Maria di Gesù Crocifisso Baouardy

Maria di Gesù Crocifisso Baouardy

(1846-1878)

Beatificazione:

- 13 novembre 1983

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 17 maggio 2015

- Papa  Francesco

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 26 agosto

Vergine, monaca Professa dell’Ordine dei Carmelitani Scalzi, ricca di mistici doni, unì la vita contemplativa ad una straordinaria carità; Umile e illetterata, seppe dare consigli e spiegazioni teologiche con estrema chiarezza, frutto del dialogo continuo con lo Spirito Santo

  • Biografia
  • Omelia
  • Lettera Apostolica
  • omelia di beatificazione
"Sono figlia della Chiesa Cattolica, Apostolica, Romana"

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

1. La giovinezza

 

    Suor Maria di Gesù Crocifisso venne alla luce tra le colline dell’alta Galilea, ad Abellin, un piccolo villaggio presso Nazareth, in Palestina, il 5 gennaio 1846, da genitori poveri ed onesti cristiani greco-cattolici, arabi originari del Libano. Il padre, artigiano, si chiamava Giorgio Baouardy e la madre Maria Chahyn. Alla Beata, che nacque e sopravvisse dopo dodici figli maschi morti tutti in tenera età, i genitori misero il nome Maria, per sciogliere il voto fatto a Betlemme alla Vergine in un pellegrinaggio, a piedi. Fu battezzata dieci giorni dopo la nascita e lo stesso giorno, secondo la prassi greco-cattolica, fu anche cresimata. Due anni dopo nacque anche un fratello di nome Boulos (Paolo); ma, rimasti poco dopo orfani, Boulos fu adottato da una zia materna a Tarshiba, in Galilea, mentre Maria fu affidata alle cure di uno zio paterno, il quale nel 1854 si trasferì ad Alessandria d’Egitto, portandola con sé. Alla piccola Maria non fu impartito alcun insegnamento (soltanto molto più tardi imparò a scrivere e leggere stentatamente).

    Verso i tredici anni, secondo le usanze orientali, fu proposta come sposa a un giovane di Il Cairo, ma ella rifiutò decisamente le nozze tagliandosi i capelli per rendersi non accettabile. Il rifiuto scatenò l’ira dello zio, che le rese la vita impossibile, e in uno scoppio d’ira le recise la gola, abbandonandone il corpo in una strada buia tra il 7 e l’8 settembre 1858. Si risvegliò in una grotta, ove fu curata da una misteriosa infermiera vestita di blu per diverse settimane. Ristabilitasi e con una voce rimasta per sempre roca, da quella persona che le profetizzò la sua vita futura, fu condotta alla chiesa di S. Caterina per confessarsi. La fanciulla pensò quindi di allontanarsi dal quartiere ove avrebbe rincontrato lo zio e cercò di trovare asilo presso qualche buona famiglia, senza più tornare in Galilea. Lavorò come serva presso diverse famiglie ad Alessandria, a Gerusalemme, a Beirut. La famiglia Attala, presso la quale serviva in quest’ultima città, la condusse con sé a Marsiglia, quando vi si trasferì nel 1863.

    Assunta come cuoca da una signora, si fece guidare spiritualmente dal Rettore della Chiesa di rito greco-melchita. In questo periodo, dopo un biennio di apparizioni e rapimenti estatici, che culminarono nel dono delle stimmate, entrò fra le Suore di S. Giuseppe dell’Ap­parizione. Vi rimarrà solo due mesi, perché non accettata: il fenomeno delle stimmate aveva turbato quella comunità di vita attiva che non riusciva a fare un discernimento chiaro sulla giovane araba.

 

2. Carmelitana

 

    Il l5 giugno 1867, con un’altra religiosa entrò nel Carmelo di Pau, dove iniziò il noviziato come corista; ma, essendo risultati inutili gli sforzi di insegnarle a leggere l’ufficio divino, fu annoverata fra le converse.

