Leonella Sgorbati (al secolo: Rosa)

Leonella Sgorbati (al secolo: Rosa)

(1940 - 2006)

Beatificazione:

- 26 maggio 2018

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 17 settembre

Vergine, suora professa dell’Istituto delle Suore Missionarie della Consolata, martire: uccisa in odium fidei dagli estremisti islamici della Somalia il 17 settembre 2006; spese la sua vita per il Vangelo e al servizio dei più poveri

  • Biografia
  • il martirio
  • angelus
“Non è difficile lavorare quando si cerca di volersi bene e anche l’Islam vero è così: Dio ama tutte le sue creature”

Leonella Sgorbati (al secolo: Rosa) nacque a Gazzola, vicino Piacenza, il 9 dicembre 1940. Nella scuola elementare del paese, gestita dalle Orsoline di Maria Immacolata, la piccola viene educata da Madre Soteride Quadrelli, che le sarà d’ispirazione quando diventerà anche lei Madre superiora.

Al momento di vestire l’abito, però, sceglie le Missionarie della Consolata, di cui incarna perfettamente il carisma: non solo studia da infermiera per svolgere il suo apostolato missionario in Kenya, ma per lei la Consolazione era qualcosa di più del semplice significato che il dizionario dà a questa parola, era portare la Parola del Signore, unico vero balsamo per i cuori feriti. La sua vita, quindi, era un dono totale, proprio come aveva indicato il fondatore: “Un missionario deve sempre essere disposto al martirio, altrimenti non è un buon missionario”.

“Non è difficile lavorare quando si cerca di volersi bene e anche l’Islam vero è così: Dio ama tutte le sue creature”. Queste le parole di suor Leonella in un’intervista rilasciata quando si trasferì in Somalia. Lì, però, non era come in Kenya: trovò un Paese devastato da 10 anni di guerra civile e infestato dall’estremismo religioso. Iniziò a formare infermieri, ma era necessario far capire che quegli insegnamenti non erano contro il Corano: i fondamentalisti erano sospettosi e l’evangelizzazione proibita, suor Leonella seminava durante le sue lezioni, ma in maniera discreta.

Era una missione vissuta nel silenzio e nel servizio: il Tabernacolo con Gesù Eucaristia nella casa delle suore era l’unico di tutto lo Stato, ma nonostante le accortezze, tutte le religiose, una dopo l’altra, vennero più volte minacciate, quando fu proposto loro il trasferimento, però, tutte e quattro le componenti della minuscola comunità accettarono il rischio di rimanere.

“C’è una pallottola con su scritto il mio nome, ma solo Dio sa quando arriverà”. Questo suor Leonella confidò un giorno a una consorella e purtroppo il suo presagio si compì. Era domenica il 17 settembre 2006: verso mezzogiorno la religiosa, terminate le lezioni alle allieve infermiere, stava tornando a casa accompagnata dalla guardia del corpo, un islamico armato. Una pallottola la raggiunse alla schiena e a nulla valse il tentativo del suo protettore di farle scudo col suo corpo: venne colpito e anche lui morirà.

Portata in ospedale ebbe appena la forza di pronunciare tre volte la parola “Perdono” all’indirizzo dei suoi aggressori prima di spegnersi “come una candelina che aveva finito la sua cera, perché anche lei aveva donato tutto”, è la testimonianza di una delle suore che le tenne la mano fino alla fine.

Però quella parola, così forte, ripetuta tre volte, fu moltiplicatore della grazia della conversione per molti che l’avevano conosciuta. “L’assassinio di suor Leonella rivela il veleno che si nasconde nel cuore di individui accecati dall’odio – aggiunge il cardinale Amato – il martire cristiano non è un fanatico distruttore, ma un difensore eroico della vita e un messaggero di fraternità, di carità e di perdono”.

“Dare tutto”, “amare tanto”, “amare tutti” e “perdonare sempre”. Questi gli impegni di vita di suor Leonella Sgorbati per combattere le proprie debolezze quotidiane. Propositi in apparenza piccoli, ma in realtà difficilissimi da non tradire mai. Come quello di sorridere, in ogni circostanza, anche a chi non si conosce, per ricevere un sorriso a propria volta e rendere l’altro un pochino più felice. Sono tanti e dolcissimi i ricordi che le consorelle conservano di questa donna innamorata di Dio Padre, di Gesù Eucaristico e di Maria, donna dello Spirito; donna di fede viva dalla quale ha sempre fatto guidare i propri passi e le proprie scelte; donna di speranza, sempre gioiosa, coraggiosa, rispettosa, tanto da guadagnarsi i nomignoli di “gigante” e “terremoto”.

Donna di grande carità, capace di dare se stessa per il bene degli altri fino all’estremo sacrificio; donna di obbedienza e disponibilità; donna che da Maria ha cercato di imparare l’umiltà della dedizione e del silenzio, come sottolinea il cardinale Angelo Amato: “Suor Leonella ha vissuto in pieno la passione per Cristo con cuore di discepola, in ricerca di Dio e della sua volontà, distaccata da tutto e interamente disponibile all’obbedienza”.  

Suor Leonella era rimasta molto colpita dalla storia dei trappisti martiri in Algeria che vennero uccisi dagli estremisti islamici, tanto che consegnava la loro biografia a tutte le comunità della regione: “Il martirio fa parte della nostra vita quotidiana, qui, in comunità; il martirio di sangue solo se Dio ce lo chiederà…”, diceva. Ed era effettivamente un martirio silenzioso, quello che le suore vivevano in Somalia per rendere presente l’amore di Dio tra i poveri di quella terra.

