Maria Celeste Crostarosa

Maria Celeste Crostarosa

(1696-1755)

Beatificazione:

- 18 giugno 2016

- Papa  Francesco

Ricorrenza:

- 11 settembre

Monaca , fondatrice dell’Ordine del SS. Redentore, imitando la vita del Cristo con una radicale consacrazione, divenne viva memoria del suo amore redentore per tutti

  • Biografia
  • il miracolo
  • Angelus
"Le Redentoriste dovranno imprimere in loro la vita e la vera somiglianza del Redentore, divenendone in terra vivi ritratti animati”

 

Giulia Marcella Santa Crostarosa nacque a Napoli il 31 ottobre 1696, decima dei dodici figli di Giuseppe Crostarosa, magistrato e discendente di una nobile famiglia abruzzese, e di Paola Battistini Caldari. 

Uno dei fratelli diventerà gesuita, mentre due sorelle entreranno con lei in monastero. Avvertendo la chiamata alla vita consacrata a 17 anni fece voto di castità. Nel 1718, entrò tra le carmelitane di S. Maria dei Sette Dolori di Marigliano, Napoli, dove rimase fino alla soppressione del conservatorio nel 1723. Dopo una breve permanenza in famiglia, accettò l’invito del Pio Operaio P. Tommaso Falcoia ad entrare nel conservatorio visitandino della Ss. Concezione di Scala, Salerno, dove assunse il nome di Suor Maria Celeste del Santo Deserto.

Il 25 aprile 1725, al termine della celebrazione eucaristica, si sentì chiamata dal Signore a dare vita ad un nuovo istituto religioso. Nei giorni seguenti, sostenuta dal consiglio del confessore e della maestra delle novizie, ne scrisse le regole, centrate sulla comunità “viva memoria” dell’amore del Redentore.

Dopo non poche difficoltà, dovute ad incomprensioni ed equivoci da parte di qualche consorella e dalle incertezze di alcuni superiori, con l’influenza illuminata e decisiva di S. Alfonso De Liguori, il 13 maggio 1731, nacque l’Ordine del SS. Salvatore che, con l’approvazione pontificia, nel 1750, cambierà il titolo in SS. Redentore. Nonostante ciò, a causa della definizione delle regole, la Madre Celeste Crostarosa fu ancora oggetto di incomprensione e di ostilità, tanto da essere isolata dalla comunità e privata dell’eucaristia.

Ella visse queste "tribolazioni" con pazienza e grande maturità spirituale, sapendo di dover condividere il cammino pasquale del Signore Gesù. Nel 1738 accettò la richiesta di stabilirsi a Foggia, potendo così dar vita a una comunità secondo il suo progetto di consacrazione religiosa. Fondò così, l’anno seguente, il Conservatorio del SS. Salvatore, finalizzato alla formazione delle ragazze del ceto medio. A Foggia, la Serva di Dio, mise in opera il progetto che le era stato ispirato, guidando le consorelle e numerose ragazze a testimoniare quotidianamente la memoria di Cristo Redentore.

La Serva di Dio, fin dalla giovinezza, sperimentò forte la chiamata alla santità e al matrimonio mistico con Cristo, sposo esigente, e andò sempre alla ricerca di una radicalità nella consacrazione religiosa, di cui propose una riforma, concependo la vita delle monache come una perfetta imitazione della vita del Cristo e la comunità religiosa una viva memoria del suo amore redentore per tutti. L’eucaristia, il cuore squarciato del Salvatore e la devozione alla Vergine Maria costituirono il centro permanente della sua spiritualità. Immersa nella preghiera e nella contemplazione del mistero di Gesù Redentore, Suor Maria Celeste affrontò con fermezza non solo la quotidiana lotta spirituale per tendere alla perfezione, ma anche una serie di ostacoli e di incomprensioni che incontrò nel suo percorso di vita.

