Maria Rosa Molas y Vallvé

Maria Rosa Molas y Vallvé

(1815-1876)

Beatificazione:

- 08 maggio 1977

- Papa  Paolo VI

Canonizzazione:

- 11 dicembre 1988

- Papa  Giovanni Paolo II

- Basilica Vaticana

Ricorrenza:

- 11 giugno

Vergine, religiosa, che trasformò un sodalizio di pie donne nella Congregazione delle Suore di Nostra Signora della Consolazione per il servizio ai bisognosi; diventa "carità vissuta"; gli anziani più derelitti e i bambini più abbandonati "sono la pupilla dei suoi occhi"

 

  • Biografia
  • Omelia
  • beata e santa
  • omelia di beatificazione
Maestra d'umanità e autentico strumento di misericordia e di consolazione

 

Maria Rosa Molas era nata a Reus, in Spagna, da una famiglia di artigiani, il 24 marzo del 1815, e battezzata il giorno dopo con i nomi di Rosa Francesca Maria Dolores.

Suo padre, José Molas, aveva ascendenti dell'Andalusia; sua madre, María Vallvé, profonde radici catalane. Questo conferisce a Maria Rosa una personalità ricca, dotata di qualità diverse che si contrappongono e si armonizzano in lei. È intuitiva e sensibile; c'è in lei tenerezza e delicatezza di sentimenti, pietà per le sofferenze degli altri e ingegnosità per alleviarle; ma porta pure, nel suo temperamento, il "seny de la terra" delle genti della Catalogna. Ha quindi "un carattere vivace ed energico, intraprendente e deciso", "uno spirito forte e tenace", uno spiccato senso pratico.

La contemplazione diventa in lei servizio concreto. L'umiltà stessa si traduce "in energia instancabile". Ha sempre "un atteggiamento disinvolto" e un "gesto spigliato nel lavoro". "Per fare del bene agli altri non trova ostacoli"; "nessuna difficoltà si oppone al suo desiderio di fare del bene".

Il suo confessore - e suo primo biografo - osserva che la sua nascita avvenne nella notte tra il Giovedì e il Venerdì Santo, e vede in questa circostanza un segno dei doni con cui Dio voleva arricchirla: "senza dubbio volle il Signore che si rispecchiassero in lei il più grande Amore degli amori e la più crudele desolazione di Gesù". Secondo lui questa circostanza era l'annuncio della sua partecipazione alle sofferenze di Cristo, perché potesse essere "maestra del Suo amore" e "messaggera di grande carità". Era pure "il preludio delle intense e frequenti desolazioni con cui sarebbe stata provata".

Maria Rosa infatti, dal giorno della sua Prima Comunione, vive una profonda esperienza mistica, nella quale il Signore le fa talvolta assaporare la dolcezza ineffabile della Sua presenza. "Chi ha provato quanto è dolce il Signore - esclama - non può più lasciare di camminare alla Sua presenza". Dio è per lei "Sposo dolce" o semplicemente "Dolcezza mia".

Ma nella sua esperienza spirituale più spesso predomina "il silenzio di Dio" e la dolorosa sensazione dell'assenza dello Sposo per il quale si strugge e si sacrifica. Questa esperienza segna la sua esistenza e l'introduce in un cammino d'umiltà e d'abnegazione, d'oblio di sé e di ricerca instancabile della gloria di Dio e del bene dei fratelli. È questo l'atteggiamento fondamentale della sua vita, che lei stessa esprime quando ripete: "Tutto per la gloria di Dio. Tutto per il bene dei fratelli. Niente per noi". Questa è la via d'umiltà, di semplicità e carità, d'abnegazione e di spirito
di sacrificio che - ella ripete - "sono l'anima dell'Istituto". "È l'umiltà della carità" che la spinge a vivere sempre attenta agli altri e a compiere i gesti più eroici Con grande semplicità e naturalezza.

