Jósef Sebastian Pelczar

Jósef Sebastian Pelczar

(1842-1924)

Beatificazione:

- 02 giugno 1991

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 18 maggio 2003

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 28 marzo

Vescovo di Przemyśl, fondatore della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù e insigne maestro di vita spirituale

  • Biografia
  • Omelia
  • 1991, la beatificazione
"La perfezione è come le dodici porte che si aprono verso tutte le parti del mondo, come segno che tutti gli uomini possono attraversarle"

 

Jósef Sebastian Pelczar nacque il 17 gennaio 1842 a Korczyna, un piccolo paese ai piedi dei monti Carpazi, presso Krosno. Passò l’infanzia nel paese natio, crescendo in un’atmosfera permeata dall’antica religiosità polacca che regnava nella casa dei suoi genitori, Adalberto e Marianna Mięsowicz. Questi accortisi presto dell’intelligenza eccezionale del loro figlio, dopo due anni trascorsi nella scuola di Korczyna, lo inviarono a proseguire gli studi in quella di Rzeszów e in seguito al ginnasio.

Mentre era studente ginnasiale, Giuseppe Sebastiano prese la decisione di dedicarsi al servizio di Dio, poiché come possiamo leggere nel suo diario, “gli ideali terreni impallidiscono, l’ideale della vita lo vedo nel sacrificio e l’ideale del sacrificio lo vedo nel sacerdozio”Completato il sesto anno di scuola entrò nel Seminario Minore e, nel 1860, iniziò gli studi teologici presso il Seminario Maggiore di Przemyśl.

Il 17 luglio del 1864 venne ordinato sacerdote, e per un anno e mezzo fu vicario della parrocchia di Sambor. Negli anni 1866-1868 proseguì gli studi a Roma contemporaneamente nel Collegium Romanum (oggi Università Gregoriana) e nell’Istituto di Sant’Apollinare (oggi Università Lateranense), dove, oltre ad acquisire una profonda cultura, sviluppò un grande e mai sopito amore per la Chiesa e per il suo capo visibile, il Papa. Subito dopo il ritorno in patria, fu docente nel Seminario di Przemyśl e in seguito, per 22 anni, professore dell’Università Jaghellonica di Cracovia. Come professore e preside della Facoltà di Teologia si guadagnò la fama di uomo illuminato, di ottimo insegnante, di organizzatore e amico dei giovani. Un segno di riconoscimento da parte della comunità accademica fu indubbiamente la sua nomina a rettore della Almae Matris di Cracovia (1882-1883).

Desiderando realizzare l’ideale di “sacerdote – Polacco che pone generosamente la sua vita al servizio del prossimo“, ideale che si era prefissato sin dai primi anni, Don Pelczar non si limitò soltanto a svolgere un lavoro scientifico, ma si dedicò con passione anche ad attività sociali e caritative. Diventò membro attivo della Società di San Vincenzo de’ Paoli e della Società dell’Educazione Popolare della quale fu preside sedici anni. In quel periodo, la Società dell’Educazione Popolare fondò centinaia di biblioteche, organizzò molti corsi gratuiti e distribuì tra la gente più di centomila libri, come pure aprì una scuola per le persone di servizio. Nel 1891, per iniziativa di Don Pelczar, venne fondata la Confraternita della Santissima Maria Vergine Regina della Polonia, che, oltre agli scopi religiosi, svolgeva funzioni sociali, come l’aiuto agli artigiani, ai poveri, agli orfani e ai servi malati, e specialmente a quelli disoccupati.

Sotto la spinta dei gravi problemi sociali del tempo, sicuro di interpretare la volontà di Dio, nel 1894 fondò a Cracovia la Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, ponendo come suo carisma la diffusione del Regno dell’amore del Cuore di Gesù. Era suo desiderio che le suore della nuova Congregazione diventassero segno e strumento di tale amore verso le ragazze bisognose, i malati e quanti avessero bisogno di aiuto.

Nel 1899 venne nominato vescovo ausiliare di Przemyśl e un anno dopo, in seguito alla morte di Mons. Luca Solecki, Ordinario di quella Diocesi della quale per venticinque anni ne fu un pastore zelante, promuovendo il bene delle anime a lui affidate.

