Juan Macías

(1585-1645)

Beatificazione:

- 22 ottobre 1837

- Papa  Gregorio XVI

Canonizzazione:

- 28 settembre 1975

- Papa  Paolo VI

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 16 settembre

Sacerdote domenicano, religioso dell’Ordine dei Predicatori, che svolse a lungo le più umili mansioni, curò con zelo poveri e malati e recitò assiduamente la preghiera del Rosario per le anime dei defunti

  • Biografia
  • Omelia
"Una figura meravigliosa ed attraente, una figura attuale, un esempio luminoso per noi, per la nostra società" (Paolo VI)

 

Nacque il 2 marzo 1585 a Ribera de Fresno (Badajoz), nella regione spagnola dell'Estremadura vicina ai confini meridionali col Portogallo: da quell'ambiente silenzioso, aperto su spazi illimitati, dove l'uomo subisce il fascino dell'opera incontaminata del Creatore, il piccolo Juan trasse sicuramente un elemento caratteristico della sua personalità: la capacità di vivere con l'anima assorta in Dio mentre svolgeva le mansioni necessarie alla vita quotidiana.

Da un Padre domenicano, testimone al processo canonico del 1644, sappiamo che «tra i sei o sette anni, i suoi genitori lo mandavano a custodire bestiami di maiali e pecore». Cominciò dunque presto per Juanito una vita solitaria, segnata dal bisogno di guadagnarsi il pane svolgendo con responsabilità il proprio lavoro, tanto più che rimase in breve tempo orfano di entrambi i genitori e fu accolto, insieme ad una sorellina, in casa di un parente.

Fin da allora ci fu una presenza particolare accanto a lui: il suo protettore S. Giovanni Evangelista, che gli si mostrò colpe un bambino della sua età, lo consolò per la morte dei genitori e gli promise di essergli guida costante. Poco a poco lo istruì nella vita spirituale, lo aiutò anche nella custodia del gregge perché potesse recarsi in chiesa a pregare o semplicemente potesse finire il Rosario nascosto dietro una roccia; soprattutto rafforzò nel giovane pastorello l'ispirazione profonda di mettersi alla sequela di Cristo, di dare testimonianza della sua fede, di diventare un missionario conquistatore di anime andando lontano dalla sua terra, là dove Dio gli avrebbe manifestato il luogo stabilito dalla sua Provvidenza. Per questo, verso i quindici anni, Juan si mise in cammino senza affatto sapere quale sarebbe stata la meta, ma procedendo passo dopo passo, avvenimento dopo avvenimento, vero pellegrino nella fede e per la fede, con l'unico desiderio di testimoniare l'Amore di Dio salvando le anime. Lasciato il suo paese, si mise a servizio di qualche padrone di mandrie, girando varie località dell'Estremadura e dell'Andalusia, fin quando giunse a Siviglia. In questa città finì in una casa di malaffare e per l'occasione ecco presentarsi di nuovo visibilmente il suo "santino" a trarlo fuori dal pericolo.

Finalmente al mandriano d'Estremadura, ormai trentenne, apparve chiaro che Dio lo chiamava a santificarsi al di là dell'Atlantico, ad < andare alle Indie », in quel Nuovo Mondo dove tanti spagnoli cercavano ricchezze potere fama, avventure, e troppo pochi erano i ferventi missionari che si dedicavano alla diffusione del suo Regno. Fece i preparativi per imbarcarsi e partì con un mercante di bestiame che lo aveva assunto conoscendo la sua provata capacità nel custodire gli animali: non era certo facile badare alle bestie durante la traversata dell'oceano e provvedere alle loro necessità!

Viaggiò come un emigrante qualunque, ma nel suo cuore viveva l'attesa del pellegrino di Dio, desideroso di portare a compimento la Sua santa volontà. Sbarcò a Cartagena, sulla costa settentrionale dell'odierna Colombia e, dopo quattro mesi e mezzo di viaggio a piedi lungo la Cordigliera delle Ande, entrò nella città di Lima. Trovò lavoro presso un mercante di grosso bestiame e restò a suo servizio per alcuni anni aspettando un segno indicatore dei disegni di Dio a suo riguardo. Continuava ad essere protetto e guidato dal suo amico e compagno Giovanni Evangelista il quale, come affermò un testimone al processo di beatificazione, «non una, ma molte volte lo soccorse nella carestia di cose che aveva e gli guardò il bestiame in forma di giovane vaccaro, così che, in più di due anni e mezzo, mai gli mancò un animale, anzi il numero aumentò!». Fu ancora per suggerimento del suo santo patrono che Juan Macias chiese di essere accolto come converso, cioè fratello cooperatore, nel convento domenicano di S. Maria Maddalena: era il mese di gennaio del 1622 e quel postulante spagnolo aveva ormai trentasette anni, ma portava con sé il segreto grazie mistiche particolari e, soprattutto, era convinto di avere raggiunto la « terra della sua conquista di anime » a cui avrebbe dedicato il resto della sua vita.

