Teresa Benedetta della Croce

Teresa Benedetta della Croce

(1891-1942)

Beatificazione:

- 01 maggio 1987

- Papa  Giovanni Paolo II

Canonizzazione:

- 11 ottobre 1998

- Papa  Giovanni Paolo II

- Piazza San Pietro

Ricorrenza:

- 9 agosto

Vergine, religiosa professa dell’Ordine delle Carmelitane Scalze e martire, che, nata ed educata nella religione ebraica, dopo avere per alcuni anni tra grandi difficoltà insegnato filosofia, intraprese con il battesimo una vita nuova in Cristo, proseguendola sotto il velo delle vergini consacrate, finché sotto un empio regime contrario alla dignità umana e cristiana fu gettata in carcere lontana dalla sua terra e nel campo di sterminio di Auschwitz vicino a Cracovia in Polonia fu uccisa in una camera a gas

 

  • Biografia
  • Omelia
  • omelia di beatificazione
"Sotto la croce ho compreso la sorte del popolo di Dio... Infatti, oggi conosco molto meglio ciò che significa essere la sposa del Signore nel segno della Croce. Ma poiché è un mistero, con la sola ragione non potrà mai essere compreso"

 

Teresa Benedetta della Croce, al secolo Edith Stein, nacque a Breslavia il 12 ottobre 1891, quale ultima di 11 figli, la famiglia festeggiava lo Yom Kippur, la maggior festività ebraica, il giorno dell'espiazione. " Più di ogni altra cosa ciò ha contribuito a rendere particolarmente cara alla madre la sua figlia più giovane ". Proprio questa data della nascita fu per la carmelitana quasi un vaticinio.

Il padre, commerciante in legname, venne a mancare quando Edith non aveva ancora compiuto il secondo anno d'età. La madre, una donna molto religiosa, solerte e volitiva, veramente un'ammirevole persona, rimasta sola dovette sia accudire alla famiglia sia condurre la grande azienda; non riuscì però a mantenere nei figli una fede vitale. Edith perse la fede in Dio. " In piena coscienza e di libera scelta smisi di pregare ".

Consegui brillantemente la maturità nel 1911 ed iniziò a studiare germanistica e storia all'Università di Breslavia, più per conseguire una base di futuro sostentamento che per passione. Il suo vero interesse era invece la filosofia. S'interessava molto anche di questioni riguardanti le donne. Entrò a far parte dell'organizzazione " Associazione Prussiana per il Diritto Femminile al Voto ". Più tardi scrisse: " Quale ginnasiale e giovane studente fui una radicale femminista. Persi poi l'interesse a tutta la questione. Ora sono alla ricerca di soluzioni puramente obiettive ".

Nel 1913 la studentessa Edith Stein si recò a Gottinga per frequentare le lezioni universitarie di Edmund Husserl, divenne sua discepola e assistente ed anche conseguì con lui la sua laurea. A quel tempo Edmund Husserl affascinava il pubblico con un nuovo concetto della verità: il mondo percepito esisteva non solamente in maniera kantiana della percezione soggettiva. I suoi discepoli comprendevano la sua filosofia quale svolta verso il concreto. " Ritorno all'oggettivismo ". La fenomenologia condusse, senza che lui ne avesse l'intenzione, non pochi dei suoi studenti e studentesse alla fede cristiana. A Gottinga Edith Stein incontrò anche il filosofo Max Scheler.

Quest'incontro richiamò la sua attenzione sul cattolicesimo. Però non dimenticò quello studio che le doveva procurare il pane futuro. Nel gennaio del 1915 superò con lode l'esame di stato. Non iniziò però il periodo di formazione professionale.

Allo scoppiare della prima guerra mondiale scrisse: " Ora non ho più una mia propria vita". Frequentò un corso d'infermiera e prestò servizio in un ospedale militare austriaco. Per lei furono tempi duri. Accudisce i degenti del reparto malati di tifo, presta servizio in sala operatoria, vede morire uomini nel fior della gioventù. Alla chiusura dell'ospedale militare, nel 1916, seguì Husserl a Friburgo nella Brisgovia, ivi conseguì nel 1917 la laurea " summa cum laude " con una tesi "Sul problema dell'empatia".

A quel tempo accadde che osservò come una popolana, con la cesta della spesa, entrò nel Duomo di Francoforte e si soffermò per una breve preghiera. " Ciò fu per me qualcosa di completamente nuovo. Nelle sinagoghe e nelle chiese protestanti, che ho frequentato, i credenti si recano alle funzioni. Qui però entrò una persona nella chiesa deserta, come se si recasse ad un intimo
colloquio. Non ho mai potuto dimenticare l'accaduto ". Nelle ultime pagine della sua tesi di laurea scrisse: " Ci sono stati degli individui che in seguito ad un'improvvisa mutazione della loro personalità hanno creduto di incontrare la misericordia divina". Come arrivò a questa asserzione?

