Nicola Roland

Nicola Roland

(1642-1678)

Beatificazione:

- 16 ottobre 1994

- Papa  Giovanni Paolo II

Ricorrenza:

- 27 aprile

Sacerdote, che, impegnato nella formazione cristiana dei fanciulli, aprì scuole per le ragazze povere, allora escluse da ogni forma di istruzione, e fondò la Congregazione delle Suore del Santo Fanciullo Gesù

  • Biografia
  • omelia di beatificazione
“Gli orfani rappresentano Gesù Cristo negli anni della sua infanzia”

 

Nicolas Roland nacque a Reims in Francia, l’8 dicembre 1642, primogenito del commerciante Jean Baptiste Roland e di Nicole Beuvelet. Fu affidato ad una nutrice molto religiosa; dotato di grande intelligenza intorno ai cinque anni imparò a leggere; nel 1650 ad otto anni, prese a frequentare le ‘petites écoles’, poi nel 1658 compì gli studi nel Collegio dei Gesuiti di Reims.

Nel 1660 si trasferì a Parigi, prendendo alloggio presso un artigiano in una zona popolare, per poter frequentare i due anni di filosofia necessari per essere ammessi al biennio di teologia. A Parigi frequentò gli ambienti più fervorosi, entrando in contatto con Associazioni cattoliche operanti anche nel sociale, gli Amici di padre Bagot, i fondatori della Società delle Missioni Estere, praticò i Seminari di Bons- Enfant di s. Vincenzo de’ Paoli (1581-1660); di S. Sulpizio di Jean-Jacques Olier, servo di Dio (1608-1657) e di S. Nicola del Chardonnet; terminò gli studi con il dottorato in teologia.

Ricevuto il diaconato, rivestito dell’abito ecclesiastico, il 3 marzo 1665 fu nominato canonico teologo, cioè predicatore nella cattedrale di Reims, senza lasciare i contatti con Parigi dove tornò spesso.

Non esistono documenti che attestino la data della sua ordinazione sacerdotale, che non poté comunque essere prima del dicembre 1627, secondo le norme del Concilio di Trento che prescrivevano minimo 25 anni. La frequentazione degli Istituti parigini dei Lazzaristi, Sulpiziani, Missioni Estere, fece crescere in lui la conoscenza di realtà ed iniziative sempre nuove, al cui centro era la popolazione più reietta e l’infanzia abbandonata, bisognosa di attività caritative, assistenza, educazione.

Dopo la parentesi della peste che colpì Reims nell’estate 1668, padre Nicola Roland proseguì nella sua impegnata attività di predicatore in cattedrale, organizzò conferenze per il clero, si dedicò alle missioni nelle campagne, spostandosi perlopiù a piedi, affrontando fatiche, disagi e pericoli.

Fu direttore spirituale di laici di ogni condizione sociale e di persone consacrate, fra le quali s. Giovanni Battista de La Salle; nel 1670 predicò la Quaresima a Rouen e ciò ebbe grande importanza nella sua vita, qui incontrò il curato di Saint-Amand, Antoine de La Haye, uomo di grandi virtù; il contatto con lui lo portò a penetrare maggiormente nella vita spirituale e gli fece scoprire l’importanza del ruolo della scuola nella propagazione della fede cattolica.

A Rouen incontrò anche il beato Nicolas Barré e il gruppo di uomini e donne dediti alle scuole gratuite; fu un’esperienza decisiva e padre Roland disse: “Sono risoluto a lavorare per fondare scuole gratuite per l’istruzione delle ragazze”. Ritornato a Reims, già impegnato nell’assistenza agli infermi dell’Hôtel-Dieu e dal 1670 anche di un orfanotrofio, prese a considerare e concretizzare l’idea di una comunità simile a quella di Rouen. Chiese ed ottenne da padre Barré l’invio di due suore da Rouen, per dirigere l’orfanotrofio da lui ampliato in un nuovo grande edificio e per istituire scuole popolari nei vari quartieri di Reims.

Il 27 dicembre 1670, arrivarono suor Francoise Duval e suor Anne Le Coeur, che misero praticamente le radici per una nuova piccola Congregazione; padre Roland celebrò l’8 gennaio 1671 una prima Messa nel nuovo orfanotrofio dedicato al “Saint-Enfant Jesus” (Santo Bambino Gesù) e in seguito furono aperte alcune classi per l’istruzione delle bambine.