    A Pau sperimenterà alcuni fenomeni dei quali non si rendeva conto, interpretandoli con vergogna come malattie, quali estasi, levitazioni, stimmate, apparizioni, possessione demoniaca ed angelica, cui le monache assistevano impotenti, commosse, discrete, col valido sostegno del prudente Vescovo di Bayonne, Mons. Lacroix.

    Nel 1870 fu inviata, insieme con altre Carmelitane, in India per la fondazione del primo Carmelo a Mangalore, ove emise anche la professione religiosa (la prima professione di una carmelitana in India) il 21 novembre 1871. Nel novembre dell’anno seguente fu rinviata al Carmelo di Pau, ove rimase fino a che, nell’agosto del 1875 si recò, insieme con altre consorelle a Betlemme. Qui fu fondato il primo monastero carmelitano, costruito sulla collina di Davide, secondo un piano ideato dalla stessa Beata.

 

3. Morte e fama di santità

 

    Fu nel nuovo Carmelo di Betlemme che morì, come aveva preannunciato, prima dello scadere del triennio di permanenza, il 26 agosto 1878 all’età di 33 anni incompiuti. Venne seppellita nel cimitero del monastero.

    Tutta la sua vita si svolse all’insegna di eventi straordinari. Nei diversi luoghi ove passò, diede esempi di rarissima virtù, lasciando una grande fama di santità non soltanto fra i cristiani ma anche fra i musulmani.

    La sua fama di santità si diffuse tra i cattolici di rito greco-cattolico e di rito latino.

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della Beatificazione

 

    Il Processo Ordinario fu istruito a Gerusalemme negli anni 1919-1922, e la Causa ottenne il decreto di introduzione il 18 maggio 1927.

    Istruiti i Processi Apostolici negli anni 1927-1929, iniziò la discussione per l’approvazione delle virtù eroiche, che incontrò non lievi difficoltà. Infatti, dopo la Congregazione Antepreparatoria del 27 novembre 1934, si ebbero due Congregazioni Preparatorie, una il 9 giugno del 1936 e l’altra il 6 giugno 1944, dopo di che la Causa subì una stasi fino al 1978. In quell’anno fu approntata una Novissima Positio con un’aggiornata presentazione della Causa e della figura straordinaria della Serva di Dio. Il 12 maggio 1981 nel Congresso Peculiare dei Consultori Teologi, fu riconosciuta l’eccellenza della sua figura, della santità di vita e delle virtù. I Padri Cardinali e Vescovi si riunirono nella Sessione Plenaria del 7 luglio successivo. In data 27 novembre 1981 il Santo Padre Giovanni Paolo II approvò l’eroicità delle virtù di Suor Maria di Gesù Crocifisso.

    Il 18 aprile 1983 ebbe luogo la Consulta Medica del Dicastero e il 31 maggio 1983 il Congresso peculiare dei Teologi si riunì per discutere circa un miracolo attribuito all’intercessione della Ven. Serva di Dio Maria di Gesù Crocifisso, agli effetti della sua auspicata Beatificazione, riguardante la presunta guarigione miracolosa di una bambina di tre anni e otto mesi, avvenuta il 20 dicembre 1929, a Schefamar, presso Nazareth. Tutti i Consultori riconobbero la preternaturalità del caso.

    Positivo fu pure il giudizio espresso dai Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 5 luglio 1983. Il 13 novembre 1983, Anno Santo della Redenzione, il Santo Padre Giovanni Paolo II la beatificava nella Basilica Vaticana.

 

b) In vista della Canonizzazione

 

    Il 10 aprile 2013 a Messina, Mons. Calogero La Piana, Arcivescovo di Messina-Lipari-Santa Lucia del Mela, istruiva l’Inchiesta Diocesana, circa un evento prodigioso verificatosi nell’ospedale di Taormina, attribuito all’intercessione della Beata Maria di Gesù Crocifisso. Riguardava la presunta guarigione miracolosa di un neonato, venuto alla luce il 17 aprile 2009 ad Augusta. Il bambino, per l’insor­genza di cianosi periorale persistente, marezzatura alle estremità e tachidispnea, era stato ricoverato presso il Policlinico di Catania con diagnosi di ipertensione polmonare. Nonostante le cure, persistendo la gravità delle condizioni cliniche, il 19 aprile fu ricoverato presso l’ospedale di Taormina, dove a seguito di un esame ecocardiografico veniva posta la diagnosi di ritorno venoso polmonare anomalo totale sottodiaframmatico ostruito.