Nel gennaio del 1841 era entrata in una Corporazione di Sorelle della Carità, che prestavano i loro servizi nell'Ospedale e nella Casa di Carità di Reus e che ella credeva religiose. Lì, nell'umile servizio ai più poveri, dà prove di Carità spesso eroica; lì, ascolta il clamore della gente del suo popolo e ne difende la sorte. L'11 giugno 1844 la città di Reus è assediata e bombardata dalle truppe del Generale Zurbano. Maria Rosa, Con altre due consorelle, attraversa la linea di fuoco e va ad inginocchiarsi ai piedi del Generale, implorando ed ottenendo la pace per la sua gente.

Qualche anno dopo, Con altre quattro consorelle, è inviata a Tortosa dove il suo campo d'azione si allarga. Qui scoprirà la situazione, irregolare di fronte alla Chiesa, del gruppo cui appartiene e sente "l'orfanezza spirituale in cui si trova". Il suo sconfinato amore per la Chiesa la spinge al dialogo con le Consorelle, a discernere con loro le vie del Signore e a porsi, il 14 marzo 1857, sotto l'obbedienza dell'Autorità ecclesiastica di Tortosa. Si trova così Fondatrice di una Congregazione religiosa che l'anno dopo - il 14 novembre - a richiesta della stessa Maria Rosa, sarà chiamata delle Sorelle della Consolazione, "perché le opere che ogni giorno realizzano ... si dirigono tutte a consolare il loro prossimo ...".

Per sua volontà, la Congregazione si prefigge soprattutto di "estendere la conoscenza e il Regno di Gesù Cristo", "come sorgente e modello di ogni carità, di ogni conforto e perfezione", e "Continuare sulla terra la missione del nostro dolcissimo Redentore, Gesù, consolando gli afflitti", educando, servendo l'uomo "in qualsiasi situazione di necessità".

Il Signore l'aveva preparata per la missione di fondatrice, attraverso molteplici servizi e attraverso svariate situazioni, talvolta dolorose, che Ella visse Con serena ed eroica pazienza. Tale, fu la grave Calunnia subita quando, in obbedienza ai Superiori, dovette prepararsi segretamente per Conseguire il Diploma di Maestra; tale, fu la persecuzione che le Autorità pubbliche intrapresero più volte contro di lei.

Maria Rosa vive Con fortezza queste situazioni, le vive nel silenzio, ed ha per coloro "che affliggono il suo spirito, amabilità e delicate attenzioni". Le vive con serenità e, ad evidenti ingiustizie, risponde Con servizi generosi e perfino eroici.

Così alle Autorità di Tortosa Che ingiustamente l'hanno allontanata dalla Scuola Pubblica per bambini, presta la propria collaborazione per organizzare un Lazzaretto, "pronta a sacrificare tutto a vantaggio dei nostri poveri fratelli" semmai "i nostri servizi fossero capaci di portare sollievo alla situazione del nostro prossimo".

Tanta mansuetudine e tanta pazienza nella sopportazione non sono, in Maria Rosa, pusillanimità né debolezza, ma coraggio che diventa audacia, ardimento e libertà evangeliche quando sono in gioco gli interessi dei poveri, la verità o la difesa dei deboli. Così la vediamo opporsi con energia ad un sindaco che pretende da lei il giuramento ad una Costituzione spagnola contraria agli interessi della Chiesa; prendere coraggiosamente le difese delle balie dei suoi trovatelli, alle quali l'Amministrazione pubblica, da tempo, non paga il meritato salario; difendere le Figlie, ingiustamente denigrate dall'Amministratore di uno dei suoi Ospedali; impedire con energia ad un medico di sperimentare certi interventi chirurgici sopra i suoi trovatelli.

Maria Rosa fa questo senza perdere mai il suo sereno equilibrio. "Possedeva il segreto di avvincere i cuori". "Infondeva raccoglimento e venerazione". "Era inspiegabile vederla sempre piena di bontà, affabile, affettuosa, con una invidiabile serenità di spirito".