Passò l'anno di Noviziato in compagnia di fra Paolo della Carità, portinaio, e col suo santo esempio cominciò la vita d'orazione per sei o sette ore, di giorno e di notte, e la pratica della penitenza e della carità verso i poveri. Imparò che la sua naturale taciturnità di mandriano dell'Estremadura era un ottimo aiuto per praticare il santo silenzio e fondere azione e contemplazione come aveva indicato il Santo Fondatore dei Frati Predicatori, nella cui Famiglia Religiosa entrò definitivamente con la Professione dei Voti il 23 gennaio 1623.

Ben presto gli fu affidata la portineria, dove egli si esercitò nell'amare Dio e il prossimo fino alla morte, gareggiando con il suo amico Martino de Porres, fratello cooperatore nel convento del S. Rosario, per condurre il maggior numero di anime a Dio col proprio umile sacrificio e non senza alcuni interventi prodigiosi del Cielo. A Lima il numero dei poveri, tra indios, negri, orfani, invalidi, disoccupati... era in continuo aumento, perciò fra Juan dovette organizzarsi per dare a quanti bussavano al convento non solo un piatto di minestra calda, ma anche altri generi di prima necessità secondo le richieste.

Ottenne il permesso di andare alla «cerca» in città, di bussare alle porte di chi possedeva di più per soccorrere quanti si rivolgevano a lui, aiutato sempre dalla sua completa fiducia nella Provvidenza divina, capace di spostare ogni ostacolo. Ebbe in dono un asino per trasportare la roba che raccoglieva e la brava bestia imparò a sbrigarsela da sola: fra Juan le metteva sul basto due grosse ceste e le dava le indicazioni necessarie, poi essa si dirigeva nei luoghi stabiliti dove la gente metteva le provviste nelle ceste, quindi se ne tornava al convento, morsicando e scalciando contro i ladruncoli che si fossero azzardati a toccare l'elemosina dei poveri. All'ora fissata il nostro portinaio distribuiva la minestra calda: si inginocchiava, afferrava il grosso mestolo e riempiva le pignatte dei poverelli, altrettanti Gesù Cristo per lui; e sempre tutti erano accontentati, nonostante la scarsità di cibo rispetto all'affluenza dei mendicanti; tanti poveri venivano invece raggiunti direttamente a domicilio dai cestelli portavivande inviate dal «fratello dell'elemosina».

Molte persone di Lima ed anche di altre città del regno, divennero benefattori o benefattrici del portinaio di S. Maria Maddalena, procurandogli grosse somme di denaro per la dote di ragazze indigenti, grandi quan­tità di tela per vari usi, mercanzie e commestibili d'ogni genere. Ma la carità dell'umile frate converso non si fermava ai bisogni materiali; egli era uomo veramente evangelico, che insegnava a quanti avvicinava la dottrina della salvezza; era dotto ed apostolico, molto intelligente nei divini misteri e nelle cose celesti, che sapeva correggere, esortare e mettere le anime sulla via della guarigione spirituale. Questa sua molteplice opera di bene aveva origine nella continua preghiera, nella devozione tenerissima alla Madonna che supplicava e ringraziava recitando e meditando i misteri del S. Rosario, nella certezza umile e incrollabile che la vita che conduceva era il modo voluto dalla bontà di Dio per lui di essere conquistatore‑missionario. Ogni giorno estendeva la sua carità anche alle anime del Purgatorio, offrendo suppliche per affrettare la loro entrata in Cielo.

