Paolo VI

Paolo VI

(1897-1978)

Beatificazione:

- 19 ottobre 2014

- Papa  Francesco

Canonizzazione:

- 14 ottobre 2018

- Papa  Francesco

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 29 maggio

Sommo Pontefice, mite e rivoluzionario, cristiano autentico; Grande timoniere del Concilio, è stato uno strenuo sostenitore della missione ad gentes

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
  • Lettera Apostolica
"La santità, la vera aristocrazia del cristiano, può essere accessibile a tutti; può essere, per così dire, democratica"

 

 

VITA  E  OPERE

 

 

1. Formazione e vita sacerdotale

 

    Giovanni Battista Montini nacque a Concesio (Brescia) il 26 settembre 1897, in una famiglia impegnata nella vita religiosa e civile. Con la testimonianza dei genitori gli venne trasmesso il senso della vita interiore, della preghiera, dell’impegno cattolico da perseguire con coerenza nella vita pubblica e l’attaccamento alla dottrina della Chiesa e al Papa.

    Presso il collegio Arici di Brescia fu alunno dei Gesuiti nelle scuole elementari e ginnasiali, quindi frequentò il circolo studentesco tenuto dai Filippini del celebre Oratorio della Pace. In età adole­scenziale, dopo alcuni ritiri spirituali presso benedettini e camaldo­lesi, percepì i segni della vocazione al sacerdozio. Consigliato dal direttore spirituale, entrò nel Seminario diocesano, dove frequentò i corsi da esterno per motivi di salute. Compiuto l’iter formativo fu ordinato sacerdote il 29 maggio 1920.

    Il Beato si stava orientando verso un impegno parrocchiale, quando fu inviato a Roma per proseguire gli studi: alunno del Semi­nario Lombardo e della Gregoriana, si laureò in filosofia; per qualche anno seguì il corso di laurea in Lettere e Filosofia dell’Uni­versità degli studi La Sapienza; poi frequentò l’Accademia dei Nobili Ecclesiastici; quindi conseguì la laurea in Diritto Canonico a Milano. Nel 1923, chiamato a far parte del personale diplomatico della Santa Sede, venne inviato in Polonia, come addetto della nunziatura di Varsavia, dove rimase solo quattro mesi perché il clima troppo rigido non si addiceva alla sua debole salute. Al ritorno, si laureò in Diritto Civile alla Lateranense.

    Nell’ottobre 1924 entrò come addetto nella Segreteria di Stato e tra il 1930 e il 1937 insegnò storia della diplomazia pontificia al­l’Università Lateranense. Intanto, il 27 novembre 1923 fu nominato assistente del Circolo romano della FUCI (Federazione Universitaria Cattolica Italiana) e due anni dopo assistente centrale: a questo apostolato fra la gioventù studentesca rimase sempre profondamente affezionato. Ai giovani studenti trasmise una fede intelligente e libe­ra, anche davanti alle opposizioni del regime vigente; una cultura asse­tata di verità e aperta al dialogo; una liturgia limpida ed elevata, alla quale essi dovevano partecipare fattivamente; una morale rigoro­sa ma confidente nel bene di Dio e dell’uomo; una carità fattiva. Nel 1933 visse con dolore le dimissioni forzate da questo incarico, ma sopportò la prova con umiltà, spirito di obbedienza e amore alla Chiesa.

    Il 13 dicembre 1937 venne nominato Sostituto della Segreteria di Stato. Durante la Seconda Guerra Mondiale, diresse l’Ufficio Informa­zioni del Vaticano per la ricerca dei soldati e dei civili prigionieri o dispersi, così da lenire le sofferenze delle popolazioni coinvolte nel conflitto bellico. Condivise, inoltre, in prima persona, la sollecitudine di Pio XII per la città di Roma, organizzando l’assi­stenza caritativa e di ospitalità per i perseguitati dal nazifascismo, in modo particolare per gli ebrei. Alla caduta del fascismo, collaborò alla fondazione delle ACLI (Associazioni Cristiane Lavoratori Italiani), contribuendo alla ricostru­zione dell’Italia.

    Il 29 novembre 1952 venne nominato Pro-Segretario di Stato per gli Affari ordinari.

 

2. Arcivescovo di Milano

 

    Il 1° novembre 1954 fu eletto Arcivescovo di Milano e venne consa­crato nella basilica di S. Pietro il 12 dicembre 1954, compiendo il solenne ingresso nel Duomo di Milano nel pomeriggio dell’Epifania del 1955.

    Il Beato si trovò proiettato in una straordinaria esperienza pastorale che, attraverso nuovi percorsi di evangelizzazione, lo impe­gnò a fondo per avviare soluzioni valide ai problemi della crescente immigrazione e del diffondersi del materialismo e del­l’ideologia marxista, soprattutto all’interno del mondo del lavoro. In quest’opera seppe coinvolgere le migliori forze culturali, sociali ed economiche, nello sforzo di ricostruire il volto cristiano della Diocesi. Stimolò la nascita di nuovi strumenti operativi − uffici, istituti, periodici − per aiutare Milano ad aggiornare la gloriosa tradizione ambrosiana, rimanendole fedele. Sempre sollecito dei lontani, in una città che ormai andava scristianizzandosi, organizzò una grandiosa Missione cittadina (novembre 1957), invitandoli esplicitamente, con grande finezza e riconoscendo le colpe della Chiesa nel loro allontanamento. Con preveggenza profetica e in perfetta linea con quella che sarebbe stata la preoccupazione principale del suo pontificato, egli indivi­duava nell’evangelizzazione la necessità prioritaria della Chiesa del nostro tempo. Per questo s’impegnò fortemente anche nella costru­zione di ben centoventitré nuove chiese per i quartieri periferici della città e per i paesi della cintura industriale milanese, ingranditi dall’immigrazione interna del secondo dopoguerra.

