Maria Caterina di S. Agostino

Maria Caterina di S. Agostino

(1632-1668)

Beatificazione:

- 23 aprile 1989

- Papa  Giovanni Paolo II

Ricorrenza:

- 8 maggio

Vergine, religiosa delle Suore Ospedaliere delle Misericordia dell’Ordine di Sant’Agostino, che, dedita alla cura degli infermi, si distinse nel dare loro speranza e consolazione 

  • Biografia
  • omelia di beatificazione
Ella è riuscita a “essere a disposizione di Dio e null’altro avere a cuore se non il suo servizio”

 

Maria Caterina di S. Agostino, al secolo Catherine Simon de Longpré, nacque il 3 maggio 1632 a Saint-Sauvuer-le-Vicompte, nella diocesi di Coutances, in Francia, attuale Dipartimento della Manica; figlia dell’avvocato Giacomo Simon de Longpré e di Francesca Jourdan de Launay, figlia di magistrato.

Fu battezzata lo stesso giorno della nascita con il nome di Caterina; i genitori erano ferventi cristiani e in buoni rapporti con san Giovanni Eudes (1601-1680), fondatore di due Congregazioni religiose e uomo di profonda spiritualità, che tanto influsso ebbe nella formazione spirituale di Caterina. Nel 1634, a due anni, la bimba fu affidata ai nonni materni, forse per la morte della madre, che avevano nella loro casa, una specie di piccolo ospedale per gli ammalati poveri.

In quella casa, ebbe l’opportunità di conoscere sacerdoti e religiosi che la frequentavano, inoltre per l’attività di assistenza che vi si svolgeva, poté formarsi al suo futuro stato di suora ospedaliera, ed aprirsi ad una vita spirituale più intensa. Qui si ebbero i primi segni della sua precocità, a tre anni e mezzo, a seguito di conversazioni con il gesuita padre Malherbe, manifestò il proposito di fare sempre la volontà di Dio; a quattro anni si confessò per la prima volta.

Ad otto anni fece la Prima Comunione e si iscrisse alla Confraternita del Rosario; a 10 anni, nel 1642, si consacrò volontariamente alla Vergine Santissima, con un documento scritto e firmato poi col suo sangue. Forse su consiglio del già citato s. Giovanni Eudes, ad 11 anni fece tre voti privati: non commettere mai peccato mortale, vivere in castità perpetua, prendere come madre la Beata Vergine; condusse la sua esistenza di preadolescente, dedita alla preghiera e alla meditazione, confessandosi due volte la settimana e facendo la Comunione settimanalmente, coltivando nel contempo il desiderio di farsi suora, come le aveva predetto anche san Giovanni Eudes.

Aveva 12 anni, quando il 7 ottobre 1644, entrò con la sorella maggiore, come aspirante nel monastero delle Agostiniane Ospedaliere di Bayeux, alla cui fondazione, i suoi parenti avevano generosamente contribuito. Dopo due anni di preparazione come aspirante, fu ammessa al Noviziato, ricevendo l’abito religioso il 24 ottobre 1646 a 14 anni, nello stesso giorno in cui la nonna materna, rimasta vedova, entrava anch’ella in convento.

Durante il Noviziato, il suo fervore e zelo, era di una intensità che ci si sarebbe aspettato più da una suora adulta e matura spiritualmente, che da un’adolescente. Al termine del noviziato, il 25 aprile del 1648, a 16 anni, emise i voti semplici e il 4 maggio successivo, poté fare a Nantes la professione religiosa, prendendo il nome di suor Maria Caterina di Sant’Agostino.

La Congregazione delle “Canonichesse Regolari Ospedaliere della Misericordia di Gesù”, aveva fondato nel 1639, l’Ospedale “Hôtel Dieu” a Quebec in Canada, e si trovava nella necessità di inviare forze giovani di rinforzo, in questa città nordamericana. Pertanto, fu chiesto anche al monastero di Bayeux qualche volontaria, Caterina si offrì subito, ma non aveva ancora 16 anni; si cercò di dissuaderla e suo padre si oppose fermamente.
Suor Maria Caterina, confusa per le difficoltà, fece allora il voto di “vivere e morire in Canada, se Dio gliene avesse aperto la porta”; alla fine tutti si arresero alla sua volontà; padre, superiora e vescovo diocesano, acconsentirono alla sua partenza.