Quest'atteggiamento costante che caratterizza Maria Rosa Molas, si spiega solo scoprendo "il segreto del suo cuore, pieno solo di Dio"; tutto era "effetto dell'intima e continua unione con Dio che presiedeva la sua vita, i suoi affetti, ogni sua azione".

"Era per lei di scarsa importanza qualunque sacrificio, così come le umiliazioni, le calunnie, le persecuzioni. Quanto l'avvicinava a Dio le era gradito; difficile, insopportabile, amaro, quanto temeva che lo potesse offendere".

Spinta da questo amore di Dio, "diventa carità vissuta"; "si china su quanti sono nel bisogno, senza distinzione"; gli anziani più derelitti e i bambini più abbandonati "sono la pupilla dei suoi occhi".

Trascorre la sua vita facendo del bene a tutti, offrendo se stessa "nel dono prezioso della sua disponibilità, nella misericordia e nella consolazione, per chi la cercava o per chi, anche senza saperlo, ne aveva bisogno".

Compie così la sua missione consolatrice, fino a quando, verso la fine di maggio del 1876, sente che il Signore si avvicina. Dopo una breve malattia, ferita più dal desiderio di Dio che dall'infermità, logorata più dal servizio indefesso ai poveri che dagli anni, chiede al suo confessore il permesso per morire: "Mi lasci partire"; e dopo aver avuto il suo consenso "Si compia la volontà santissima di Dio".

Moriva, sul finire del giorno, l'11 giugno 1876, domenica della Santissima Trinità.

Lasciava la sua missione consolatrice nella Chiesa, alla Sua Famiglia religiosa, Le Suore di Nostra Signora della Consolazione, che oggi è sparsa in undici nazioni e quattro continenti.

CANONIZZAZIONE DELLA BEATA MADRE MARÍA ROSA MOLAS Y VALLVÉ

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Basilica Vaticana - Domenica, 11 dicembre 1988

 

1. “Rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme . . .
il Signore (è) in mezzo a te” (Sof 3, 14-15).

La liturgia parla oggi il linguaggio della gioia. È la gioia dell’Avvento. Parla il linguaggio della gioia il salmista, come pure l’apostolo Paolo nella lettera ai Filippesi.

Che cosa è la gioia dell’Avvento?
La gioia dell’Avvento è l’annunciata presenza del Signore.
“Il Signore tuo Dio (è) in mezzo a te” (Sof 3, 17).
L’intero Israele aspettava questa presenza.
Per Giovanni che battezzava al Giordano, questa presenza era già vicina.

Giovanni annunziava il Messia, egli non lo era? Lo proclamava, lo annunziava. Era consapevole della sua presenza in mezzo a Israele. Aspettava di giorno in giorno il momento in cui si sarebbe presentato sulle sponde del Giordano.

Giovanni diceva: io non sono degno di scioglierti neppure il legaccio dei sandali. Egli vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco (cf. Lc 3, 16): il fuoco dell’amore.

2. La gioia della terza domenica d’Avvento si manifesta a noi, oggi, in modo particolare mediante questa canonizzazione.

La Chiesa iscrive nell’albo dei santi un nome nuovo: la beata María Rosa Molas y Vallvé.

Veniamo dal Giordano dove Giovanni battezzava, per vivere, entro questa liturgia d’Avvento, la gioia della Chiesa, la gioia della Gerusalemme nuova.

“Rallegrati con tutto il cuore, figlia di Gerusalemme . . . Non temere, Sion . . . Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente” (Sof 3, 14. 16-17).

Ci rallegriamo perché la santità delle figlie e dei figli della Chiesa significa la pienezza della salvezza.

3. È motivo di letizia per la Chiesa universale, e in special modo per la Chiesa spagnola, l’esaltazione agli onori dell’altare di santa María Rosa Molas Y Vallvé, che incrementa il numero di tante donne e uomini che onorano la Chiesa cattolica e la nobile nazione spagnola.