Dio a suor Leonella chiese qualcosa di più perché la sua morte potesse far fiorire i frutti di quanto aveva seminato in vita: “Il martire cristiano al rancore risponde con l’amore – chiosa il porporato – il martirio di suor Leonella diventa così seme di speranza sparso sulla terra dell’uomo, che porterà fiori e frutti di bene”.

Molto fu lo sdegno della popolazione somala a quell’assassinio, perché a Dio comunque non piace che sia uccisa una donna che gli è così vicina. Il segno più forte fu forse quello evidenziato da mons. Giorgio Bertin, vescovo di Gibuti: “Per me la morte di un’italiana e di un somalo, di una cristiana e di un musulmano, di una donna e di un uomo, ci dice che se si può morire insieme, allora è possibile anche vivere insieme”.

Le indagini delle autorità locali furono sbrigative e sommarie, finalizzate a far dimenticare quanto accaduto, ma solo nelle menti, non nei cuori dei somali che non la dimenticheranno mai: i suoi allievi sentirono di aver perso una madre, ma di avere una stella in più che brillava, per loro, nel cielo.

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 27 maggio 2018

 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi, domenica dopo Pentecoste, celebriamo la festa della Santissima Trinità. Una festa per contemplare e lodare il mistero del Dio di Gesù Cristo, che è Uno nella comunione di tre Persone: il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Per celebrare con stupore sempre nuovo Dio-Amore, che ci offre gratuitamente la sua vita e ci chiede di diffonderla nel mondo.

Le Letture bibliche di oggi ci fanno capire come Dio non voglia tanto rivelarci che Lui esiste, quanto piuttosto che è il “Dio con noi”, vicino a noi, che ci ama, che cammina con noi, è interessato alla nostra storia personale e si prende cura di ognuno, a partire dai più piccoli e bisognosi. Egli «è Dio lassù nei cieli» ma anche «quaggiù sulla terra» (cfr Dt 4,39). Pertanto, noi non crediamo in una entità lontana, no! In un’entità indifferente, no! Ma, al contrario, nell’Amore che ha creato l’universo e ha generato un popolo, si è fatto carne, è morto e risorto per noi, e come Spirito Santo tutto trasforma e porta a pienezza.

San Paolo (cfr Rm 8,14-17), che in prima persona ha sperimentato questa trasformazione operata da Dio-Amore, ci comunica il suo desiderio di essere chiamato Padre, anzi “Papà” - Dio è “Papà nostro” -, con la totale confidenza di un bimbo che si abbandona nelle braccia di chi gli ha dato la vita. Lo Spirito Santo – ricorda ancora l’Apostolo – agendo in noi fa sì che Gesù Cristo non si riduca a un personaggio del passato, no, ma che lo sentiamo vicino, nostro contemporaneo, e sperimentiamo la gioia di essere figli amati da Dio. Infine, nel Vangelo, il Signore risorto promette di restare con noi per sempre. E proprio grazie a questa sua presenza e alla forza del suo Spirito possiamo realizzare con serenità la missione che Egli ci affida. Qual è la missione? Annunciare e testimoniare a tutti il suo Vangelo e così dilatare la comunione con Lui e la gioia che ne deriva. Dio, camminando con noi, ci riempie di gioia e la gioia è un po’ il primo linguaggio del cristiano.

Dunque, la festa della Santissima Trinità ci fa contemplare il mistero di Dio che incessantemente crea, redime e santifica, sempre con amore e per amore, e ad ogni creatura che lo accoglie dona di riflettere un raggio della sua bellezza, bontà e verità. Egli da sempre ha scelto di camminare con l’umanità e forma un popolo che sia benedizione per tutte le nazioni e per ogni persona, nessuna esclusa. Il cristiano non è una persona isolata, appartiene ad un popolo: questo popolo che forma Dio. Non si può essere cristiano senza tale appartenenza e comunione. Noi siamo popolo: il popolo di Dio. La Vergine Maria ci aiuti a compiere con gioia la missione di testimoniare al mondo, assetato di amore, che il senso della vita è proprio l’amore infinito, l’amore concreto del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Dopo l'Angelus

Cari fratelli e sorelle,

Ieri a Piacenza è stata proclamata Beata Leonella Sgorbati, suora Missionaria della Consolata, uccisa in odio alla fede a Mogadiscio (Somalia) nel 2006. La sua vita spesa per il Vangelo e al servizio dei poveri, come pure il suo martirio, rappresentano un pegno di speranza per l’Africa e per il mondo intero. Preghiamo insieme per l’Africa, perché ci sia la pace lì.

Ave Maria…

Nostra Signora dell’Africa, prega per noi.

Saluto tutti voi, cari romani e pellegrini: le famiglie, i gruppi parrocchiali, le associazioni. In particolare, saluto i fedeli di Porto Sant’Elpidio, Napoli, Bruzzano di Milano, Padova, il coro di Sappada e quello dei ragazzi di Vezza d’Alba. Avete cantato bene ieri a San Pietro voi, complimenti! Saluto i pellegrini polacchi e benedico i partecipanti al grande pellegrinaggio al Santuario mariano di Piekari Slaskie.

In occasione della “Giornata del Sollievo”, saluto quanti sono radunati al Policlinico “Gemelli” per promuovere la solidarietà con le persone affette da gravi malattie. Esorto tutti a riconoscere i bisogni anche spirituali delle persone malate e stare loro vicino con tenerezza.

E a tutti auguro una buona domenica. Per favore, non dimenticate di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!