Cari fratelli e sorelle, prego che, seguendo l’esempio di san Giuseppe Vaz, i cristiani di questo Paese possano essere confermati nella fede e dare un contributo ancora maggiore alla pace, alla giustizia e alla riconciliazione nella società srilankese. Questo è quanto Cristo si aspetta da voi. Questo è quanto san Giuseppe vi insegna. Questo è quanto la Chiesa vi chiede. Vi affido tutti alle preghiere del nostro nuovo Santo, affinché, in unione con tutta la Chiesa sparsa per il mondo, voi possiate cantare un canto nuovo al Signore e proclamare la sua gloria fino ai confini della terra. Perché grande è il Signore e degno di ogni lode (cfr Sal 96,1-4)! Amen.

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta beatificatione

 

IOANNES  PAULUS  II

ad perpetuam rei memoriam

 

Specialis vocatio missionarii «demonstratur in toto studio de evangelizationis ministerio: est enim studium quod integram com­plectitur personam universamque missionarii ipsius vitam, cum ab eo donationem flagitet virium temporisque sine limite». Quae in Nostris scripsimus Litteris Encyclicis Redemptoris missio (AAS LXXXIII [1991], 313) effecta sunt etiam in vita Venerabilis Servi Dei Iosephi Vaz, «apostoli Taprobanae» (Sri Lanka), sacerdotis Oratorii Sancti Philippi Neri, qui unus ex insignissimis fuit Ecclesiae Missionariis.

Goae natus, in India, die xxi mensis Aprilis anno mdcli, ordi­natus est sacerdos anno mdclxxvi. Cum audivisset condicionem religiosam parvae communitatis catholicae in Taprobana (Sri Lanka), astrictum se sensit illi subvenire. Ecclesia catholica in Taprobana orta erat inter Lusitanorum illius insulae occupationem, sed anno mdcxxxvii Neerlandienses his profligatis, acerbam inceperunt con­tra nascentem Ecclesiam persecutionem: presbyteri sunt in suo ministerio impediti, ecclesiae destructae, conversiones coactae ad Calvini doctrinam. Servus Dei quoquo modo nisus est ad Taprobanam se conferre, sed interim Oratorium Sancti Philippi Neri condidit in India. Anno mdclxxxvii Jaffnam ingredi potuit servi veste indutus. Cum catholicis dispersis congrediens Ecclesiam coepit constituere. Pedibus insulam est emensus longe lateque Sacramenta ministrans, communitates catholicas condens, praedicans, quamvis ab auctoritatibus agitaretur. Aliquot annos egit in custodia, sed exceptus est in regno Candii; Consociationem catechistarum laico­rum instituit; catechismum conscripsit loci sermonibus; formam generum conatus est demoliri, ex India sacerdotes Oratorianos invexit, catholicis localibus officium nummarium et administrativum concredidit in eorum ecclesiis, bonam consuetudinem coluit cum Buddhistis et Mahometanis. Propter suum amorem erga Ecclesiam et incolarum Taprobanensium respectum Servus Dei Iosephus Vaz statuerat ad eos gratiam sacramentorum ferre, neglectis persecutioni­bus, iniuriis, fame, inclusione in custodiam. Per magnam Candii va­riolae pestilentiam anno mdcxcvii aegrotos curavit, morientibus adfuit, mortuos sepelivit. Magna humilitate munus episcopi recusa­vit. Eius fides et fortitudo per xxiv annos apostolatus in Taprobana eminuerunt, unde iure appellatus est «Apostolus Taprobanensis». Initio vitae suae sacerdotalis sibi proposuerat ut tamquam servus Mariae viveret, et sub eius tutela laboravit donec morbo consumptus Candii mortuus est die xvi mensis Ianuarii, anno mdccxi.

Duobus post eius mortem annis inita est beatificationis Causa, quam Oratoriani perrexerunt (annis mdccxxx-mdccxxxviii); sed aliae persecutiones adversus Ecclesiam (anno mdccxxxxv) et politicae eversiones eandem retardaverunt. Iis quae iure statuuntur rite peractis, coram Nobis die xiii mensis Maii anno mcmlxxxix decretum promulgatum est super virtutibus heroicis. Interea in India mirum factum erat deprecationi ascriptum Venerabilis Servi Dei. Apud curiam Goanam anno mcmxci instructa est canonica inquisitio. Casu favente cum exitu permisso Congregationi de Causis Sanctorum, in conspectu Nostro die vi mensis Maii anno mcmxciii promulgatus est decretum super miraculo.