    Nell’ottobre 1958, morto Pio XII, venne eletto Giovanni XXIII, il quale nominò Mons. Montini Cardinale nel Concistoro del 15 dicembre 1958. Durante la prima sessione del Concilio Vaticano II, aperto da Papa Giovanni XXIII l’11 ottobre 1962, il card. Montini fu significativamente apprezzato per gli interventi sugli schemi De Sacra Liturgia e De Ecclesia.

 

3. Sommo Pontefice

 

    Alla morte di Papa Giovanni (3 giugno 1963), dopo un breve Conclave, fu eletto Pontefice il 21 giugno 1963, assumendo il nome di Paolo, scelto, come scrive in un appunto, «per ammirazione al­l’Apostolo-missionario, che porta il Vangelo al mondo, al suo tempo, con criteri di universalità, il prototipo della cattolicità».

    Innumerevoli furono le iniziative alle quali il Pontefice diede vita, segno della sua viva sollecitudine verso la Chiesa e il mondo contem­poraneo. Fu il primo Papa a compiere nei tempi moderni i viaggi apostolici, dalla Terra Santa all’ONU, dal Portogallo alla Turchia, dalla Colombia all’Uganda, fino all’Asia (dove subì un attentato a Manila, il 27 novembre 1970, rimanendo leggermente ferito), l’Australia e l’Oceania: occasioni che rivestirono un pro­fondo signifi­cato anche in campo ecumenico e politico. Fu artefice di un costante magistero per la pace, soprattutto in Vietnam, Medio Oriente e Africa, con vigile attenzione alla «Chiesa del silenzio» e ai Paesi dell’Est; istituì la Giornata mondiale della pace. Dotato di spiccata coscienza ecumenica, avviò iniziative di incontro con le altre confessioni e con le grandi religioni del mondo. Si pose a confronto con il pensiero e i testimoni del suo tempo, attraverso lo strumento del dialogo, con entusiasmo e coscienza critica (Lettera Enciclica Ecclesiam Suam, 1964).

    Ben note sono le vicende che caratterizzarono il suo ponti­ficato: la guida e la conclusione del Concilio, con l’applica­zione dei suoi documenti, particolarmente la riforma della liturgia e della Curia romana, sulla linea della semplicità della Chiesa; le crisi che a più riprese investivano in quegli anni il corpo ecclesiale, alle quali egli rispose ponendosi come guida per una coraggiosa trasmissione della fede; la riaffermazione della tradizione teologica sulla transustan­ziazione, per rispondere a nuove letture che deviavano dalla sua piena comprensione (Lettera Enciclica Mysterium fidei, 1965); la presentazione più consona ai tempi delle ragioni profonde della scelta celibataria presbiterale (Lettera Enciclica Sacerdotalis caelibatus); il rapporto difficile della Chiesa con il mondo del lavoro, da lui coltivato nella fedeltà all’insegnamento del magistero e nell’apertura ai nuovi contesti sociali (Lettera Apostolica Octo­gesima adveniens, 1971); l’azione lungimirante con cui si rapportò ai regimi comunisti per affermare il valore della fede e della persona umana; l’emergenza dei Paesi del terzo mondo e le sue proposte sullo sviluppo solidale (Lettera Enciclica Populorum progressio, 1967) e l’inculturazione della fede (Esortazione Apostolica Evangelii nuntiandi, 1975), in una compartecipazione affettuosa alle sofferenze dei poveri; l’attacco ai valori della vita, specialmente quella nascente, e della famiglia, contrastato con innumerevoli discorsi e la proposizione dell’enciclica sull’amore coniugale e la regolazione della natalità (Humanae vitae, 1968); la contestazione studentesca, alla quale rispose con una nuova e apprez­zata modalità di dialogo con la gioventù; gli attacchi personali, ai quali reagì abbracciando la Croce e proponendo il Vangelo con umile fortezza e straordinario amore alla Chiesa; le tensioni politiche e sociali che in alcune nazioni culminarono nella stagione del terro­rismo, cui oppose accorati interventi umanitari che commossero il mondo intero.

    Dopo una brevissima malattia, morì a Castel Gandolfo la sera del 6 agosto 1978, mentre recitava con fede il Padre Nostro.

 

4. Spiritualità

 

    Il Beato Paolo VI fu un uomo di spiritualità profonda – fondata sulla Parola di Dio, i Padri della Chiesa e i mistici – e dal carattere riservato. Umile e gentile, era assolutamente sobrio nella vita quo­ti­diana; dotato di animo fiducioso e sereno, manifestava una ecce­zionale sensibilità e umanità, arricchite da una vasta cultura; rivelò una spiccata capacità di mediazione in tutti i campi, garantendo la solidità dottrinale cattolica in un periodo di rivolgimenti ideologici. Proprio in un tale contesto risaltano ancora di più le sue virtù non comuni: una fede forte e coinvolgente, una speranza indomita e incar­nata, una carità vissuta in uniformità alla volontà di Dio come dono a tutti gli uomini.