Il 27 maggio 1648, insieme alla consorella madre Anna dell’Assunzione, suor Maria Caterina s’imbarcò a La Rochelle per Quebec, dove arrivò il 19 agosto 1648.
In Canada trovò di che essere insoddisfatta, clima rigido, i compiti molto impegnativi, la minaccia alla città da parte degli Irochesi in guerra; ma sentiva che era la strada scelta da Dio per lei e quindi di buon grado si mise all’opera per superare le difficoltà, impegnandosi anche ad imparare le lingue locali.

La sua opera, si rivelò di grande aiuto alla comunità delle Canonichesse Regolari Ospedaliere della Misericordia, lavorando instancabilmente all’interno del monastero e nell’ospedale “Hôtel Dieu”, espletando tutti i compiti che le venivano affidati; a 22 anni fu eletta una prima volta amministratrice, sia della Casa che dell’Ospedale, più tardi divenne direttrice dell’ospedale, consigliere della superiora e maestra delle novizie. Nel suo primo triennio come amministratrice, curò la costruzione del nuovo ospedale; mentre si dedicava all’apostolato e alla catechesi. Intanto lei così giovane e attiva, era nel contempo spesso ammalata; la beata Maria dell’Incarnazione (Maria Guyart, 1599-1672), fondatrice delle Orsoline a Quebec, che la conosceva bene, disse di lei: “Ebbe la febbre per più di otto anni senza andare a letto, senza lamentarsi, senza omettere di fare l’obbedienza, senza perdere gli esercizi, sia del coro, sia del suo ufficio, sia della comunità”.

Sempre dotata di un’accoglienza amabile ed incantevole, era considerata dalle consorelle solo come una buona religiosa, ma il suo animo, la sua spiritualità, le sue ricchezze interiori, erano note solo al direttore spirituale e al primo vescovo di Quebec, il beato Francesco de Laval (1623-1708).

E da mons. de Laval, giunto in Canada nel giugno 1659, ricevette il sacramento della Cresima, il 24 agosto 1659 a 27 anni; Maria Caterina di S. Agostino, continuò in silenzio il suo stile di vita, di suora prudente, obbediente, caritatevole, umile e precisa; era gratificata di straordinarie grazie mistiche, visioni e rivelazioni, ma dovette sopportare anche continue lotte contro il demonio, che la tormentava con violente tentazioni.

Suor Maria Caterina, ebbe però la consolazione di vedere spiritualmente, padre Jean de Brébeuf (1593-1649), martire gesuita in Canada nel 1649, proclamato Beato nel 1925 e Santo nel 1930, insieme ad altri sette gesuiti, martiri fra il 1622 e il 1649, Gabriele Lalemont, Isacco Jogues, Antonio Daniel, Carlo Garnier, Natale Chabanel, Renato Goupil, Giovanni de La Lande. Il santo gesuita, che era stato ucciso dagli Irochesi, le apparve rattristato, dicendole: “Che era per lui una pena vedere che un Paese, per cui egli aveva tanto lavorato e dove aveva versato il sangue, ora fosse terra di abominio e d’empietà”; proseguendo: “Sorella di Sant’Agostino! Avrete pietà di noi? Aiutateci ve ne prego”. Suor Caterina, allora rispose abbandonandosi “alla giustizia divina, come una pubblica vittima per gli altrui peccati”.

Nel mese di febbraio 1663, ebbe ancora delle visioni di padre Jean de Brébeuf, che le fece capire che Dio, voleva servirsi di lui per proteggere il Paese, e quanti avrebbero ricorso a lui, ne avrebbero ricevuto un aiuto sicuro.

Nella sua offerta totale al servizio della gloria di Dio e della salvezza delle anime dei francesi e degli indigeni, Maria Caterina ebbe sofferenze enormi, attaccata dai demoni, che non le concedevano alcun riposo, torturandola moralmente e anche picchiandola fisicamente. Tutte queste esperienze ci sono state tramandate dal gesuita padre Paul Ragueneau, che fu suo confessore e poi suo biografo; purtroppo il suo “Journal spirituel”, da lei scritto su richiesta dei consiglieri spirituali e dal quale il biografo Ragueneau, trasse i suoi pensieri, andò distrutto nell’incendio scoppiato nel 1775 all’”Hôtel Dieu” di Quebec.