Nasce a Reus e della gente della sua città natale porta i segni fondamentali nel suo carattere, fra questi “il segno della terra”, fatto non di parole bensì di opere e di verità. Vive e muore a Tortosa. In quella città alimenta il suo amore immenso per la Chiesa ed i fratelli, è signora della consolazione, come testimonianza del suo amore e della sua disponibilità nei confronti dei più bisognosi.

L’esistenza di questa donna, impregnata di carità, totalmente offerta al prossimo, è un annuncio profetico della misericordia e del conforto di Dio. Come possiamo leggere nel libro del profeta Isaia, anche María Rosa contempla “le tristezze e le sofferenze” del suo popolo e fa proprie le sue speranze, annunciando con la testimonianza della sua vita che Dio è Padre, “Padre misericordioso e Dio di ogni consolazione” (2 Cor 1, 3). In effetti, “il mondo degli uomini potrà diventare sempre più umano, solo quando in tutti i rapporti reciproci, che plasmano il suo volto morale, introdurremo il momento del perdono, così essenziale per il Vangelo” (Dives in Misericordia, 14).

4. La nuova santa scopre e accoglie, vive e trasmette alle sue figlie la propria vocazione. Lo fa a partire dalla coscienza della propria piccolezza e dalla fiducia illimitata nel Padre: “Non dubitiamo dell’amor di Dio. Sebbene noi siamo poca cosa, possiamo essere strumenti della sua misericordia”, dice alle sue figlie. Sa che anche lei ha bisogno di misericordia e ripete: “Il misericordioso fa del bene a se stesso”, perché chi agisce con misericordia riceve misericordia.

La vita di María Rosa, trascorsa facendo del bene, si traduce per l’uomo del suo tempo e per quello di oggi in un messaggio di conforto e speranza: “Consolate, consolate il mio popolo, dice il vostro Dio” (Is 40, 1), leggiamo nel profeta Isaia.

Tale carisma e tale missione le sono affidati attraverso una esperienza spirituale di deserto, di croce e desolazione interiore. La consolazione che riceve María Rosa Molas è - come per san Paolo - Cristo stesso, il Dio-con-noi, annunciato dai profeti e la cui venuta aspettiamo con ansia in questo periodo di Avvento. È l’esperienza del suo amore e la partecipazione al mistero della sua desolazione sulla croce e nel Getsemani, è l’assimilazione dei suoi sentimenti di compassione, di bontà, di tenerezza nei confronti dell’uomo.

5. La madre Molas vive questa consolazione nella contemplazione e nella croce e con la propria vita si converte in dono concreto al fratello. Dicono i testimoni che la conobbero che “della sua carità non è possibile formarsi una idea precisa”. Il suo era un amore che riscattava dalla ignoranza, dalla solitudine, dal peccato, dalla disperazione.

Un amore che diventava sollecitudine materna per l’uomo, l’anziano, l’orfano, il giovane, l’infermo: l’uomo incarcerato o moribondo in un lazzaretto, emarginato o disorientato, bisognoso sempre di conoscere e di sperimentare la misericordia del Padre.

La nostra santa consolava “rivolgendosi a Gesù Cristo” e facendo “conoscere Gesù Cristo come sorgente di ogni consolazione” (cf. “Regla común Hermanas de la Consolación”, 3). Consolava sostenendo la speranza dei poveri, difendendo la loro vita ed i loro diritti, curando le ferite del corpo e dell’anima; consolava lottando per la giustizia, costruendo la pace, promuovendo la donna; consolava con umiltà e con mitezza; con bontà e misericordia; consolava con la libertà dei figli di Dio che nulla temono.

6. Il nostro mondo ha bisogno della consolazione di Dio, questo momento ha bisogno di profeti che parlino al cuore dell’uomo, gli dicano: “Non temere . . . Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente!” (Sof 3, 16-17) come abbiamo ascoltato nella prima lettura.

