Juan Grande Román

Juan Grande Román

(1546-1600)

Beatificazione:

- 13 novembre 1853

- Papa  Pio IX

Canonizzazione:

- 02 giugno 1996

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 3 giugno

Religioso, dell’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, si distinse per la sua carità verso i prigionieri, gli abbandonati e gli emarginati e morì contagiato lui stesso dalla peste mentre curava i malati

 

  • Biografia
  • Omelia
  • beato e santo
Nella sua vita ospedaliera, i Fratelli dovevano trascinarlo fuori dalla cappella per condurlo alla sua cella e dare per conclusa la preghiera della notte

 

Juan Grande Román nasce a Carmona presso Siviglia in Spagna il 6 marzo 1546 da Cristoforo Grande e Isabella Román, una famiglia profondamente cristiana, e viene battezzato dal parroco Andrés Muñoz. Suo padre, che di professione fa l'artigiano, muore, quando Giovanni ha 11 anni.

Riceve un'accurata istruzione cristiana, prima in seno alla famiglia, poi, dall'età di sette fino a dodici anni, come " fanciullo del coro " nella sua parrocchia.

Perfeziona la sua formazione umana e professionale apprendendo l'arte della tessitura a Siviglia. A 17 anni torna a Carmona e si dedica al commercio di tessuti. Ma ben presto la sua professione gli provoca una profonda crisi spirituale.

Lascia la sua famiglia e si ritira nell'eremo di Santa Olalla a Marchena, un paese vicino a Carmona, dove per un anno conduce una vita eremitica di preghiera per conoscere la sua vera vocazione. Si sveste degli abiti secolari, indossa un ruvido saio e decide di dedicarsi totalmente a Dio. Rinuncia al matrimonio e adotta l'appellativo " Giovanni Peccatore " come soprannome.

Nello stesso tempo si prende cura di un'anziana coppia di coniugi completamente abbandonati a se stessi: li conduce nella sua abitazione e provvede alle loro necessità chiedendo l'elemosina. In questo modo intuisce che la sua nuova vocazione è il servizio ai poveri e ai bisognosi.

A soli 19 anni, Giovanni Peccatore si trasferisce nella città di Jerez de la Frontera, presso Cadice, dove inizia una nuova vita prendendosi cura dei detenuti del Carcere Reale e di malati convalescenti e incurabili abbandonati a se stessi. Per aiutarli chiede l'elemosina sulle strade della città.

Contemporaneamente frequenta la chiesa dei Padri Francescani, dove si raccoglie in preghiera e si consiglia con uno dei Padri.

Giovanni Peccatore si guadagna presto l'ammirazione dei cittadini di Jerez per la sua generosa vita dedita alla carità.

Nel 1574 scoppia una grave epidemia a Jerez. Scosso dall'inerzia generale, Giovanni indirizza un memoriale alle autorità municipali sollecitando urgenti misure di assistenza per il crescente numero di malati abbandonati a se stessi sulle strade, mentre si prodiga per soccorrerli. Forte di questa esperienza, decide alla fine di fondare un proprio ospedale che poco a poco va realizzandosi ed ampliandosi. Lo dedica alla Santissima Vergine chiamandolo Ospedale di Nostra Signora della Candelora.

L'essere e l'agire di Giovanni Peccatore hanno come unica ragione Dio: rendere visibile Dio attraverso il servizio ai poveri. In questo sforzo si poggia su un'intensa vita di fede e di preghiera.

Appreso che a Granada esiste un'istituzione con scopi molto simili ai suoi, fondata da Giovanni di Dio, vi si reca nel 1574 e decide di unirsi ad essa, seguendone le regole ed adottando nel suo ospedale la stessa forma di vita professata.

Il suo progetto, la sua testimonianza e il suo impegno esemplare attraggono altri uomini che diventeranno suoi compagni a cui dà una formazione secondo " gli statuti di Giovanni di Dio ".
Ciò gli rende possibile ampliare la sua azione attraverso la creazione di altre fondazioni a Medina Sidonia, Arcos de la Frontera, Puerto Santa Maria, San Lúcar de Barrameda e Villamartín.