Il 20 aprile 1668, suor Maria Caterina, si ammalò gravemente di tisi e dopo aver ricevuto i santi Sacramenti, morì serenamente a Quebec, l’8 maggio 1668, a soli 36 anni d’età appena compiuti.

Suor Maria Caterina di Sant’Agostino de Longpré, è stata proclamata Beata a Roma, il 23 aprile 1989 da papa Giovanni Paolo II; la sua festa liturgica è l’8 maggio.

 

(fonte: santiebeati.it)

SOLENNE CONCELEBRAZIONE EUCARISTICA PER 5 BEATIFICAZIONI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza San Pietro - Domenica, 23 aprile 1989

 

1. “Ecco la dimora di Dio con gli uomini” (Ap 21, 3).

In questa quinta domenica di Pasqua siamo invitati dalla Parola di Dio a contemplare i frutti dell’opera di salvezza compiuta dal Cristo risorto. La Chiesa, purificata dal sangue del Signore, generata dalla sua sofferenza sulla Croce, trova la sua felicità senza ombre nella perfetta comunione con Dio, resa possibile dal suo sposo vittorioso sulla morte. Egli l’ha introdotta al possesso della gioia eterna, precedendola, come suo Pastore, presso Dio Padre.

Nella Chiesa ora Dio abita come nella sua dimora. La presenza di Dio in mezzo al suo popolo, già annunciata nell’alleanza dell’antico testamento, profeticamente raffigurata nel tempio di Gerusalemme, ha trovato in Cristo la sua piena attuazione. Il mistero della presenza divina tra gli uomini, iniziato allorché “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi” (Gv 1, 14), ha raggiunto la sua completa e definitiva realizzazione nei cieli, e la Pasqua ne è il segno e la garanzia.

Per questo, noi oggi vogliamo contemplare “la nuova Gerusalemme”, la Chiesa nel suo compimento celeste, “come sposa adornata per lo sposo”. Vogliamo contemplare questo mistero nella luce delle testimonianze di Martino di san Nicola, Melchiorre di sant’Agostino, Maria Margherita Caiani, Maria Caterina di sant’Agostino, Maria di Gesù Buon Pastore.

Ecco, la voce potente del Signore dal trono celeste dice a noi: “Io faccio nuove tutte le cose” (Ap 21, 5). Egli compie una rinnovata creazione mediante l’amore. Quale amore? Quello suo verso di noi; quello nostro verso di lui e verso i fratelli in Cristo; poiché in Cristo ci è dato di condividere e attuare il comandamento di amare Dio ed i fratelli fino al sacrificio.

2. Vogliamo, dunque, contemplare questa schiera di creature nuove, uomini e donne che Cristo ha formato nello Spirito Santo. In essi possiamo ravvisare la perenne opera di Dio, il quale mediante il Figlio e nello Spirito porta a compimento la nuova creazione. Nei servi di Dio, che oggi son proclamati beati, si disvela un raggio dell’umanità nuova, trasfigurata dal Risorto e preparata per le nozze definitive del cielo.

In questa luce ci è dato di capire il valore del martirio, la forza della carità modellata sul Cuore di Cristo, la fedeltà paziente nella dedizione alla missione, l’ardente zelo per conservare nella vera fede le famiglie ed i fratelli in difficoltà.

3. “È necessario attraversare molte tribolazioni per entrare nel Regno di Dio” (At 14, 22).

Sì, il passaggio attraverso la Croce è condizione necessaria per arrivare alla creazione nuova. Questo attestano i martiri Martino e Melchiorre, dell’Ordine degli Agostiniani Recolletti. Essi partirono dalla Spagna per cooperare alla diffusione del Vangelo nelle isole Filippine. Maestro ed educatore dei giovani novizi il primo, predicatore della Parola divina al popolo il secondo, ambedue furono solleciti nel lenire le sofferenze delle comunità cristiane maggiormente provate. Per questo scelsero di recarsi anche in Giappone, dove i fedeli erano rimasti privi dei loro pastori a causa della persecuzione.