    La preghiera, radicata nella Parola di Dio, nella liturgia, nella quotidiana adorazione del Santissimo Sacramento, lo sosteneva e fondava il cristocentrismo del suo pensiero e della sua azione, corro­borato da una significativa ed esemplare venerazione per la Madonna: da qui le motivazioni delle sue scelte e dei suoi orienta­menti. Fu prudente nelle decisioni, tenace nell’affermazione dei principi, comprensivo per le umane debolezze, sempre zelante Pastore della Chiesa.

    Uno dei più stretti e fidati collaboratori, il Card. Ugo Poletti, suo Vicario Generale per la diocesi di Roma, così ne ha tracciato, lapidariamente, la personalità umana e spirituale in rapporto alle virtù: «La sua fede, l’amore alla Chiesa, la padronanza assoluta di sé, il lungo soffrire − credo anche di solitudine spirituale, abituato come era a dare amore più che a riceverne − l’avevano allenato a una “linearità di espressione” che gli sprovveduti chiamavano “fred­dezza”. […] Solo chi ha potuto avvicinare Paolo VI può essere testimone della sua autentica santità eroica. La sua vita pubblica, severa e austera, era come un “velo di pudore” dietro il quale amava nascondere la sua verità di intimo rapporto con Dio, per amore della Chiesa e degli uomini».

 

 

"ITER" DELLA CAUSA

 

 

a) In vista della beatificazione

 

    Considerati i numerosi attestati sulla diffusa fama di santità di Papa Montini, a un anno dalla morte, il Vescovo di Brescia, con il benestare di Papa Giovanni Paolo II, cominciò a raccogliere le dichia­razioni di persone anziane o inferme per attestare le virtù eroiche del Servo di Dio.

    L’11 aprile 1993, il Card. Vicario di Roma, avuto il parere favorevole della Conferenza Episcopale Italiana ed il Nulla Osta della Congregazione delle Cause dei Santi, avviò l’Inchiesta dioce­sana che, comprendendo anche le Inchieste rogatoriali di Brescia e Milano, si concluse il 18 marzo del 1999.

    Con il decreto di validità giuridica degli atti, emanato dalla Congregazione delle Cause dei Santi il 10 novembre 2006, fu redatta la Positio super vita, virtutibus et fama sanctitatis che, conclusa il 29 maggio 2012, fu discussa e approvata, con parere unanime, sia dal Congresso peculiare dei Consultori Teologi, il 29 settembre, sia dalla Sessione ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi, il 10 dicembre dello stesso anno.

    Il 20 dicembre successivo, tenuto conto della documentazione e dei pareri espressi, Papa Benedetto XVI autorizzava la Congre­gazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto sull’eroicità delle virtù di Paolo VI.

    In vista della beatificazione, la Postulazione aveva intanto pre­sentato allo studio della Congregazione delle Cause dei Santi un’as­serita guarigione miracolosa, avvenuta negli Stati Uniti nel 2001, che la Consulta Medica del Dicastero, il 12 dicembre 2013, riconobbe scientificamente inspiegabile. Il 18 febbraio 2014, i Consultori Teolo­gi, riuniti nel Congresso peculiare, constatarono che tale guarigione era da attribuirsi all’intercessione del Venerabile Servo di Dio e i Padri Cardinali e Vescovi, radunati nella Sessione Ordinaria del 6 maggio 2014 la giudicarono vero miracolo. Infine, Papa Francesco autorizzò la Con­gregazione delle Cause dei Santi a promulgare il relativo decreto il 9 maggio 2014.

    Il 19 ottobre successivo, sul sagrato della Basilica di San Pietro, il Sommo Pontefice Francesco celebrò il solenne rito della beatifica­zione, durante l’Eucarestia conclusiva della III Assemblea Generale Straordinaria del Sinodo dei Vescovi.

 

b) In vista della canonizzazione

 

    Il felice evento della beatificazione, motivando ancor più tanti fedeli a manifestare fiducia nell’invocare Paolo VI, ha permesso alla Postulazione di considerare, come per la beatificazione, un ulteriore caso di gravidanza ad alto rischio e a probabile esito infausto per “rottura prematura pretermine delle membrane alla 13a settimana, complicata da anidramnios”, conclusosi favorevolmente con la nascita di una bambina sana il giorno di Natale del 2014.

    L’Inchiesta diocesana è stata istruita nella Curia di Verona dal 7 gennaio all’11 marzo 2017. La Congregazione delle Cause dei Santi ne ha riconosciuto la validità con decreto del 28 aprile 2017. La Consulta Medica del Dicastero, nella riunione del 26 ottobre successivo, ha espresso parere favorevole unanime, nel ritenere che la nascita e il normale sviluppo della neonata non sono spiegabili con le attuali conoscenze scientifiche.

    Nel Congresso peculiare, riunito il 14 dicembre 2017, i Consul­tori Teologi si sono una­nimemente espressi con voto affermativo, dichiarando che il felice esito della gravidanza sia da attribuirsi all’intercessione del Beato. Identico parere è stato manifestato dai Padri Cardinali e Vescovi, radunati nella Sessione ordinaria del 6 febbraio 2018.