Converso in un convento di stretta osservanza regolare, fra Juan trovò nella penitenza durissima ed ininterrotta il mezzo sicuro per ottenere dal Signore tutti gli aiuti che superavano le sue forze umane: praticava la disci­plina comune, cioè la flagellazione delle spalle, con gli altri frati, ma anche quella volontaria di notte; portava crudeli cilizi; sopportava in silenzio le piaghe aperte nelle sue carni; accettava le umiliazioni ed i rimproveri del Priore che intendeva mettere alla prova la sua virtù; osservava le astinenze ed i digiuni col massimo rigore; dormiva poco e quasi sempre sui gradini d'un altare, dedicando il più della notte alla preghiera; soffriva per le ves­sazioni del demonio che lo colpiva e maltrattava, lasciandogli lividi visibili anche sul volto. La fonte di tutta la sua azione d'amore era la S. Messa nella quale poteva comunicarsi col Corpo di Cristo, anche se non tutti i giorni: faceva il possibile per servire, sempre in ginocchio, almeno quattro o cinque S. Messe ogni mattina e per la festa del Corpus Domini preparava con ogni cura in portineria l'altare dove si sarebbe posato l'Ostensorio durante la processione cittadina.

Quando nel 1639 morì fra Martino de Porres, il nostro Santo dovette pensare che anche per lui non era lontana l'ora della sua definitiva emi­grazione dalla terra alla Patria Celeste, tanto più che era già stato in punto di morte in seguito ad una dolorosissima operazione chirurgica. Invece gli restavano ancora sei anni, durante i quali si intensificarono gli interventi soprannaturali sia a vantaggio del prossimo, sia per suo conforto, come una visione della Madre di Dio che gli porse il Bambino Gesù perché lo pren­desse tra le braccia. Fra Juan Macias mori il 16 settembre 1645, pratica­mente dello stesso male che aveva condotto a morte il S. Patriarca Domenico, e al confessore che lo obbligava a rivelare qualcosa della sua vita, dichiarò di morire anche lui vergine per grazia di Dio e diede le spiegazioni richieste, soprattutto circa i suoi rapporti con l'Apostolo suo protettore.

Fu sepolto dapprima nella tomba comune sotto il Capitolo, poi le sue spoglie furono trasferite nella Cappella costruita nella portineria, dove il popolo poteva accorrere senza disturbare la vita regolare dei frati.

Fu beatificato da Papa Gregorio XVI nel 1837 e canonizzato nell'Anno Santo 1975 da Papa Paolo VI.

 

(fonte: domenicani.net)

CANONIZACIÓN DE JUAN MACÍAS

HOMILÍA DEL SANTO PADRE PABLO VI

28 de septiembre de 1975

   

Venerables Hermanos y amados hijos,

La Iglesia se siente hoy inundada de júbilo. Es el gozo de la madre, que asiste a la exaltación de uno de sus hijos. Y precisamente porque es un hijo pequeño, que no brilló durante su vida con los fulgores de la ciencia, del poder, de la notoriedad humana, de todo eso que hace a uno grande a los ojos del mundo, la Madre Iglesia experimenta un regocijo particular. En esta mañana la Iglesia siente resonar de nuevo en sus oídos las palabras insinuantes y maravillosamente asombradoras del Maestro, que proclaman, de manera inequívoca, su preferencia por los sectores más pobres y humildes: ¡Bienaventurados los pobres de espíritu! A la escucha perenne y atenta de su Divino Fundador y en fidelidad indefectible a su mensaje, la Iglesia fija hoy sus ojos en una figura singular, concreción sublime de ideales evangélicos : ¡Juan Macías! Un humilde pastor hasta los treinta y siete años de Ribera del Fresno, en España; emigrante sin recursos a tierras del Perú; por veintidós años sencillo hermano portero del convento dominico de La Magdalena en Lima. Este es el nuevo Santo, a quien la Iglesia rinde en este día su tributo de exaltación suprema, tras haberlo declarado Beato el veintidós de octubre de mil ochocientos treinta y siete.

En su glorificación, como en la de otras figuras humildes cual el Santo Cura de Ars, San Francisco de Asís, San Martín de Porres, y otras tantas que podríamos citar, se hace visible el amor sin reservas ni distinciones de la Iglesia, que valora y ensalza por igual los méritos ocultos de grandes y pequeños, de pobres o de facultosos, sintiendo particular complacencia acaso al elevar a los más pobres, reflejo más vivo de la presencia y predilecciones de Cristo. Por falta de tiempo, no haremos la exaltación que merecería la humilde y gran figura de Juan Macías que, con la ayuda del Señor y en el pleno ejercicio de nuestro ministerio magisterial, hemos inscrito en el catálogo de los Santos. Solamente aludiremos a las razones que embargan nuestro ánimo durante este acto solemne. Canonizando a San Juan Macías nos parece interpretar la intención del Señor, el cual, siendo rico, se hizo pobre para que nosotros fuésemos ricos por su pobreza (Cfr. 2 Cor. 8, 9), existiendo en la forma de Dios, se anonadó a sí mismo, tomando la forma de siervo (Cfr. Phil. 2, 6-7), fue enviado por el Padre «a evangelizar a los pobres y levantar a los oprimidos» (Luc. 4, 18), proclamó bienaventurados a los pobres de espíritu (Matth. 5, 3), puso la pobreza como condición indispensable para alcanzar la perfección (Cfr. Marc. 10, 17-31; Luc. 18, 18-27) y dio gracias al Padre porque se había complacido en revelar los misterios del Reino a los pequeñuelos (Cfr. Matth. 11, 26).

