Rosa Venerini

Rosa Venerini

(1656-1728)

Beatificazione:

- 04 maggio 1952

- Papa  Pio XII

Canonizzazione:

- 15 ottobre 2006

- Papa  Benedetto XVI

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 7 maggio

Vergine, fondatrice della Congregazione delle Maestre Pie Venerini, aprì le prime scuole in Italia per l’istruzione della gioventù femminile

  • Biografia
  • Omelia
  • la spiritualità
"Io mi trovo tanto inchiodata nella divina volontà, che non m'importa né morte, né vita: voglio vivere quanto egli vuole, e voglio servirlo quanto a lui piace e niente più"

 

Rosa Venerini nacque a Viterbo, il 9 febbraio 1656. Il padre, Goffredo, originario di Castelleone di Suasa (Ancona), dopo aver conseguito la laurea in medicina a Roma, si trasferì a Viterbo ed esercitò brillantemente la professione di medico nell’Ospedale Grande. Dal suo matrimonio con Marzia Zampichetti, di antica famiglia viterbese, nacquero quattro figli: Domenico, Maria Maddalena, Rosa, Orazio.

Rosa fu dotata dalla natura di intelligenza e di sensibilità umana non comuni. L’educazione ricevuta in famiglia le permise di sviluppare i numerosi talenti di mente e di cuore e di formarsi a saldi principi cristiani. All’età di sette anni, secondo il suo primo biografo, Padre Girolamo Andreucci S.I. fece voto di consacrare a Dio la sua vita. Durante la prima giovinezza, visse il conflitto tra le attrattive del mondo e la promessa fatta a Dio. Superò la crisi con la preghiera fiduciosa e la mortificazione.

A 20 anni, Rosa si interrogava sul proprio futuro. La donna dei suoi tempi poteva scegliere solo due orientamenti di vita: il matrimonio o la clausura. Rosa stimava l’una e l’altra via, ma si sentiva chiamata a realizzare un altro progetto a vantaggio della Chiesa e della società del suo tempo. Spinta da istanze interiori profetiche, impiegò molto tempo, nella sofferenza e nella ricerca, prima di giungere ad una soluzione del tutto innovativa.

Nell’autunno del 1676, d’intesa con suo padre, Rosa entrò in educazione nel monastero domenicano di Santa Caterina a Viterbo con la prospettiva di realizzare il suo voto. Accanto alla zia Anna Cecilia imparò ad ascoltare Dio nel silenzio e nella meditazione. Rimase nel monastero pochi mesi perché la morte prematura del padre la costrinse a tornare accanto alla mamma sofferente.

Negli anni immediatamente successivi Rosa dovette farsi carico di avvenimenti gravi per la sua famiglia: a soli 27 anni di età morì il fratello Domenico e, pochi mesi dopo, lo seguì la madre che non resse al dolore. Nel frattempo Maria Maddalena si era sposata.

Rimanevano in casa soltanto Orazio e Rosa che aveva ormai 24 anni. Spinta dal desiderio di fare qualcosa di grande per Dio, nel maggio del 1684, Rosa iniziò a radunare nella propria abitazione le fanciulle e le donne del vicinato per la recita del Rosario. Il modo di pregare delle giovani e delle mamme, ma soprattutto i dialoghi che precedevano o seguivano la preghiera aprirono la mente e il cuore di Rosa sulla triste realtà: la donna del popolo era schiava della povertà culturale, morale e spirituale. Capì allora che il Signore la chiamava ad una missione più alta che, gradualmente, individuò nell’urgenza di dedicarsi all’istruzione e alla formazione cristiana delle giovani, non con incontri sporadici, ma con una scuola intesa nel senso vero e proprio della parola.