Ebbe anche dei doni soprannaturali e delle esperienze mistiche, che le procurarono, secondo la sua testimonianza autobiografica, una "felice beatitudine" e una grande "soavità". La sua figura appare come una luminosa e coerente testimone della vita consacrata, una imitatrice di Gesù crocifisso e una “donna forte” di biblica memoria. Il 14 settembre 1755, si spense nella città pugliese nel compianto delle consorelle e di molti che già la stimavano per la sua santità, la cui fama durò nel tempo.

In vista della sua beatificazione, la Postulazione della Causa ha sottoposto al giudizio della Congregazione delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa di una novizia. L’evento ebbe luogo a Foggia nel 1955.

La suora, nata nel capoluogo dauno nel 1937, durante l’infanzia contrasse una grave forma di otite, con la perforazione della membrana del timpano e conseguente ipoacusia. Nel tempo subentrarono anche altri fenomeni patologici collaterali, tra cui dolore e fuoriuscita di materiale purulento e maleodorante dall’orecchio.

La suora rinviò sempre l’intervento chirurgico, perché a volte riusciva ad ottenere un certo sollievo dalle cure. Era molto devota della Venerabile Serva di Dio, viveva nel monastero da lei fondato in Foggia e la invocava per ottenere la guarigione da questa lunga e disagevole infermità. La sera del 13 settembre 1955, appena la suora appoggiò l’orecchio alla salma della Crostarosa esposta per la ricognizione canonica in occasione del secondo centenario della sua morte, riacquistò completamente l’udito e la piena funzionalità dell’orecchio. «Mi sento guarita!», fu la sua immediata reazione. Successivi esami ne confermarono la guarigione perfetta e duratura.

Appare evidente la concomitanza cronologica e il nesso tra l’invocazione alla Venerabile Serva di Dio e la guarigione dell’inferma, che in seguito ha goduto di buona salute ed è stata in grado di gestire una normale vita relazionale.

PAPA FRANCESCO

ANGELUS

Piazza San Pietro
Domenica, 19 giugno 2016

 

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il brano evangelico di questa domenica (Lc 9,18-24) ci chiama ancora una volta a confrontarci, per così dire, “faccia a faccia” con Gesù. In uno dei rari momenti tranquilli in cui si trova da solo con i suoi discepoli, Egli chiede loro: «Le folle, chi dicono che io sia?» (v. 18). Ed essi rispondono: «Giovanni il Battista; altri dicono Elia; altri uno degli antichi profeti che è risorto» (v. 19). Dunque la gente aveva stima di Gesù e lo considerava un grande profeta, ma non era ancora consapevole della sua vera identità, cioè che Egli fosse il Messia, il Figlio di Dio inviato dal Padre per la salvezza di tutti.

Gesù, allora, si rivolge direttamente agli Apostoli – perché è questo che gli interessa di più – e domanda: «Ma voi, chi dite che io sia?». Subito, a nome di tutti, Pietro risponde: «Il Cristo di Dio» (v. 20), vale a dire: Tu sei il Messia, il Consacrato di Dio, mandato da Lui a salvare il suo popolo secondo l’Alleanza e la promessa. Così Gesù si rende conto che i Dodici, e in particolare Pietro, hanno ricevuto dal Padre il dono della fede; e per questo incomincia a parlare loro apertamente - così dice il Vangelo: “apertamente” - di quello che lo attende a Gerusalemme: «Il Figlio dell’uomo – dice – deve soffrire molto, essere rifiutato dagli anziani, dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, venire ucciso e risorgere il terzo giorno» (v. 22).

Quelle stesse domande vengono oggi riproposte a ciascuno di noi: “Chi è Gesù per la gente del nostro tempo?”. Ma l’altra è più importante: “Chi è Gesù per ciascuno di noi?”. Per me, per te, per te, per te, per te…? Chi è Gesù per ciascuno di noi? Siamo chiamati a fare della risposta di Pietro la nostra risposta, professando con gioia che Gesù è il Figlio di Dio, la Parola eterna del Padre che si è fatta uomo per redimere l’umanità, riversando su di essa l’abbondanza della misericordia divina. Il mondo ha più che mai bisogno di Cristo, della sua salvezza, del suo amore misericordioso. Molte persone avvertono un vuoto attorno a sé e dentro di sé – forse, alcune volte, anche noi –; altre vivono nell’inquietudine e nell’insicurezza a causa della precarietà e dei conflitti. Tutti abbiamo bisogno di risposte adeguate ai nostri interrogativi, ai nostri interrogativi concreti. In Cristo, solo in Lui, è possibile trovare la pace vera e il compimento di ogni umana aspirazione. Gesù conosce il cuore dell’uomo come nessun’altro. Per questo lo può sanare, donandogli vita e consolazione.