Edith Stein era legata da rapporti di profonda amicizia con l'assistente di Husserl a Gottinga, Adolf Reinach e la sua consorte. Adolf Reinach muore in Fiandra nel novembre del 1917. Edith si reca a Gottinga. I Reinach si erano convertiti alla fede evangelica. Edith aveva una certa ritrosia rispetto all'incontro con la giovane vedova. Con molto stupore incontrò una credente. " Questo è stato il mio primo incontro con la croce e con la forza divina che trasmette ai suoi portatori ... Fu il momento in cui la mia irreligiosità crollò e Cristo rifulse ". Più tardi scriverà: " Ciò che non era nei miei piani era nei piani di Dio. In me prende vita la profonda convinzione che-visto dal lato di Dio - non esiste il caso; tutta la mia vita, fino ai minimi particolari, è già tracciata nei piani della provvidenza divina e davanti agli occhi assolutamente veggenti di Dio presenta una correlazione perfettamente compiuta".

Nell'autunno del 1918 Edith Stein cessò l'attività di assistente presso Edmund Husserl. Questo poiché desiderava di lavorare indipendentemente. Per la prima volta dopo la sua conversione Edith Stein visitò Husserl nel 1930. Ebbe con lui una discussione sulla sua nuova fede nella quale lo avrebbe volentieri voluto partecipe. Poi scrisse la sorprendente frase: " Dopo ogni incontro che mi fa sentire l'impossibilità di influenzare direttamente, s'acuisce in me l'impellenza di un mio proprio olocausto ".

Edith Stein desiderava ottenere l'abilitazione alla libera docenza. A quel tempo ciò era cosa irraggiungibile per una donna. Husserl si pronunciò in una perizia: " Se la carriera universitaria venisse resa accessibile per le donne, potrei allora caldamente raccomandarla più di qualsiasi altra persona per l'ammissione all'esame di abilitazione ". Più tardi le venne negata l'abilitazione a causa della sua origine giudaica.

Edith Stein ritorna a Breslavia. Scrive articoli a giustificazione della psicologia e discipline umanistiche. Legge però anche il Nuovo Testamento, Kierkegaard e il libriccino d'esercizi di Ignazio di Loyola. Percepisce che un tale scritto non si può semplicemente leggere, bisogna metterlo in pratica.

Nell'estate del 1921 si recò per alcune settimane a Bergzabern (Palatinato), nella tenuta della Signora Hedwig Conrad-Martius, una discepola di Husserl. Questa Signora si era convertita, assieme al proprio coniuge, alla fede evangelica. Una sera Edith trovò nella libreria l'autobiografia di Teresa d'Avila. La lesse per tutta la notte. " Quando rinchiusi il libro mi dissi: questa è la verità ". Considerando retrospettivamente la sua vita scrisse più tardi: " Il mio anelito per la verità era un'unica preghiera".

Il l° gennaio del 1922 Edith Stein si fece battezzare. Era il giorno della Circoncisione di Gesù, l'accoglienza di Gesù nella stirpe di Abramo. Edith Stein stava eretta davanti alla fonte battesimale, vestita con il bianco manto nuziale di Hedwig Conrad-Martius che funse da madrina. "Avevo cessato di praticare la mia religione ebraica e mi sentivo nuovamente ebrea solo dopo il mio ritorno a Dio". Ora sarà sempre cosciente, non solo intellettualmente ma anche tangibilmente, di appartenere alla stirpe di Cristo. Alla festa della Candelora, anche questo un giorno la cui origine risale al Vecchio Testamento, venne cresimata dal Vescovo di Spira nella sua cappella privata.

Dopo la conversione, per prima cosa si recò a Breslavia. "Mamma, sono cattolica". Ambedue piansero. Hedwig CornradMartius scrisse: "Vedi, due israelite e nessuna è insincera" (confr. Giovanni 1, 47).

Subito dopo la sua conversione Edith Stein aspira al Carmelo ma i suoi interlocutori spirituali, il Vicario generale di Spira e il Padre Erich Przywara SJ, le impediscono questo passo. Fino alla Pasqua del 1931 assume allora un impiego d'insegnante di tedesco e storia presso il liceo e seminario per insegnanti del convento domenicano della Maddalena di Spira. Su insistenza dell'Arciabate Raphael Walzer del Convento di Beuron intraprende lunghi viaggi per indire conferenze, soprattutto su temi femminili. " Durante il periodo immediatamente prima e anche per molto tempo dopo la mia conversione ... credevo che condurre una vita religiosa significasse rinunciare a tutte le cose terrene e vivere solo nel pensiero di Dio. Gradualmente però mi sono resa conto che questo mondo richiede ben altro da noi ... io credo persino: più uno si sente attirato da Dio e più deve "uscire da se stesso", nel senso di rivolgersi al mondo per portare ivi una divina ragione di vivere ". Enorme è il suo programma di lavoro. Traduce le lettere e i diari del periodo precattolico di Newmann e l'opera " Quxstiones disputati de veritate " di Tommaso d'Aquino e ciò in una versione molto libera, per amore del dialogo con la moderna filosofia. Il Padre Erich Przywara SJ la spronò a scrivere anche proprie opere filosofiche. Imparò che è possibile " praticare la scienza al servizio di Dio ... solo per tale ragione ho potuto decidermi ad iniziare serie opere scientifiche ". Per la sua vita e per il suo lavoro ritrova sempre le necessarie forze nel convento dei Benedettini di Beuron dove si reca a trascorrere le maggiori festività dell'anno ecclesiastico.