La madre María Rosa è una di quelle persone che sono state scelte da Dio per annunciare al mondo la misericordia del Padre.

Ella ebbe il carisma di essere strumento di riconciliazione e di promozione spirituale e umana. È ben noto quell’episodio della sua vita in cui accompagnando suor Estivill, attraversò la linea del fuoco per supplicare la cessazione della lotta durante un attacco alla città di Reus nel 1843.

Una menzione speciale merita anche l’opera esimia di questa religiosa spagnola a favore della promozione della donna. Come ho già segnalato nella mia lettera apostolica Mulieris Dignitatem, “La testimonianza e le opere di donne cristiane hanno avuto significativa incidenza sulla vita della Chiesa come anche su quella della società” (Mulieris Dignitatem, 27).

Erano tempi difficili quelli in cui visse la nostra santa. Effettivamente i disordini politici e religiosi in Spagna nel secolo XIX costituirono una grande prova per quella società e per le sue istituzioni. Però la tormentata epoca di cambiamento coincide in Catalogna con una fioritura di santi e di anime predilette, promotori di un significativo rinnovamento ecclesiale. Fra questi possiamo ricordare le figure di sant’Antonio Maria Claret, il padre Palau, il padre Coll, la madre Vedruna. E nella stessa città di Tortosa, il padre Enrique d’Osò, don Manuel Domingo y Sol e la nostra nuova santa.

7. Tutti questi sono uomini e donne di quell’epoca elevati all’onore dell’altare, amici di Dio, affascinati dal mistero dell’uomo e che, attenti ai segni dello Spirito, aprirono strade nuove per la società del loro tempo.

Potrà lo Spirito suscitare nei nostri giorni una fioritura simile di cristiani e cristiane impegnati che, come testimoni del Vangelo, aprano nuove vie nella società spagnola e diano un nuovo impulso al rinnovamento ecclesiale? Certamente non mancherà l’aiuto divino e neppure la intercessione dei santi e delle sante per sostenere le anime generose che desiderino dedicare la loro vita alla causa del regno di Dio.

Non possiamo concludere senza dedicare una parola ai numerosi preti che, dalla Catalogna e dalle altre regioni spagnole e dell’America Latina, sono venuti qui a testimoniare il legame con la Cattedra di Pietro. Il nostro deferente e cordiale saluto alla missione straordinaria del governo spagnolo, e il nostro benvenuto fraterno ai fratelli nell’episcopato, sacerdoti, religiosi, religiose e pellegrini tutti; ed, in particolare, a voi figlie di santa María Rosa Molas che, in modo speciale, siete investite del compito di portare avanti il messaggio di misericordia e consolazione della vostra madre fondatrice.

8. Cari fratelli e sorelle!
Abbiamo trasferito oggi la gioia d’Avvento della liturgia dal Giordano, dove Giovanni battezzava, in questa Basilica di San Pietro.
Il salmista e l’Apostolo parlano come una viva eco di ciò che accadeva nell’anima del Precursore di Cristo.
“Il Signore è vicino . . .!
In ogni necessità esponete a Dio le vostre richieste, con preghiere, suppliche e ringraziamenti” (Fil 4, 5-6).

Sì. Ringraziate per l’avvento di Cristo che si è realizzato nella vita di María Rosa, oggi elevata sugli altari.
Ringraziate!
“E la pace di Dio, che sorpassa ogni intelligenza, custodirà i vostri cuori e i vostri pensieri in Cristo Gesù” (Fil 4, 7).
“Non temere, Sion . . .
Il Signore tuo Dio in mezzo a te è un salvatore potente”.

Quando l'8 maggio 1977 Paolo VI beatificava Maria Rosa Molas y Vallvé, Contemplava l'umanità, che nel suo "lento pellegrinare verso mete di auspicato superamento", "spesso raggiunge solo un umanesimo debole, parziale, ambiguo, formale, a volte perfino falsato". Contemplava la nostra società " percossa da molteplici forme di violenza ": dal diffuso fenomeno della droga, alla piaga dell'aborto, dalla corsa agli armamenti, alla crescente miseria di tanti popoli della terra.

