Maria Luisa Prosperi

Maria Luisa Prosperi

(1799-1847)

Beatificazione:

- 10 novembre 2012

- Papa  Benedetto XVI

Ricorrenza:

- 12 settembre

Religiosa e mistica italiana, Abbadessa delle Benedettine di Trevi dal 1837 al 1847

  • Biografia
  • Omelia
  • il miracolo
  • LITTERAE APOSTOLICAE
“Io nulla decido, voglio solo quello che vuole Iddio”

 

Gertrude Prosperi nacque a Fogliano, poco lontano da Cascia in Umbria, il 19 agosto 1799, in una famiglia agiata. 

Ebbe una profonda educazione religiosa e fin da giovane avvertì un trasporto spirituale per la vita contemplativa unito ad una profonda carità ai poveri, amati come la presenza di Dio fra gli uomini. Pur in tempi difficili per gli Stati Pontifici, nel generale risveglio della fede che si verificò dopo l’epoca napoleonica, grazie anche alle “missioni popolari”, cui partecipò, decise di abbandonare il mondo e di consacrarsi a Dio.

Per realizzare il suo desiderio di donazione totale scelse l’antico Monastero benedettino di S. Lucia in Trevi e vi fece il suo ingresso il 4 maggio 1820. Aveva 20 anni. Cominciò così una straordinaria vita di preghiera, di mortificazione e di servizio alla comunità, sopportando prove spirituali e fisiche che la rafforzarono nella decisione di farsi santa.

Ricoprì numerosi incarichi, fino ad essere eletta badessa il 1 ottobre 1837.  Procedendo con tatto, prudenza e intelligenza e offrendo alle sue consorelle l’esempio della sua vita, riuscì a rafforzare l’osservanza della regola in comunità, curò la vita spirituale delle monache, la manutenzione e l’abbellimento del monastero e della chiesa, rinnovò l’amministrazione e la conduzione dei terreni: in breve fece rifiorire il monastero meravigliando tutti per la sua sapienza e per gli eccellenti risultati.

La Venerabile Serva di Dio guidò il suo monastero soprattutto con le sue virtù. Infatti fu costante nelle sue convinzioni di fede, nell’intima comunione con Gesù presente nel SS. Sacramento dell’altare, nell’accogliere la sofferenza come via alla santità; tenera fu la sua devozione alla Vergine Maria, tenace la sua memoria della Passione del Signore, ardente il suo desiderio di immedesimarsi nelle sofferenze di Cristo, umile il suo servizio alle consorelle, specie se ammalate, profondo il suo senso di contemplazione e continua l’orazione mentale, perseverante nella Lectio divina.

Dall’Eucarestia attinse la forza per essere eroica nella perseveranza. Nelle contrarietà fu sostenuta da un illimitata fiducia in Dio. La sua carità oltrepassò i limiti del monastero: mirava alla salvezza delle anime di tutto il mondo, cominciando dalla popolazione di Trevi.

Fu rieletta badessa per la quarta volta nel 1846, però, a partire dalla domenica delle Palme dell’anno successivo la sua salute andò rapidamente declinando, anche in seguito a fenomeni mistici legati alla Passione del Signore.

Cosicché, munita di tutti i conforti religiosi, nel generale compianto delle consorelle, del clero e del popolo, il 13 settembre 1847 ritornò alla casa del Padre, all’età di 48 anni.

Omelia tenuta ieri dal cardinale Angelo Amato, sdb, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, nella Messa di beatificazione di Maria Luisa Prosperi

(Spoleto, 10 novembre 2012)

 

1. In questo Duomo monumentale, dedicato a Maria Assunta in cielo, la Chiesa celebra oggi la solenne Beatificazione di Maria Luisa Prosperi (1799-1847), Badessa benedettina del Monastero di Santa Lucia in Trevi. La novella Beata, eminente per santità, è figlia di questa terra benedetta dal Signore con le testimonianze gloriose di numerosi martiri e santi. La beatificazione odierna è un evento del tutto eccezionale. Infatti, l’ultima volta che in questo Duomo si è svolta una cerimonia analoga risale a circa otto secoli fa, precisamente al 30 maggio 1232, quando papa Gregorio IX proclamò Santo, Antonio da Padova.