Nel 1931 termina la sua attività a Spira. Tenta nuovamente di ottenere l'abilitazione alla libera docenza a Breslavia e Friburgo. Invano. Dà allora forma ad un'opera sui principali concetti di Tommaso d'Aquino: " Potenza ed azione ". Più tardi farà di questo saggio la sua opera maggiore elaborandolo sotto il titolo " Endliches un ewiges Sein " (Essere finito ed Essere eterno) e ciò nel convento delle Carmelitane di Colonia. Una stampa dell'opera non fu possibile durante la sua vita.

Nel 1932 le venne assegnata una cattedra presso una istituzione cattolica, l'Istituto di Pedagogia Scientifica di Miinster, dove ha la possibilità di sviluppare la propria antropologia. Qui ha il modo di unire scienza e fede e di portare alla comprensione d'altri quest'unione. In tutta la sua vita vuole solo essere " strumento di Dio ". " Chi viene da me desidero condurlo a Lui ".

Nel 19331a notte scende sulla Germania. " Avevo già sentito prima delle severe misure contro gli ebrei. Ma ora cominciai improvvisamente a capire che Dio aveva posto ancora una volta pesantemente la Sua mano sul Suo popolo e che il destino di questo popolo era anche il mio destino". L'articolo di legge sulla stirpe ariana dei nazisti rese impossibile la continuazione dell'attività d'insegnante. " Se qui non posso continuare, in Germania non ci sono più possibilità per me ". " Ero divenuta una straniera nel mondo ".

L'Arciabate Walzer di Beuron non le impedì più di entrare in un convento delle Carmelitane. Già al tempo in cui si trovava a Spira aveva fatto il voto di povertà, di castità e d'ubbidienza. Nel 1933 si presenta alla Madre Priora del Monastero delle Carmelitane di Colonia. "Non l'attività umana ci può aiutare ma solamente la passione di Cristo. Il mio desiderio è quello di parteciparvi ".

Ancora una volta Edith Stein si reca a Breslavia per prendere commiato dalla madre e dalla sua famiglia. L'ultimo giorno che trascorse a casa sua fu il 12 ottobre, il giorno del suo compleanno e contemporaneamente la festività ebraica dei tabernacoli. Edith accompagna la madre nella sinagoga. Per le due donne non fu una giornata facile. " Perché l'hai conosciuta (la fede cristiana)? Non voglio dire nulla contro di Lui. Sarà anche stato un uomo buono. Ma perché s'è fatto Dio?". La madre piange. Il mattino dopo Edith prende il treno per Colonia. " Non poteva subentrare una gioia impetuosa. Quello che lasciavo dietro di me era troppo terribile. Ma io ero calmissima - nel porto della volontà di Dio ". Ogni settimana scriverà poi una lettera alla madre. Non riceverà risposte. La sorella Rosa le manderà notizie da casa.

Il 14 ottobre Edith Stein entra nel monastero delle Carmelitane di Colonia. Nel 1934, il 14 aprile, la cerimonia della sua vestizione. L'Arciabate di Beuron celebrò la messa. Da quel momento Edith Stein porterà il nome di Suor Teresa Benedetta della Croce. Nel 1938 scrive: " Sotto la Croce capii il destino del popolo di Dio che allora (1933) cominciava ad annunciarsi. Pensavo che capissero che si trattava della Croce di Cristo, che dovevano accettarla a nome di tutti gli altri. Certo, oggi comprendo di più su queste cose, che cosa significa essere sposa del Signore sotto il segno della Croce. Certo, non sarà mai possibile di comprendere tutto questo, poiché è un segreto ". Il 21 aprile del 1935 fece i voti temporali. Il 14 settembre del 1936, al tempo del rinnovo dei voti, muore la madre a Breslavia. " Fino all'ultimo momento mia madre è rimasta fedele alla sua
religione. Ma poiché la sua fede e la sua ferma fiducia nel suo Dio ... fu l'ultima cosa che rimase viva nella sua agonia, ho fiducia che ha trovato un giudice molto clemente e che ora è la mia più fedele assistente, in modo che anch'io possa arrivare alla meta".

Sull'immagine devozionale della sua professione perpetua dei voti, il 21 aprile del 1938, fa stampare le parole di San Giovanni della Croce al quale lei dedicherà la sua ultima opera: " La mia unica professione sarà d'ora in poi l'amore".

L'entrata di Edith Stein nel convento delle Carmelitane non è stata una fuga. " Chi entra nel Carmelo non è perduto per i suoi, ma in effetti ancora più vicino; questo poiché è la nostra professione di rendere conto a Dio per tutti ". Soprattutto rese conto a Dio per il suo popolo. " Devo continuamente pensare alla regina Ester che venne sottratta al suo popolo per renderne conto davanti al re. Io sono una piccola e debole Ester ma il Re che mi ha eletto è infinitamente grande e misericordioso. Questa è una grande consolazione" (31-10-1938).