Quamobrem decrevimus ut beatificationis ritus fieret die xxi mensis Ianuarii anno mcmxcv per Nostram pastoralem visitationem in Taprobana.

Hodie igitur, inter Missae sollemnia, multis circumstantibus Christifidelibus, hanc pronuntiavimus formulam:

Acceding to the request of our brothers Joseph Vianney Fernando, Bishop of Kandy, and Raul Nicolau Gonsalves, Arch­bishop of Goa, of many other Brothers in the episcopate, and of many of the faithful, and after consultation with the Congregation for the Causes of Saints, by our Apostolic Authority we declare that the Venerable Servant of God, Joseph Vaz, shall hereafter be invoked as Blessed, and that his feast shall be celebrated every year on the 16th day of January, the date of his birth to eternal life, in the places and according to the norms established by Church Law.

In the name of the Father and of the Son and of the Holy Spirit.

Spectabilis hic caeles claras dedit pietatis operumque bonorum testificationes, qui ubicumque terrarum tanquam fulgens sidus habetur, unde catholica fides usque proferatur et quam plurimos homines attingat, cum Salvatoris salus et Evangelii beneficia cunctis gentibus largiter destinentur.

Haec vero quae decrevimus et fecimus firma omnino esse volumus atque rata quibuslibet minime rebus contrariis obstantibus.

 

Datum in Taprobana, sub anulo Piscatoris, die primo et vice­simo mensis Ianuarii, anno mcmxcv, Pontificatus Nostri septimo decimo.

 

 

De mandato Summi Pontificis

+ Angelus  Card. Sodano

Secretarius  Status

 

Loco + Sigilli

In Secret. Status tab., n. 375.368

SANTA MESSA PER LA BEATIFICAZIONE DI PADRE JOSEPH VAZ

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

«Galle Face Green» di Colombo (Sri Lanka) - Sabato, 21 gennaio 1995

 

“Lodate il Signore popoli tutti, voi tutte, Nazioni, dategli gloria!” (Sal 118, 1).  

Cari Fratelli e Sorelle dello Sri Lanka,

1. Il Salmo Responsoriale della Messa di oggi si rivolge a tutto il mondo, ad ogni Nazione e ad ogni popolo. Le Nazioni e i popoli del vasto Continente asiatico sono anch’essi chiamati ad unirsi in un coro di preghiera a Dio. Oggi, a Colombo, ringrazio Dio per avermi dato la possibilità di aggiungere la mia voce alla vostra in questa grande sinfonia di preghiera, e di gioire con voi per la Beatificazione di Padre Joseph Vaz. Esprimo la mia gratitudine a ciascuno qui convenuto, all’Arcivescovo Fernando, ai miei fratelli Vescovi, ai preti, ai religiosi, donne e uomini, e a tutti voi la cui presenza ha reso possibile questa lieta Celebrazione.

Saluto le autorità civili e le ringrazio per essere presenti a questa cerimonia.

Questo è un giorno di particolare felicità per i seguaci di Cristo nello Sri Lanka! Dall’inizio del mio Pontificato, ogni volta che ho avuto occasione di incontrare i vostri Vescovi, essi mi hanno parlato del vostro grande desiderio di vedere Padre Vaz innalzato agli onori dell’Altare. Oggi Joseph Vaz, l’apostolo dello Sri Lanka, è stato proclamato uno dei Beati in paradiso. I Cattolici dello Sri Lanka, con gratitudine per tutto ciò che Dio ha fatto nella storia del loro popolo su quest’Isola, possono sinceramente ripetere con i Salmisti: “Perché forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno!” (Sal 118, 2).

2. Joseph Vaz è giustamente considerato il secondo fondatore della Chiesa nel vostro Paese. Egli è venuto dalla sua India nativa, ed è stato un prete che si è dedicato a Gesù Cristo, alla sua terra di antiche tradizioni spirituali, una terra pervasa dal rispetto per il Sanyasi, l’uomo della santità, l’uomo di Dio. Negli ultimi mesi, mentre mi preparavo alla odierna Beatificazione, i miei pensieri spesso si sono rivolti al rispetto per le cose spirituali che caratterizzano i popoli dell’Asia. Questo ha portato alla mente il passo della Dichiarazione sulle Religioni non cristiane del Concilio Vaticano II, che esprime la profonda stima della Chiesa per le antiche religioni dell’Asia, e in particolare per il Buddismo e l’Induismo. Questo è ciò che leggiamo nel documento Nostra Aetate.