Nonostante le condizioni di salute non buone, il vescovo Pelczar si dedicò con impegno instancabile ad attività religiose e sociali. Per ravvivare nei fedeli lo spirito della fede visitava spesso le parrocchie, si prodigava per accrescere il livello morale e intellettuale del clero dando egli stesso l’esempio di una profonda pietà che si esprimeva nel culto del Sacratissimo Cuore di Gesù e della Madonna. Essendo un ardente adoratore del Santissimo Sacramento, invitava i fedeli a partecipare assiduamente alle funzioni eucaristiche. Grazie ai suoi sforzi, durante il suo episcopato crebbe il numero di nuove chiese, di cappelle e vennero restaurate molte delle chiese più vetuste. Malgrado una situazione politica sfavorevole, presiedette tre sinodi diocesani ponendo le basi giuridiche per diverse nuove iniziative e rendendole in tal modo più stabili e durature.

Il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar si immedesimò nei bisogni dei suoi fedeli ed ebbe molta cura degli abitanti più poveri della sua diocesi. I giardini d’infanzia, le mense per i poveri, i ricoveri per i senza tetto, le scuole d’avviamento professionale per le ragazze, l’insegnamento gratuito nei Seminari per i ragazzi poveri: sono soltanto alcune delle opere nate grazie alle sue iniziative. In particolare, ebbe molto a cuore la condizione degli operai, i problemi dell’emigrazione, molto attuali in quel periodo, e quelli dell’alcoolismo. Nelle lettere pastorali, negli articoli pubblicati ed in altri numerosi interventi, indicava sempre la necessità di attenersi fedelmente all’insegnamento sociale del Papa Leone XIII.

Dotato da Dio di singolari doti non soffocava le sue capacità ma le moltiplicava e le faceva fruttare. Fu un lavoratore instancabile. Ne dà prova, tra l’altro, la sua ricchissima eredità letteraria di cui fanno parte numerose opere teologiche, storiche e di diritto canonico, nonché manuali, libri di preghiere, lettere pastorali, discorsi e omelie.

Il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar morì la notte tra il 27 e il 28 marzo del 1924 lasciando il ricordo di un uomo di Dio, che nonostante i tempi difficili in cui ebbe a vivere ed operare, faceva sempre la volontà del suo Signore. Don Antonio Bystrzonowski, suo alunno e successore sulla cattedra universitaria, nel giorno dei funerali disse: “Il defunto vescovo di Przemyśl ha unito nella sua persona gli attributi e i talenti più belli e cioè uno zelo pastorale indistruttibile, lo spirito di iniziativa, il dinamismo d’azione, il lume di una grande scienza e una santità di virtù ancora più grande. E’ stato esempio luminoso di eccezionale laboriosità e di entusiasmo sempre giovanile”.

Il 2 giugno del 1991, durante il quarto pellegrinaggio in patria, il Santo Padre Giovanni Paolo II ha proclamato beato il vescovo Giuseppe Sebastiano Pelczar. Oltre che nella cattedrale di Przemyśl dare si trovano le sue reliquie, egli è particolarmente venerato nella chiesa della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, a Cracovia. La memoria liturgica del Beato cade il 19 gennaio. 

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI QUATTRO BEATI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

V Domenica di Pasqua, 18 maggio 2003

     

1. "Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto" (Gv 15,5; cfr Canto al Vangelo). Le parole rivolte da Gesù agli Apostoli, al termine dell'Ultima Cena, costituiscono un toccante invito anche per noi, suoi discepoli del terzo millennio. Solo chi Gli rimane intimamente unito - innestato a Lui come il tralcio alla vite - riceve la linfa vitale della sua grazia. Solo chi vive in comunione con Dio produce frutti abbondanti di giustizia e di santità.

Testimoni di questa fondamentale verità evangelica sono i Santi che ho la gioia di canonizzare in questa quinta domenica di Pasqua. Due di essi provengono dalla Polonia: Józef Sebastian Pelczar, Vescovo, fondatore della Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù; Urszula Ledóchowska, vergine, fondatrice delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante. Le altre due Sante sono italiane: Maria De Mattias, vergine, fondatrice della Congregazione delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo; Virginia Centurione Bracelli, laica, fondatrice delle Suore di Nostra Signora del Rifugio in Monte Calvario e delle Suore Figlie di Nostra Signora al Monte Calvario.