    Il Santo Padre Francesco ha autorizzato la Congregazione delle Cause dei Santi a promulgare il decreto super miraculo.

SANTA MESSA E CANONIZZAZIONE DEI BEATI:
PAOLO VI, OSCAR ROMERO, FRANCESCO SPINELLI, VINCENZO ROMANO, 
MARIA CATERINA KASPER, NAZARIA IGNAZIA DI SANTA TERESA DI GESÙ, NUNZIO SULPRIZIO

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
Domenica, 14 ottobre 2018

 

La seconda Lettura ci ha detto che «la parola di Dio è viva, efficace e tagliente» (Eb 4,12). È proprio così: la Parola di Dio non è solo un insieme di verità o un edificante racconto spirituale, no, è Parola viva, che tocca la vita, che la trasforma. Lì Gesù in persona, Lui che è la Parola vivente di Dio, parla ai nostri cuori.

Il Vangelo, in particolare, ci invita all’incontro con il Signore, sull’esempio di quel «tale» che «gli corse incontro» (cfr Mc 10,17). Possiamo immedesimarci in quell’uomo, di cui il testo non dice il nome, quasi a suggerire che possa rappresentare ciascuno di noi. Egli domanda a Gesù come «avere in eredità la vita eterna» (v. 17). Chiede la vita per sempre, la vita in pienezza: chi di noi non la vorrebbe? Ma, notiamo, la chiede come un’eredità da avere, come un bene da ottenere, da conquistare con le sue forze. Infatti, per possedere questo bene ha osservato i comandamenti fin dall’infanzia e per raggiungere lo scopo è disposto a osservarne altri; per questo chiede: «Che cosa devo fare per avere?».

La risposta di Gesù lo spiazza. Il Signore fissa lo sguardo su di lui e lo ama (cfr v. 21). Gesù cambia prospettiva: dai precetti osservati per ottenere ricompense all’amore gratuito e totale. Quel tale parlava nei termini di domanda e offerta, Gesù gli propone una storia di amore. Gli chiede di passare dall’osservanza delle leggi al dono di sé, dal fare per sé all’essere con Lui. E gli fa una proposta di vita “tagliente”: «Vendi quello che hai e dallo ai poveri […] e vieni! Seguimi!» (v. 21). Anche a te Gesù dice: “vieni, seguimi!”. Vieni: non stare fermo, perché non basta non fare nulla di male per essere di Gesù. Seguimi: non andare dietro a Gesù solo quando ti va, ma cercalo ogni giorno; non accontentarti di osservare dei precetti, di fare un po’ di elemosina e dire qualche preghiera: trova in Lui il Dio che ti ama sempre, il senso della tua vita, la forza di donarti.

Ancora Gesù dice: «Vendi quello che hai e dallo ai poveri». Il Signore non fa teorie su povertà e ricchezza, ma va diretto alla vita. Ti chiede di lasciare quello che appesantisce il cuore, di svuotarti di beni per fare posto a Lui, unico bene. Non si può seguire veramente Gesù quando si è zavorrati dalle cose. Perché, se il cuore è affollato di beni, non ci sarà spazio per il Signore, che diventerà una cosa tra le altre. Per questo la ricchezza è pericolosa e – dice Gesù – rende difficile persino salvarsi. Non perché Dio sia severo, no! Il problema è dalla nostra parte: il nostro troppo avere, il nostro troppo volere ci soffocano, ci soffocano il cuore e ci rendono incapaci di amare. Perciò San Paolo ricorda che «l’avidità del denaro è la radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10). Lo vediamo: dove si mettono al centro i soldi non c’è posto per Dio e non c’è posto neanche per l’uomo.

Gesù è radicale. Egli dà tutto e chiede tutto: dà un amore totale e chiede un cuore indiviso. Anche oggi si dà a noi come Pane vivo; possiamo dargli in cambio le briciole? A Lui, fattosi nostro servo fino ad andare in croce per noi, non possiamo rispondere solo con l’osservanza di qualche precetto. A Lui, che ci offre la vita eterna, non possiamo dare qualche ritaglio di tempo. Gesù non si accontenta di una “percentuale di amore”: non possiamo amarlo al venti, al cinquanta o al sessanta per cento. O tutto o niente.

Cari fratelli e sorelle, il nostro cuore è come una calamita: si lascia attirare dall’amore, ma può attaccarsi da una parte sola e deve scegliere: o amerà Dio o amerà la ricchezza del mondo (cfr Mt 6,24); o vivrà per amare o vivrà per sé (cfr Mc 8,35). Chiediamoci da che parte stiamo. Chiediamoci a che punto siamo nella nostra storia di amore con Dio. Ci accontentiamo di qualche precetto o seguiamo Gesù da innamorati, veramente disposti a lasciare qualcosa per Lui? Gesù interroga ciascuno di noi e tutti noi come Chiesa in cammino: siamo una Chiesa che soltanto predica buoni precetti o una Chiesa-sposa, che per il suo Signore si lancia nell’amore? Lo seguiamo davvero o ritorniamo sui passi del mondo, come quel tale? Insomma, ci basta Gesù o cerchiamo tante sicurezze del mondo? Chiediamo la grazia di saper lasciare per amore del Signore: lasciare ricchezze, lasciare nostalgie di ruoli e poteri, lasciare strutture non più adeguate all’annuncio del Vangelo, i pesi che frenano la missione, i lacci che ci legano al mondo. Senza un salto in avanti nell’amore la nostra vita e la nostra Chiesa si ammalano di «autocompiacimento egocentrico» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 95): si cerca la gioia in qualche piacere passeggero, ci si rinchiude nel chiacchiericcio sterile, ci si adagia nella monotonia di una vita cristiana senza slancio, dove un po’ di narcisismo copre la tristezza di rimanere incompiuti.