Estas son las enseñanzas lineares dejadas por el Señor, y que el Magisterio de la Iglesia nos propone hoy, ilustrándolas con un ejemplo concreto de la historia eclesial. Juan Macías, que fue pobre y vivió para los pobres, es un testimonio admirable y elocuente de pobreza evangélica: el joven huérfano, que con su escasa soldada de pastor ayuda a los pobres «sus hermanos», mientras les comunica su fe; el emigrante que, guiado por su protector San Juan Evangelista, no va en búsqueda de riquezas, como otros tantos, sino para que se cumpla en él la voluntad de Dios; el mozo de posadas y el mayoral de pastores, que prodiga secretamente su caridad en favor de los necesitados, a la vez que les enseña a orar; el religioso que hace de sus votos una forma eminente de amor a Dios y al prójimo; que «no quiere para sí más que a Dios»; que combina desde su portería una intensísima vida de oración y penitencia con la asistencia directa y la distribución de alimentos a verdaderas muchedumbres de pobres; que se priva de buena parte de su propio alimento para darlo al hambriento, en quien su fe descubre la presencia palpitante de Jesucristo; en una palabra, la vida toda de este «padre de los pobres, de los huérfanos y necesitados», (no es una demostración palpable de la fecundidad de la pobreza evangélica, vivida en plenitud?

Cuando decimos que Juan Macías fue pobre, no nos referimos ciertamente a una pobreza -que nunca podría ser querida ni bendecida por Dios- equivalente a culpable miseria o inoperante inercia para la consecución del justo bienestar, sino a esa pobreza, llena de dignidad, que ha de buscar el humilde pan terreno, como fruto de la propia actividad. ¡Con cuánta exactitud y eficiencia se dedicó a su deber, antes y después de ser religioso! Sus dueños y superiores dan claro testimonio de ello. Fueron siempre sus manos las que supieron ganar el propio pan, el pan para su hermana, el pan para la multiplicada caridad. Ese pan, fruto de un esfuerzo socialmente creador y ejemplar, que personaliza, redime y configura a Cristo, mientras deja en lo íntimo del alma la filial confianza de que el Padre, que alimenta a las aves del cielo y viste a los lirios del campo, no dejará de dar lo necesario a sus hijos: «buscad primero el reino de Dios y su justicia y todo lo demás se os dará por añadidura» (Cfr. Matth. 6, 25-34). Por otra parte, la ardua tarea de Juan Macías no distraía su ánimo del Pan celestial.

El, que desde su niñez había sido introducido en el mundo íntimo de la presencia de Dios, fue en medio de su actividad un alma contemplativa. El campo, el agua, las estrellas, los pájaros, le hablaban de Dios y le hacían sentir su cercanía: «Oh Señor, qué mercedes y regalos me hizo Dios en aquellos campos», mientras guardaba el rebaño. Así exclama ya anciano. Y recordando su vida de convento, aquel jardín a donde con frecuencia se retiraba a orar de noche, dirá: «Muchas veces, orando a deshoras de la noche, llegaban los pajarillos a cantar y yo apostaba con ellos a quién más alababa a Dios». ¡Frases de encantadora poesía, que dejan entrever las largas horas dedicadas a la oración, a la devoción a la Eucaristía y al rezo del rosario! Pero esta vida interior nunca representó para Juan Macías una evasión frente a los problemas de sus hermanos; antes bien, partiendo de su vida religiosa, llegaba a la vida social. Su contacto con Dios no sólo no le hacía retraerse de los hombres, sino que le llevaba a ellos, a sus necesidades, con renovado empeño y fuerza para remediarlos y conducirlos a una vida cada vez más digna, más elevada, más humana y más cristiana.