La Chiesa rispetta queste religioni per la loro abilità di instillare un profondo significato religioso nelle vite dei loro seguaci. Gli uomini e le donne guardano alle differenti religioni per trovare delle risposte ai profondi e assillanti misteri che circondano l’esistenza umana: Chi è l’uomo? Qual è il significato e il fine della nostra vita? Qual è l’origine e il fine della sofferenza? Come possiamo conseguire la vera felicità? Qual è il significato della morte, e qual è il mistero ultimo che circonda e pervade tutto il nostro essere, il Mistero della nostra origine e verso il quale viaggiamo perennemente? (cf. Nostra Aetate, 1-2).

3. E ora leggerò altri brani tratti dalla Gaudium et Spes, dalla Costituzione Gaudium et Spes – parte di questo documento. La Chiesa Cattolica “nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni perché non raramente esse riflettono un raggio di quella Verità che illumina tutti gli uomini” (Gaudium et Spes, 2). Allo stesso tempo Essa esiste per proclamare che la risposta più esauriente ai quesiti della vita si trova in Gesù Cristo, la Parola di Dio Incarnata. Egli è la Parola Eterna del Padre e il Nuovo Adamo. Attraverso di lui tutte le cose sono state create e in lui tutte le genti hanno trovato quella luce che è la vita del mondo (cf. Gv 1, 3-4). Cristo, rivelando il mistero del Padre e del suo Amore, “svela pienamente l’uomo all’uomo e gli fa nota la sua altissima vocazione” (Gaudium et Spes, 22).

Per questo motivo, la Chiesa non cessa mai di proclamare che Gesù Cristo è “la via, la verità e la vita” (Gv 14, 6), l’Uno “in cui gli uomini trovano la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato a sé tutte le cose” (Nostra Aetate, 2) Padre Joseph Vaz è venuto in questa terra per proclamare questo stesso messaggio. Egli ha predicato il nome di Cristo per l’obbedienza alla Verità e per un desiderio di dividere con altri il cammino che conduce alla vita eterna.

4. Padre Joseph Vaz era un grande prete missionario, appartenente ad una interminabile fila di ardenti messaggeri del Vangelo, missionari che, in ogni tempo, hanno lasciato la loro terra per portare la luce della Fede ad altre genti. Tra coloro che hanno seguito le orme di San Paolo, che diventò tutto per tutti per salvare il Vangelo (cf. 1 Cor 9, 22-23), la figura di San Francesco Saverio splende dinnanzi a noi come il grande apostolo dell’Asia e il Patrono universale delle Missioni. Padre Vaz era un vero erede di San Francesco Saverio; egli era anche un vero figlio della sua nativa Goa, distintasi per le sue profonde tradizioni cristiane e missionarie. Padre Vaz era un figlio dell’Asia che diventò un missionario in Asia. La Chiesa oggi ha bisogno più che mai di missionari come questi (sia uomini e donne) tra la gente di diversi Continenti.

Chi era Padre Joseph Vaz? Innanzitutto, cosa lo ha mosso a venire in Sri Lanka? Il Vangelo che abbiamo sentito oggi ha messo in luce la sua vocazione missionaria. Gesù peregrinava proclamando il regno di Dio nella sua nativa Galilea. La gente gli portò i suoi malati e Lui li guarì. Egli liberò altri dalla morsa degli spiriti maligni. Quando Egli si allontanò per pregare, la gente cominciò a cercarlo. Essi non volevano che li lasciasse. Ma egli replicò: “Bisogna che io annunzi il Regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato” (Lc 4, 43).

Padre Joseph si impegnò a seguire il cammino del suo Divino Maestro. Anche lui era stato mandato da Dio per proclamare “un regno di verità e di vita, un regno di santità e di grazia, un regno di giustizia, amore e pace” (Messale Romano, Prefazio di Cristo Re).