Dopo aver concluso il dialogo con gli Apostoli, Gesù si rivolge a tutti dicendo: «Se qualcuno vuole venire dietro a me, rinneghi se stesso, prenda la sua croce ogni giorno e mi segua» (v. 23). Non si tratta di una croce ornamentale, o di una croce ideologica, ma è la croce della vita, è la croce del proprio dovere, la croce del sacrificarsi per gli altri con amore – per i genitori, per i figli, per la famiglia, per gli amici, anche per i nemici -, la croce della disponibilità ad essere solidali con i poveri, a impegnarsi per la giustizia e la pace. Nell’assumere questo atteggiamento, queste croci, sempre si perde qualcosa. Non dobbiamo mai dimenticare che «chi perderà la propria vita [per Cristo], la salverà» (v. 24). E’ un perdere per guadagnare. E ricordiamo tutti i nostri fratelli che ancora oggi mettono in pratica queste parole di Gesù, offrendo il loro tempo, il loro lavoro, la loro fatica e perfino la loro vita per non rinnegare la loro fede in Cristo. Gesù, mediante il suo Santo Spirito, ci dà la forza di andare avanti nel cammino della fede e della testimonianza: fare quello in cui crediamo; non dire una cosa e farne un’altra. E in questo cammino sempre ci è vicina e ci precede la Madonna: lasciamoci prendere per mano da lei, quando attraversiamo i momenti più bui e difficili.

Dopo l'Angelus:

Cari fratelli e sorelle,

ieri, a Foggia, si è celebrata la beatificazione di Maria Celeste Crostarosa, monaca, fondatrice dell’Ordine del Santissimo Redentore. La nuova Beata, con il suo esempio e la sua intercessione, ci aiuti a conformare tutta la nostra vita a Gesù nostro Salvatore.

Oggi, solennità della Pentecoste secondo il calendario giuliano seguito dalla Chiesa Ortodossa, con la celebrazione della Divina Liturgia ha avuto inizio a Creta il Concilio Panortodosso. Uniamoci alla preghiera dei nostri fratelli ortodossi, invocando lo Spirito Santo perché assista con i suoi doni i Patriarchi, gli Arcivescovi e i Vescovi riuniti in Concilio. E tutti assieme preghiamo la Madonna per tutti i nostri fratelli ortodossi. “Ave Maria…”

Domani ricorre la Giornata Mondiale del Rifugiato promossa dall’ONU. Il tema di quest’anno è “Con i rifugiati. Noi stiamo dalla parte di chi è costretto a fuggire”. I rifugiati sono persone come tutti, ma alle quali la guerra ha tolto casa, lavoro, parenti, amici. Le loro storie e i loro volti ci chiamano a rinnovare l’impegno per costruire la pace nella giustizia. Per questo vogliamo stare con loro: incontrarli, accoglierli, ascoltarli, per diventare insieme artigiani di pace secondo la volontà di Dio.

Rivolgo il mio saluto a tutti voi, romani e pellegrini; in particolare agli studenti della London Oratory School, ai fedeli di Stoccolma e alle comunità africane francofone d’Italia. Saluto i fedeli di Benevento, Gravina di Puglia, Corbetta e Cardano al Campo, come pure i volontari del carcere di Busto Arsizio e, tramite loro, i detenuti. Saluto anche i gruppi ciclistici “ACRA” di Fermo, “Pedalando” di Roma e quello di Codevigo, che portano in giro per le strade messaggi di solidarietà. Sono bravi questi! Sono bravi!

Auguro a tutti una buona domenica; e, per favore, non dimenticatevi di pregare per me. Buon pranzo e arrivederci!