La gioia di tutta la Chiesa, in particolare della diocesi di Spoleto, delle Benedettine del Monastero di Santa Lucia in Trevi e di tutto l’Ordine benedettino è accompagnata dalla nostra comune gratitudine al Santo Padre, Benedetto XVI, per aver oggi elevato agli onori degli altari una donna eroica nella testimonianza coerente della vita monastica.

2. Gertrude Teresa Elisabetta Prosperi – questi i nomi di battesimo della nostra Beata – nacque nella borgata di Fogliano, tra Cascia e Norcia, il 19 agosto 1799, da genitori agiati, di antica nobiltà. Il 4 maggio 1820, varca la soglia del Monastero di Santa Lucia in Trevi, che allora contava una trentina di monache. Un anno dopo vestiva l’abito religioso, ricevendo il nome di Donna Maria Luisa Angelica del Sacro Cuore di Gesù.
Per l’esemplarità della vita fu eletta badessa, il 1 ottobre 1837, e confermata per altre quattro volte fino alla morte. Madre Luisa era alta di statura, di portamento maestoso, ma dal tratto benevolo, che istillava serena cordialità. La sua imponenza più che soggezione, spronava alla venerazione, al rispetto e all’obbedienza.
Diventata badessa, si adoperò per ripristinare l’osservanza religiosa, con la dolcezza della carità e la lezione del buon esempio. Risollevò economicamente il monastero, restaurando i muri pericolanti e restituendo decoro alla Casa di Dio, col provvedere suppellettili e paramenti nuovi. Si assunse anche la diretta amministrazione dei beni della comunità, che, gestiti da persone sleali, risultavano sempre in passivo; con la nuova badessa, invece, si ebbe già dal primo anno un attivo, che permise una maggiore carità verso i poveri e una esistenza più serena delle monache. Madre Maria Luisa si spense santamente, il 12 settembre 1847, dopo lunga e sofferta malattia.

3. Chi era questa donna vissuta quasi due secoli fa? La storia della causa di beatificazione ha rivelato in Madre Maria Luisa una consacrata tutta presa dall’amore di Dio e dalla tensione alla santità. Nella sua Lettera Apostolica il Santo Padre la definisce «esemplare Badessa del Monastero di Santa Lucia in Trevi, fervente adoratrice dell’Eucaristia e del salvifico mistero della Croce».
Madre Maria Luisa fu una donna innamorata di Dio, immersa nel suo mistero di amore, tutta risonante di grazia divina. Le testimonianze coeve sono concordi nell’ammirazione di una esistenza ornata di ogni virtù. Donna Adelaide Pellegrini, badessa del monastero dopo la morte della nostra Beata, afferma che Madre Maria Luisa era un prodigio di santità nascosta. In lei erano riunite l’eroicità e la perfezione di tutte quelle virtù che, singolarmente, contraddistiguono i tanti eroi della santità cristiana: «Anima nella quale la prodiga mano di Dio, aveva depositato tutti quei favori, doni, grazie straordinarie, che già partitamente aveva concesso a molti Servi e Serve sue».1
Un sacerdote, che conosceva bene la Madre, afferma di averla trovata assai fondata nell’essenziale delle virtù cristiane: profonda umiltà, generoso distacco dalle cose terrene, spirito di ubbidienza e di mortificazione, vivace sentimento di zelo per l’onor di Dio, regolare osservanza, perfezione religiosa, prudenza, moderazione e dolcezza d’animo. «Soprattutto ardeva del santo desiderio di piacere a Dio e di farsi santa».2