Los nuevos Beatos Martín y Melchor son, queridos hermanos y hermanas, frutos maduros del espíritu misionero y evangelizador que ha caracterizado a la Iglesia en España. Nacidos en el seno de familias profundamente cristianas en Zaragoza y Granada, abandonaron todo para seguir a Cristo. Estos dos mártires, gloria de la Iglesia y de la familia agustiniana, han de ser exigencia y estímulo para despertar en las familias españolas aquella vitalidad cristiana que hizo posible llevar el mensaje de salvación hasta los más apartados confines del mundo. ¡Que no se pierdan tantos valores! ¡Que no caigan en el olvido tantos testimonios de fe que honran y engrandecen la historia española¡

Que esta solemne ceremonia, en que exaltamos al honor de los altares a dos preclaros hijos de Aragón y de Andalucía, sea ocasión propicia para reavivar el dinamismo de una fe operante que sea transmisora de las virtudes genuinas en el seno de las familias y que suscite las vocaciones al apostolado y a la evangelización que tan fecunda hicieron la historia de las gentes de España.

Por su parte, la Orden de los Agustinos Recoletos, que acaba de conmemorar el IV Centenario de la Recolección agustiniana, se regocija por los nuevos Beatos Martín y Melchor, que son ejemplos a seguir en sus heroicas virtudes apostólicas y en su fortaleza en confesar la fe.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana:

I nuovi beati Martino e Melchiorre sono, cari fratelli e sorelle, frutti maturi dello spirito missionario ed evangelizzatore che ha caratterizzato la Chiesa in Spagna. Nati nel seno di famiglie profondamente cristiane a Saragoza e Granada, abbandonarono tutto per seguire Cristo. Questi due martiri, gloria della Chiesa e della famiglia agostiniana, devono essere di stimolo per risvegliare nelle famiglie spagnole quella vitalità cristiana che ha reso possibile portare il messaggio di salvezza fino ai più lontani confini del mondo. Che non perdano tali valori! Che non si dimentichino tanti testimoni della fede che onorano e arricchiscono la storia spagnola!

Questa solenne cerimonia, in cui eleviamo agli onori dell’altare due famosi figli dell’Aragona e dell’Andalusia, sia l’occasione propizia per ravvivare il dinamismo di una fede operante che sappia trasmettere le virtù genuine in seno alle famiglie e susciti le vocazioni all’apostolato ed alla evangelizzazione che resero tanto feconda la storia del popolo spagnolo.

Da parte sua, l’Ordine degli Agostiniani Recolletti, che ha da poco celebrato il quarto centenario della Regola agostiniana, gioisce per i nuovi beati Martino e Melchiorre che sono esempi da seguire per le loro eroiche virtù apostoliche e per la loro fermezza nel professare la fede.

4. “Vi do un comandamento nuovo, che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi” (Gv 13, 34).

La potenza del messaggio della carità fu compresa da Maria Margherita Caiani mediante la contemplazione di Cristo e del suo Cuore trafitto. Alla luce dell’amore divino, rivelatosi nel divin Salvatore, Margherita imparò a servire i fratelli tra la gente umile della sua terra di Toscana, e volle occuparsi dei più bisognosi, degli ultimi: i bambini emarginati, i ragazzi della campagna, gli anziani, i soldati vittime della guerra, ricoverati negli ospedali militari. Ed alle sue figlie spirituali, le suore Minime del Sacro Cuore, ella insegnò a servire il prossimo con l’intento di riparare le offese fatte all’amore di Cristo e di ispirarsi sempre a questo amore nell’esercizio della loro carità.

L’orizzonte della carità voluto dal “comandamento nuovo” è infatti senza confini, essendo un precetto che chiama ogni credente a condividere l’amore infinito di Cristo. È la carità di Gesù che, facendosi regola e norma, eleva l’anima alla partecipazione della sua opera e coinvolge le nostre povere forze affinché divengano segno e sacramento della carità stessa di Dio. Lo spazio, l’ampiezza dell’amore cristiano, si misura con l’ampiezza dell’amore divino. Nella meditazione della Passione e del mistero del Cuore di Cristo trafitto, Maria Margherita Caiani potè rendersi conto che occorreva “riparare”, cioè compensare con una sua consapevolezza più profonda del precetto della carità, l’incomprensione degli uomini verso l’amore infinito e misericordioso di Dio. Tra gli inviti fondamentali dati alle consorelle, c’è anche questo: “Consolerete il dolce Gesù e riparerete alle tante ingiurie che riceve il suo amabilissimo Cuore” (cf. Lettere Circolari del 27 dicembre 1918).