A questa umanità disorientata e a questo mondo disumanizzato proponeva il messaggio e la figura di Maria Rosa Molas, come "Maestra d'umanità" e "autentico strumento di misericordia e di Consolazione".

A distanza di undici anni il nostro mondo è ancora sconvolto dai medesimi problemi e l'uomo, che spesso perde il senso ultimo della propria esistenza, ha ancora bisogno dell'annuncio "della consolazione, dell'amore e della misericordia di Dio ".

La Canonizzazione di Maria Rosa Molas riecheggia quest'annuncio. È un grido di speranza per l'umanità, un appello che la Chiesa rivolge a quanti ancora credono nelle risorse dell'uomo e " desiderano dedicarsi alla creazione di un mondo più umano e più affratellato ".

La vita di Maria Rosa Molas fu una parola di consolazione per l'uomo del suo tempo. I suoi contemporanei asseriscono che "nel mondo sembrava ci stesse unicamente per la consolazione dì tutti", e questa continua ad essere la sua missione nella Chiesa: manifestare la misericordia del Padre e additare agli uomini le vie della consolazione dì Dio.

Queste vie, che Maria Rosa percorse, partono in Lei dall'incontro con Dio in Cristo, scoperto in una profonda contemplazione del Suo Mistero e gustato in una serena esperienza di croce.
Maria Rosa vive contemplando, "guardando Gesù Cristo". Nella povertà lo contempla " così povero che non ha dove posare il capo "; nella prova dello spirito " pensa all'orazione dell'Orto"; in ogni genere di prove sente e insegna alle Figlie che " sul Calvario, ai piedi di Gesù, si trova conforto e sollievo ". " Guardando Gesù Cristo nel prossimo " il suo cammino di consolazione diventa donazione incondizionata al fratello, servito fino all'oblio e al totale sacrificio di se stessa.

Attraverso un'intensa vita di preghiera, che si protrae spesso per tutta la notte, " diventa perfetta discepola di Gesù ". Nell'incontro con Dio le viene concessa " lingua da discepolo per poter dire, a chi è stanco, una parola di consolazione " (Is 50, 4). Dalla contemplazione trae la forza per una donazione che non conosce limiti e che la spinge a " vivere nella carità, fino a morire vittima della carità ".

MISA DE BEATIFICACIÓN DE MARÍA ROSA MOLAS Y VALLVÉ

HOMILÍA DEL SANTO PADRE PABLO VI

Domingo 8 de mayo de 1977

 

Venerables Hermanos y amadísimos hijos:

La Iglesia, que en estas semanas va repitiendo el grito exultante del aleluya ante el Cristo resucitado, el Cristo presente en la esperanza eclesial, el Cristo que revive su perenne eficacia misteriosa en tantas almas generosas, renueva hoy su alegría incontenible en este acontecimiento que celebramos, no insólito, pero que tiene resonancias siempre conmovedoras, siempre vibrantes, siempre llenas de novedad de contenido.

En el marco litúrgico de esta mañana festiva, nuestros ojos descubren una nueva flor de virtud, un nuevo rayo de luz que viene a hermosear el ya luminoso jardín de la Esposa de Cristo. Se trata, como sabéis, de una religiosa española, hoy gloria de la Iglesia universal: la nueva Beata María Rosa Molas y Vallvé, fundadora de las Hermanas de Nuestra Señora de la Consolación.

No nos detendremos en recordar la conocida historia biográfica de la nueva Beata, que desde su nativa Reus, donde ve la luz en un humilde ambiente, realiza un admirable camino, sólo impulsada por el amor a Cristo y al prójimo, llenando con una asombrosa vitalidad espiritual una existencia que acaba humildemente en Tortosa, hace casi exactamente un siglo, a los sesenta y un años de edad.