Fu così per quel tale, che – dice il Vangelo – «se ne andò rattristato» (v. 22). Si era ancorato ai precetti e ai suoi molti beni, non aveva dato il cuore. E, pur avendo incontrato Gesù e ricevuto il suo sguardo d’amore, se ne andò triste. La tristezza è la prova dell’amore incompiuto. È il segno di un cuore tiepido. Invece, un cuore alleggerito di beni, che libero ama il Signore, diffonde sempre la gioia, quella gioia di cui oggi c’è grande bisogno. Il santo Papa Paolo VI scrisse: «È nel cuore delle loro angosce che i nostri contemporanei hanno bisogno di conoscere la gioia, di sentire il suo canto» (Esort. ap. Gaudete in Domino, I). Gesù oggi ci invita a ritornare alle sorgenti della gioia, che sono l’incontro con Lui, la scelta coraggiosa di rischiare per seguirlo, il gusto di lasciare qualcosa per abbracciare la sua via. I santi hanno percorso questo cammino.

L’ha fatto Paolo VI, sull’esempio dell’Apostolo del quale assunse il nome. Come lui ha speso la vita per il Vangelo di Cristo, valicando nuovi confini e facendosi suo testimone nell’annuncio e nel dialogo, profeta di una Chiesa estroversa che guarda ai lontani e si prende cura dei poveri. Paolo VI, anche nella fatica e in mezzo alle incomprensioni, ha testimoniato in modo appassionato la bellezza e la gioia di seguire Gesù totalmente. Oggi ci esorta ancora, insieme al Concilio di cui è stato il sapiente timoniere, a vivere la nostra comune vocazione: la vocazione universale alla santità. Non alle mezze misure, ma alla santità. È bello che insieme a lui e agli altri santi e sante odierni ci sia Mons. Romero, che ha lasciato le sicurezze del mondo, persino la propria incolumità, per dare la vita secondo il Vangelo, vicino ai poveri e alla sua gente, col cuore calamitato da Gesù e dai fratelli. Lo stesso possiamo dire di Francesco Spinelli, di Vincenzo Romano, di Maria Caterina Kasper, di Nazaria Ignazia di Santa Teresa di Gesù e anche del nostro ragazzo abruzzese-napoletano, Nunzio Sulprizio: il santo giovane, coraggioso, umile che ha saputo incontrare Gesù nella sofferenza, nel silenzio e nell'offerta di sé stesso. Tutti questi santi, in diversi contesti, hanno tradotto con la vita la Parola di oggi, senza tiepidezza, senza calcoli, con l’ardore di rischiare e di lasciare. Fratelli e sorelle, il Signore ci aiuti a imitare i loro esempi.

SANTA MESSA 
PER LA CONCLUSIONE DEL SINODO STRAORDINARIO SULLA FAMIGLIA 
E BEATIFICAZIONE DEL SERVO DI DIO PAPA PAOLO VI

OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

Piazza San Pietro
Domenica, 19 ottobre 2014

 

Abbiamo appena ascoltato una delle frasi più celebri di tutto il Vangelo: «Rendete dunque a Cesare quello che è di Cesare e a Dio quello che è di Dio» (Mt 22,21).

Alla provocazione dei farisei che, per così dire, volevano fargli l’esame di religione e condurlo in errore, Gesù risponde con questa frase ironica e geniale. È una risposta ad effetto che il Signore consegna a tutti coloro che si pongono problemi di coscienza, soprattutto quando entrano in gioco le loro convenienze, le loro ricchezze, il loro prestigio, il loro potere e la loro fama. E questo succede in ogni tempo, da sempre.

L’accento di Gesù ricade certamente sulla seconda parte della frase: «E (rendete) a Dio quello che è di Dio». Questo significa riconoscere e professare - di fronte a qualunque tipo di potere - che Dio solo è il Signore dell'uomo, e non c’è alcun altro. Questa è la novità perenne da riscoprire ogni giorno, vincendo il timore che spesso proviamo di fronte alle sorprese di Dio.

Lui non ha paura delle novità! Per questo, continuamente ci sorprende, aprendoci e conducendoci a vie impensate. Lui ci rinnova, cioè ci fa “nuovi” continuamente. Un cristiano che vive il Vangelo è “la novità di Dio” nella Chiesa e nel Mondo. E Dio ama tanto questa “novità”! «Dare a Dio quello che è di Dio», significa aprirsi alla Sua volontà e dedicare a Lui la nostra vita e cooperare al suo Regno di misericordia, di amore e di pace.

Qui sta la nostra vera forza, il fermento che la fa lievitare e il sale che dà sapore ad ogni sforzo umano contro il pessimismo prevalente che ci propone il mondo. Qui sta la nostra speranza perché la speranza in Dio non è quindi una fuga dalla realtà, non è un alibi: è restituire operosamente a Dio quello che Gli appartiene. È per questo che il cristiano guarda alla realtà futura, quella di Dio, per vivere pienamente la vita - con i piedi ben piantati sulla terra - e rispondere, con coraggio, alle innumerevoli sfide nuove.