L'assistenza ai malati più poveri di Jerez lasciava molto a desiderare. D'altro canto, nella città andavano aumentando a dismisura i piccoli centri assistenziali. Di fronte a questa situazione le autorità decidono la riduzione dei molteplici piccoli ospedali per favorire una maggiore efficacia del servizio sanitario. Ma la misura urta gli interessi di non pochi, affezionati ai piccoli centri non tanto per amore ai malati, quanto per i benefici personali che ne traevano. Perciò il piano incontra forti critiche, resistenze e opposizioni.

La misura tocca anche l'ospedale di Giovanni Peccatore che, al pari degli altri interessati, presenta alle autorità un suo memoriale in cui spiega come vengono assistiti i malati nel suo ospedale.
Chiamato a decidere a chi affidare una missione tanto delicata, l'arcivescovo di Siviglia, Cardinale Rodrigo de Castro, sceglie Giovanni Peccatore, in cui scorge la persona più adatta e capace a tale scopo per il suo spirito, la sua vocazione e la sua esperienza ospedaliera. Giovanni Grande affronta la riduzione con coraggio e amore dimostrando di fronte ai non pochi dissapori che ne nascono, grande sensibilità, capacità, carattere e virtù.

Del suo ospedale si legge in una nota informativa redatta all'epoca che l'assistenza viene realizzata " con diligenza, cura e molta carità, facendosi un'opera molto utile e un buon servizio a Dio nostro Signore, perché egli e i suoi fratelli d'abito sono uomini virtuosi e professano la carità di curare i poveri infermi".

Forte di un'intensa vita interiore, Giovanni Peccatore si è dedicato anima e corpo ad assistere, curare e servire i poveri e gli infermi dedicando una speciale attenzione ai casi più gravi ed urgenti quali: detenuti, malati convalescenti e incurabili, prostitute, soldati malati cacciati dall'esercito, bambini abbandonati, ecc. A ben guardare, praticò tutte le opere di misericordia.

In Giovanni Grande incontriamo un uomo che seppe " far bene il bene " a partire dalla bontà del suo essere. Uomo di poche parole, votato all'efficienza pratica, servo misericordioso del " Vangelo della Vita ", Buon Samaritano, organizzatore esperto di ospedali e del servizio sanitario, coscienza critica di fronte alle ingiustizie, agli abusi e alle carenze, Giovanni Grande era in definitiva un vero profeta ed apostolo dell'assistenza sanitaria.

All'età di 54 anni, Giovanni Grande, pienamente occupato a gestire il suo ospedale e a guidare la sua comunità, si trova a fronteggiare una terribile epidemia di peste che in quell'epoca colpì Jerez. Si prodiga con tutte le sue forze per i contagiati, rimanendo alla fine egli stesso contagiato, e muore per le conseguenze della malattia il 3 giugno 1600.

CANONIZZAZIONE DEI BEATI: JEAN-GABRIEL PERBOYRE
EGIDIO MARIA DI SAN GIUSEPPE E JUAN GRANDE ROMÁN  

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Solennità della Santissima Trinità - Domenica, 2 giugno 1996

 

1. "Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" (Gv 3, 16).

Nell’odierna solennità della Santissima Trinità, terminato ormai con la Pentecoste il tempo pasquale, la Chiesa quasi abbraccia ancora una volta, in un’unica celebrazione, l’intero contenuto salvifico della Pasqua. Essa alza lo sguardo verso il sommo Mistero della vita trinitaria: uno sguardo colmo di riconoscenza e di lode. "Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo: a Dio che è, che era e che viene" (Canto del Vangelo, cf. Ap 1, 8 ). Egli viene perché "ha amato il mondo".

Viene nel Figlio, che il Padre ha dato "perché il mondo si salvi per mezzo di lui" (Gv 3, 17).

Chi crede in Lui, cioè in Gesù Cristo, ha la vita eterna (cf. Gv 3, 16).

2. In questa domenica della Santissima Trinità la Chiesa desidera rendere gloria al Padre, al Figlio e allo Spirito Santo mediante la canonizzazione dei beati: Jean Gabriel Perboyre, Egidio Maria di San Giuseppe e Juan Grande Román.

La Liturgia di canonizzazione costituisce una solenne professione di fede nella vita eterna, divenuta parte integrante della vita degli uomini. Questi nostri fratelli in Cristo, che mediante il Battesimo ricevuto nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, sono stati resi partecipi della Vita divina, hanno realizzato nel corso della loro vicenda umana la pienezza di questa Vita. Essi sono così divenuti "gloria di Dio". "Gloria Dei vivens homo", "L’uomo vivente è la gloria di Dio". "Vita autem hominis visio Dei", "e la visione di Dio è la vita dell’uomo" (S. Ireneo, Adv. haer., IV, 20, 7).