    La Consulta Medica, svolta il 12 maggio 2014, ha ritenuto la guarigione inspiegabile scientificamente.

    Il Congresso peculiare dei Consultori teologi ha avuto luogo il 25 settembre 2014. I Padri Cardinali e Vescovi riuniti in Sessione Ordinaria il 2 dicembre 2014 hanno ritenuto la guarigione come un vero miracolo da attribuirsi all’intercessione della Beata.

    Il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sul miracolo il 6 dicembre 2014.

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DELLE BEATE:
- GIOVANNA EMILIA DE VILLENEUVE
- MARIA CRISTINA DELL'IMMACOLATA CONCEZIONE BRANDO
- MARIA ALFONSINA DANIL GHATTAS
- MARIA DI GESÙ CROCIFISSO BAOUARDY

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
 VII Domenica di Pasqua, 17 maggio 2015

 

Gli Atti degli Apostoli ci hanno presentato la Chiesa nascente nel momento in cui elegge colui che Dio ha chiamato a prendere il posto di Giuda nel collegio degli Apostoli. Non si tratta di assumere una carica, ma un servizio. E infatti Mattia, sul quale cade la scelta, riceve una missione che Pietro definisce così: «Bisogna che […] uno divenga, insieme a noi, testimone della sua risurrezione» - della risurrezione di Cristo (At 1,21-22). Con queste parole egli riassume cosa significa far parte dei Dodici: significa essere testimone della risurrezione di Gesù. Il fatto che dica “insieme a noi” fa capire che la missione di annunciare Cristo risorto non è un compito individuale: è da vivere in modo comunitario, con il collegio apostolico e con la comunità. Gli Apostoli hanno fatto l’esperienza diretta e stupenda della Risurrezione; sono testimoni oculari di tale evento. Grazie alla loro autorevole testimonianza, in molti hanno creduto; e dalla fede nel Cristo risorto sono nate e nascono continuamente le comunità cristiane. Anche noi, oggi, fondiamo la nostra fede nel Signore risorto sulla testimonianza degli Apostoli giunta fino a noi mediante la missione della Chiesa. La nostra fede è legata saldamente alla loro testimonianza come ad una catena ininterrotta dispiegata nel corso dei secoli non solo dai successori degli Apostoli, ma da generazioni e generazioni di cristiani. A imitazione degli Apostoli, infatti, ogni discepolo di Cristo è chiamato a diventare testimone della sua risurrezione, soprattutto in quegli ambienti umani dove più forte è l’oblio di Dio e lo smarrimento dell’uomo.

Perché questo si realizzi, bisogna rimanere in Cristo risorto e nel suo amore, come ci ha ricordato la Prima Lettera di Giovanni: «Chi rimane nell’amore rimane in Dio e Dio rimane in lui» (1 Gv 4,16). Gesù lo aveva ripetuto con insistenza ai suoi discepoli: «Rimanete in me … Rimanete nel mio amore» (Gv 15,4.9). Questo è il segreto dei santi: dimorare in Cristo, uniti a Lui come i tralci alla vite, per portare molto frutto (cfr Gv 15,1-8). E questo frutto non è altro che l’amore. Questo amore risplende nella testimonianza di suor Giovanna Emilia de Villeneuve, che ha consacrato la sua vita a Dio e ai poveri, ai malati, ai carcerati, agli sfruttati, diventando per essi e per tutti segno concreto dell’amore misericordioso del Signore.