Lo abbiamo visto in questi giorni durante il Sinodo straordinario dei Vescovi – “Sinodo” significa «camminare insieme». E infatti, pastori e laici di ogni parte del mondo hanno portato qui a Roma la voce delle loro Chiese particolari per aiutare le famiglie di oggi a camminare sulla via del Vangelo, con lo sguardo fisso su Gesù. È stata una grande esperienza nella quale abbiamo vissuto lasinodalità e la collegialità, e abbiamo sentito la forza dello Spirito Santo che guida e rinnova sempre la Chiesa chiamata, senza indugio, a prendersi cura delle ferite che sanguinano e a riaccendere la speranza per tanta gente senza speranza.

Per il dono di questo Sinodo e per lo spirito costruttivo offerto da tutti, con l’Apostolo Paolo: «Rendiamo sempre grazie a Dio per tutti voi, ricordandovi nelle nostre preghiere» (1Ts 1,2). E lo Spirito Santo che in questi giorni operosi ci ha donato di lavorare generosamente con vera libertà e umile creatività, accompagni ancora il cammino che, nelle Chiese di tutta la terra, ci prepara al Sinodo Ordinario dei Vescovi del prossimo ottobre 2015. Abbiamo seminato e continueremo a seminare con pazienza e perseveranza, nella certezza che è il Signore a far crescere quanto abbiamo seminato (cfr 1Cor 3,6).

In questo giorno della beatificazione di Papa Paolo VI mi ritornano alla mente le sue parole, con le quali istituiva il Sinodo dei Vescovi: «scrutando attentamente i segni dei tempi, cerchiamo di adattare le vie ed i metodi ... alle accresciute necessità dei nostri giorni ed alle mutate condizioni della società» (Lett. ap. Motu proprio Apostolica sollicitudo).

Nei confronti di questo grande Papa, di questo coraggioso cristiano, di questo instancabile apostolo, davanti a Dio oggi non possiamo che dire una parola tanto semplice quanto sincera ed importante: grazie! Grazie nostro caro e amato Papa Paolo VI! Grazie per la tua umile e profetica testimonianza di amore a Cristo e alla sua Chiesa!

Nelle sue annotazioni personali, il grande timoniere del Concilio, all’indomani della chiusura dell’Assise conciliare, scrisse: «Forse il Signore mi ha chiamato e mi tiene a questo servizio non tanto perché io vi abbia qualche attitudine, o affinché io governi e salvi la Chiesa dalle sue presenti difficoltà, ma perché io soffra qualche cosa per la Chiesa, e sia chiaro che Egli, e non altri, la guida e la salva» (P. Macchi, Paolo VI nella sua parola, Brescia 2001, pp. 120-121). In questa umiltà risplende la grandezza del Beato Paolo VI che, mentre si profilava una società secolarizzata e ostile, ha saputo condurre con saggezza lungimirante - e talvolta in solitudine - il timone della barca di Pietro senza perdere mai la gioia e la fiducia nel Signore.

Paolo VI ha saputo davvero dare a Dio quello che è di Dio dedicando tutta la propria vita all’«impegno sacro, solenne e gravissimo: quello di continuare nel tempo e di dilatare sulla terra la missione di Cristo» (Omelia nel Rito di IncoronazioneInsegnamenti I, (1963), 26),  amando la Chiesa e guidando la Chiesa perché fosse «nello stesso tempo madre amorevole di tutti gli uomini e dispensatrice di salvezza» (Lett. enc. Ecclesiam SuamPrologo).

 

LITTERAE APOSTOLICAE

de peracta beatificatione

 

FRANCISCUS PP.

ad perpetuam rei memoriam

 

 

    «Omne conspicimus tempus, quo Dominus Ecclesiam suam Nobis commisit; et Quos licet ultimum indignumque Petri Succes­sorem habeamus, Eosdem tamen animadvertimus hoc in supremo limine sustentari ac conscientia suffulciri Nos indefesse iterasse coram Ecclesia et mundo: “Tu es Christus, Filius Dei vivi” (Mt 16, 16); et Nos quoque, ut Apostolum, dici posse sentimus: “Bonum certamen certavi, cursum consummavi, fidem servavi” (2 Tim 4,7)» (Homilia in XV anniversarium a ministerio Petrino inito, die XXIX mensis Iunii anno MCMLXXVIII).

    Occursum cum Patre praesentiens instantem, Venerabilis Servus Dei Paulus VI (in saeculo: Ioannes Baptista Montini) in extrema homi­lia summam suam profitetur fidem in Christo Domino. Quae agit eadem sancti Petri apud Caesaream Philippi renuntiata revocans verba, antequam a Christo mandatus erat, ut vicariam Ecclesiae eius acciperet gubernationem. Formulam Petrinam adhibens, Paulus VI Summi Pontificis ministerium se conscie exercuisse confirmat atque publica plenaque ex animi ratione semper se intentum in Divinae voluntati adhaerendum vixisse confitetur, Ecclesiam et mundum commone­faciens personam humanam talem esse, dummodo ea tota totaque eius navitas cum Christo Redemptore hominis communi­cantes operentur.