Il 30 agosto 1685, con l’approvazione del Vescovo di Viterbo, Card. Urbano Sacchetti e la collaborazione di due Compagne, Gerolama Coluzzelli e Porzia Bacci, Rosa lasciò la casa paterna per dare inizio alla sua prima scuola, progettata secondo un disegno originale che aveva maturato nella preghiera e nella ricerca della volontà di Dio. Il primo obiettivo era quello di dare alle fanciulle del popolo una completa formazione cristiana e prepararle alla vita civile. Senza grandi pretese, Rosa aveva aperto la prima « Scuola pubblica femminile in Italia ». Le origini erano umili, ma la portata era profetica: la promozione umana e l’elevazione spirituale della donna erano una realtà che non avrebbe tardato ad avere il riconoscimento delle Autorità religiose e civili.

Gli inizi non furono facili. Le tre maestre dovettero affrontare le resistenze del clero che si vedeva privato dell’ufficio esclusivo di insegnare il catechismo. Ma la diffidenza più cruda veniva dai benpensanti che erano scandalizzati dall’audacia di questa donna dell’alta borghesia viterbese che prendeva a cuore l’educazione delle fanciulle di basso rango.

Rosa affrontò tutto per amore di Dio e con la forza che le era propria e continuò nel cammino che aveva intrapreso, ormai certa di essere nel vero progetto di Dio.

I frutti le diedero ragione: gli stessi parroci si resero conto del risanamento morale che l’opera educativa generava tra le fanciulle e le mamme. La validità dell’iniziativa fu riconosciuta e la fama oltrepassò i confini della Diocesi.

Il Cardinale Marco Antonio Barbarigo, Vescovo di Montefiascone, capì la genialità del progetto viterbese e chiamò la Santa nella sua Diocesi. La Fondatrice, sempre pronta a sacrificarsi per la gloria di Dio, rispose all’invito: dal 1692 al 1694 aprì una decina di scuole a Montefiascone e nei paesi intorno al lago di Bolsena. Il Cardinale forniva i mezzi materiali e Rosa coscientizzava le famiglie, preparava le maestre e organizzava la scuola.

Quando dovette tornare a Viterbo per attendere al consolidamento della sua prima opera, Rosa affidò le scuole e le maestre alla direzione di una giovane, Santa Lucia Filippini, di cui aveva intravisto le particolari doti di mente, di cuore e di spirito.

Dopo le aperture di Viterbo e di Montefiascone, altre scuole vennero istituite nel Lazio.

Rosa raggiunse Roma nel 1706, ma la prima esperienza romana fu per lei un vero fallimento che la segnò profondamente e la costrinse ad aspettare sei lunghi anni prima di riavere la fiducia delle Autorità. L’8 dicembre del 1713, con l’aiuto dell’Abate Degli Atti, grande amico della famiglia Venerini, Rosa poté aprire una sua scuola al centro di Roma, alle pendici del Campidoglio.

Il 24 ottobre 1716 ricevette la visita del Papa Clemente XI che, accompagnato da otto Cardinali, volle assistere alle lezioni. Meravigliato e compiaciuto, alla fine della mattinata, si rivolse alla Fondatrice con queste parole: « Signora, Rosa, voi fate quello che Noi non possiamo fare, Noi molto vi ringraziamo perché con queste scuole santificherete Roma».

Da quel momento, Governatori e Cardinali chiesero le scuole per le loro terre. L’impegno della Fondatrice diventò intenso, fatto di peregrinazioni e di fatiche per la formazione delle nuove comunità, intessuto di gioie e di sacrifici. Dove sorgeva una nuova scuola, in breve si notava un risanamento morale della gioventù.

Rosa Venerini morì santamente nella Casa di San Marco in Roma, la sera del 7 maggio 1728. Aveva aperto più di 40 scuole. Le sue spoglie vennero tumulate nella vicina Chiesa del Gesù, da lei tanto amata. Nel 1952, in occasione della Beatificazione, furono trasferite nella cappella della Casa Generalizia, a Roma.