Il giorno 9 novembre 1938 l'odio portato dai nazisti verso gli ebrei viene palesato a tutto il mondo. Le sinagoghe bruciano. Il terrore viene sparso fra la gente ebrea. Madre Priora delle Carmelitane di Colonia fa tutto il possibile per portare Suor Teresa Benedetta della Croce all'estero. Nella notte di capodanno del 1938 attraversa il confine dei Paesi Bassi e viene portata nel monastero delle Carmelitane di Echt, in Olanda. In quel luogo stila il 9 giugno 1939 il suo testamento: " Già ora accetto con gioia, in completa sottomissione e secondo la Sua santissima volontà, la morte che Iddio mi ha destinato. Io prego il Signore che accetti la mia vita e la mia morte ... in modo che il Signore venga riconosciuto dai Suoi e che il Suo regno venga in tutta la sua magnificenza per la salvezza della Germania e la pace del mondo... ".

Già nel monastero delle Carmelitane di Colonia a Edith Stein era stato concesso il permesso di dedicarsi alle opere scientifiche. Fra l'altro scrisse in quel luogo "Dalla vita di una famiglia ebrea". " Desidero semplicemente raccontare che cosa ho sperimentato ad essere ebrea ". Nei confronti " della gioventù che oggi viene educata già dall'età più tenera ad odiare gli ebrei ... noi, che siamo statì educati nella comunità ebraica, abbiamo il dovere di rendere testimonianza ".

In tutta fretta Edith Stein scriverà ad Echt il suo saggio su "Giovanni della Croce, il mistico Dottore della Chiesa, in occasione del quattrocentesimo anniversario della sua nascita, 1542-1942". Nel 1941 scrisse ad una religiosa con cui aveva rapporti d'amicizia: "Una scientia crucis (la scienza della croce) può essere appresa solo se si sente tutto il peso della croce. Dì ciò ero convinta già dal primo attimo e di tutto cuore ho pronunciato: Ave, Crux, Spes unica (ti saluto, Croce, nostra unica speranza) ". Il suo saggio su San Giovanni della Croce porta la didascalia: "La scienza della Croce".

Il 2 agosto del 1942 arriva la Gestapo. Edith Stein si trova nella cappella, assieme alla altre Sorelle. Nel giro di 5 minuti deve presentarsi, assieme a sua sorella Rosa che si era battezzata nella Chiesa cattolica e prestava servizio presso le Carmelitane di Echt. Le ultime parole di Edith Stein che ad Echt s'odono, sono rivolte a Rosa: "Vieni, andiamo per il nostro popolo".

Assieme a molti altri ebrei convertiti al cristianesimo le due donne vengono portate al campo di raccolta di Westerbork. Si trattava di una vendetta contro la comunicazione di protesta dei vescovi cattolici dei Paesi Bassi contro i pogrom e le deportazioni degli ebrei. " Che gli esseri umani potessero arrivare ad essere così, non l'ho mai saputo e che le mie sorelle e i miei fratelli dovessero soffrire così, anche questo non l'ho veramente saputo ... in ogni ora prego per loro. Che oda Dio la mia preghiera? Con certezza però ode i loro lamenti ". Il prof. Jan Nota, a lei legato, scriverà più tardi. " Per me lei è, in un mondo di negazione di Dio, una testimone della presenza di Dio ".

All'alba del 7 agosto parte un carico di 987 ebrei in direzione Auschwitz. Fu il giorno 9 agosto nel quale Suor Teresa Benedetta della Croce, assieme a sua sorella Rosa ed a molti altri del suo popolo, morì nelle camere a gas di Auschwitz.

SANTA MESSA PER LA CANONIZZAZIONE DI EDITH STEIN

OMELIA DEL SANTO PADRE GIOVANNI PAOLO II

Domenica, 11 ottobre 1998

   

1. Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo (cfr Gal 6,14).

Le parole di San Paolo ai Galati, che poc'anzi abbiamo ascoltato, ben si addicono all'esperienza umana e spirituale di Teresa Benedetta della Croce, che oggi solennemente viene iscritta nell'albo dei santi. Anche lei può ripetere con l'Apostolo: Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo.

La croce di Cristo! Nella sua costante fioritura l'albero della Croce porta sempre rinnovati frutti di salvezza. Per questo, alla Croce guardano fiduciosi i credenti, traendo dal suo mistero di amore coraggio e vigore per camminare fedeli sulle orme di Cristo crocifisso e risorto. Il messaggio della Croce è così entrato nel cuore di tanti uomini e di tante donne cambiandone l'esistenza.

Un esempio eloquente di questo straordinario rinnovamento interiore è la vicenda spirituale di Edith Stein. Una giovane donna in cerca della verità, grazie al lavorio silenzioso della grazia divina, è diventata una santa ed una martire: è Teresa Benedetta della Croce, che quest'oggi dal cielo ripete a tutti noi le parole che hanno segnato la sua esistenza: "Quanto a me non ci sia altro vanto che nella croce di Gesù Cristo".

2. Il primo maggio 1987, nel corso della mia visita pastorale in Germania, ho avuto la gioia di proclamare Beata, nella città di Colonia, questa generosa testimone della fede. Oggi, a undici anni di distanza, qui a Roma, in Piazza San Pietro, mi è dato di presentare solennemente come Santa davanti a tutto il mondo questa eminente figlia d'Israele e figlia fedele della Chiesa.

Come allora, così quest'oggi ci inchiniamo dinanzi alla memoria di Edith Stein, proclamando l'invitta testimonianza da lei resa durante la vita e soprattutto con la morte. Accanto a Teresa d'Avila ed a Teresa di Lisieux, quest'altra Teresa va a collocarsi fra lo stuolo di santi e sante che fanno onore all'Ordine carmelitano.