Parte pronunciata in lingua francese:  

3. Jean-Gabriel Perboyre, prêtre de la Congrégation de la Mission, a voulu suivre le Christ évangélisateur des pauvres, à l'exemple de saint Vincent de Paul. Après avoir exercé le ministère de formateur du clergé en France, il partit pour la Chine. Il y témoignera ardemment de l'amour du Christ pour le peuple chinois. « Je ne sais pas ce qui m'est réservé dans la carrière qui s'ouvre devant moi: sans doute bien des croix, c'est là le pain quotidien du missionnaire. Et que peut-on souhaiter de mieux, en allant prêcher un Dieu crucifié? » (Jean-Gabriel Perboyre, Lettre 70), écrivait-il alors qu'il était aux portes de la Chine. C'est la Croix du Christ qu'il trouvera sur les chemins où il est envoyé. Par l'imitation quotidienne de son Seigneur, dans l'humilité et la douceur, il s'identifiera pleinement à lui. Le suivant pas à pas dans sa Passion il le rejoindra pour toujours dans sa gloire. « Une seule chose est nécessaire: Jésus Christ », aimait-il à dire. Son martyre est le sommet de son engagement à la suite du Christ missionnaire. Après avoir été torturé et condamné, reproduisant avec une extraordinaire similitude la Passion de Jésus, il ira comme lui jusqu'à la mort et la mort sur une croix. Jean-Gabriel avait une unique passion, le Christ et l'annonce de son Évangile. C'est par fidélité à cette passion que lui aussi a été mis au rang des humiliés et des condamnés, et qu'aujourd'hui l'Église peut proclamer solennellement sa gloire dans le choeur des saints du ciel. À la mémoire de Jean-Gabriel Perboyre que nous célébrons aujourd'hui nous voulons unir la mémoire de tous ceux qui ont témoigné du nom de Jésus Christ sur la terre de Chine au cours des siècles passés. Je pense en particulier aux bienheureux martyrs dont la canonisation commune, souhaitée par de nombreux fidèles, pourrait un jour être un signe d'espérance pour l'Église présente au sein de ce peuрle, dont je demeure très proche par le coeur et par la prière.

Traduzione italiana della parte pronunciata in lingua francese:

3. Jean-Gabriel Perboyre, sacerdote della Congregazione della Missione, volle seguire Cristo evangelizzatore dei poveri, sull’esempio di san Vincenzo de’ Paoli. Dopo aver esercitato il ministero di formatore del clero in Francia, si recò in Cina. Qui rese testimonianza con ardore dell’amore di Cristo per il popolo cinese. "Non so cosa mi aspetta nel cammino che si apre davanti a me: senza dubbio la croce, che è il pane quotidiano del missionario. Cosa ci si può augurare di meglio, andando a predicare un Dio crocifisso?" (Lettera n. 70), scriveva trovandosi alle porte della Cina. Lungo le vie dove era stato inviato trovò la Croce di Cristo. Attraverso l’imitazione quotidiana del suo Signore, con umiltà e dolcezza, s’identificò pienamente con lui. Seguendolo passo dopo passo nella sua Passione, lo raggiunse per sempre nella sua gloria. "Una sola cosa è necessaria: Gesù Cristo", amava dire. Il suo martirio è il momento culminante del suo impegno nella sequela di Cristo missionario. Dopo essere stato torturato e condannato, riproducendo la Passione di Gesù con straordinaria similitudine, giunse come lui fino alla morte e alla morte su una croce. Jean-Gabriel aveva un’unica passione: Cristo e l’annuncio del suo Vangelo. È per fedeltà a questa passione che anche lui è stato messo sullo stesso piano degli umiliati e dei condannati, e che la Chiesa può oggi proclamare solennemente la sua gloria nel coro dei santi del cielo. Al ricordo di Jean-Gabriel Perboyre, che celebriamo oggi, desideriamo unire quello di tutti coloro che hanno reso testimonianza del nome di Gesù Cristo in terra di Cina nel corso dei secoli passati. Penso in particolare ai beati martiri la cui canonizzazione comune, auspicata da numerosi fedeli, potrebbe un giorno essere un segno di speranza per la Chiesa presente in seno a questo popolo, a cui rimango vicino con il cuore e con la preghiera. 