2. "Doskonałość jest jak owe miasto Objawienia (Ap 21), mające dwanaście bram, wychodzących na wszystkie strony świata, na znak, że ludzie wszelkiego narodu, stanu i wieku wejść przez nie mogą. (...) Żaden stan lub wiek nie jest przeszkodą do życia doskonałego. Bóg bowiem nie ma względu na rzeczy zewnętrzne (...), ale na duszę (...), a żąda tylko tyle, ile dać możemy". Tymi słowami nasz nowy święty Józef Sebastian Pelczar wyrażał swoją wiarę w powszechne powołanie do świętości. Tym przekonaniem żył jako kapłan, profesor i biskup. Sam do świętości dążył i innych do niej prowadził. Dokładał wszelkiej gorliwości, ale tak to czynił, aby w jego posłudze sam Chrystus był Nauczycielem i Mistrzem.

Dewizą jego życia było zawołanie: "Wszystko dla Najświętszego Serca Jezusowego przez Niepokalane Ręce Najświętszej Maryi Panny". To ono kształtowało jego duchową sylwetkę, której charakterystycznym rysem jest zawierzenie siebie, całego swego życia i posługi, Chrystusowi przez Maryję.

Swoje oddanie Chrystusowi pojmował nade wszystko jako odpowiedź na Jego miłość, jaką zawarł i objawił w sakramencie Eucharystii. "Zdumienie – mówił - musi ogarnąć każdego, gdy pomyśli, że Pan Jezus, mając odejść do Ojca na tron chwały, został z ludźmi na ziemi. Miłość Jego wynalazła ten cud cudów, (...) ustanawiając Najświętszy Sakrament". To zdumienie wiary nieustannie budził w sobie i w innych. Ono prowadziło go też ku Maryi. Jako biegły teolog nie mógł nie widzieć w Maryi Tej, która "w tajemnicy Wcielenia antycypowała także wiarę eucharystyczną Kościoła"; Tej, która nosząc w łonie Słowo, które stało się ciałem, w pewnym sensie była "tabernakulum" - pierwszym "tabernakulum" w historii (por. Ecclesia de Eucharistia, 55). Zwracał się więc do Niej z dziecięcym oddaniem i z tą miłością, którą wyniósł z domu rodzinnego, i innych do tej miłości zachęcał. Do założonego przez siebie Zgromadzenia Służebnic Najświętszego Serca Jezusowego pisał: "Pośród pragnień Serca Jezusowego jednym z najgorętszych jest to, by Najświętsza Jego Rodzicielka była czczona od wszystkich i miłowana, raz dlatego, że Ją Pan sam niewypowiedzianie miłuje, a po wtóre, że Ją uczynił Matką wszystkich ludzi, żeby Ona swą słodkością pociągała do siebie nawet tych, którzy uciekają od świętego Krzyża i wiodła ich do Serca Boskiego".

Wynosząc do chwały ołtarzy Józefa Sebastiana, modlę się za jego wstawiennictwem, aby blask jego świętości był dla sióstr sercanek, Kościoła w Przemyślu i dla wszystkich wierzących w Polsce i na świecie zachętą do takiego umiłowania Chrystusa i Jego Matki.

["La perfezione è come quella città dell’Apocalisse (Ap 21), con dodici porte che si aprono verso tutte le parti del mondo, come segno che gli uomini di ogni nazione, di ogni stato e di ogni età possono attraversarle. (...) Nessuno stato o nessuna età sono ostacolo ad una vita perfetta. Dio infatti non considera le cose esterne (...), ma l’anima (...), ed esige soltanto tanto quanto possiamo dare". Con queste parole, il nostro nuovo santo Giuseppe Sebastiano Pelczar esprimeva la propria fede nella chiamata universale alla santità. Di questa convinzione visse come sacerdote, come professore , e come vescovo. Tendeva alla santità egli stesso e ad essa conduceva gli altri. Fu zelante in ogni cosa, ma lo fece in modo che nel suo servizio Cristo stesso fosse il Maestro.

Il motto della sua vita era: "Tutto per il Sacratissimo Cuore di Gesù per le mani immacolate della Santissima Vergine Maria". Fu esso a formare la sua figura spirituale, la cui caratteristica fu l’affidare a Cristo per mezzo di Maria se stesso, la propria vita, il proprio ministero.