Carissimi Fratelli e Sorelle, che siete convenuti per questa solenne celebrazione, rendiamo gloria a Dio per l'opera da lui compiuta in Edith Stein.

3. Saluto i numerosi pellegrini venuti a Roma, con un particolare pensiero per i membri della famiglia Stein, che hanno voluto essere con noi per questa lieta circostanza. Un saluto cordiale va anche alla rappresentanza della Comunità carmelitana, la quale è diventata la "seconda famiglia" per Teresa Benedetta della Croce.

Rivolgo, poi, il mio benvenuto alla delegazione ufficiale della Repubblica Federale di Germania, guidata del Cancelliere Federale uscente, Helmut Kohl, che saluto con deferente cordialità. Saluto, inoltre, i rappresentanti dei Länder Nordrhein-Westfalen e Rheinland-Pfalz, come anche il Primo Sindaco della Città di Colonia.

Anche dalla mia patria è venuta una delegazione ufficiale guidata dal Primo Ministro Jerzy Buzek. Rivolgo ad essa un cordiale saluto.

Una speciale menzione voglio poi riservare ai pellegrini delle diocesi di Breslavia (Wroclaw), di Colonia, Münster, Spira, Kraków e Bielsko-Zywiec, presenti con i loro Vescovi e sacerdoti. Essi si uniscono alla numerosa schiera di fedeli venuti dalla Germania, dagli Stati Uniti d'America e dalla mia patria, la Polonia.

4. Cari Fratelli e Sorelle! Perché ebrea, Edith Stein fu deportata insieme con la sorella Rosa e molti altri ebrei dei Paesi Bassi nel campo di concentramento di Auschwitz, ove insieme con loro trovò la morte nelle camere a gas. Di tutti facciamo oggi memoria con profondo rispetto. Pochi giorni prima della sua deportazione la religiosa, a chi le offriva di fare qualcosa per salvarle la vita, aveva risposto: "Non lo fate! Perché io dovrei essere esclusa? La giustizia non sta forse nel fatto che io non tragga vantaggio dal mio battesimo? Se non posso condividere la sorte dei miei fratelli e sorelle, la mia vita è in un certo senso distrutta".

Nel celebrare d'ora in poi la memoria della nuova Santa, non potremo non ricordare di anno in anno anche la Shoah, quel piano efferato di eliminazione di un popolo, che costò la vita a milioni di fratelli e sorelle ebrei. Il Signore faccia brillare il suo volto su di loro e conceda loro la pace (cfr Nm 6,25 s.).

Per amor di Dio e dell'uomo ancora una volta io levo un grido accorato: mai più si ripeta una simile iniziativa criminale per nessun gruppo etnico, nessun popolo, nessuna razza, in nessun angolo della terra! E' un grido che rivolgo a tutti gli uomini e le donne di buona volontà; a tutti coloro che credono all'eterno e giusto Iddio; a tutti coloro che si sentono uniti in Cristo, Verbo di Dio incarnato. Tutti dobbiamo trovarci in questo solidali: è in gioco la dignità umana. Esiste una sola famiglia umana. Questo ha ribadito la nuova Santa con grande insistenza: "Il nostro amore verso il prossimo - scriveva - è la misura del nostro amore a Dio. Per i cristiani - e non solo per loro - nessuno è «straniero». L'amore di Cristo non conosce frontiere".

5. Cari Fratelli e Sorelle! L'amore di Cristo fu il fuoco che incendiò la vita di Teresa Benedetta della Croce. Prima ancora di rendersene conto, essa ne fu completamente catturata. All'inizio il suo ideale fu la libertà. Per lungo tempo Edith Stein visse l'esperienza della ricerca. La sua mente non si stancò di investigare ed il suo cuore di sperare. Percorse il cammino arduo della filosofia con ardore appassionato ed alla fine fu premiata: conquistò la verità, anzi ne fu conquistata. Scoprì, infatti, che la verità aveva un nome: Gesù Cristo, e da quel momento il Verbo incarnato fu tutto per lei. Guardando da carmelitana a questo periodo della sua vita, scrisse ad una benedettina: "Chi cerca la verità, consapevolmente o inconsapevolmente cerca Dio".

Pur essendo stata educata nella religione ebraica dalla madre, Edith Stein a quattordici anni "si era consapevolmente e di proposito disabituata alla preghiera". Voleva contare solo su se stessa, preoccupata di affermare la propria libertà nelle scelte della vita. Alla fine del lungo cammino le fu dato di giungere ad una constatazione sorprendente: solo chi si lega all'amore di Cristo diventa veramente libero.

L'esperienza di questa donna, che ha affrontato le sfide di un secolo travagliato come il nostro, diventa esemplare per noi: il mondo moderno ostenta la porta allettante del permissivismo, ignorando la porta stretta del discernimento e della rinuncia. Mi rivolgo specialmente a voi, giovani cristiani, in particolare ai numerosi ministranti convenuti in questi giorni a Roma: guardatevi del concepire la vostra vita come una porta aperta a tutte le scelte! Ascoltate la voce del vostro cuore! Non restate alla superficie, ma andate al fondo delle cose! E quando sarà il momento, abbiate il coraggio di decidervi! Il Signore attende che voi mettiate la vostra libertà nelle sue mani misericordiose.