CAPPELLA PAPALE PER LA CANONIZZAZIONE DI 4 BEATI

 RAFAEL GUÍZAR VALENCIA (1878 – 1938)
FILIPPO SMALDONE (1848 – 1923) 
ROSA VENERINI (1656 – 1728) 
THÉODORE GUÉRIN (1798 – 1856)

 

OMELIA DI SUA SANTITÀ BENEDETTO XVI

Piazza San Pietro
Domenica, 15 ottobre 2006

 

Cari fratelli e sorelle!

Quattro nuovi Santi vengono oggi proposti alla venerazione della Chiesa universale: Rafael Guízar y ValenciaFilippo SmaldoneRosa Venerini e Théodore Guérin. I loro nomi saranno ricordati per sempre. Per contrasto, viene subito da pensare al "giovane ricco", di cui parla il Vangelo appena proclamato. Questo giovane è rimasto anonimo; se avesse risposto positivamente all'invito di Gesù, sarebbe diventato suo discepolo e probabilmente gli Evangelisti avrebbero registrato il suo nome. Da questo fatto si intravede subito il tema della Liturgia della Parola di questa domenica: se l'uomo ripone la sua sicurezza nelle ricchezze di questo mondo non raggiunge il senso pieno della vita e la vera gioia; se invece, fidandosi della parola di Dio, rinuncia a se stesso e ai suoi beni per il Regno dei cieli, apparentemente perde molto, in realtà guadagna tutto. Il Santo è proprio quell'uomo, quella donna che, rispondendo con gioia e generosità alla chiamata di Cristo, lascia ogni cosa per seguirlo. Come Pietro e gli altri Apostoli, come Santa Teresa di Gesù che oggi ricordiamo, e innumerevoli altri amici di Dio, anche i nuovi Santi hanno percorso questo esigente, ma appagante itinerario evangelico ed hanno ricevuto "il centuplo" già nella vita terrena insieme con prove e persecuzioni, e poi la vita eterna.

Gesù, dunque, può veramente garantire un'esistenza felice e la vita eterna, ma per una via diversa da quella che immaginava il giovane ricco: non cioè mediante un'opera buona, una prestazione legale, bensì nella scelta del Regno di Dio quale "perla preziosa" per la quale vale la pena di vendere tutto ciò che si possiede (cfr Mt 13, 45-46). Il giovane ricco non riesce a fare questo passo. Malgrado sia stato raggiunto dallo sguardo pieno d'amore di Gesù (cfr Mc 10, 21), il suo cuore non è riuscito a distaccarsi dai molti beni che possedeva. Ecco allora l'insegnamento per i discepoli: "Quanto difficilmente coloro che hanno ricchezze entreranno nel regno di Dio!" (Mc 10, 23). Le ricchezze terrene occupano e preoccupano la mente e il cuore. Gesù non dice che sono cattive, ma che allontanano da Dio se non vengono, per così dire, "investite" per il Regno dei cieli, spese cioè per venire in aiuto di chi è nella povertà.

Comprendere questo è frutto di quella sapienza di cui parla la prima Lettura. Essa - ci è stato detto - è più preziosa dell'argento e dell'oro, anzi della bellezza, della salute e della stessa luce, "perché non tramonta lo splendore che ne promana" (Sap 7, 10). Ovviamente, questa sapienza non è riducibile alla sola dimensione intellettuale. È molto di più; è "la Sapienza del cuore", come la chiama il Salmo 89. È un dono che viene dall'alto (cfr Gc 3, 17), da Dio, e si ottiene con la preghiera (cfr Sap 7, 7). Essa infatti non è rimasta lontana dall'uomo, si è fatta vicina al suo cuore (cfr Dt 30, 14), prendendo forma nella legge della Prima Alleanza stretta tra Dio e Israele mediante Mosè. Nel Decalogo è contenuta la Sapienza di Dio. Per questo Gesù afferma nel Vangelo che per "entrare nella vita" è necessario osservare i comandamenti (cfr Mc 10, 19). È necessario, ma non sufficiente! Infatti, come dice San Paolo, la salvezza non viene dalla legge, ma dalla Grazia. E San Giovanni ricorda che la legge l'ha data Mosè, mentre la Grazia e la Verità sono venute per mezzo di Gesù Cristo (cfr Gv 1, 17). Per giungere alla salvezza bisogna dunque aprirsi nella fede alla grazia di Cristo, il quale però a chi gli si rivolge pone una condizione esigente: "Vieni e seguimi" (Mc 10, 21). I Santi hanno avuto l'umiltà e il coraggio di rispondergli "sì", e hanno rinunciato a tutto per essere suoi amici. Così hanno fatto i quattro nuovi Santi, che oggi particolarmente veneriamo. In essi ritroviamo attualizzata l'esperienza di Pietro: "Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito" (Mc 10, 28). Il loro unico tesoro è in cielo: è Dio.