4. Che cosa rendeva appassionata la sua vita sacrificata e tutta tesa alla perfezione? Era la fede, che, come vela gonfiata dal soffio dello Spirito Santo, la conduceva al largo nelle acque pure dell’abbraccio divino. La fede ferma, salda, illimitata, la elevava alle vette dei misteri di Dio. Sembrava che vedesse con gli occhi quanto noi crediamo per fede. Era grata al Signore per questo dono ed esortava continuamente le sue consorelle ad apprezzare la virtùdella fede, come principio e fondamento di salvezza e di beatitudine.
Per difendere la sua fede era disposta a versare il sangue. Pregava molto per la propagazione della Santissima Fede – come  lei  la  chiamava – nel  mondo  intero. Avrebbe voluto farsi missionaria e anche immolarsi nel martirio, per la  diffusione della fede in Cristo. Nella preghiera, spesso immaginava di essere nei luoghi di missione, accanto ai missionari, per aiutarli nel loro apostolato con la preghiera e la penitenza. La parola  martirio  le  faceva  battere  il  cuore  e  infiammare  il  volto. Sarebbe stata per lei una gioia immensa morire per Gesù. Ripeteva spesso «Credo, Domine, Credo, Credo».

5. Animata da questa fede sconfinata teneva lunghi colloqui con Gesù eucaristico, dinanzi al tabernacolo. Contemplava con gioia l’ostia santa e chiamava il comunichino il suo paradiso.3 La sua  fede trovava così  il suo riposo nell’adorazione: «Genuflessa davanti al Tabernacolo, parlava direttamente con Gesù, così come se lo vedesse con gli occhi, e trascorreva estatica ore e ore con lo Sposo Celeste».4
Dalla contemplazione e dall’imitazione di Cristo crocifisso ed eucaristico scaturiva la sua carità generosa e prudente verso le proprie consorelle. Adattava i suoi interventi alla diversa indole e situazione delle sue monache, con molta prudenza e carità. C’era la sorella da trattare con molta benignità e dolcezza, un’altra, invece, con con una certa severità. Con una si dovrà usare cortesia di preghiera e con un’altra, invece, imponenza di comando. Per farsi obbedire, a una basterà un semplice cenno, a un’altra converrà insistere con ripetute parole.5
Aveva particolari riguardi verso le sorelle inferme e anziane, assistendole con materna carità. Ella stessa, più malata delle malate, si faceva madre e infermiera di giorno e di notte, visitandole, curandole, confortandole e aiutandole anche in quei servizi vili e ripugnanti, come la medicazione di piaghe purulenti. Dimenticando di essere badessa, per le ammalate e le anziane si faceva cuoca, donna di pulizie, inserviente, mostrandosi sempre tenerissima e premurosa. Nei mesi precedenti la sua morte, volle che il monastero fosse rifornito di provviste sufficienti per almeno un anno, in modo che la badessa successiva non dovesse essere afflitta dall’impegno di far subito fronte ai bisogni materiali delle consorelle. Era generosa nel perdono.
Munifica con gli altri, era mortificata con se stessa. Tutte le testimonianze concordano sul suo proverbiale spirito di povertà, tanto che nel monastero, quando si vedeva una veste pulita, ma logora e rappezzata, si diceva: «Sembra la tonaca di donna Luisa».6
La nostra Beata visse e morì povera in una cella disadorna. Amava la povertà. Sceglieva sempre la roba più rozza, più vile, spesso dismessa dagli altri. Un giorno doveva rammendare la sua unica tonaca. Chiamata in parlatorio, si mise il velo bianco da conversa. Una consorella le fece osservare che, secondo la regola, per andare in coro, in parlatorio o a refettorio, si doveva indossare l’intero abito monastico proprio. Non avendo altro, la Madre si fece imprestare il velo, per recarsi con decoro in parlatorio. D’inverno, per contrastare il freddo, si faceva dare una coperta da una conversa. Una monaca, un giorno, contò ben quindici rattoppi sulla tonaca della badessa, senza contare i numerosi rinacci, che sembravano tante stelle nel buio cielo notturno. L’unica ricchezza della Madre era l’amore a Gesù crocifisso ed eucaristico e la carità verso tutti.