6. Santa Teresa Benedetta della Croce giunse a capire che l'amore di Cristo e la libertà dell'uomo s'intrecciano, perché l'amore e la verità hanno un intrinseco rapporto. La ricerca della verità e la sua traduzione nell'amore non le apparvero in contrasto; essa, anzi, capì che si richiamavano a vicenda.

Nel nostro tempo la verità viene scambiata spesso con l'opinione della maggioranza. Inoltre è diffusa la convinzione che ci si debba servire della verità anche contro l'amore o viceversa. Ma la verità e l'amore hanno bisogno l'una dell'altro. Suor Teresa Benedetta ne è testimone. La "martire per amore", che donò la sua vita per gli amici, non si fece superare da nessuno nell'amore. Allo stesso tempo ella cercò con tutta se stessa la verità, della quale scriveva: "Nessuna opera spirituale viene al mondo senza grandi travagli. Essa sfida sempre l'uomo intero".

Suor Teresa Benedetta della Croce dice a noi tutti: Non accettate nulla come verità che sia privo di amore. E non accettate nulla come amore che sia privo di verità! L'uno senza l'altra diventa una menzogna distruttiva.

7. La nuova Santa ci insegna, infine, che l'amore per Cristo passa attraverso il dolore. Chi ama davvero non si arresta di fronte alla prospettiva della sofferenza: accetta la comunione nel dolore con la persona amata.

Consapevole di ciò che comportava la sua origine ebraica, Edith Stein ebbe al riguardo parole eloquenti: "Sotto la croce ho compreso la sorte del popolo di Dio... Infatti, oggi conosco molto meglio ciò che significa essere la sposa del Signore nel segno della Croce. Ma poiché è un mistero, con la sola ragione non potrà mai essere compreso".

Il mistero della Croce pian piano avvolse tutta la sua vita, fino a spingerla verso l'offerta suprema. Come sposa sulla Croce, Suor Teresa Benedetta non scrisse soltanto pagine profonde sulla "scienza della croce", ma fece fino in fondo il cammino alla scuola della Croce. Molti nostri contemporanei vorrebbero far tacere la Croce. Ma niente è più eloquente della Croce messa a tacere! Il vero messaggio del dolore è una lezione d'amore. L'amore rende fecondo il dolore e il dolore approfondisce l'amore.

Attraverso l'esperienza della Croce, Edith Stein poté aprirsi un varco verso un nuovo incontro col Dio d'Abramo, d'Isacco e di Giacobbe, Padre del nostro Signore Gesù Cristo. Fede e croce le si rivelarono inseparabili. Maturata alla scuola della Croce, ella scoprì le radici alle quali era collegato l'albero della propria vita. Capì che era molto importante per lei "essere figlia del popolo eletto e di appartenere a Cristo non solo spiritualmente, ma anche per un legame di sangue".

8. "Dio è spirito, e quelli che lo adorano devono adorarlo in spirito e verità" (Gv 4,24).

Carissimi Fratelli e Sorelle, con queste parole il divino Maestro s'intrattenne con la Samaritana presso il pozzo di Giacobbe. Quanto egli donò alla sua occasionale ma attenta interlocutrice lo troviamo presente anche nella vita di Edith Stein, nella sua "salita al Monte Carmelo". La profondità del mistero divino le si rese percettibile nel silenzio della contemplazione. Man mano che, lungo la sua esistenza, essa maturava nella conoscenza di Dio, adorandolo in spirito e verità, sperimentava sempre più chiaramente la sua specifica vocazione a salire sulla Croce con Cristo, ad abbracciarla con serenità e fiducia, ad amarla seguendo le orme del suo diletto Sposo: Santa Teresa Benedetta della Croce ci viene additata oggi come modello a cui ispirarci e come protettrice a cui ricorrere.

Rendiamo grazie a Dio per questo dono. La nuova Santa sia per noi un esempio nel nostro impegno a servizio della libertà, nella nostra ricerca della verità. La sua testimonianza valga a rendere sempre più saldo il ponte della reciproca comprensione tra ebrei e cristiani.

Tu, Santa Teresa Benedetta della Croce, prega per noi! Amen.

RITO DI BEATIFICAZIONE DI SUOR TERESA BENEDETTA DELLA CROCE

OMELIA DI GIOVANNI PAOLO II

Stadio di Köln-Müngersdorf
Venerdì, 1° maggio 1987

 

Beati sono coloro che sono passati attraverso la grande tribolazione e hanno lavato le loro vesti rendendole candide con il sangue dell’Agnello” (Ap 7, 14).

1. Tra questi uomini e queste donne beate salutiamo noi oggi con grande venerazione e profonda gioia una figlia del popolo ebreo, piena di saggezza e forza. Cresciuta alla dura scuola della tradizione del popolo d’Israele, distintasi per una vita trascorsa nella virtù e nell’abnegazione nel proprio ordine, dimostrò il suo animo eroico nel cammino verso il campo di concentramento. Unita a Cristo crocifisso diede la sua vita per “la pace vera” e “per il popolo”: Edith Stein, ebrea, filosofa, suora e martire.