Intendeva il suo dono a Cristo soprattutto come risposta al suo amore, racchiuso e rivelato nel sacramento dell’Eucaristia. Diceva: "Ogni uomo deve essere preso dallo stupore al pensiero che il Signore Gesù, dovendo andare al Padre su un trono di gloria, rimase sulla terra con gli uomini. Il suo amore ha inventato questo miracolo dei miracoli, istituendo il Santissimo Sacramento". Incessantemente destava in sé e negli altri questo stupore della fede. Fu esso a condurlo anche a Maria. Come esperto teologo, non poteva fare a meno di vedere in Maria colei che "nel mistero dell’Incarnazione anticipava anche la fede eucaristica della Chiesa"; colei che portando nel grembo il Verbo, che si fece carne, fu in un certo senso il "tabernacolo" - il primo "tabernacolo" nella storia (cfr. Ecclesia de Eucharistia, 55). Si rivolgeva dunque a Lei con filiale dedizione e con quell’amore che aveva portato dalla casa paterna, ed incoraggiava gli altri a tale amore. Scriveva alla Congregazione delle Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, da lui fondata: "Tra i desideri del Sacro Cuore di Gesù uno dei più ardenti è quello che la sua Santissima Madre sia venerata ed amata da tutti, primo, perché il Signore stesso l’ama in modo ineffabile, e poi perché la fece madre di tutti gli uomini, affinché, con la sua dolcezza attirasse a sé persino coloro che fuggono dalla santa Croce e li conducesse al Cuore Divino".

Elevando alla gloria degli altari Giuseppe Sebastiano Pelczar, chiedo che per sua intercessione lo splendore della sua santità sia per le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù, per la Chiesa di Przemyśl e per tutti i credenti in Polonia e nel mondo un incoraggiamento a questo amore verso Cristo e verso la sua Madre.]

3. Święta Urszula Ledóchowska przez całe swe życie wiernie i z miłością wpatrywała się w oblicze Chrystusa, swego Oblubieńca. W sposób szczególny jednoczyła się z Chrystusem konającym na Krzyżu. To zjednoczenie napełniało ją niezwykłą gorliwością w dziele głoszenia słowem i czynem Dobrej Nowiny o miłości Boga. Niosła ją przede wszystkim dzieciom i młodzieży, ale też osobom znajdującym się w potrzebie, ubogim, opuszczonym, samotnym. Do nich wszystkich mówiła językiem miłości popartej czynem. Z przesłaniem Bożej miłości przemierzyła Rosję, kraje skandynawskie, Francję i Włochy. Była w swoich czasach apostołką nowej ewangelizacji, dając swym życiem i działaniem dowód, że miłość ewangeliczna jest zawsze aktualna, twórcza i skuteczna.

I ona czerpała natchnienie i siły do wielkiego dzieła apostolstwa z umiłowania Eucharystii. Pisała: "Mam miłować bliźnich jak Jezus mnie umiłował. Bierzcie i jedzcie me siły, bo one są do waszej dyspozycji (...). Bierzcie i jedzcie moje zdolności, moją umiejętność (...), me serce - niech swą miłością rozgrzewa i rozjaśnia życie wasze (...). Bierzcie i jedzcie mój czas - niech on będzie do waszej dyspozycji. Jam wasza, jak Jezus jest mój". Czy w tych słowach nie brzmi echo oddania, z jakim Chrystus w Wieczerniku ofiarował samego siebie Uczniom wszystkich czasów?

Zakładając Zgromadzenie Sióstr Urszulanek Serca Jezusa Konającego przekazała mu tego ducha. "Przenajświętszy Sakrament - pisała - to słońce życia naszego, to nasz skarb, nasze szczęście, nasze wszystko na ziemi. (...) Kochajcie Jezusa w tabernakulum! Tam niech serce wasze czuwa, choć ciało przy pracy, przy zajęciu. Tam Jezus, a Jezusa trzeba nam kochać tak gorąco, tak serdecznie. Jeśli nie umiemy kochać, to przynajmniej pragnijmy kochać - kochać coraz więcej".

W świetle tej eucharystycznej miłości święta Urszula w każdej okoliczności umiała dostrzec znak czasu, aby służyć Bogu i braciom. Ona wiedziała, że dla człowieka wierzącego każde, nawet najmniejsze wydarzenie staje się okazją do realizowania planów Bożych. To, co zwyczajne czyniła nadzwyczajnym; codzienne zamieniała w ponadczasowe; to, co przyziemne czyniła świętym.

Jeżeli dziś święta Urszula staje się przykładem świętości dla wszystkich wierzących, to dlatego, że jej charyzmat może być podjęty przez każdego, kto w imię miłości Chrystusa i Kościoła chce skutecznie dawać świadectwo Ewangelii we współczesnym świecie. Wszyscy możemy uczyć się od niej, jak z Chrystusem budować świat bardziej ludzki - świat, w którym coraz pełniej będą realizowane takie wartości, jak: sprawiedliwość, wolność, solidarność, pokój. Od niej możemy uczyć się jak na co dzień realizować „nowe" przykazanie miłości.