4. "A te la lode e la gloria nei secoli!" (Salmo Responsoriale 1; cf. Dn 3,52 ). La Chiesa oggi proclama la gloria di Dio manifestata nella santità di vita di Egidio Maria di san Giuseppe. Autentico figlio spirituale di san Francesco d’Assisi, Egidio attinse dalla contemplazione dei misteri di Cristo l’ardore di una carità senza confini, ispirando il proprio cammino spirituale all’umiltà dell’Incarnazione ed alla gratuità dell’Eucarestia. Egli seppe farsi attento ai bisogni delle persone che incontrava sia nello svolgimento dei compiti più umili della fraternità sia nel servizio ai poveri. Nelle sue quotidiane peregrinazioni per le strade di Napoli, dove visse lungamente, portò l’evangelica parola di riconciliazione e di pacein un ambiente percorso da tensioni sociali e segnato da situazioni di estrema povertà sia economica che spirituale. Nessuno era escluso dalla sua premurosa attenzione. Manifestava questo calore spirituale con l’esortazione evangelica: "Amate Dio, amate Dio!", invitando così tutti alla conversione del cuore verso Dio "misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di grazia e di fedeltà" ( Es 34, 6 ) che, come proclama l’odierno brano evangelico, "ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito" ( Gv 3, 16 ). Messaggio quanto mai attuale quello che richiama l’amore e la fedeltà di Dio! Il mondo ha urgente bisogno di credere all’amore di Dio!Sant’Egidio si meritò, con la sua esistenza umile e lieta, l’appellativo di "Consolatore di Napoli". La sua memoria è ancor oggi viva ed il suo esempio invita i cristiani del nostro tempo a vivere pienamente il Vangelo delle Beatitudini, rispondendo con la santità all’amore di Dio riversato nei nostri cuori dallo Spirito Santo.

Parte pronunciata in lingua spagnola:  

5. San Juan Grande llega hoy, fiesta de la Santísima Trinidad, a la gloria de los altares. En su testamento nos dеjа esta preciosa confesión: Que el Señor « guarde mi entendimiento para creer como siempre he creído y creo el misterio incomprensible de la Santísima Trinidad, Padre, Hijo y Espíritu Santo, tres personas y una esencia divina que vive y reina por siempre sin fin ». Adorador asiduo de Dios, Uno y Trino, revelado por Jesucristo, el nuevo Santo hablaba del misterio trinitario con tal altura y devoción que causaba admiración en quienes le oían y se sentían llamados a reverenciar y contemplar con mayor fe tan augusto misterio dando a Dios la gloria y el honor que le son debidos. San Juan Grande alimentaba su espiritualidad en la práctica constante de la oración. Era una oración afectiva, con la que expresaba su amor a Dios sin que se cansase de repetirle cuánto lo amaba. En su vida de hospitalario los Hermanos tenían que sacarlo a rastras de la capilla para llevarlo a su celda y dar por concluida la oración de la noche. Su oración manifestaba que Dios era el amor de su corazón, el centro de su vida, la verdadera base sobre la que descansaba su voluntad y su acción, el principio y fundamento de su conciencia y de sus decisiones.

Dios mandó a su Hijo al mundo para que el mundo se salvara por Él (cfr. Jn 3, 17). San Juan Grande encontró a Dios, lo amó, se sintió amado y en el corazón de Dios, Padre de todos, amó a todos los necesitados, especialmente los pobres, los enfermos, los afligidos, los que sufrían de algún modo o por cualquier causa. De este modo, sirvió al prójimo de día y de noche, pidiendo por todos, llamando a las puertas, diciendo que no se puede ser indiferente ante la suerte de los pobres y que su servicio es « una cuestión de conciencia ». Fue para la ciudad de Jerez un don de Dios. Como Patrono de esa diócesis, es su más insigne abogado y protector. Los Hermanos de San Juan de Dios tienen en el nuevo Santo un modelo de santidad, de cercano servidor de los pobres y enfermos, que apoya con su intercesión la asistencia y la pastoral hospitalarias.