La relazione con Gesù Risorto è – per così dire - l’“atmosfera” in cui vive il cristiano e nella quale trova la forza di restare fedele al Vangelo, anche in mezzo agli ostacoli e alle incomprensioni. “Rimanere nell’amore”: questo ha fatto anche suor Maria Cristina Brando. Ella fu completamente conquistata dall’amore ardente per il Signore; e dalla preghiera, dall’incontro cuore a cuore con Gesù risorto, presente nell’Eucaristia, riceveva la forza per sopportare le sofferenze e donarsi come pane spezzato a tante persone lontane da Dio e affamate di amore autentico.

Un aspetto essenziale della testimonianza da rendere al Signore risorto è l’unità tra di noi, suoi discepoli, ad immagine di quella che sussiste tra Lui e il Padre. E’ risuonata anche oggi nel Vangelo la preghiera di Gesù nella vigilia della Passione: «Siano una sola cosa, come noi» (Gv 17,11). Da questo amore eterno tra il Padre e il Figlio, che si effonde in noi per mezzo dello Spirito Santo (cfr Rm 5,5), prendono forza la nostra missione e la nostra comunione fraterna; da esso scaturisce sempre nuovamente la gioia di seguire il Signore nella via della sua povertà, della sua verginità e della sua obbedienza; e quello stesso amore chiama a coltivare la preghiera contemplativa. Lo ha sperimentato in modo eminente suor Maria Baouardy che, umile e illetterata, seppe dare consigli e spiegazioni teologiche con estrema chiarezza, frutto del dialogo continuo con lo Spirito Santo. La docilità allo Spirito Santo l’ha resa anche strumento di incontro e di comunione con il mondo musulmano. Così pure suor Maria Alfonsina Danil Ghattas ha ben compreso che cosa significa irradiare l’amore di Dio nell’apostolato, diventando testimone di mitezza e di unità. Ella ci offre un chiaro esempio di quanto sia importante renderci gli uni responsabili degli altri, di vivere l’uno al servizio dell’altro.

Rimanere in Dio e nel suo amore, per annunciare con la parola e con la vita la risurrezione di Gesù, testimoniando l’unità fra di noi e la carità verso tutti. Questo hanno fatto le quattro Sante oggi proclamate. Il loro luminoso esempio interpella anche la nostra vita cristiana: come io sono testimone di Cristo risorto? E’ una domanda che dobbiamo farci. Come rimango in Lui, come dimoro nel suo amore? Sono capace di “seminare” in famiglia, nell’ambiente di lavoro, nella mia comunità, il seme di quella unità che Lui ci ha donato partecipandola a noi dalla vita trinitaria?

Tornando oggi a casa, portiamo con noi la gioia di quest’incontro con il Signore risorto; coltiviamo nel cuore l’impegno a dimorare nell’amore di Dio, rimanendo uniti a Lui e tra di noi, e seguendo le orme di queste quattro donne, modelli di santità, che la Chiesa ci invita ad imitare.

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta beatificatione

 

IOANNES  PAULUS  II

ad perpetuam rei memoriam

 

    «Confiteor tibi, Pater, ... quia abscondisti haec a sapientibus et prudentibus et revelasti ea parvulis» (Mt 11, 25).

    Quae sic exsultans Spiritu Sancto (cfr. Lc 10, 21) Iesus quondam dixit, Ecclesia suo cum Sponso etiamnunc repetit, cum haud paucos videlicet filios filiasque respicit «pauperes spiritu» (cfr. Mt 5, 3), quos Deus ipse consolatur (cfr. 2 Cor 7, 6) atque exaltat (cfr. Lc 1, 52) quibusque sapientiam praestat (cf. Ps 18 [19], 8). Iis quidem adnumeranda parvulis est Maria a Iesu Crucifixo, quae «parvulum nihilum» et nuncupari se et putari et esse cupiebat, suavissimus Terrae Sanctae flos: prima nempe eiusdem regionis prae omnibus benedictae post prisca Ecclesiae tempora, prima item ex ritu graeco-catholico melchita, prima dein ex Arabum gente, prima tandem sui Ordinis filia «ex terra Carmeli», quam hodie Nos ingenti animi gaudio ad Beatarum caelitum proveximus honores.