[Sant’Orsola Ledóchowska, per tutta la sua vita, con fedeltà e con amore, fissava con lo sguardo il volto di Cristo, suo Sposo. In modo particolare si univa a Cristo agonizzante sulla Croce. Tale unione la colmava di uno straordinario zelo nell’opera dell’annunciare, con parole ed opere, la Buona Novella dell’amore di Dio. La portava prima di tutto ai bambini e ai giovani, ma anche a tutti coloro che si trovavano nel bisogno, ai poveri, agli abbandonati, ai soli. A tutti si rivolgeva con il linguaggio dell’amore provato con le opere. Con il messaggio dell’amore di Dio attraversò la Russia, i Paesi scandinavi, la Francia e l’Italia. Ai suoi tempi fu un’apostola della nuova evangelizzazione, dando con la sua vita e con la sua attività la prova di una costante attualità, creatività ed efficacia dell’amore evangelico.

Anche lei attingeva dall’amore per l’Eucaristia l’ispirazione e la forza per la grande opera dell’apostolato. Scriveva: "Devo amare il prossimo come Gesù ha amato me. Prendete e mangiate... Mangiate le mie forze, sono a vostra disposizione (...). Prendete e mangiate le mie capacità, il mio talento (...), il mio cuore, affinché con il suo amore esso riscaldi e illumini la vostra vita (...). Prendete e mangiate il mio tempo, sia a vostra disposizione. (...) sono vostra come Gesù-Ostia è mio". Non risuona in queste parole l’eco di un dono con il quale Cristo, nel Cenacolo, offrì se stesso ai Discepoli di ogni tempo?

Fondando la Congregazione delle Suore Orsoline del Sacro Cuore di Gesù Agonizzante, trasmise ad essa questo spirito. "Il Santissimo Sacramento - scrisse - è il sole della nostra vita, il nostro tesoro, la nostra felicità, il nostro tutto sulla terra. (...) Amate Gesù nel tabernacolo! Là rimanga sempre il vostro cuore anche se materialmente siete al lavoro. Là è Gesù, che dobbiamo amare ardentemente, con tutto il cuore. E se non sappiamo amarlo, desideriamo almeno di amarlo - di amarlo sempre più".

Alla luce di quest’amore eucaristico Sant’Orsola sapeva scorgere in ogni circostanza un segno del tempo, per servire Dio e i fratelli. Sapeva, che per chi crede, ogni evento, persino il più piccolo diventa un’occasione per realizzare i piani di Dio. Quello che era ordinario, lo faceva diventare straordinario; ciò che era quotidiano lo mutava perché diventasse perenne; ciò che era banale lei lo rendeva santo.

Se oggi Sant’Orsola diventa esempio di santità per tutti i credenti, è perché il suo carisma possa essere accolto da chi nel nome dell’amore di Cristo e della Chiesa voglia in modo efficace testimoniare il Vangelo nel mondo di oggi. Tutti possiamo imparare da lei come edificare con Cristo un mondo più umano - un mondo in cui verranno realizzati sempre più pienamente valori come la giustizia, la libertà, la solidarietà, la pace. Da lei possiamo imparare come mettere in pratica ogni giorno il comandamento "nuovo" dell’amore.]

4. "Questo è il suo comandamento: che crediamo... e ci amiamo gli uni gli altri" (1 Gv 3,23). L'apostolo Giovanni esorta ad accogliere l'amore sconfinato di Dio, che per la salvezza del mondo ha dato il suo Figlio unigenito (cfr Gv 3,16). Questo amore si è espresso in modo sublime quando è espresso in modo sublime quando Cristo ha versato il suo Sangue quale "prezzo infinito del riscatto" per l'intera umanità. Dal mistero della Croce fu interiormente conquistata Maria De Mattias, che pose l'Istituto delle Suore Adoratrici del Sangue di Cristo "sotto lo stendardo del Divin Sangue". L'amore per Gesù crocifisso si tradusse in lei in passione per le anime e in un'umile dedizione ai fratelli, al "caro prossimo", come amava ripetere. "Animiamoci – esortava - a patire volentieri per amore di Gesù che con tanto amore ha dato il sangue per noi. Fatichiamo per guadagnare anime al cielo".

Questo messaggio Santa Maria De Mattias affida ai suoi figli e alle sue figlie spirituali quest'oggi, spronando tutti a seguire fino al sacrificio della vita l'Agnello immolato per noi.