Nel 1672 incontrò s. Giovanni Battista de La Salle, futuro fondatore dei “Fratelli delle Scuole Cristiane”, il quale voleva convincerlo senza riuscirci, a rinunciare al canonicato per prendere la guida di una parrocchia. Intanto le suore crescevano di numero e padre Roland si recò a Parigi per espletare le pratiche, affinché il gruppo fosse l’inizio di una nuova Congregazione, dedita all’istruzione dell’infanzia sulla scia di quella di Rouen; rientrò a Reims il Giovedì Santo 7 aprile 1678; il 19 aprile cadde gravemente ammalato, tanto che il 23 alla presenza dei notai, stese il suo minuzioso testamento, i cui esecutori dovevano essere il diacono Nicolas Rogier ed il canonico Giovanni Battista de La Salle. A quest’ultimo, Roland chiese di essere il successore delle sue opere e completare l’organizzazione della Congregazione delle Suore del Santo Bambino Gesù, che egli aveva fondato a Reims nella linea di quella di Rouen, ma con una caratterizzazione particolare, come è detto nei suoi scritti, soprattutto negli “Avis aux régulières”.

La Salle, benché non si sentisse attirato da questa forma di apostolato, accettò la richiesta del suo amico Roland fatta sul letto di morte; dell’orfanotrofio aveva detto: “È opera di Dio; se ne prenderà cura quando io non me ne potrò più occupare”.

Dopo aver ricevuto gli ultimi Sacramenti, circondato dai canonici venuti ad assisterlo, Nicola Roland spirò serenamente il 27 aprile 1678 a nemmeno 36 anni, fu sepolto nella cripta della cappella delle Suore del Santo Bambino Gesù a Reims. Giovanni Battista de La Salle, si mise subito al lavoro e già il 9 maggio 1678 ottenne l’approvazione regale e le costituzioni, preparate sommariamente da padre Roland, furono approvate il 12 novembre 1683 e le Suore, l’8 febbraio 1684 poterono pronunciare per la prima volta i voti. Inoltre s. Giovanni Battista de La Salle, che aveva compreso le intuizioni profonde di Nicola Roland, volle creare anche per i bambini l’equivalente delle maestre di scuola delle fanciulle; fondò così i “Fratelli delle Scuole Cristiane”.

In questo contesto, Nicola Roland appare come uno dei precursori principali dell’apostolato del XVII secolo, nel campo dell’insegnamento elementare e della catechesi; stranamente però il suo nome è restato poco conosciuto fino ai nostri giorni, la sua prima ‘Vita’ di A. Hammesse è apparsa solo nel 1888; ma da allora l’interesse nei suoi confronti non è venuto mai meno.

Anche la sua causa di beatificazione, introdotta nel 1942, ha sofferto di intralci procedurali e lungo silenzio. È stato proclamato Beato il 16 ottobre 1994 a Roma da papa Giovanni Paolo II; la sua festa liturgica è il 27 aprile.

 

(fonte: santiebeati.it)

BEATIFICAZIONE DI CINQUE RELIGIOSI: NICOLAS ROLAND,
ALBERTO HURTADO CRUCHAGA, MARÍA RAFOLS,
PETRA DE SAN JOSÉ PÉREZ FLORIDO E GIUSEPPINA VANNINI

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Piazza San Pietro - Domenica, 16 ottobre 1994

 

1. Il Figlio dell’uomo è venuto per servire (cf. Mc 10, 45).

Con queste parole, che abbiamo ascoltato nel brano evangelico di oggi, Gesù risponde alla richiesta dei figli di Zebedeo: gli apostoli Giacomo e Giovanni. Nel racconto dell’evangelista Marco sono loro stessi a domandare di poter sedere, nella gloria, uno alla destra e uno alla sinistra del loro Maestro, mentre secondo il racconto di san Matteo la domanda viene avanzata dalla loro madre (cf. Mt 20, 20).

“Voi non sapete ciò che domandate” (Mc 10, 38), è la risposta di Cristo. Chiedono infatti di poter partecipare immediatamente alla gloria del Regno di Dio, mentre la strada che ad essa conduce passa necessariamente attraverso il calice della passione; quel calice che Gesù dovrà bere fino in fondo. Il Signore chiede agli apostoli: “Potete bere il calice che io bevo?” ed essi rispondono: “Lo possiamo” (Mc 10, 38). Forse in quel momento non sanno neppure con precisione a che cosa stanno dando il loro assenso. Il Maestro invece sa bene che, quando arriverà la loro ora, avranno parte al calice della sua passione (cf. Mc 10, 39), corrispondendo fedelmente alla grazia del martirio.

Fin qui la prima parte della risposta di Gesù. La seconda è ancor più importante. Egli spiega ai due fratelli che nel suo Regno la misura della grandezza è costituita dall’atteggiamento di servizio: “Chi vuole essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mc 10, 44-45).