    Humili apud Abellin loco in Galilaea, intra archidioecesis graeco-Catholicae Ptolemaidensis fines, orta die V mensis Ianuarii anno MDCCCXLVI haec Dei Famula die XV eiusdem mensis sacro est fonte lustrata, nomine Mariae piis a parentibus Georgio Baouardy ac Maria Chahim ob votum indito; quibus tamen anno MDCCCXLIX tenella etiam est orbata, unde infantiam et adulescentiam Cruce ipsa signatam pertulit. Patruum suum, a quo sub tectum erat Arius recepta, in Aegyptum sequens partes famulae Arius Alexandrine sustinuit, deinde Hierosolymis ac Beryti, et tandem Massiliae, quo Libani familiam erat secuta et ubi eximias primum experta est gratias. Anno MDCCCLXVII inter moniales Ordinis Carmelitarum Discalceatorum asceterii ipsius Palensis suscepta est, unde tirocinio necdum peracto eam in Indiam miserunt ad monasterium Mangalorense condendum, ubi etiam die XXI mensis Novembris anno MDCCCLXXI religiosa nuncupavit vota. Palum vero subsequenti anno rediit atque anno MDCCCLXXV in Terram Sanctam processit ibique monasterium in civitate Bethleem a fundamentis excitavit, in quo die XXVI mensis Augusti anno MDCCCLXXVIII hoc de mundo sanctissime evolavit ad regnum illud pauperibus a Deo paratum (cf. Mt 25, 34).

    Miris supernae naturae dοnis praeclara, ab hominibus elata abiectaque vicissim tum etiam diaboli ipsius vexata incursibus, excelluit usque animi aequabilitate ob fidem suam ac sancta quadam comitate, cum demissionem animi verum haberet patientiae fontem omnisque sanctitatis secretum. Quandoquidem sic humiliter de se sentiebat cupiebatque secundum libri De Imitatione Christi sententiam, «nesciri et pro nihilo reputari» (I, 2, 15), sine intermissione contendebat ut mirabilia ipsa praeter consuetum rerum ordinem effecta a se averteret, ceteris vero omnibus subesset iisque, utpote in quibus Christum amantissime contemplaretur, deserviret, obscuriora dein ac duriora munera sibi veluti privilegium flagitaret vehementerque cuperet sorores ac fratres omnes libere de se disponere. Illud unum sibi poscebat ius ut plana tribueretur ei facultas omnes homines toto ex corde tοtisque viribus diligendi; quοd officium ad mortem usque complevit, quavis sui ipsius cura remota. Maxime autem laetabatur cum infirmitatibus acerbisque animi cruciata doloribus posset se doni instar in cruce cum Christo offerre. «Sancta et corpore et spiritu» (1 Cor 7, 34) virginitatem suam haud secus ac florem suavissimum Sponso semper immοlabat, dum fidei catholicae professiοnem suο etiam sanguine servabat necnon puritatis intemeratae lilium. Ecclesiam Matrem impenso quidem studio dilexit cοmplexaque est patriarches et episcopοs, in primis vero Summum Pοntificem, veluti angelus Dei ac personam Domini sustinentes.

    Pium Papam Nonum adeo adamavit et venerata est ut mira communione mystica cum eo, qui gaudiorum eius ac dolorum erat particeps, coniungeretur. Ad caritatis perfectionem cum per viam paupertatis evangelicae properaret, magna et parva patiebatur uno eodemque simplicis animi adfectu, colens videlicet eam simplicitatem tamquam sanctitatis finem quae, ipsa testante, «non consistit in oratione in visionibus in revelationibus vel in arte bene dicendi aut in ciliciis et paenitentiis, sed in humilitate». Ad eius denique Beatificationis causam quod spectat, initium sumpsit anno MCMXIX, quo in Curia Patriarchali Hierosolymitana de ipsius vita ac fama sanctitatis agi est coeptum.