5. Lo stesso amore sostenne Virginia Centurione Bracelli. Seguendo l'esortazione dell'apostolo Giovanni, volle amare non soltanto "a parole", o "con la lingua", ma "coi fatti e nella verità" (cfr 1 Gv 3,18). Mettendo da parte le sue nobili origini, si dedicò all'assistenza degli ultimi con straordinario zelo apostolico. L'efficacia del suo apostolato scaturiva da una adesione incondizionata alla volontà divina, che si alimentava di incessante contemplazione e di ascolto obbediente della parola del Signore.

Innamorata di Cristo, e per Lui pronta a donare se stessa ai fratelli, santa Virginia Centurione Bracelli lascia alla Chiesa la testimonianza di una santità semplice e feconda. Il suo esempio di coraggiosa fedeltà evangelica continua ad esercitare un forte fascino anche sulle persone del nostro tempo. Soleva dire: quando si ha come fine Dio soltanto, "tutte le opposizioni si spianano, tutte le difficoltà si vincono" (Positio, 86).

6. "Rimanete in me!". Nel Cenacolo Gesù ha più volte ripetuto questo invito, che san Józef Sebastian Pelczar, santa Urszula Ledóchowska, santa Maria De Mattias e santa Virginia Centurione Bracelli hanno accolto con totale fiducia e disponibilità. E' un invito pressante e amorevole rivolto a tutti i credenti. "Se rimarrete in me - assicura il Signore - e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato" (Gv 15,7).

Possa ciascuno di noi sperimentare nella propria esistenza l'efficacia di questa assicurazione di Gesù.

Ci sia di aiuto Maria, Regina dei Santi e modello di perfetta comunione con il suo divin Figlio. Ci insegni a restare "innestati" a Gesù, come tralci alla vite, e a non separarci mai dal suo amore. Nulla, infatti, possiamo senza di Lui, perché la nostra vita è Cristo vivo e presente nella Chiesa e nel mondo. Oggi e sempre. Amen.

Sia lodato Gesù Cristo!

VIAGGIO APOSTOLICO IN POLONIA (1°-9 GIUGNO 1991)

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Chiesa del Sacro Cuore (Rzeszów) - Domenica, 2 giugno 1991

 

1. “Non chiunque mi dice: Signore, Signore, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli” (Mt 7, 21).

In questa solenne giornata la Chiesa di Roma, e la città di Rzeszów in particolare, si pongono di fronte al mistero del regno dei cieli - di quel regno, che il Figlio di Dio, Gesù Cristo preparò ai suoi apostoli e ai suoi discepoli. La Chiesa, in pellegrinaggio attraverso questa terra di Podkarpacie, vive di speranza del regno dei cieli. Oggi invece gioisce in un modo particolare mentre l’elevazione agli altari del beato Giuseppe Sebastiano Pelczar rinnova e consolida questa speranza in tutti.

Ecco un uomo che “faceva la volontà del Padre” - non soltanto diceva: “Signore, Signore”, ma faceva la volontà del Padre così come questa ci è stata rivelata da Gesù Cristo. Come lui l’ha dimostrato con la sua vita e con il suo Vangelo.

2. Quest’uomo, il beato Giuseppe Sebastiano Pelczar, era il vostro Vescovo. E prima ancora era figlio di questa terra. Qui, nella sua famiglia e parrocchia di Korczyn, udì la voce della chiamata al sacerdozio. Come Sacerdote passò attraverso gli studi a Roma, poi fu a Cracovia per frequentare l’Università Jagellonica, - è stato anche rettore di quella venerata istituzione - per poi tornare da voi. Era il vostro Vescovo di Przemysl nel periodo antecedente alla prima guerra mondiale e durante questa guerra che anche qui lasciò le sue tracce. E dopo la guerra, nella Polonia nuovamente indipendente, dal 1918 sino alla morte nel 1924.

3. Tuttavia il pellegrinaggio di un uomo che non soltanto dice: “Signore, Signore”, ma che fa la volontà del Padre, porta oltre la cattedra di professore, oltre il trono episcopale, porta a quel “regno dei cieli”, che Cristo, Figlio del Padre, mostrò a noi come meta del pellegrinaggio terreno. Il fine ultimo in cui si compie fino alla fine la vocazione di una persona umana, creata ad immagine e somiglianza di Dio stesso.