6. La nostra Beata copriva lo  splendore delle sue virtù con l’umiltà, virtù che sedeva regina sul trono del suo cuore. Come dicono i testimoni, si trattava di una umiltà «veramente umile», non apparente, reale. Era umile nelle mille incomprensioni e umiliazioni della vita comunitaria e  si  sentiva  a  disagio di fronte alle lodi, alla stima e all’apprezzamento altrui. L’umiltà era il distintivo della sua santità. L’umiltà trascinava con sé tutte le altre virtù, grandi e piccole. La Madre, infatti, si mostrava pronta ad obbedire, rassegnata nel patire, mansueta nel parlare, rigida con se stessa, benigna con gli altri, caritatevole con tutti.
Alle cariche che le si offrivano in monastero ella rispondeva con spirito di santa obbedienza, sempre protestando la sua incapacità e miseria. Alla vigilia delle festività della Beatissima Vergine Maria, era solita baciare i piedi alle consorelle. E da una di esse un giorno ricevette anche un calcio.7 Le lodi altrui le riteneva una punizione per i suoi peccati. Più volte, pregò le sue consorelle di essere dimenticata dopo la morte, cose se non fosse mai esistita.
La nostra Beata portò a uno splendore sommo il monastero di Trevi, che durante il suo governo era diventato un’oasi di santità nel deserto del mondo. Le sue monache, che non vedevano Gesù con gli occhi del corpo, lo ammiravano sul volto della loro badessa.

7. Cosa insegna a tutti noi questa donna abitata dalla carità Dio in ogni cellula del suo essere? Di fronte all’eroicità della sua fede, del suo amore, della sua umiltà forse si prova un senso di smarrimento. La nostra fede piccina, timorosa, mediocre può ritenere esagerata la sua testimonianza. Forse siamo intimoriti e anche scandalizzati di fronte a una fede grande come l’arena del mare: «E dimentichiamo che la fede, che è desiderio di Dio, non può che essere esagerata. Non è forse esagerato l’amore di Dio? C’è qualcosa di più esagerato che morire sulle croce? Non c’è fede senza esagerazione; perché nell’esagerazione sta il senso di quella divina pazzia, che iniziò nella creazione, fiorì nell’Incarnazione e culminerà nella vita eterna».8
È per tutti noi il messaggio della vita di fede, che ci consegna la Beata Maria Luisa. Ma è soprattutto per  le sue consorelle monache. Anch’esse devono confermare o ritrovare nell’entusiasmo e nella gioia il loro spirito di fede. Con lo sguardo fisso su Gesù, sono invitate a far brillare le loro esistenze con lo splendore delle virtù, della fede, della speranza, della carità. È una fede da ravvivare e da condividere. Una fede che rende pronti all’obbedienza, sereni nelle avversità, disponibili nel perdono, gioiosi nella comunione fraterna. Una fede che evita litigi, contrasti, divisioni, ma che edifica, vivifica e rafforza. Una fede che si nutre di Parola di Dio, di Eucaristia, di preghiera, di adorazione, di esatta osservanza della Regola, di lavoro. La fede è lo sguardo rivolto a Dio, verso l’alto, verso la liturgia celeste. Con la fede si superano tutti gli ostacoli della vita monastica, perché la fede dà le ali per volare verso Dio.
Care sorelle Benedettine, oggi siete invitate dalla vostra Beata Madre Maria Luisa Prosperi a rilanciare la vostra vita consacrata. Stracciate le pagine forse mediocri della vita passata, e iniziate a scrivere sul libro nuovo del vostro impegno di santità. Diventate ostensori di santità.
Per vocazione, voi siete le professioniste della contemplazione di Dio. Il vostro Monastero sia un’oasi della presenza di Dio nel deserto del mondo. Il vostro silenzio sia grembo prezioso, che accoglie e fa fruttificare la Parola di Dio. È questo silenzio orante e adorante che diffonde sull’umanità intera la dolce armonia del Vangelo, vincendo i rumori molesti della vanità del mondo.
La Chiesa e la società hanno bisogno di consacrate sante, serene, gioiose, traboccanti di fede. È questo il vostro prezioso apostolato nella Chiesa. La Beata Madre Maria Luisa vi sia madre, maestra e modello nell’aiutarvi a  vivere di fede, in quest’anno benedetto della fede.
Amen