Una vida sencilla, escondida, es hoy elevada en triunfo. ¿Porqué? Pensemos un instante.

Cada vida transcurrida en la entrega heroica, es un misterio del amor de Dios, aceptado en la más íntima correspondencia personal a ese amor. Es un poema evangélico entretejido de sublimes intercambios. Por ello, si queremos rastrear en síntesis la faceta saliente de la vida de María Rosa Molas habremos de acercarnos con reverencia al venero inagotable del Evangelio (Cfr. Matth. 25, 31 ss.), allí donde el pobre, el necesitado, el hambriento, el abandonado, el que sufre, es proclamado merecedor del cuidado prioritario, de la solicitud más tierna, del gesto exquisito de un corazón, que no sólo alivia, sino que comparte ese sufrimiento y lucha por evitar sus causas. Y que sabe compartir así el dolor por un motivo fontal: porque allí está Cristo doliente, hecho presencia viva, actual, exigente de todos los socorros de una fe creadora, capaz de engendrar confianza donde no habría motivos humanos para ella.

¿Buscamos el carisma propio, el mensaje personal, el genio peculiar de María Rosa Molas? Lo encontramos ahí. En un dificilísimo momento histórico, local y nacional, marcado por las luchas, las múltiples facciones, en el que la desesperanza marcaba tantas vidas, de niños, de jóvenes sin instrucción ni porvenir, de ancianos sin asistencia, ella supo inclinarse hacia el necesitado sin distinción alguna, hecha caridad vivida, hecha amor que se olvida de sí mismo, hecha toda para todos, a fin de seguir el ejemplo de Cristo y ser artífice de esperanza y de elevación social. No únicamente para dar algo, sino para darse a sí misma en el amor y sólo así poder dar –como su ejemplo elegido, María- el don precioso de una completa entrega en la misericordia y en el consuelo a quien lo buscaba o a quien, aun sin saberlo, lo necesitaba. Así María Rosa hacía caridad; así se hacía maestra en humanidad.

En el lento peregrinar humano hacia metas de anhelada superación, constatamos hoy que Instituciones nacionales e internacionales, asociaciones de distinto tipo e inspiración, así como personas de diversas procedencias, proclaman de modo solemne o en documentos públicos su voluntad de crear una sociedad nueva y un hombre nuevo, más dignificado.¡Ojalá que ello significara que las esperanzas más nobles, anidadas en los repliegues íntimos del corazón humano van hallando expresión completa! Una realidad acometida con tesón, capaz de abrir los ánimos al gozo ilusionado de un mañana mejor que la Iglesia no cesa de proclamar, ansiar y alentar para la humanidad.

Pero ¡ay! observamos con no rara frecuencia que un humanismo bien intencionado, pero sin raíces más hondas, sin la garantía de una consistente y superior motivación, que descubra en el fondo del ser humano la dignidad inconmensurable de la imagen divina y la presencia del Cristo que exalta, libera, une al hombre, queda en un humanismo débil, parcial, ambiguo, formal, cuando no falseado.

Si es justo reconocer que este objetivo ineludible de defender, promover y cuidar «la sacralidad» de la vida humana, auspiciado y alentado continuamente por el cristianismo, ha hallado resonancia efectiva en nuestra sociedad moderna que ha prodigado sus servicios en campos tan apremiantes como la sanidad, la higiene, la asistencia social y otros, no es menos cierto que el respeto de la vida humana está también amenazado, si no ultrajado y lesionado, por el creciente deterioro y por las desviaciones tremendas que en bastantes sociedades crean serios motivos de alarma.