    Qua porro inquisitione absoluta Processus Apostolici de virtutibus sunt peracti annis MCMXXVII-MCMXXIX. Hisce vicissim a Nobis comprobatis anno MCMLXXXI virtutibus, rite disceptatum ordine est de mirabili sanatione puellulae Khazneh Jubran Abboud ex Shefamar, Galilaeae loco, quae Venerabilis Dei Famulae adscribenda fuit deprecationi. Eadem tunc sanatione inspecta ac per Decretum Nostrum die IX mensis Iulii anno MCMLXXXIII sancita, ediximus sollemnem Beatificationem Mariae a Iesu Crucifixo die XIII mensis Novembris huius ipsius anni suscipi debere irique susceptum.

    Quam quidem Beatificationem, inter ritum Eucharisticum in Basilica Petriana hodie mane celebratum, perfecimus haec proferentes verba:  «Nos, vota Fratris Nostri Iacobi Iosephi Beltritti, Patriarchae Hierosolymitani Latinorum, necnon Venerabilis Fratris Maximi Quinti Hakim, Patriarchae Antiocheni Graecorum Melchitarum Catholicorum, plurium aliorum Fratrum in Episcopatu ex Oriente et Occidente necnon totius Ordinis Fratrum Discalceatorum Beatae Mariae Virginis de Monte Carmelo, multorumque Christifidelium explentes, de Sacrae Congregationis pro Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Venerabilis Serva Dei Maria a Iesu Crucifixo Baouardy nomine Beatae in posterum appelletur eiusque festum die ipsius natali vicesimo sexto mensis Augusti, in locis et modis iure statutis, quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti. Amen». Simul etiam imaginem ad Evangelium illustravimus Beatae quae «stirpe ritu vocatione peregrinationibus populorum Orientes partes agit eosque quodammodo repraesentat ... qui ad fraternam illius intercessionem in miseris, quibus versantur, luctae et sanguines condicionibus tota animi fiducia nunc praesertim confugiunt, fore sperantes ut etiam Servae Dei precibus pax et concordia illis terris tandem restituatur, ubi «Verbum caro factum est» (Io 1, 14), ipsemet «pax nostra» inimicitias in carne sua solvens (cf. Eph 2, 14).

    Apostolicas autem has Litteras ut nunc sic posthac ratas esse volumus suamque exserere vim, contrariis quibuslibet rebus minime obstantibus.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris die XIII mensis Novembris anno MCMLXXXIII, Pontificatus Nostri sexto.

 

 

De mandato Summi Pontificis

Augustinus Card. Casaroli

Secretarius  Status

 

Loco   Sigilli

In Secret. Status tab., n. 126804

BEATIFICAZIONE DI SUOR MARIA DI GESÙ CROCIFISSO

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 13 novembre 1983

 

“Ascolta, figlia” . . . (Sal 45, 11).

1. Oggi la Chiesa applica queste parole del Salmo a suor Maria di Gesù Crocifisso, Carmelitana Scalza, nata nella terra che vide lo svolgersi della vita di Gesù di Nazaret; terra che è situata in una regione che anche in questi giorni continua ad essere al centro di gravissime preoccupazioni e dolorose tensioni.

“Ascolta, figlia”. Ecco, nella memoria del Popolo di Dio viene profondamente iscritta la via di suor Maria verso lo Sposo divino. Oggi la Chiesa la incorona con l’atto di beatificazione. Tale atto vuole rendere testimonianza alla speciale “bellezza” spirituale di questa figlia della Terra Santa; una “bellezza” che è maturata nel bagliore del mistero della Redenzione: nei raggi della nascita e dell’insegnamento, della croce e della risurrezione di Gesù Cristo.

La liturgia dice alla nuova Beata: “Egli è il tuo Signore: prostrati a lui” (Sal 45, 12).