El no hacía con ello sino seguir las enseñanzas y deseos de la Iglesia, la cual, con su preferencia por los pobres y su amor por la pobreza evangélica, jamás quiso dejarlos en su estado, sino ayudarles y levantarles a formas crecientemente superiores de vida, más conformes con su dignidad de hombres y de hijos de Dios. A través de estos trazos parciales, aparece ante nuestros ojos la figura maravillosa y atractiva de nuestro Santo. Una figura actual. Un ejemplo preclaro para nosotros, para nuestra sociedad. Evidentemente, la cuestión económica se plantea hoy con características bien diversas de las que tenía en tiempos de San Juan Macías. Los nuevos sistemas productivos, la acelerada industrialización, la creciente tecnificación y las conquistas en campo nuclear o electrónico, por más que hayan hecho surgir no indiferentes problemas para el hombre, han determinado ciertamente un superior nivel económico y asistencial en vastas áreas del mundo, por desgracia todavía demasiado limitadas. Por otra parte, la sensibilidad social se ha incrementado, dando paso con frecuencia a un tipo de humanismo radical, disociado de toda referencia al trascendente.

En este contexto se nos ofrece en todo su valor actual el mensaje de Fray Juan Macías. El no miró la humildad de su tarea, sino que la cumplió con entrega total y de manera ejemplar. Se dio siempre a los demás y, en el darse a todos, encontró a Cristo. Su trabajo fue una exigencia de su condición de hombre y de cristiano, un ejercicio de fecunda pobreza, un medio de proveer noblemente a su sustento y al de los pobres. Sin pretender nunca hacer de sus experiencias una elaborada sociología, ni convertirse en un experto economista, hizo cuanto estuvo a su alcance por atenuar necesidades y flagrantes desigualdades. Al pedir a los ricos para sus pobres, les enseñaba a pensar en los demás; al dar al pobre, lo exhortaba a no odiar. Así iba uniendo a todos en la caridad, trabajando en favor de un humanismo pleno. Y todo esto, porque amaba a los hombres, porque en ellos veía la imagen de Dios. ¡Cuánto desearíamos recordar esto a cuantos hoy trabajan entre pobres y marginados! No hay que alejarse del Evangelio, ni hay que romper la ley de la caridad para buscar por caminos de violencia una mayor justicia. Hay en el Evangelio virtualidad suficiente para hacer brotar fuerzas renovadoras que, trasformando desde dentro a los hombres, los muevan a cambiar en todo lo que sea necesario las estructuras, para hacerlas más justas, más humanas.

Juan Macías supo en su vida honrar la pobreza con una doble ejemplaridad: con la búsqueda confiada del pan cotidiano para los pobres, y con la búsqueda constante del Pan de los pobres, Cristo, que a todos conforta y conduce hacia la meta trascendente. ¡Estupendo mensaje para nosotros, para nuestro mundo materializado, tarado con frecuencia por un consumismo desenfrenado y por egoísmo sociales! ¡Ejemplo elocuente de esa «unidad interior», que el cristiano debe realizar en su tarea terrena, imbuyéndola de fe y caridad! (Cfr. Mater et Magistra, 51).

Amadísimos hijos, No quisiéramos terminar nuestras palabras sin mencionar algunas características que concurren en la vida de San Juan Macías. La primera es su origen español; hijo de una Nación, cuya historia encuentra sus expresiones más altas y decisivas -que marcan el carácter de su pueblo- en las figuras de sus Santos, como Santo Domingo de Guzmán, San Ignacio de Loyola, San Francisco Javier, Santa Teresa de Ávila, San Juan de la Cruz. Nombres estos que, con sólo recordarlos, constituyen por sí mismos un auténtico homenaje que se tributa a España. Un homenaje que nos sentimos contento de poder subrayar por parte Nuestra, como dirigido a una Nación por Nos tan amada, y que la Iglesia entera, tan bien representada en el cuadro solemne de esta plaza de San Pedro por los millares de peregrinos venidos de todo el mundo, desea rendir con Nos a esa tierra de Santos.