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci aiuta a comprendere la figura di San Rafael Guízar y Valencia, Vescovo di Veracruz nell'amata nazione messicana, come un esempio di colui che ha lasciato tutto per "seguire Gesù". Questo Santo fu fedele alla parola divina, "viva ed efficace", che penetra nel più profondo dello spirito (cfr Eb 4, 12). Imitando Cristo povero rinunciò ai suoi beni e non accettò mai i doni dei potenti, oppure li ridonava subito. Per questo ricevette "cento volte tanto" e poté così aiutare i poveri, anche nelle "persecuzioni" senza tregua (cfr Mc 10, 30). La sua carità vissuta in grado eroico fece sì che lo chiamassero il "Vescovo dei poveri". Nel suo ministero sacerdotale e poi episcopale, fu un instancabile predicatore di missioni popolari, il modo più adeguato a quel tempo per evangelizzare le genti, usando il suo Catechismo della dottrina cristiana. Essendo la formazione dei sacerdoti una delle sue priorità, riaprì il seminario, che considerava "la pupilla dei suoi occhi" e per questo era solito dire: "A un Vescovo possono mancare la mitra, il pastorale e persino la cattedrale, ma non può mancargli il seminario, poiché dal seminario dipende il futuro della sua Diocesi". Con questo profondo senso di paternità sacerdotale affrontò nuove persecuzioni ed esilî, ma garantendo sempre la preparazione degli studenti. Che l'esempio di San Rafael Guízar y Valencia sia una chiamata per i fratelli Vescovi e sacerdoti a considerare come fondamentale nei programmi pastorali, oltre allo spirito di povertà e dell'evangelizzazione, la promozione delle vocazioni sacerdotali e religiose, e la loro formazione secondo il cuore di Gesù!

San Filippo Smaldone, figlio del Meridione d'Italia, seppe trasfondere nella sua vita le migliori virtù proprie della sua terra. Sacerdote dal cuore grande, nutrito di costante preghiera e di adorazione eucaristica, fu soprattutto testimone e servo della carità, che manifestava in modo eminente nel servizio ai poveri, in particolare ai sordomuti, ai quali dedicò tutto se stesso. L'opera che egli iniziò prosegue grazie alla Congregazione delle Suore Salesiane dei Sacri Cuori da lui fondata, e che è diffusa in diverse parti d'Italia e del mondo. Nei sordomuti San Filippo Smaldone vedeva riflessa l'immagine di Gesù, ed era solito ripetere che, come ci si prostra davanti al Santissimo Sacramento, così bisogna inginocchiarsi dinanzi ad un sordomuto. Raccogliamo dal suo esempio l'invito a considerare sempre indissolubili l'amore per l'Eucaristia e l'amore per il prossimo. Anzi, la vera capacità di amare i fratelli ci può venire solo dall'incontro col Signore nel sacramento dell'Eucaristia.