In vista della sua beatificazione, la Postulazione della Causa ha sottoposto al giudizio della Congregazione delle Cause dei Santi la presunta guarigione miracolosa della Signora Carla Arcangeli, la quale l’11 febbraio 1989, all’età di quarantasette anni, fu colpita dall’aneurisma di un’arteria cerebrale che provocò una devastante emorragia, con perdita della coscienza. Fu trasportata d’urgenza all’ospedale di Foligno e, dopo le prime cure, in quello di Perugia; ma, pur sottoposta a terapia intensiva, la paziente entrò in coma. In presenza di lievi segni di ripresa, comunque, si decise di intervenire chirurgicamente.

Nel frattempo il genero dell’inferma, che, grazie a un rapporto lavorativo con il monastero di Trevi era venuto a conoscenza della figura della Ven. Serva di Dio, invitò i familiari di Carla a rivolgersi alla sua intercessione, per ottenere la guarigione dell’inferma, e a loro si unirono anche le monache. Inoltre un’immaginetta con una piccola reliquia di Madre Prosperi fu portata in ospedale e posta sotto il cuscino di Carla. L’esito dell’operazione fu sorprendente, con pieno recupero neurologico, motorio e cognitivo: al danno cerebrale, infatti, sarebbe dovuto seguire un deficit permanente delle funzioni neuropsichiche connesse alle zone interessate dall’emorragia, mentre l’evoluzione del caso risultò completamente positiva.

BENEDICTUS PP. XVI

LITTERAE APOSTOLICAE

VENERABILI DEI SERVAE MARIAE ALOISIAE PROSPERI
(IN SAECULO: GERTRUDI PROSPERI APPELLATAE)
CAELITUM BEATORUM TRIBUITUR DIGNITAS*

 

Ad perpetuam rei memoriam. — « Confitebor tibi, Domine, in toto corde meo, quoniam audisti verba oris mei. In conspectu angelorum psallam tibi, adorabo ad templum sanctum tuum » (Ps 138, 1-2).

Venerabilis Dei Serva Maria Aloisia Prosperi Sancti Benedicti regulam suae vitae ductricem habuit, ita ut, cum divinam liturgiam participaret monachicamque vitam exigeret, brevis temporis spatio evangelicam perfectionem attingeret.

In oppido Fogliano Cassiae die XIX mensis Augusti anno MDCCXCIX nata, in baptismo nomen Gertrudem obtinuit. Religiose penitus est instituta: qua de causa spiritalem ad vitam contemplativam impetum una cum perstudiosa in pauperes caritate animadvertit, qui veluti Dei praesentia inter homines amabantur. Difficilioribus temporibus, cum fides revivisceret etiam per « missiones populares » quas ipsa participavit, mundum deserere Deoque se devovere statuit. Ad se totam tradendam, antiquum Benedictinum coenobium Sanctae Luciae Trebiae elegit, quod die IV mensis Maii anno MDCCCXX, viginti annos nata, est ingressa. Vitam sic incohavit precationis, paenitentiae et communitatis famulatum, spiritus corporisque probationes sustinens, quae effecerunt ut eius confirmaretur ad sanctitatem perveniendi voluntas. Complura officia gessit, usque dum die I mensis Octobris anno MCCCXXXVII abbatissa eligeretur. Cum caute, prudenter necnon sapienter procederet atque sororibus vitae exemplum perihiberet, observandam communitatis regulam confirmavit, spiritalem monialium vitam coluit, claustrum templumque servandum decorandumque curavit, administrationem et agrorum conductionem renovavit; brevi tempore, omnibus mirantibus, eius opera et per prosperos exitus monasterium iterum floruit. Venerabilis Dei Serva suis virtutibus potissimum monasterium rexit. Etenim constans fuit in fide tenenda, in vera cum Iesu communione, qui in sanctissimo altaris Sacramento adest, in doloribus suscipiendis, qui sanctitatis via sunt: blanda fuit eius in Virginem Mariam devotio, tenax eius Domini Passionis memoria, flagrans eius Christi dolores communicandi desiderium, humilis eius sororum, potissimum aegrotarum, famulatus, altus eius contemplationis sensus et continuata eius mentis oratio necnon eius divina Lectio. Ex Eucharistia vim hausit, ut strenuo animo perseveraret. In rebus adversis summa in Deo fiducia est sustentata. Eius caritas monasterii fines est praetergressa. Totius mundi animarum salutem affectabat, a Trebiae populo initium sumens. Anno MDCCCXLVI quartum est abbatissa electa, sed a dominica Palmarum subsequentis annis eius valetudo in deterius, etiam propter quaedam phaenomena mystica cum Domini passione coniuncta, celeriter flectebatur. Sic omnibus religionis subsidiis munita, sororibus, clero populoque maerentibus, die XIII mensis Septembris anno MDCCCXLVII, XLVIII annos nata, de hoc mundo demigravit.