Rispondendo alla chiamata dello Spirito Santo, egli ha lasciato la sua terra per venire in questo Paese dove la Chiesa non aveva avuto preti per oltre tre decenni. Egli venne qui in assoluta povertà e visse come un mendicante, guidato da un ardente desiderio di condurre la gente a Cristo. Prima ancora di arrivare, imparò il linguaggio Tamil, e più tardi, quando fu imprigionato a Kandy, imparò il Sinhala, per far risuonare il nome di Gesù Cristo nelle lingue e nelle culture del vostro Paese.

Joseph Vaz era arso dalla fede. Guidato dall’esempio del suo Divino Maestro, egli viaggiò per tutta l’Isola, recandosi dappertutto, spesso scalzo, con un rosario intorno al collo come segno della sua fede cattolica. Come un vero discepolo di Gesù, egli sopportò innumerevoli sofferenze con gioia e fiducia, sapendo che in quelle sofferenze anche i disegni di Dio venivano compiuti. La sua eroica carità, dimostrata in modo particolare nella sua altruistica dedizione per le vittime dell’epidemia del 1697, gli fece guadagnare il rispetto di tutti.

5. Cari fratelli e care sorelle, Cristiani dello Sri Lanka! Qual è il messaggio di Joseph Vaz? Il Beato Joseph dovrebbe ispirarvi ad essere dei testimoni del Vangelo, instancabili e colmi di spirito, sia nelle vostre famiglie che nelle vostre comunità. Nel Battesimo siete stati rinnovati a somiglianza di Cristo e vi è stata affidata una missione per proclamare in modo profetico la sua presenza nel mondo. Nella Confermazione siete stati fortificati dallo Spirito Santo e siete stati mandati a professare la vostra fede con parole e azioni. Ad alcuni di voi viene rivolto un ulteriore richiamo: di essere missionari asiatici in Asia. Nell’epoca del Terzo Millennio Cristiano, l’intera Chiesa viene chiamata ad assumere con nuovo vigore il mandato missionario che ha ricevuto da Cristo, e a far fronte alle sfide di una nuova evangelizzazione. Tra la gente di questo Continente, la santità sarà sempre la prima e più efficace forma di insegnare le verità ed i valori del Vangelo. Le venerande tradizioni dell’Asia: il silenzio, la riflessione, la preghiera, l’ascetismo e l’abnegazione troveranno il loro più pieno significato in un incontro con lo Spirito di Gesù Cristo, un incontro che avrà sicuramente luogo se sarete persone di profonda santità personale, piene di amore e di zelo per la Chiesa e per il Regno di Dio. Attraverso la vostra testimonianza, “tutti i popoli della terra sapranno che il Signore è Dio e che non ce n’è un altro” (1 Re 8, 60).

6. Nella prima lettura della Messa odierna, il Re Salomone prega: “Il Signore nostro Dio sia con noi come è stato con i nostri padri; non ci abbandoni e non ci respinga, ma volga piuttosto i nostri cuori verso di lui” così possiamo sempre vivere come egli vuole che viviamo (1 Re 8, 57). Queste parole fanno pensare a come i vostri predecessori nella fede hanno accolto gioiosamente Padre Vaz. In un’epoca in cui la Chiesa cattolica era bandita e perseguitata, e tutti i suoi preti erano stati espulsi, i Cattolici dello Sri Lanka non si sono persi d’animo. Essi sono rimasti fedeli al Vangelo che hanno ricevuto. E Dio non li ha abbandonati. Joseph Vaz poteva contare sul laicato nel compito di ricostruire la Chiesa nel vostro Paese; egli istruì degli uomini che diventassero pastori e riconducessero il gregge sparso di Cristo nel momento della difficoltà.

Non possiamo forse vedere qui una lezione per i nostri tempi? La Chiesa in Sri Lanka ha bisogno di cattolici ferventi che seguano “tutte le sue vie e” osservino “i comandi, gli statuti e i decreti che essa ha imposto” (1 Re 8, 58). Essa ha bisogno di preti che si dedichino alla proclamazione del Vangelo e alla celebrazione dei misteri della nostra redenzione; essa ha bisogno di Religiosi che siano prova vivente della gioia derivante dalla totale dedizione al Signore e alle sue opere. Vorrei esprimere la gioia che scorgo in voi, nei vostri sacerdoti, nei vostri Religiosi, e in particolare nelle vostre Religiose, la grande gioia di essere Cristiani, di essere religiosi. C’è bisogno di coppie sposate il cui amore fedele rifletta il legame inscindibile dell’unità tra Cristo e la sua Chiesa; c’è bisogno di genitori cristiani che siano per i loro figli i primi insegnanti della fede. La Chiesa ha bisogno di giovani che siano apostoli per la loro generazione: come le centinaia di migliaia e milioni di giovani che si sono riuniti a Manila per la Decima Giornata Mondiale della Gioventù e si sono nuovamente impegnati a trasformare il mondo che li circonda secondo la richiesta evangelica di giustizia, pace e amore. Come Joseph Vaz, che liberamente ha condiviso la verità che aveva ricevuto, ognuno, che ha ricevuto il dono della fede, è chiamato a dividere quel dono con gli altri.