Santa Rosa Venerini è un altro esempio di fedele discepola di Cristo, pronta ad abbandonare tutto per compiere la volontà di Dio. Amava ripetere: "Io mi trovo tanto inchiodata nella divina volontà, che non m'importa né morte, né vita: voglio vivere quanto egli vuole, e voglio servirlo quanto a lui piace e niente più" (Biografia Andreucci, p. 515). Da qui, dal suo abbandono in Dio, scaturiva la lungimirante attività che svolgeva con coraggio a favore dell'elevazione spirituale e dell'autentica emancipazione delle giovani donne del suo tempo. Santa Rosa non si accontentava di fornire alle ragazze un'adeguata istruzione, ma si preoccupava di assicurare loro una formazione completa, con saldi riferimenti all'insegnamento dottrinale della Chiesa. Il suo stesso stile apostolico continua a caratterizzare ancor oggi la vita della Congregazione delle Maestre Pie Venerini, da lei fondata. E quanto attuale ed importante è anche per l'odierna società il servizio che esse svolgono nel campo della scuola e specialmente della formazione della donna!

"Andate e vendete tutto ciò che avete e offrite il ricavato ai poveri... poi venite, seguitemi". Nel corso della storia della Chiesa queste parole hanno ispirato innumerevoli cristiani a seguire Cristo in una vita di povertà radicale, confidando nella Divina Misericordia. Fra questi generosi discepoli di Cristo c'è stata una donna francese che senza riserve ha risposto alla chiamata del divino Maestro. Madre Théodore Guérin entrò nella Congregazione delle Suore della Provvidenza nel 1823 e si dedicò all'opera di insegnamento nelle scuole. Poi, nel 1839, i suoi Superiori le chiesero di recarsi negli Stati Uniti per dirigere una comunità nell'Indiana. Dopo un lungo viaggio per terra e per mare, le sei suore arrivarono a St. Mary-of-the-Woods. In mezzo alla foresta trovarono un'umile cappella di legno. Si inginocchiarono di fronte al Santissimo Sacramento e resero grazie, chiedendo a Dio di guidarle nella nuova fondazione. Con grande fiducia nella Divina Provvidenza, Madre Théodore superò molte sfide e perseverò nell'opera che il Signore l'aveva chiamata a compiere. Quando morì, nel 1856, le suore gestivano scuole e orfanotrofi in tutto lo Stato dell'Indiana. Come ella stessa affermò: "Quanto bene è stato fatto dalle Suore di Saint Mary-of-the-Wood! Quanto bene ulteriore potranno fare se resteranno fedeli alla loro santa vocazione!".

Madre Théodore Guérin è una bella figura spirituale e un modello di vita cristiana. Fu sempre disponibile per le missioni che la Chiesa le affidava, e trovava la forza e l'audacia per metterle in pratica nell'Eucaristia, nella preghiera e in un'infinita fiducia nella Divina Provvidenza. La sua forza interiore la portava a rivolgere un'attenzione particolare ai poveri, e soprattutto ai bambini.

Cari fratelli e sorelle, rendiamo grazie al Signore per il dono della santità, che quest'oggi rifulge nella Chiesa con singolare bellezza. Gesù invita anche noi, come questi Santi, a seguirlo per avere in eredità la vita eterna. La loro esemplare testimonianza illumini e incoraggi specialmente i giovani, perché si lascino conquistare da Cristo, dal suo sguardo pieno d'amore. Maria, Regina dei Santi, susciti nel popolo cristiano uomini e donne come San Rafael Guízar y Valencia, San Filippo Smaldone, Santa Rosa Venerini e Santa Théodore Guérin, pronti ad abbandonare tutto per il Regno di Dio; disposti a far propria la logica del dono e del servizio, l'unica che salva il mondo. Amen!

In tutta la sua vita, Rosa si è mossa dentro l’oceano della Volontà di Dio.

Diceva: «Mi sento così inchiodata nella volontà di Dio che non mi importa né morte, né vita, voglio quanto Egli vuole, voglio servirLo quanto a Lui piace e niente più ».

Dopo i primi contatti con i Padri Domenicani del Santuario della Madonnna della Quercia, nei pressi di Viterbo, seguì definitivamente la spiritualità austera ed equilibrata di Sant’Ignazio di Lojola per la direzione dei Gesuiti, specie del Padre Ignazio Martinelli.