2. Abbiamo davanti agli occhi la scena descritta dall’evangelista e risuonano nell’intimo del nostro cuore le parole del Maestro divino mentre, nel corso dell’odierna liturgia domenicale, innalziamo alla gloria degli altari cinque nuovi Beati, che hanno speso la loro esistenza nella generosa consacrazione di sé a Dio e nel generoso servizio ai fratelli. Essi sono: Nicolas Roland, Sacerdote e Fondatore della Congregazione delle Suore del Santo Bambino Gesù; Alberto Hurtado Cruchaga, Sacerdote della Compagnia di Gesù; Maria Rafols, Fondatrice delle Suore di Carità di Sant’Anna; Petra de San José Pérez Florido, Fondatrice dell’Istituto delle Suore “Madri degli Abbandonati” e di “San Giuseppe della Montagna”; Giuseppina Vannini, Fondatrice della Congregazione delle Figlie di San Camillo.

Sono figli e figlie della Chiesa, pieni di santo ardimento, che hanno scelto la via del servizio seguendo le orme del Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire, ed ha servito dando la vita stessa in riscatto per molti (cf. Mc 10, 45).

La santità nella Chiesa ha sempre la sua sorgente nel mistero della Redenzione.

3. Il mistero della Redenzione, cari fratelli e sorelle, ci viene oggi ricordato con forza. Sì, abbiamo “un grande sommo sacerdote, che ha attraversato i cieli” (Eb 4, 14). E Gesù Cristo, il Signore crocifisso, risorto e vivo nella gloria. Fu lui l’anima dell’attività di Nicolas Roland.

Nel corso della sua vita, breve ma di grande densità spirituale, non smise mai di lasciare che il Signore compisse per mezzo suo la sua missione di gran sacerdote. Conformato alla persona di Cristo, ne condivideva l’amore per coloro che guidava al sacerdozio per “ricevere misericordia” (Eb 4, 16): “L’amore immenso di Gesù per voi, soleva dire, è più grande ancora della vostra infedeltà”.

Questa fede e questa speranza invincibili nell’amore misericordioso del Verbo incarnato lo avrebbero condotto a fondare la Congregazione delle Suore del Santo Bambino Gesù, dedite all’apostolato dell’educazione e dell’evangelizzazione dei bambini poveri. Asseriva infatti, in modo stupendo: “Gli orfani rappresentano Gesù Cristo negli anni della sua infanzia”.

Sia benedetto Dio, il quale, proprio mentre si sta svolgendo il Sinodo dei Vescovi sulla vita consacrata, ci fa riconoscere in Nicolas Roland, che ha favorito l’educazione dei più poveri, un esempio vivo per molti religiosi e religiose dei nostri giorni!

4. “Il figlio dell’uomo non è venuto per essere servito, ma per servire” (Mc 10, 45). Il Beato Alberto Hurtado si fece servitore per avvicinare gli uomini a Dio. La sua profonda vita interiore lasciava a chi lo incontrava l’immagine indimenticabile di uomo di Dio sempre disposto all’aiuto generoso. La sua figura di religioso esemplare nel compimento eroico dei suoi voti acquista uno speciale significato proprio in questi giorni in cui si sta celebrando il Sinodo dei Vescovi dedicato alla vita consacrata.

Nel suo ministero sacerdotale, caratterizzato da un vivo amore per la Chiesa, si distinse come maestro nella direzione spirituale e come predicatore instancabile, trasmettendo a tutti il fuoco di Cristo che portava dentro, in particolare nella fecondità di vocazioni sacerdotali e nella formazione di laici impegnati nell’azione sociale.

La vita del nuovo Beato ci ricorda che l’amore a Cristo non si limita alla sola persona del Verbo Incarnato. Amare Cristo è servire tutto il suo Corpo, specialmente i più poveri: fu questa una grazia particolare che il Beato Alberto Hurtado ricevette e che noi tutti dobbiamo chiedere incessantemente a Dio. Assisto dalla situazione dei poveri e mosso dalla sua fedeltà alla dottrina sociale della Chiesa, lavorò per rimediare ai mali del suo tempo, insegnando ai giovani che “essere cattolici equivale a essere sociali”. Figlio glorioso del continente americano, il Beato Alberto Hurtado appare oggi come segno illustre della nuova evangelizzazione, “una visita di Dio alla patria cilena”.

5. Nella Beata Maria Rafols contempliamo l’azione di Dio che fa “Eroina della carità” la umile giovane che lasciò la sua casa di Villafranca del Penedés (Barcellona) e, in compagnia di un sacerdote e di altre undici ragazze, intraprende un cammino di servizio agli infermi, seguendo Cristo e dando come Lui, “la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10, 45). Contemplativa nell’azione: questo è lo stile e il messaggio che ci lascia Maria Rafols. Le ore di silenzio e di preghiera nell’oratorio della cappella dell’Ospedale di Grazia di Zaragoza, conosciuto come “Domus infirmorum urbis et orbis” si prolungano poi nel servizio generoso a tutti gli infermi che li si trovavano: invalidi, dementi, donne abbandonate alla propria sorte e bambini. In tal modo manifesta che la carità, la vera carità, ha la propria origine in Dio, che è amore (1 Gv 4, 8).