7. “Benedetto il Signore, che ha concesso tranquillità a Israele suo popolo” (1 Re 8, 56).

Miei Fratelli e Sorelle: spero ardentemente che la Beatificazione di Padre Joseph Vaz ispiri il popolo dello Sri Lanka a lavorare con un impegno sempre maggiore per la pace in questo amato Paese, per mettere fine definitivamente alla tragica violenza che è costata così tante vite.

La pace è il frutto dell’amore! San Paolo ci ricorda che il nostro amore si rivela nel modo in cui trattiamo gli altri. Egli dice: “amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno... gareggiate nello stimarvi a vicenda... siate ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera” (Rm 12, 10-12). Queste parole che Paolo ha scritto ai primi Cristiani che vivevano a Roma sono anche il messaggio del Beato Joseph Vaz, un uomo conosciuto per la sua mansuetudine e la sua umiltà di cuore. Queste parole sono rivolte a voi – e a tutti coloro che onestamente lottano per la pace in questo Paese. San Paolo insiste: “Non rendete a nessuno male per male. Cercate di compiere il bene davanti a tutti gli uomini” (Rm 12, 17). Questo è ciò che vuole Dio per voi. Questa è la volontà di Dio per lo Sri Lanka! Perdono, riconciliazione, pace: questa è la sfida che vi trovate dinanzi: tutti voi, Sinalesi e Tamili – Buddisti, Induisti, Musulmani, Cristiani e tutti gli uomini e le donne di buona volontà. Questa è la sfida che dovete affrontare.

Possa l’esempio di Padre Joseph Vaz parlare ai vostri cuori. Padre Joseph ha amato la vostra Nazione e tutta la sua gente. Egli ha dato il benvenuto a tutti, quali figli di Dio. Per questo suo amore, il suo nome è ora invocato come una benedizione, qui nello Sri Lanka e in tutto il mondo. “Beati gli operatori di pace” (Mt 5, 9). Quando verrà la pace duratura, tutto il popolo dello Sri Lanka sarà benedetto e nel vostro Paese verranno ristabilite la piena dignità e grandezza. Possa Dio Onnipotente ottenere questo, attraverso di voi. Possa Dio Onnipotente ottenere questo attraverso di voi mediante l’intercessione di Nostra Signora e del Beato Joseph Vaz. Amen.  

Dopo aver impartito la Benedizione Apostolica il Santo Padre saluta i presenti con le seguenti parole.

Cari Fratelli e Sorelle, amici, il mio cuore è colmo di gratitudine verso Dio per la bellezza di quest’isola bellissima e per i suoi meravigliosi abitanti. Sono grato a tutti voi per l’accoglienza unica che mi avete riservato, per questa cerimonia di Beatificazione così profondamente segnata dalla vostra cultura, dalla dignità che vi distingue come popolo. Possa il Beato Joseph Vaz vegliare su di voi, sulle vostre famiglie. Possa egli intercedere per la pace e l’armonia per cui pregate e a cui anelate. Possa Dio Onnipotente benedire abbondantemente lo Sri Lanka.

Ammiro la bellezza, la bellezza della vostra terra, la bellezza e la natura di quest’isola, la bellezza degli esseri umani, degli uomini e delle donne, la bellezza di tutti i vostri comportamenti, del vostro abbigliamento, dei vostri canti, della vostra partecipazione alla liturgia. Tutto ciò è molto bello. Lo Sri Lanka è un bellissimo Paese. Rendo grazie a Dio per avermi offerto l’opportunità di essere qui nello Sri Lanka.

Venite a Roma! Conservate la vostra bellezza, il vostro coraggio e la pace.

Grazie.