 5. “Come io ho amato voi”.

 “Comme je vous ai aimés”: telle est la règle de l’amour des chrétiens: se laisser saisir par le Christ, aimer avec lui, modeler toutes ses actions sur son infinie générosité.

Marie-Catherine de Saint-Augustin fut animée d’un tel amour. Très tôt, elle répondit à l’appel du Seigneur, sans réserve, humblement fidèle à toute l’exigence spirituelle, communautaire apostolique et charitable qui marquait la vie des Augustines de la Miséricorde. Elle a su “être à Dieu et n’avoir rien à cœur que son service”.

Dans le secret de son âme, il lui fut donné d’être sans cesse présente à Dieu, au Christ rédempteur. Elle demeurait unie au Sacré-Cœur de Jésus et donnait toute sa confiance au Saint Cœur de Marie. Les tourments douloureux de la tentation ne purent atteindre sa sérénité, ni affaiblir une expérience mystique hors du commun. Mais sa souffrance intime et cachée, elle l’acceptait en “prenant sur soi les misères et les maux des autres”. Face aux péchés des hommes, sa réponse était le sacrifice d’elle-même, en union avec la Croix du Sauveur, pour “gagner les cœurs à Dieu”.

Dans un désir missionnaire ardent, elle rejoignit ses Sœurs au Canada, pays qu’elle aima de toutes ses forces. Apôtre infatigable, elle fut aussi généreuse à remplir de lourdes charges qu’infiniment habile et patiente à soigner avec amour les malades. Dans le printemps spirituel du premier âge de l’Eglise au Canada, on peut inscrire parmi les “fondateurs” Marie-Catherine, cette religieuse dont “la main aussi bien que le cœur n’étaient que charité”.

6. “Po tym wszyscy poznają żeście uczniami moimi”.  Oto nowa błogo sławiona Franciszka Siedliska, Maria od Pana Jezusa Dobrego Pasterza, córka Mazowsza, założycielka Zgromadzenia Sióstr Najświętszej Rodziny. Posród wszystkich przeciwności swoich czasów i środowiska, naznaczona krzyżem wielorakiego cierpienia, kroczyła niestrudzenie “drogą wiary żywej, która wzbudza nadzieję, i działa przez miłość”, przez tę miłość, “którą Bóg świat umiłował”.  Rosła w domu, o którym sama napisała, że Bóg nie był w nim Panem,  ale od wczesnego dzieciństwa nosiła w swoim sercu głęboką tęsknotę za miłoscią absolutną. Spotkała ją w pierwszej Komunii świętej i odtąd pozostałą zjednoczona trwale z Chrystusem miłoscią oblubieńczą oblubieńczą. “On sam jedynym celem, jedynym przedmiotem całej naszej miłości” - pisze w swoin Dzienniku. 

Przez całe życie umiała dojrzale łączyć modlitwę z czynnym apostolstwem twórczą inicjatywę z bardgo kankretnym posłuszenstwem woli Bożej w Kościele. Widziała nade wszystko potrzebę podtrzymania ducha narodowego i jago moralnego odrodzenia w epoce ogólnej depresji pod rozbiorami Polski.

Zródłem natchnienia i punktem odniesienia y tym zamierzeniu stał się dla niej i jej duchofych córek, wzór życia ukrytego w Najświętszej Rodzinine z Nazaretu.

W Statucie Zgromadzenia z 1880 r. pisze między innymi: “Wzorem naszego życia zakonnego jest życie ukryte Pana Jezusa w Nazarecie w Maryją i Swiętym Józefem, które usiłujemy naśladować przez wyrzeczenie i całkowitą śmierć sobie samym i przez życie supełnie ukryte w Bogu z Jezusem Chrystusem”.

Taka była treść życia Matki Siedliskiej i program, który zostawiła w testamencie swoim Siostrom. Wychodzić naprzeciw ludzkiej biedzie moralnej i materialnej. Troska o człlowieka biednego, chorego, steranego życiem, opuszczonego, niepełnosprawnego. Troska o wychowanie dzieci zaniedbane zwłaszcza religijnie, o samotne matki, o ratowanie życia nienarodzonych. A więc, szkoła, szpital, ulica!