Experimentando en ello un gozo de comunión eclesial, un latido más de espiritualidad entre los muchos del Año Santo, una manifestación de fraterna e intensa alegría. Aunque esta alegría podría ser más plena, si estos días no hubiesen sido ensombrecidos por los acontecimientos por todos conocidos. El nuevo Santo continúa la tradición recibida como por una especie de herencia familiar. Una herencia que crece y se desarrolla en el hogar, en la vida familiar, en el ambiente social y en la sensibilidad religiosa del pueblo. Esta canonización ¿no es, pues, un acontecimiento que glorifica una tan alta y noble tradición, preanunciando al mismo tiempo un nuevo renacer de fervor y de santidad en los hijos de esa amada Nación? Nos así lo esperamos. La secunda característica es que San Juan Macías se hizo peruano y en Perú se santificó. Mientras muchas personas llegaban a América en busca de riquezas materiales, el nuevo Santo supo encontrar allí una riqueza espiritual de la que se alimentaron ya los primeros Santos de aquel Continente. Una riqueza integrada por elementos milenarios del pueblo antiguo, los indios, y del nuevo, los colonizadores, a quienes va el mérito de la evangelización de aquel Continente, y que nuestro Santo incrementó decididamente con su vida.

Desde entonces ¡que vitalidad religiosa a pesar de sus lagunas e imperfecciones! ¡Qué corrientes de vida espiritual han marcado la historia de todas aquellas naciones! A todos sus hijos los exhortamos a ser dignos del ejemplo de santidad dejado por San Juan Macías. Por último, San Juan Macías fue religioso dominico, de esa gran familia que tantos Santos ha dado a la Iglesia y cuya labor al servicio de la Verdad ha sido tan unánimemente reconocida. A ellos dirigimos en este solemne día un saludo especial, exhortándoles a seguir sus grandes tradiciones de santidad, a ejemplo de San Juan Macías, de San Martín de Porres y de Santa Rosa de Lima, síntesis de la santidad dominica en las nobles tierras latinoamericanas. Un ejemplo y exhortación que extendemos a todos los miembros de las otras familias religiosas, para que también ellos sientan una nueva incitación hacia cumbres más altas de cercanía divina, de esmero espiritual, de clima en el que se escucha la voz de Cristo. Y ojalá que el nuevo modelo de santidad que hoy proponemos suscite abundantes fuerzas jóvenes, que se consagren sin reserva a los ideales siempre válidos, siempre atractivos, del Evangelio de Jesucristo.

Onoriamo nel nuovo santo Religioso: dopo svariate esperienze, a trentasette anni Giovanni Macías si sentì chiamato a servire Dio nell'ordine Domenicano, ma nella sua umiltà volle essere Fratello Laico. Per un quarantennio, fino alla morte, fu destinato al servizio di portineria nel convento di Lima. E in questa umile incombenza egli seppe realizzare e vivere profondamente ed autenticamente la sua consacrazione religiosa, radicata nell'amore ardente 1009 a Dio, nella smisurata carità Verso i fratelli più bisognosi, nella pratica fedele dei Consigli evangelici, nella continua preghiera, lasciando a noi l'esempio di come si possa testimoniare l'impegnativo messaggio di Cristo anche nelle piccole ed umili tose.

Cette grande fete de famille a laquelle vous avez le bonheur de participer réveille certainement en vous le désir d'une vie sainte, d'une vie enfin engagée sur les pas du Modèle Unique: le Christ! C'est le chemin ardemment suivi par Saint Jean Macías que Nous venons de canoniser. Il a surtout voulu être pauvre comme Jésus, et vivre pour les pauvres! Que cette leçon évangélique, si difficile a entendre aujourd'hui, gagne enfin nos cœurs. Oh oui, demandons les uns pour les autres cette grâce de choix, qui est la première des Beatitudes!

On this joyous occasion, as we proclaim and bless the power of God and the merits of Jesus Christ that have produced in Saint John Macias a full measure of holy charisms, we honour him and offer him to the entire Church as a model of the zealous emigrant. After the example of the Apostles and holy men and women of all ages, he left his homeland to go forth and to bring Christ to his brethren. In this way he endeavoured to answer the cal1 of the Evangelist, receiving with joy the message: «. . . let us love, not in word or Speech, but in deed and in truth» (1 Io. 3, 18). May all who have emigrated for the Kingdom of God find strength in the intercession of Saint John Macías. Liebe Söhne und Töchter!

Die wunderbare nächstenliebe des heiligen Johannes Macías war vor allem die Frucht seines tiefen, lebendigen Glaubens. Er war ein Mann des Gebetes, der aus der innigen, mystischen Vereinigung mit Gott sein Leben in der Nachfolge Christi gestaltete. Seine glühende Verehrung galt insbesondere der heiligen Eucharistie und dem Rosenkranzgebet. Gerade als Mystiker zeigt uns der neue Heilige die letzte und unergründliche Quelle christlicher Heiligkeit. Möge er uns allen darin Vorbild und durch sein Gebet im Himmel unser aller Fürsprecher sein.