Quanto è grande la mia gioia di poter oggi, visitando la Diocesi di Przemysl, proclamare beato il Servo di Dio Giuseppe Sebastiano Pelczar, figlio di questa terra e Vescovo di Przemysl.

4. Questo solenne atto ha una eloquenza rilevante per noi tutti.

I santi e i beati costituiscono un vivo argomento in favore della via che conduce al regno dei cieli. Essi sono uomini - come ciascuno di noi - che hanno praticato questa via nel corso della loro vita terrena, e che sono arrivati. Uomini, che costruivano la propria vita sulla roccia, come annunzia il Salmo dell’odierna liturgia: sulla roccia e non sulla sabbia mobile (cf. Sal 31, 3-4). Che cosa è questa rupe? Essa è la volontà del Padre che si esprime nell’Antica e nella Nuova Alleanza. Si esprime nei comandamenti del Decalogo. Si esprime in tutto il Vangelo, specialmente nel discorso della montagna, nelle otto beatitudini.

I Santi e i beati sono dei cristiani nel senso più pieno della parola. Cristiani ci chiamiamo tutti noi che siamo battezzati e crediamo in Cristo Signore. Già nel nome stesso è contenuta l’invocazione del Nome del Signore. Il secondo comandamento di Dio dice: “Non nominare il nome di Dio invano”. Dunque se sei un cristiano, non sia questo un invocare invano il nome del Signore! Sii un cristiano davvero, non solo di nome, non essere un cristiano qualunque! “Non chiunque mi dice: Signore, Signore . . . ma colui che fa la volontà del Padre mio”. Diamo uno sguardo al secondo comandamento di Dio dal lato ancor più positivo: “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini - ci dice Cristo Signore - perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli” (Mt 5, 16).

Ecco il saldo fondamento su cui un uomo prudente costruisce la casa di tutta la sua vita. Di una tale casa parla Cristo: “Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa non cadde, perché era fondata sopra la roccia” (Mt 7, 25).

Tuttavia “la roccia” - non è solo la parola di Dio, non solo il Decalogo o il discorso della montagna, i comandamenti e le beatitudini. “La roccia” - è soprattutto il Cristo stesso. Giuseppe Sebastiano Pelczar edificava la casa della sua vita terrena e della vocazione, soprattutto su Cristo. Su Lui solo, in Lui infatti si era manifestata fino in fondo la giustizia divina di cui l’Apostolo dice che anche se è “testimoniata dalla legge e dai profeti” (Rm 3, 21) tuttavia è “indipendente” (cf. Ivi) da questa legge.

Questa giustizia divina, che giustifica l’uomo davanti a Dio, che, davanti agli occhi di Dio, rende l’uomo definitivamente “giusto” - è Cristo stessoL’uomo fonda su di Lui la casa della sua vita terrena: la costruisce sulla redenzione, che è in Cristo, la edifica sulla croce, nella quale, mediante la sua morte redentrice, Cristo con il suo sangue ha tolto i peccati di tutto il mondo: con la propria Morte ha distrutto la morte del peccato. L’uomo dunque costruisce quella “casa del regno dei cieli” nella sua esistenza terrena mediante la fede.

Proprio così costruiva Giuseppe Sebastiano. E per questo la casa della sua vita terrena resistette in mezzo a tutte le tempeste e prove. Egli maturò fino a quella gloria che l’uomo-creatura può ritrovare solo nel Dio vivente. Proprio questa è la pienezza alla quale tutti siamo stati chiamati in Gesù Cristo.

5. La diocesi di Przemysl ha una sua lunga storia. Oltre sei secoli. La festa di oggi è quasi il coronamento di questa lunga storia. È il coronamento perché la Chiesa, come Popolo di Dio vivente, redento a prezzo del sangue di Cristo - è chiamata tutta alla santità. La partecipazione alla santità di Dio stesso è la vocazione di tutti, di ognuno e di ognuna! Tale vocazione divenne la parte del Vescovo Giuseppe Pelczar, ma accanto a lui vi sono anche altri Servi di Dio dei tempi recenti, che si sono distinti con una particolare santità di vita. Nominiamo per esempio il beato Raffaele Kalinowski, che tra poco verrà canonizzato a Roma, e anche la religiosa Boleslawa Lament, o il francescano Raffaele Chylinski, che avrò la fortuna di elevare agli altari nel corso del presente pellegrinaggio in Patria.