Dlatego też główne źródło odrodzenia społecznego widziała błogosławiona Maria od Pana Jezusa Dobrego Pasterza w zdrowej chrześcijańskiej rodzinie. Kontemplując Boskie Macierzyństwo Maryi, zwracała się ku ziemi i tym zadaniom, które człowiek ma na niej wypełnić: ku zadaniom małżeństwa i rodzicielstwa, ku godności Sakramentu Małżenstwa i ku wielkości posłannictwa katolickich rodziców. Pragnęła służyć miłości ludzkiej, a więc życiu, i jego rozwojowi, aby to życie, ten człowiek, który urodził się z rodziców w łączności z Bogiem, rósł i dojrzewał w tej samej łączności, by życie wzię z Boga, było skierowane w swoim rozwoju ku Niemu, by Nim odnalazło świadomie swojego Stworzyciela i Ojca.

Takie były troski i ideał programu odnowy życia Siostry Siedliskiej, które pozostawilą w testamencie Rodzinie Nazaretanskiej.

Rodzice: ojciec i matka, a także dzieci, są zobowiązani w jednakowej mierze, przez te same przykazania Boże, bo tą samą miłością kocha Bóg męża i żonę oraz owoc ich miłości: potomstwo.

Mówię dziś o tym z radością i wdzięcznością, bo to jest programem Kóscioła i ważnym zadaniem, także - a może w sposób szczegolny - na dzisiejsze czasy.

Ecco le parole del Papa in una nostra traduzione italiana:

5. “Come io ho amato voi”.

“Come io ho amato voi”: questa è la regola dell’amore per i cristiani: lasciarsi afferrare da Cristo, amare con lui, modellare tutte le proprie azioni sulla sua infinita generosità.

Maria Caterina di sant’Agostino fu animata da un simile amore. Molto presto ella rispose alla chiamata del Signore, senza riserve, umilmente fedele a tutte le esigenze spirituali, comunitarie, apostoliche e di carità che caratterizzavano la vita delle Agostiniane della Misericordia. Ella è riuscita a “essere a disposizione di Dio e null’altro avere a cuore se non il suo servizio”.

Nel segreto della sua anima, le fu donato di essere presente in continuazione a Dio, a Cristo redentore. Ella restava unita al Sacro Cuore di Gesù e dava tutta la sua fiducia al sacro cuore di Maria. Il tormento doloroso delle tentazioni non turbò la sua serenità, né indebolì una esperienza mistica fuori dall’ordinario. Ma la sua sofferenza intima e nascosta, ella la accettava “assumendosi le miserie e il male degli altri”. Davanti al peccato dell’uomo, la sua risposta era il sacrificio di se stessa, in unione con la Croce del Salvatore, per “guadagnare i cuori a Dio”.

Con un ardente desiderio missionario, ella raggiunse le sue sorelle in Canada, paese che amò con tutte le sue forze. Apostola infaticabile, ella fu generosa nello svolgere compiti faticosi e insieme infinitamente abile e paziente nel curare con amore i malati. Nella primavera spirituale della prima epoca della Chiesa in Canada, si può scrivere tra i nomi dei “fondatori” Maria Caterina, questa religiosa, la cui “mano e il cui cuore erano carità”.

6. “Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli” (Gv 13, 35). Ecco la nuova beata, Francesca Siedliska, Maria di Gesù Buon Pastore, figlia della terra di Masovia (in Polonia) fondatrice della congregazione delle suore della Sacra Famiglia di Nazaret. In mezzo a tutte le contrarietà dei suoi tempi e dell’ambiente, segnata dalla croce di diverse sofferenze, camminò infaticabilmente “per la via della fede viva, la quale accende la speranza e opera per mezzo della carità”, in virtù di quella carità “con la quale Dio ha amato il mondo” (cf. Lumen Gentium, 41). Crebbe in una casa della quale ella stessa scrisse che Dio non vi era il Signore (cf. V. Sardi, La vita . . ., p. 24), ma dalla prima infanzia ebbe nel suo cuore una profonda nostalgia dell’amore assoluto. Lo incontrò nella prima Comunione e da allora rimase unita per sempre con Cristo nel vincolo dell’amore sponsale. “Egli è l’unico scopo, l’unico oggetto di tutto il nostro amore” - scriveva nel suo “Diario” (Anno 1844, p. 32).