Dopo aver trascorso la maggior parte della sua vita nel mortificato e celato servizio del “Brefotrofio”, offrendo amore, abnegazione e affetto, abbracciata alla croce compie la sua dedizione definitiva al Signore, lasciando alla Chiesa e in modo particolare alle sue Figlie, il gran insegnamento secondo cui la carità non muore, non passa mai, la grande lezione di una carità senza frontiere, vissuta nella dedizione di ogni giorno. Tutti i consacrati potranno vedere in essa una espressione della perfezione della carità alla quale sono chiamati, e alla cui profonda esperienza di vita vuole contribuire la celebrazione della presente Assemblea sinodale.

6. “Chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti” (Mc 10, 44). La Beata Petra de San José è un esempio di donna consacrata che, tra innumerevoli difficoltà, accoglie con fede il carisma che lo Spirito le accorda al servizio di tutti.

Orfana fin da quando era molto piccola assunse per madre la Vergine. Questa esperienza segnò tutta la sua vita, scoprendo che il suo compito era quello di essere la madre di bambini, giovani o anziani che mancavano dell’affetto e dell’amore familiare. Madre Petra è infatti un esempio di come la verginità dei religiosi e delle religiose si trasformi in una feconda maternità spirituale, intrapresa e portata a compimento attraverso l’amore sponsale a Gesù Cristo, manifestata nella disponibilità totale e aperta ai bisognosi. Sentendosi amata da Dio e rispondendo a questo amore, anche in mezzo a mille prove, ci offre un modello luminoso di preghiera, di sacrificio per i fratelli e di servizio ai poveri, manifestazioni della vita religiosa sulla quale riflettono ora i Padri Sinodali.

La sua profonda devozione e la sua fiducia illimitata in San Giuseppe caratterizzarono tutta la sua vita e la sua opera, essendo chiamata, “apostolo di San Giuseppe del secolo XIX”. Negli ultimi periodi della sua esistenza terrena affiorano nelle sue labbra i nomi di Gesù, Maria e Giuseppe: la Sacra Famiglia di Nazareth, nella cui scuola di amore, preghiera e misericordia crebbe la sua spiritualità, conducendo le sue Figlie verso questo cammino di santità.

7. Servire i sofferenti: ecco lo speciale carisma di Giuseppina Vannini fondatrice della Congregazione delle Figlie di san Camillo. Essere tutta di Dio, amato ed onorato in chi è nel bisogno, fu la sua costante preoccupazione, tradotta in una carità quotidiana senza confini accanto agli infermi, sulle orme del grande apostolo degli ammalati, san Camillo de Lellis.

“Vedete sempre negli infermi l’immagine di Gesù sofferente”, ripeteva la Madre Vannini, invitando le consorelle a meditare sul Salvatore crocifisso, che il profeta Isaia presenta come “disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire” (Is 53, 3). Ed è qui, nella contemplazione del Cristo sulla croce, la chiave di lettura dell’esistenza e dell’attività della nuova Beata, oggi additata al popolo cristiano come esempio luminoso da imitare.

Quanto attuali sono la sua testimonianza ed il suo messaggio! Madre Vannini rivolge un forte richiamo anche ai giovani ed alle giovani di oggi, talora titubanti nell’assumere impegni totali e definitivi. Ella invita a generosa corrispondenza sia quanti sono chiamati alla vita consacrata, sia coloro che realizzano la loro vocazione nella vita familiare: su tutti Dio ha un disegno di santità.

8. Una settimana fa, in Piazza S. Pietro si sono radunate famiglie provenienti da tutto il mondo, per celebrare uno speciale incontro nel contesto dell’Anno della Famiglia. Abbiamo meditato, in quella circostanza, come la “communio personarum”, che si attua nella famiglia, apra la prospettiva verso quella “communio sanctorum”, a cui fa riferimento il Simbolo Apostolico. È una professione di fede che costituisce al tempo stesso un impegno e un programma da realizzare nella vita. La vocazione alla santità, infatti, è la vocazione essenziale di tutti i membri del popolo cristiano.

Oggi rendiamo grazie al Signore per tutti coloro che, come le persone poc’anzi iscritte nell’albo dei Beati, prendono parte alla sua infinita e perfetta santità. Al tempo stesso, vogliamo pregare per tutte le famiglie del mondo, perché, costruite sul fondamento del “grande Sacramento” del matrimonio (cf. Ef 5, 32), diventino già sulla terra l’inizio di quella “comunione dei santi” che si realizzerà in pienezza nel cielo.

Benedictus Dominus in sanctis suis . . . / et Sanctus in omnibus operibus suis. Amen!