Le crisi dell’adolescenza, le perplessità della giovinezza, la ricerca della nuova via, l’istituzione delle scuole e delle comunità, i rapporti con la Chiesa e con il mondo: tutto era orientato al Divino Volere. La preghiera era il respiro della sua giornata.

Rosa non imponeva a se stessa e alle sue Figlie lunghe orazioni, ma raccomandava che la vita delle maestre, nell’esercizio del prezioso ministero educativo, fosse un continuo parlare con Dio, di Dio e per Dio.

L’intima comunione con il Signore era alimentata dall’orazione mentale che la Santa considerava «nutrimento essenziale dell’anima ». Nella meditazione, Rosa ascoltava il Maestro che insegna lungo le strade della Palestina e in modo particolare dall’alto della Croce.

Con lo sguardo rivolto al Crocifisso, Rosa sentiva sempre più forte in lei la passione per la salvezza delle anime. Per questo celebrava e viveva ogni giorno l’Eucaristia in modo mistico: nella sua immaginazione, la Santa vedeva il mondo come un grande cerchio; lei si poneva al centro e contemplava Gesù, vittima immacolata, che da ogni parte della terra offriva se stesso al Padre attraverso il Sacrificio Eucaristico.

Chiamava questo modo di elevarsi a Dio Cerchio Massimo.

 

Con preghiera incessante, partecipava spiritualmente a tutte le Messe che si celebravano in ogni parte della terra; univa con amore i dolori, le fatiche, le gioie della propria vita alle sofferenze di Gesù Cristo, preoccupandosi che il Suo Preziosissimo Sangue non fosse versato invano.

 

Il carisma

Possiamo sintetizzare il carisma di Rosa Venerini in poche parole. Visse consumata da due grandi passioni: la passione per Dio e la passione per la salvezza delle anime.

Quando capì che le fanciulle e le donne del suo tempo avevano bisogno di essere educate ed istruite sulle verità della fede e della morale, non risparmiò tempo, fatiche, lotte, difficoltà di ogni genere pur di rispondere alla chiamata di Dio. Era consapevole che l’annuncio della Buona Novella poteva essere accolto se le persone venivano prima liberate dalle tenebre dell’ignoranza e dell’errore. Inoltre aveva intuito che la formazione professionale poteva consentire alla donna una promozione umana ed una affermazione nella società. Questo progetto richiedeva una comunità educante e, senza pretese, Rosa, con grande anticipo sulla storia, offrì alla Chiesa lo stile della Comunità Religiosa Apostolica.

Rosa non esercitò la sua missione educativa solo nella scuola, ma colse ogni occasione per annunciare l’amore di Dio: confortava e curava gli ammalati, rianimava gli sfiduciati, consolava gli afflitti, richiamava i peccatori a vita nuova, esortava alla fedeltà le anime consacrate non osservanti, soccorreva i poveri, liberava da ogni forma di schiavitù morale.

 

Educare per salvare è diventato il motto che sospinge le Maestre Pie Venerini a continuare l’Opera del Signore voluta dalla loro Fondatrice e ad irradiare nel mondo il carisma della Santa Madre: liberare dall’ignoranza e dal male perché sia visibile il progetto di Dio di cui ogni persona è portatrice.

 

È questa la magnifica eredità che Rosa Venerini ha lasciato alle sue Figlie. Ovunque, in Italia come in altri Paesi, le Maestre Pie Venerini cercano di vivere e di trasmettere l’ansia apostolica della loro Madre privilegiando i più poveri.

La Congregazione, dopo aver dato il suo contributo a favore degli Italiani emigrati negli Stati Uniti, fin dal 1909, e in Svizzera dal 1971 al 1985, ha esteso la sua attività apostolica in altri Paesi: in India, in Brasile, in Camerun, in Romania, in Albania, in Cile, in Venezuela e in Nigeria.