    Venerabilis Servus Dei in vico Concesio prope Brixiam die XXVI mensis Septembris anno MDCCCXCVII natus est e familia spiri­tualibus socialibusque negotiis religiosae ac civilis vitae vicesimi saeculi ineuntis districta. Per testimonium amoris parentum interioris vitae et orationis, praesertim a matre, didicit sensum; pater vero catholica actuositate constanter in publicis consuetudinibus prose­quenda atque Ecclesiae doctrinae ac Summi Pontificis observantia eum instituit. Studia scholae primariae et gymnasii apud Societatem Iesu peregit et, adulescentiae aetate, apud Oratorianos a Pace Brixienses, sub quorum lare, post aliquos spirituales apud monachos Benedictinos et Camaldu­lenses recessus, se ad presbyteratum vocari paulatim comperit. Post infirmae valetudinis superatas aerumnas, Seminarium Brixiense tam­quam alumnus externus frequentavit, quod ei permisit, ut propius in humanorum negotiorum lugendique belli partem esset atque institutionem theologicam humanumque cultum exquisitioribus cumulatis cognitionibus adaugeret. Die XXIX mensis Maii anno MCMXX presbyteratu auctus, licet pastorali ministerio in paroecia attendere maluerit, Romam tamen apud Seminarium Lango­bardum missus est, ut studia persequeretur. Post lauream in philo­sophia adeptam, Pontificiam Academiam Ecclesiasticam frequentavit et novas deinde rettulit laureas Mediolani in iure canonico et apud Pontificiam Universitatem Studiorum Lateranensem in iure civili.

    In legatorum ordinem productus, eorum negotiis nisu ac magna Divinae Providentiae dispositorum fiducia institit, sicuti tempore brevis commorationis in Polonia, aestate anni MCMXXIII, tamquam addictus Nuntiaturae Apostolicae. Eodem exacto anno, Secretariam Status ingressus est, ubi triginta annos mansit, usque ad munera Substituti anno MCMXXXVII et Prosecretarii Status anno MCMLII procedens. Etiam implicatis in adiunctis officii administrativi, in muneribus diplomaticis enisus est, sicut ars audiendi et pacis conci­liandae; praesertim vero finem coluit sese «totum Christo sacerdotali more» tradendi: ministerium enim exercuit apud paroeciam Sanctae Annae et apud ecclesiam Sancti Peregrini burgu­lisque Urbis sive spiritualiter sive caritatis subsidio assedit Conferentiasque Sancti Vincentii instituit ac probatus etiam fuit praedicator. Ab anno MCMXXIII ineunte, decem annos munere Asses­soris Foederationis Universitariae Catholicae functus est, iuvenibus sapientis liberaeque fidei testimonium perhibens etiam coram reluctationibus tunc vigentis regiminis, humanique cultus iugiter veritatis sitientis et in partium communicationem proclivis atque navae denique caritatis. Eo exinde fidelis Sanctae Sedi ministerii tempore multa confecit itinera pastoralia et culturalia, necessitudines per ubique orbis colendi etiam cum non catholicis atque motus oecumenici innumeros conveniendi procura­tores fruens facultate. Ineunte secundo totius mundi bello, Venerabilis Servus Dei de profugis et iudaeis suscipiendis strenua sollicitudine molitus est, qui palam victimae persecutionis erant ab asseclis patratae regiminis nazistarum dominatum nationis suae illo tempore exagitantium, atque Officio in Civitate Vaticana pro militibus et civilibus captis vel dispersis quaerendis praefuit.

    Die I mensis Novembris anno MCMLIV Archiepiscopus Medio­lanensis electus, Ambrosianam Archidioecesim usque ad annum MCMLXIII rexit. Praecipuus hic Ecclesiae una et rerum novarum rationis usus indefessa navitate eum occupavit in angustiis populi «in nomine Domini», iuxta episcopalem suam sententiam, consulendo. Peculiari studio operariorum vacavit novorumque pauperum, quos oeconomicus provectus expromit, reiectorumque et suburbiorum necessitatibus. Centum viginti et tres novas ecclesias extruendas curavit atque magnas memorandasque in urbe Mediolanensi ad populum instituit missiones et officia pro miseriis societatis repu­gnandis tunc inaudita necnon instrumenta nova communicationis suscitavit, ut viventis fidei summae altius perquirendae eiusdemque virtutis evangelizationis cumulandae proposita assequeretur. Anno MCMLVIII ad dignitatem cardinalis evectus, Archidioecesi in Conci­lium comparandae summopere cavit.

    Die XXI mensis Iunii anno MCMLXIII Successor Petri electus, Pauli VI sumpsit nomen, ad exemplaris instar suscepto Apostolo, quem inde a iuventute recensuerat. Animi mediocritate patientiaque et constantia, traditionem perseverans simulque colloquium cum mun­do aetatis suae Ecclesiae suadens, Concilium a Praecessore suo et amico beato Ioanne XXIII initum confecit. Multas inter difficultates docu­menta Concilii exegit et instaurationes ecclesiales, imprimis liturgiae et Curiae, paupertate caritateque Ecclesiae magistris, provexit. Magisterium pro pace comparavit praecelsum, cuius Diem Mundialem instituit. Eodem spiritu, conventus oecumenicos fovit, qui verus agnitionis caritatisque aditus fuerunt, eodemque missionis fervore, quae fidem tradendam proveherent et christianae concordiae fratrum celebrarent cardines, apostolicorum itinerum inchoavit aetatem, omnia visitans Continentia.