Durante tutta la sua vita seppe unire in modo maturo la preghiera con l’apostolato attivo, l’iniziativa creativa con un’obbedienza concreta alla volontà di Dio nella Chiesa. Scoprì in particolare il bisogno di sostenere lo spirito nazionale e la rinascita morale della Patria in un’epoca di generale depressione, durante la spartizione della Polonia.

Fonte d’ispirazione e punto di riferimento divenne per lei e per le sue figlie spirituali il modello della vita nascosta della Sacra Famiglia di Nazaret.

Nello “Statuto” della congregazione dell’anno 1880 scriveva tra l’altro: “Il modello della nostra vita religiosa è la vita nascosta del Signore Gesù a Nazaret con Maria e San Giuseppe, che cerchiamo di imitare attraverso la rinuncia e la morte totale a noi stesse e attraverso la vita completamente nascosta in Dio con Gesù Cristo”.

Tale è stato il tenore della vita della madre Siedliska e il programma che ella ha lasciato come testamento alle sue sorelle. Andare incontro alla miseria umana morale e materiale. La sollecitudine per l’uomo povero, malato, provato dalla vita, abbandonato, handicappato. La sollecitudine per l’educazione dei bambini trascurati, specialmente dal punto di vista religioso, per la salvezza della vita dei non-ancora-nati. Quindi: la scuola, l’ospedale, la strada!

Per lo stesso motivo la beata Maria di Gesù Buon Pastore ravvisò la principale sorgente della rinascita sociale nella sana famiglia cristiana. Contemplando la maternità divina di Maria, si indirizzò verso la terra, verso i compiti che in essa l’uomo deve tradurre in atto: verso i doveri degli sposi e dei genitori, verso la dignità del sacramento del Matrimonio e verso la grandezza dei genitori cattolici. Desidero servire l’amore umano, quindi la vita e il suo sviluppo, affinché questa vita, quest’uomo che è nato da genitori uniti a Dio, cresca e maturi in tale unione, affinché la vita che proviene da Dio sia indirizzata nel suo sviluppo verso di lui, affinché in lui ritrovi consapevolmente il suo creatore e Padre.

Tali furono la sollecitudine e l’ideale del rinnovamento della vita secondo il programma di suor Siedliska, che ella tramandò nel testamento, alla sua famiglia nazaretana.

I genitori: il padre e la madre, e anche i loro figli sono obbligati in uguale misura dagli stessi comandamenti di Dio, perché Dio ama con lo stesso amore il marito, la moglie, e il frutto del loro amore: i figli.

Ne parlo oggi con gioia e gratitudine, perché tale è anche il programma della Chiesa: è un compito importante, che impegna - forse in modo particolare - i nostri tempi.

7. Ecco, i nuovi beati e beate, stanno di fronte a noi, ciascuno con la testimonianza sua propria, con il martirio e con la carità, con la fede e con le opere concrete del servizio ecclesiale. Essi sono un’immagine viva della nuova Gerusalemme, che Dio, abitando con gli uomini, va edificando nelle anime, con la forza della carità di Cristo.

“Ti lodino, Signore, tutte le tue opere / e ti benedicano i tuoi santi” (cf. Sal 144, 10).

Sì, nei santi risplende in modo speciale la gloria del Dio vivente. Essi con tutta la loro vita “annunciano la tua potenza, o Dio, parlano della gloria del tuo Regno”: di quel Regno che, nei cuori degli uomini e nella storia degli uomini, cresce dal mistero pasquale di Cristo.

Quando la Chiesa addita al mondo la santità dei suoi figli e delle sue figlie, noi sentiamo come una lontana eco delle parole del Cenacolo: “Il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e anche Dio è stato glorificato in lui” (Gv 13, 31).

Sì! Dio è stato glorificato in Martino di san Nicola, in Melchiorre di sant’Agostino, in Maria Margherita Caiani, in Maria Caterina di sant’Agostino, in Maria di Gesù Buon Pastore.

A lui sia lode ed onore nei secoli. Amen!