E allo stesso tempo con le parole del medesimo Salmo la liturgia manifesta la gioia per l’elevazione agli altari dell’umile Serva di Dio.

“La figlia del re è tutta splendore / gemme e tessuto d’oro è il suo vestito . . .” (Sal 45, 14): tessuto d’oro della fede, della speranza e dell’amore; delle virtù teologali e morali che essa esercitò in grado eroico come figlia del Carmelo.

2. In quest’Anno che la Chiesa vive come Giubileo straordinario della Redenzione, molte volte ci siamo riuniti attorno a figure che hanno raggiunto la gloria degli altari. È un segno particolare della inesauribile potenza della Redenzione, che opera nelle anime dei Servi e delle Serve di Dio, permettendo loro di proseguire tenacemente sulla via della vocazione alla santità.

Questa vocazione ha il suo eterno inizio nel disegno salvifico della santissima Trinità, di cui parla la seconda lettura della Messa: “Poiché quelli che egli da sempre ha conosciuto li ha anche predestinati ad essere conformi all’immagine del Figlio suo, perché egli sia il primogenito tra molti fratelli; quelli poi che ha predestinati li ha anche chiamati; quelli che ha chiamati li ha anche giustificati; quelli che ha giustificati li ha anche glorificati” (Rm 8, 29-30).

In questa grandiosa visuale paolina noi penetriamo, per così dire, nell’intimo stesso del pensiero divino, cogliendo in qualche modo la “logica” del piano della salvezza, nel concatenarsi delle misteriose azioni che conducono alla sua piena attuazione. Così dunque la vocazione alla santità è l’eterno disegno di Dio nei riguardi dell’uomo: nei riguardi, oggi, della nostra sorella Maria di Gesù Crocifisso.

3. La vocazione alla santità, inoltre, è un frutto della rivelazione e della conoscenza. Ne parla con parole penetranti l’odierno Vangelo. Dice Gesù: “Ti benedico o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare” (Mt 11, 25-27).

La vera sapienza e intelligenza suppone la “piccolezza”, intesa come docilità allo Spirito Santo. Con essa sola è possibile, nel Figlio, per il Figlio e col Figlio, conoscere i misteri del Padre, che restano invece ignoti ai sapienti e intelligenti di questo mondo, accecati dalla stoltezza e superbia (cf. 1 Cor 1, 18-21).

La vocazione alla santità viene attuata da quei “piccoli” del Vangelo che con tutto il cuore accettano la Rivelazione divina. Grazie a ciò “conoscono il Figlio”, e grazie al Figlio “conoscono il Padre”.

Tale conoscenza infatti è, al tempo stesso, l’accettazione della vocazione: “Venite a me . . . Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me . . .” (Mt 11, 28-29).

Ed ecco che si va a Cristo proprio come a lui è venuta suor Maria di Gesù Crocifisso, cioè prendendo sopra di sé il suo giogo, imparando da lui, perché è mite e umile di cuore, e trovando ristoro per la propria anima (cf. Mt 11, 28-29).

4. E tutto ciò è opera dell’amore. La santità si appoggia, prima di tutto, sull’amore. È il suo frutto maturo. E nella liturgia odierna, in modo particolare, è esaltato l’amore:

- “l’amore, forte come la morte”;

- “l’amore che le grandi acque non possono spegnere”;

- “l’amore, in cambio del quale bisogna dare tutte le ricchezze della propria casa” (cf. Ct 8, 6-7).

Così ne parla l’autore del Cantico dei cantici. E san Paolo, nella lettera ai Romani, insegna che “tutto concorre al bene di coloro che amano Dio” (Rm 8, 28). Proprio questa cooperazione traccia la via della santità, direi, giorno per giorno, per tutta la vita. Su questa via si realizza la santità come eterna vocazione di coloro “che sono stati chiamati secondo il disegno di Dio” (cf. Rm 8, 28).