Eminentissimo signor cardinale, cari fratelli e sorelle!

Con la beatificazione odierna si realizza un desiderio a lungo coltivato non soltanto dall’arcidiocesi di Colonia, ma anche da molti cristiani e molte comunità della Chiesa. Sette anni fa la conferenza episcopale tedesca, all’unanimità, rivolse alla Santa Sede questa richiesta di beatificazione cui si sono aggiunti in seguito altri amici vescovi di diversi paesi. È perciò grande la nostra gioia oggi di poter esaudire questo desiderio e di poter, in questa solenne liturgia di fronte ai credenti, in nome della Chiesa, dichiarare beata nella maestà del Signore suor Teresa Benedetta della Croce. Potremo d’ora in poi venerarla come martire e invocare la sua intercessione presso il trono di Dio. Mi rallegro perciò con voi e soprattutto con le sue consorelle del Carmelo, presenti qui a Colonia, a Echt, così come con tutte coloro che appartengono a questo ordine religioso. Mi riempie inoltre di gioia e gratitudine il fatto che partecipino a questa liturgia anche sorelle e fratelli ebrei, in particolare i parenti più stretti di Edith Stein.

2. “Signore, manifestati nel giorno nella nostra afflizione, e a me da’ coraggio” (Est 4, 17r).

Le parole di questa richiesta di aiuto prese dalla prima lettura della liturgia odierna vengono pronunciate da Ester, una figlia di Israele, ai tempi della schiavitù babilonese. La sua preghiera che, nelle ore in cui incombeva su di lei e su tutto il suo popolo la minaccia di morte, ella rivolse a Dio, ci scuote profondamente:

“Mio Signore, nostro Re / tu sei l’unico! / vieni in aiuto di me / Che / sono sola e non / ho altro soccorso se / non te, / perché un grande pericolo / mi sovrasta . . . / Tu, Signore, hai scelto / Israele da tutte le nazioni / E i nostri padri da tutti / i loro antenati / come tua eterna eredità . . . / Quanto a noi . . . salvaci / con la tua mano . . . Signore!” (Est 4, 17l-t).

La paura della morte, di fronte alla quale Ester trema, era sopraggiunta quando, sotto l’influenza del potente Haman, un mortale nemico degli Ebrei, era stato diffuso in tutta la Persia l’ordine di sterminio. Con l’aiuto di Dio e il sacrificio della propria vita Ester contribuì in maniera determinante alla salvezza del suo popolo.

3. Questa impetrazione di aiuto, che risale a più di duemila anni fa, è oggi, in questa liturgia, sulle labbra della serva di Dio Edith Stein, una figlia di Israele del nostro secolo. È nuovamente divenuta attuale poiché qui, nel cuore dell’Europa, fu ancora una volta concepito un piano di annientamento degli Ebrei. Una folle ideologia lo ha decretato in nome di un empio razzismo e lo ha portato fino a disastrose conseguenze.

Contemporaneamente ai drammatici avvenimenti della seconda guerra mondiale vengono precipitosamente costruiti i campi di concentramento e i forni crematori. Parecchi milioni di figli e figlie di Israele, dai bambini fino agli anziani, trovarono la morte in questo spaventoso destino. La gigantesca macchina di potere dello Stato totalitario non ha risparmiato nessuno e ha perpetrato crudeli ritorsioni anche su coloro che ebbero il coraggio di difendere gli ebrei.

4. Edith Stein morì nel campo di concentramento di Auschwitz, quale figlia del suo popolo martoriato. Nonostante il suo trasferimento da Colonia al convento delle Carmelitane di Echt, trovò qui soltanto rifugio provvisorio, mentre cresceva l’ondata di persecuzioni contro gli ebrei. Dopo aver occupato l’Olanda, i nazionalsocialisti diedero inizio immediatamente anche in quelle terre allo sterminio degli ebrei di cui all’inizio furono esclusi gli ebrei battezzati. Ma quando i vescovi cattolici, in una lettera pastorale protestarono violentemente contro queste deportazioni i rappresentanti del potere si vendicarono portando allo sterminio anche gli Ebrei di fede cattolica. Così suor Teresa Benedetta della Croce si presenta al martirio insieme con la sua amata sorella Rosa rifugiatasi anche lei nel Carmelo di Echt.

Nel lasciare il monastero Edith prende sua sorella per mano e dice soltanto: “Vieni, andiamo, per il nostro popolo”. Nella forza di una seguace di Cristo pronta al sacrificio, anche nel momento della sua apparente debolezza individuava una strada per offrire al suo popolo un ultimo servizio. Già alcuni anni prima si era paragonata alla regina Ester in esilio presso la corte persiana. Leggiamo in una delle sue lettere: “Confido nel fatto che il Signore ha preso la mia vita a vantaggio di tutti gli ebrei. Devo pensare sempre di più alla regina Ester che fu tolta al suo popolo per rappresentarlo di fronte al re. Io sono una piccola Ester, molto povera e debole, ma il re che mi ha scelto è grande e infinitamente misericordioso”.

5. Cari fratelli e sorelle. Accanto alla preghiera di Ester troviamo un brano tratto dalla Lettera ai Galati. Scrive l’apostolo Paolo: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso come io per il mondo” (Gal 6, 14).