    Anno MCMLXIV primas suas Litteras encyclicas Ecclesiam suam scripsit, quibus methodum «Colloquii salutis», uti nuncupabatur, in Ecclesiam cum mundo agentem infulsit, Ecclesiae angustiis firma fidei reddens traditione, qua fundamentum doctrinae evanidis aetatis suae evertentibus notionibus praestitit. Manifesta medii sociatrice gratia in omnibus emicuit, in consiliis ineundis prudens, in principiis affir­mandis patiens, humanae fragilitati indulgens. Operarios saepius visitans, sicuti Tarenti die Nativitatis dominicae anno MCMLXVIII fecit, et magisterii sui virtute vigilem sociamque rerum socialium sollicitudinem Ecclesiae confirmavit. Familiae ipsiusque vitae pretium contra tunc grassans divortii abortusque praeconium strenue defendit. Contentionibus politicis ac socialibus aliquas apud nationes regimen procudentibus terroris refragatus est, cui mesta humanae misericordiae subsidia obiecit, quae universum commoverunt orbem. Verecunda humilique honestatus est indole et urbana, fidenti submis­soque animo ac sollicitudine clementiaque mira. Vir spiritualitatis eximiae, quae ex Sacris Scripturis Patribusque Ecclesiae et mysticorum disciplina consistebat, fidem firmam spemque certam et caritatem pudicam ostendit, quam cotidiane interiore morum parcitate vixit. Oratio eius, quae Verbo Dei, liturgiae et cotidianae Sanctissimi Sacramenti adorationi radicitus innitebatur, Christum habebat principium, sicuti restituta Viae Crucis devotio ipsa in Amphiteathro Flavio testatur, et singulari erga Beatissimam Mariam Virginem exemplarique sufful­ciebatur pietate. luvenes iam inde a primordiis ministerii sui dilexit iisdemque et universis christifidelibus vias gaudiosas fidei et «civitatis amoris» significavit. Arce Gandulphi die VI mensis Augusti anno MCMLXXVIII pie in Domino quievit in festo Transfigurationis Domini, dum Orationem dominicam pronuntiabat, post supremum dilectae suae Ecclesiae, pro qua vitam reddiderat, imploratam unitatem, indefessam erga mundum et humanum genus suam profitens dilectionem.

    Apud Vicariatum Urbis inter diem XI mensis Aprilis anno MCMXCIII ac diem XVIII mensis Martii anno MCMXCIX Inquisitio Dioecesana celebrata est ac simul, inter annos MCMXCIV et MCMXCV, apud Curias Archiepiscopalem Mediolanensem et Episcopalem Bri­xiensem lnquisitiones Rogatoriales. Omnibus iure requisitis expletis, clarus Decessor Noster Benedictus XVI die xx mensis Decembris anno MCMXII decrevit eum virtutes theologales, cardinales iisque adnexas in modum heroum coluisse.

    Beatificatione respectu dein subiecta est mira asserta sanatio, quam Medicorum Collegium Congregationis de Causis Sanctorum die XII mensis Decembris anno MMXIII inexplicabilem secundum hodiernam scientiam medicam fuisse affirmavit. Die XVIII mensis Februarii anno MMXIV, Congressus Peculiaris Consultorum Theolo­gorum prospero cum exitu tantam sanationem Venerabilis Servi Dei intercessioni tribuit ac, die VI mensis Maii eodem anno, Sessio Ordinaria Patrum Cardinalium et Episcoporum de miraculo divinitus patrato constare confirmavit.

    Nosmet Ipsi concessimus, ut Congregatio de Causis Sanctorum Decretum super miraculo die IX mensis Maii anno MMXIV promulgaret atque statuimus, proinde, ut ritus Beatificationis die XIX mensis Octobris anno MMXV in Foro ante Patriarchalem Basilicam Vaticanam perageretur.

    Hodie igitur Nosmet in Foro ante Basilicam Papalem Sancti Petri immensa adstante multitudine gentium fere ex omni populo, lingua et natione, Beatificationis ritui perlibenter praesidentes, hanc formulam pronuntiamus, qua Venerabilem Servum Dei Paulum VI (in saeculo: Ioannem Baptistam Montini) in Beatorum numerum adscribimus:

    Nos, vota Fratris Nostri Luciani Monari, Episcopi Brixiensis, necnon plurimorum aliorum Fratrum in Episcopatu multorumque christifidelium explentes, de Congregationis de Causis Sanctorum consulto, auctoritate Nostra Apostolica facultatem facimus, ut Venerabilis Servus Dei Paulus VI, papa, Beati nomine in posterum appelletur eiusque festum die vicesima sexta mensis Septembris in locis et modis iure statutis quotannis celebrari possit. In nomine Patris et Fili i et Spiritus Sancti.

    Quae autem his Litteris decrevimus, nunc et in posterum rata et firma esse volumus, contrariis quibuslibet rebus minime obstantibus.

    Datum Romae, apud Sanctum Petrum, sub anulo Piscatoris, die XIX mensis Octobris, anno Domini bismillesimo decimo quarto, Pontificatus Nostri secundo.

 

De mandato Summi Pontificis

Petrus Card. Parolin

 

Loco Sigilli

In Secret. Status tab. n. 50.958