5. Le letture della Liturgia odierna sono uno splendido commento alla vita di suor Maria, nata vicino a Nazaret e morta nel Carmelo di Betlemme a 33 anni. Il suo amore per Cristo è stato forte come la morte; le prove più dolorose non lo hanno spento, ma al contrario lo hanno purificato e irrobustito. Essa ha dato tutto per questo amore.

L’intera vita della piccola araba, colma di straordinari doni mistici, è stata, nella luce dello Spirito Santo, la risposta cosciente e irrevocabile ad una vocazione di santità, vale a dire a quel progetto eterno di salvezza, di cui parla san Paolo, che la misericordia divina ha stabilito per ciascuno di noi.

Tutta la sua vita è frutto di quella suprema “sapienza” evangelica della quale Dio si compiace di arricchire gli umili e i poveri, per confondere i potenti. Dotata di grande limpidezza d’animo, di una fervida intelligenza naturale e di quella fantasia poetica caratteristica dei popoli semitici, la piccola Maria, non ebbe l’opportunità di accedere ad alti studi, ma ciò non le impedì, grazie alla sua eminente virtù, di essere ripiena di quella “conoscenza” che ha il massimo valore, e per donarci la quale Cristo è morto in croce: la conoscenza del Mistero Trinitario, prospettiva tanto importante in quella spiritualità cristiana orientale, nella quale la piccola araba era stata educata.

6. Come si legge nel Decreto canonico di beatificazione, “l’umile serva di Cristo, Maria di Gesù Crocifisso, appartenendo per stirpe, rito, vocazione e peregrinazioni ai popoli dell’Oriente ed essendone in qualche modo rappresentante, è come un dono fatto alla Chiesa universale da coloro che, nelle misere condizioni di lotta e di sangue nelle quali stanno versando, specialmente ora ricorrono con grande fiducia dell’animo alla sua fraterna intercessione, nella speranza che anche grazie alle preghiere della Serva di Dio vengano finalmente restituite la pace e la concordia in quelle terre, dove “il Verbo si è fatto carne” (Gv 1, 14), essendo egli stesso la nostra pace”.

La Beata Maria è nata in Galilea. Per questo il nostro pensiero orante vuole andare oggi in modo speciale alla Terra dove Gesù ha insegnato l’amore ed è morto perché l’umanità avesse la riconciliazione. “Quella Terra - come ricordavo già in altra occasione - vede, da decenni, due popoli contrapposti in un antagonismo finora irriducibile. Ognuno di loro ha una storia, una tradizione, una vicenda propria, che sembrano rendere difficile una composizione” (Giovanni Paolo II, Allocutio occasione oblata orationis dominicae Angelus Domini habita, 5, domenica 4 aprile 1982Insegnamenti di Giovanni Paolo II, V/1 [1982] 1110).

Oggi più che mai le minacce che incombono ci sollecitano a fare dell’amore e della fratellanza la legge fondamentale dei rapporti sociali e internazionali, in uno spirito di riconciliazione e di perdono, prendendo ispirazione dallo stile di vita, del quale la Beata Maria di Gesù Crocifisso è di esempio non solo per il suo popolo, ma per il mondo intero. Questo nuovo stile di vita possa darci una pace fondata non sul terrore, ma sulla reciproca fiducia.

7. Ci rallegriamo oggi presso l’altare della Confessione di san Pietro per la beatificazione di suor Maria. Iscriviamo questa gioia della Chiesa nel conto dell’Anno Giubilare della Redenzione. Lodiamo insieme con Cristo il Padre perché agli occhi dell’anima di suor Maria di Gesù Crocifisso ha rivelato il mistero della verità e dell’amore e l’ha resa partecipe della gloria del suo Regno.

Preghiamo col Salmista la nuova Beata perché il Signore conceda pace alla sua terra: “Domandate pace per Gerusalemme: sia pace a coloro che ti amano, sia pace sulle tue mura, sicurezza nei tuoi baluardi. Per i miei fratelli e i miei amici io dirò: “Su di te sia pace!”. Per la casa del Signore nostro Dio, chiederò per te il bene” (Sal 122, 6-9).