Traduzione italiana della parte pronunciata in lingua spagnola:

5. San Juan Grande viene elevato oggi, solennità della Santissima Trinità, alla gloria degli altari. Nel suo testamento ci ha lasciato una preziosa confessione: che il Signore "conservi il mio intendimento per credere come sempre ho creduto e credo nel mistero imperscrutabile della Santissima Trinità, Padre, Figlio e Spirito Santo, tre persone e un’essenza divina che vive e regna per sempre senza fine". Adoratore assiduo di Dio, Uno e Trino, rivelato da Gesù Cristo, il nuovo Santo parlava del mistero trinitario con una elevazione e una devozione tali da provocare ammirazione in quanti lo ascoltavano e si sentivano chiamati a venerare e a contemplare con maggiore fede un così augusto mistero, rendendo a Dio la gloria e l’onore dovuti. San Juan Grande alimentava la sua spiritualità nella pratica costante della preghiera. Era una preghiera affettiva, con la quale esprimeva il suo amore verso Dio senza stancarsi di ripetergli quanto lo amava. Nella sua vita ospedaliera, i Fratelli dovevano trascinarlo fuori dalla cappella per condurlo alla sua cella e dare per conclusa la preghiera della notte. La sua preghiera mostrava che Dio era l’amore del suo cuore, il centro della sua vita, la vera base sulla quale riposavano la sua volontà e la sua azione, il principio e il fondamento della sua coscienza e delle sue decisioni. Dio ha mandato suo Figlio nel mondo perché il mondo si salvasse attraverso di Lui (cf. Gv 3, 17 ). San Juan Grande incontrò Dio, lo amò, si sentì amato e nel cuore di Dio, Padre di tutti, amò tutti i bisognosi, soprattutto i poveri, i malati, gli afflitti, quanti soffrivano in qualche maniera, per qualsiasi causa. In tale modo, servì il prossimo giorno e notte, chiedendo per tutti, bussando alle porte, dicendo che non si può restare indifferenti di fronte alla sorte dei poveri e che il suo servizio era "una questione di coscienza". Fu per la città di Jerez un dono di Dio. Come Patrono di questa Diocesi, è il suo più insigne avvocato e protettore. I Fratelli di San Giovanni di Dio hanno in questo nuovo Santo un modello di santità, di vicino servitore dei poveri e dei malati, che sostiene con la sua intercessione l’assistenza e la pastorale ospedaliere.

6. "Fratelli, state lieti", scrive san Paolo alla Comunità cristiana di Corinto. Ed aggiunge: "Tutti i santi vi salutano" ( 2 Cor 13, 11 . 12 ). Il saluto da parte dei santi, di tutti i santi e, in modo particolare, di coloro che oggi sono canonizzati, riveste una profonda dimensione trinitaria. L’Apostolo prosegue con le parole rese familiari dal loro utilizzo nella Liturgia eucaristica: "La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione (in latino communicatio, cioè il comunicarsi) dello Spirito Santo siano con tutti voi" ( 2 Cor 13, 13 ). I tre termini usati qui da san Paolo esprimono i doni appropriati alle tre Persone divine. L’amore, perché Dio Padre ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio. La grazia del Signore Gesù Cristo, perché per opera del Figlio ed in virtù della redenzione da lui operata, siamo realmente divenuti figli di Dio. Il comunicarsi dello Spirito Santo, perché la presenza e l’attività dello Spirito nella vita dell’uomo e della Chiesa è fonte di santificazione e di santità. La persona umana che vive della pienezza della vita divina - vivens homo - costituisce all’interno del mondo creato una singolare realizzazione della gloria di Dio - gloria Dei. "Fratelli, state lieti... Tutti i santi vi salutano". Anche noi, in questa solennità della Santissima Trinità, ci rallegriamo ed esultiamo. Insieme con Jean Gabriel Perboyre, Egidio Maria di San Giuseppe, Juan Grande Román, in comunione con Maria, Regina di tutti i santi, e con quanti ci hanno preceduto nella gloria eterna di Dio, proclamiamo le meraviglie compiute dal Signore. "Gloria al Padre, al Figlio ed allo Spirito Santo: in principio, ora e per sempre". Amen!

Viene beatificato da Pio IX il 13 novembre 1853 e canonizzato da Giovanni Paolo II il 2 giugno 1996. Proclamato patrono della diocesi di Jerez de la Frontera nel 1986, i suoi resti sono conservati nel Santuario Diocesano di San Giovanni Grande nell'omonimo ospedale dei Fatebenefratelli di Jerez.