Nominiamo anche i figli e le figlie legati a questa terra di Rzeszów: don Giovanni Balicki, Bronislao Markiewicz, Leonia Nastala Colomba Bialecka, Venanzio Katarzyniec, Augusto Czartoryski. Nominiamo ancora suor Faustina Kowalska, Aniela Salawa, Stanislaa Leszczynska di Lodz, padre Giovanni Beyzym, Giorgio Ciesielski, l’arcivescovo Antonio Nowowiejski, il vescovo Szczesny Felinski, Giuseppe Bilczewski, Sigismondo Lozinski, Ladislao Kornilowicz, Vincenzo Frelichowski. Questi sono solo alcuni tra coloro che attendono la solenne conferma della loro santità da parte della Chiesa, e comunque ciascuno di noi conobbe e ora pensa a qualcuno che gli è caro, che realizzava in modo eroico la sua vocazione cristiana. E nei secoli passati - in quei sei secoli di storia - certamente non sono state poche le persone, tra il Popolo di Dio della vostra Diocesi, che seguivano la stessa strada e costruivano la loro casa sulla roccia della fede, compiendo la volontà di Dio, che è la santificazione dell’uomo.

Abbiamo oggi nel vivo ricordo tutti quei Figli e Figlie dell’antichissima Chiesa di Przemysl - ad ovest e ad est di San, lungo le catene montuose di Bieszczady verso il sud, lungo le valli dei fiumi verso la Vistola verso il nord. Rendiamo grazie a Dio per tutti loro.

6. Venerato Monsignor Ignazio, caro Fratello nel servizio apostolico! So bene, e lo sanno tutti in Polonia (e anche fuori dei suoi confini) che, da quando hai assunto la cura di questa Chiesa, tutta la tua ardente attività si è concentrata su quella “casa”, che un discepolo di Cristo deve costruire sulla roccia.

Davvero Ti divorava “lo zelo per la casa di Dio”. Non risparmiavi alcuna fatica, non conoscevi gli ostacoli se si trattava di moltiplicare i luoghi di culto e i focolari di vita divina sul territorio esteso della tua diocesi. Sapevi che una “Chiesa visibile” - casa della famiglia parrocchiale - è la testimonianza ed insieme la chiamata ad edificare la vita umana su quella roccia che è Cristo. Io stesso ebbi occasione di ammirare da vicino la tua attività episcopale.

Più volte del resto venivo invitato qui da Cracovia, come per esempio in occasione della consacrazione del monumentale tempio a Stalowa Wola. Desidero oggi, in occasione di questa visita e della beatificazione del tuo Predecessore nella sede episcopale di Przemysl, rinnovare questi particolari legami, che mi univano a questa terrà, con la sua ricca natura, con il suo fervoroso presbitero e la popolazione.

Nella vostra terra molti sono i luoghi che porto costantemente nel ricordo e nel cuore, ai quali ritorno nella preghiera. Desidero che tutto ciò trovi ancora una nuova espressione nell’odierna visita del Papa. Caro Vescovo Ignazio!

Negli anni del tuo servizio sei diventato, di fronte alla Chiesa e alla società in lotta per i suoi sovrani diritti, il portavoce, il testimone e una persona di prestigio. Spero che anche ora - nella nuova situazione - questa tua testimonianza sia indispensabile. Oggi c’è bisogno di una nuova fede, di una nuova speranza e di una nuova carità. Occorre rinnovare la consapevolezza della legge di Dio e della redenzione in Cristo.

Nello stesso tempo vorrei salutare tutti i Vescovi ausiliari di Przemysl, evocando prima di tutto la memoria di Mons. Stanislaw di venerata memoria che ricordo molto bene; saluto due Vescovi con i quali eravamo colleghi nell’Episcopato polacco, e quelli nuovi che sono venuti dopo perché la diocesi è molto grande e ha bisogno di un grande lavoro episcopale. Dio vi benedica tutti! Sì, cari fratelli e sorelle, occorre rinnovare la consapevolezza della legge di Dio e della redenzione in Cristo, occorre invocare, come l’odierna liturgia: “Insegnaci, Dio, a camminare sui tuoi sentieri, guidaci nella verità” (cf. Sal 25, 4-5).

Perché la casa della nostra vita - delle persone, delle famiglie, della nazione e della società - rimanga “fondata sulla roccia” (cf. Mt 7, 25). Perché non venga edificata sulla sabbia mobile - ma sulla roccia. Sulla roccia dei comandamenti di Dio, sulla roccia del Vangelo. Sulla roccia quale è Cristo. Lo stesso ieri, oggi e sempre”! (Eb 13, 8).

Amen.