Sanctitatis fama, quam viva est consecuta, eius post mortem est producta atque crevit, ita ut in archidioecesi Spoletana-Nursina anno MCMXCI Inquisitio dioecesana efficeretur, quam Congregatio de Causis Sanctorum die XXVII mensis Ianuarii anno MCMXCV ratam habuit. Consultores Historici, die XXVI mensis Octobris anno MCMXCIX, et Consultores Theologi die XVII mensis Septembris anno MMIX in Congressione peculiari coadunati faventem sententiam protulerunt et idem censuerunt Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria, die I mensis Iunii anno MMX. Quapropter facultatem fecimus ut Congregatio de Causis Sanctorum Decretum de virtutibus heroum in modum exercitis die I mensis Iulii anno MMX ederet.

Omnibus iure statutis servatis rebus, ad beatificationem obtinendam putata quaedam mira sanatio exhibita est alicuius mulieris cuiusdam gravissimi cerebri morbi. Medici Consultores Congregationis de Causis Sanctorum ad scientiam inexplicabilem hanc sanationem iudicarunt atque Consultores Theologici, in Congressione ordinaria die XXI mensis Maii anno MMXI coadunati, Venerabilis Dei Servae intercessioni eam tribuerunt. Idem censuerunt Patres Cardinales et Episcopi in Sessione Ordinaria die XV mensis Decembris anno MMXI. Nos facultatem fecimus ut Congregatio de Causis Sanctorum de hac re Decretum die XIX mensis Decembris anno MMXI evulgaret et statuimus ut beatificationis ritus Spoleti die XI mensis Novembris anno MMXII celebraretur.

Hodie igitur de mandato Nostro Venerabilis Frater Noster Angelus S.R.E. Cardinalis Amato, Congregationis de Causis Sanctorum Praefectus, textum Litterarum Apostolicarum legit, quibus Nos in Beatorum numerum Venerabilem Dei Servam Mariam Aloisiam Prosperi adscribimus:

Nos, vota Fratris Nostri Renati Boccardo, Archiepiscopi Spoletani-Nursini, necnon plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus ut Venerabilis Serva Dei Maria Aloisia (in saeculo: Gertrudis Prosperi) ex Ordine Sancti Benedicti, exemplaris Abbatissa Monasterii Trebiani S. Luciae, fervens adoratrix Eucharistiae et salvifici mysterii Crucis, Beatae nomine in posterum appelletur, eiusque festum die duodecima mensis Septembris, qua in caelum nata est, in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti.

Huius caelitis, in beatorum beatarumque catalogum relatae, hominibus qui nunc sunt, exempla demonstrantur atque ipsa, quae iam vivens tot tantorumque operum praeclara edidit documenta, magnopere honoratur, unde complures de eius rebus bene gestis sumant incitamentum et ad christianam pietatem firmiter tenendam invitamentum.

Haec vero quae hodie statuimus firma usquequaque esse volumus ac valida fore iubemus, contrariis quibuslibet rebus minime obstantibus.

Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XI mensis Novembris, anno MMXII, Pontificatus Nostri octavo.

De mandato Summi Pontificis
Tharsicius card. Bertone
Secretarius Status