Pensemos en el fenómeno de la violencia criminal, que hoy cobra dimensiones y formas verdaderamente preocupantes; pensemos en el difundido flagelo de la droga, organizado por intereses que no tienen en cuenta las graves tragedias que crean en tantas personas inexpertas y en tantas familias; recordemos la carrera de armamentos, capaces de destruir la humanidad y que paralizan recursos ingentes que deberían servir para el armónico progreso humano. No olvidemos tampoco la violación, culpable y voluntaria, de la vida mediante el aborto legalmente admitido, ni pasemos por alto las situaciones de gravísima miseria, que son una triste realidad en bastantes países del mundo, como en Asia, en África . . . Y junto a todo esto, como un latigazo para la conciencia sensible del hombre recto, contemplemos el lamentable comercio de armas, instrumentos de muerte, de destrucción, de horror, de ofensa al hombre y al Creador de la vida . ¡ Tristes senderos, estos, embocados por una parte de la humanidad desorientada!

Hagamos finalmente referencia al sentimiento de inseguridad colectiva que crean los frecuentes secuestros de personas (veintiocho casos en lo que llevamos de año, diez de ellos aún sin resolver). En medio de tales sucesos, que infunden tristeza y temor en los ánimos, nuestro corazón de Pastor universal se siente y se ve particularmente solicitado. Incluso desde Centro América nos llega urgente la petición confiada de una palabra en favor de la liberación del Ministro de Relaciones Exteriores de El Salvador, secuestrado hace algunas semanas. Sí, en este día de la exaltación de un alma, entregada en todo y por todo a aliviar las penas de los hermanos que sufren, nos sale de lo más hondo del alma un llamamiento vibrante y acuciante -que ponemos como súplica a los pies de la nueva Beata- para que cesen para siempre tales dramas humanos.

Frente a este cuadro sombrío, ante el que la mente se nubla y el corazón se oprime, la Iglesia no cesa de levantar una antorcha que el cristianismo mantiene enhiesta desde siglos. Una antorcha que hoy nos muestra, con carácter y valentía admirables, a una humilde religiosa, que hizo del respeto, del amor generalizado, de la preocupación por la mujer, de la caridad sin confines, del ideal de consuelo aplicado a los demás, un programa, un gesto válido, hoy más que nunca, para el ser humano que quiere ser verdaderamente tal sin traicionar su condición. Sublime lección, una más, de un corazón dominado por la humildad y la fortaleza. Un ser que vivió el desafío humanizarte de la civilización del amor. Esa civilización que espera siempre nuevos adeptos, indefensos pero invencibles.

Sea la nueva Beata nuestra guía, sea nuestra intercesora ante Dios, para que las Hermanas de Nuestra Señora de la Consolación y el mundo religioso en general, las almas de buena voluntad que aún creen en los recursos creadores del corazón humano, los dirigentes de los países, y particularmente de la Patria, España, que le dio el origen -aquí tan dignamente representada por sus Autoridades-, sepan recoger su mensaje de amor efectivo, de esperanza cristiana, de dedicación a la creación de un mundo más humano y más hermanado. Un mundo consciente de que es dando, con nobleza y elevación de miras, como más se recibe.

La Figlia della nobile Nazione Spagnola, che abbiamo proclamata Beata, ci suggerisce una speciale parola per i fedeli di lingua italiana che partecipano numerosi a questo sacro rito. Ce la suggerisce non soltanto perché anche in Italia, anche qui a Roma, è presente ed attivo 1’Istituto delle Suore di Nostra Signora della Consolazione, fondato da Madre Maria Rosa Molas, ma anche e soprattutto perché l’ardore di carita, di tui Ella diede prova luminosamente esemplare nella sua vita, ha oltrepassato di moho i confini geografici della sua terra d’origine.

Proprio questa virtù, che in Lei fu caratteristica, vogliamo celebrare ed esaltare: attinta nella preghiera e nell’unione filiale con Dio, essa si esprimeva nella più viva sollecitudine per i poveri, i malati, i bisognosi, in un’illimitata disponibilità, che fece di questa Donna un autentico «strumento di misericordia e di consolazione». E ideale che additiamo non solo alle sue figlie spirituali, ma a quanti vogliono esser fedeli a Cristo ed al suo Vangelo.