Anche Edith Stein ha incontrato sul cammino della sua vita questo mistero della croce che san Paolo annuncia ai cristiani in questa lettera. Edith ha incontrato Cristo e questo incontro l’ha condotta, passo dopo passo, nella clausura del Carmelo. Nel campo di sterminio ella è morta come figlia di Israele “a glorificazione del nome santo di Dio” e nello stesso tempo come suor Teresa Benedetta della Croce.

L’intera vita di Edith Stein è caratterizzata da un’instancabile ricerca della verità e illuminata dalla grazia della croce di Cristo. Fece il suo primo incontro con la realtà della croce nella persona di una religiosissima vedova di un suo compagno di studi che invece di mettere in dubbio la propria fede a causa della tragica perdita di suo marito, attingeva forza e fede dalla croce di Cristo. Scrisse più tardi riguardo a questo episodio: “Fu il mio primo incontro con la croce e con la forza divina che sprigiona verso coloro che la incontrano . . . ci fu un momento in cui la mia miscredenza andò in frantumi, . . . e Cristo cominciò a splendere: Cristo nel mistero della croce”. La sua vita e il suo itinerario di croce è intimamente legato al destino del popolo ebraico. In una preghiera riconosce a Cristo salvatore ciò che ella sapeva: “Che è la sua croce che ora viene posta sulle spalle del popolo ebraico”, e tutti coloro che hanno compreso questo “dovrebbero essere pronti a prenderla sulle proprie spalle in nome di tutti. Io volevo farlo, egli doveva solo indicarmene il modo”. Allo stesso tempo ella ha la certezza interiore che Dio ha ascoltato la sua preghiera. Quanto più ripetutamente si vedevano per strada le croci uncinate, tanto più alta si ergeva nella sua vita la croce di Gesù Cristo. Quando entrò nel convento delle carmelitane a Colonia con il nome di suor Teresa Benedetta della Croce per partecipare ancora più profondamente al mistero della croce di Cristo, ella sapeva di essere sposata al Signore nel segno della croce. Nel giorno dei suoi primi voti le sembrò di essere, come disse lei stessa “come la sposa dell’Agnello”. Era convinta che il suo sposo celeste l’avrebbe condotta nel profondo del mistero della croce.

6. Teresa, la Benedetta della Croce - questo è il nome di quella donna che ha iniziato il suo cammino spirituale con la convinzione che non esiste assolutamente nessun Dio. Negli anni della sua giovinezza e dei suoi studi, la sua vita non era ancora caratterizzata dalla croce liberatrice di Cristo, eppure si andava già formando l’oggetto della costante ricerca e dello studio della sua acuta intelligenza. All’età di quindici anni, nella sua città natale a Breslau, Edith, nata in una casa di antica tradizione giudaica, decise di “non pregare più” come ammise lei stessa. Sebbene durante la sua vita fosse stata sempre profondamente colpita dalla robusta fede di sua madre, trascorse gli anni della giovinezza e dello studio con spirito ateistico. Riteneva incredibile l’esistenza di un Dio personale.

Negli anni dei suoi studi di psicologia, filosofia, storia e germanistica a Breslau, Gottinga e Friburgo, non ci fu in alcun modo spazio per Dio nella sua vita. Professava tuttavia un idealismo etico molto elevato. Conformemente al suo grande talento intellettuale non volle accettare nulla che non fosse provato, neanche la fede dei suoi padri. Vuole andare da sola alla radice delle cose. Da qui la sua instancabile ricerca di verità. Ritornando in seguito a questi anni di irrequietezza spirituale li considerò come tappe importanti del suo processo di maturazione interiore, affermando: “La mia ricerca di verità è stata una vera e propria preghiera” - una meravigliosa parola di conforto per tutti coloro che hanno difficoltà con la fede nel Signore! Ecco che la ricerca di verità più intimamente ricerca di Dio.

Sotto la forte influenza del suo docente, Husserl e della sua scuola fenomenologica, la studentessa si rivolse, nella sua ricerca, sempre più decisamente verso la filosofia. Imparò soprattutto “a considerare ogni cosa senza pregiudizi” e a liberarsi di “tutti i paraocchi”. Attraverso l’incontro con Max Scheler a Gottinga, Edith Stein venne per la prima volta in contatto con le idee cattoliche. Scrive lei stessa: “I limiti dei pregiudizi razionalistici, nei quali sono cresciuta, senza saperlo, vengono meno e il mondo della fede appare all’improvviso davanti a me; ne fanno parte integrante le persone dalle quali sono circondata giornalmente e alle quali io guardo piena di ammirazione”.

La lunga lotta per una decisione personale di aderire alla fede in Gesù Cristo terminò soltanto nel 1921 quando cominciò a leggere un libro autobiografico. “Vita di santa Teresa d’Avila” trovato a casa di una sua amica. Ne fu subito presa e non smise di leggerlo finché non giunse alla fine: “Quando chiusi il libro, dissi a me stessa: Questa è la verità!”. Lo aveva letto per tutta la notte fino alle prime luci dell’alba. In questa notte aveva scoperto la verità, non la verità della filosofia, ma la verità in una persona, il vivente “tu” di Dio. Edith Stein aveva cercato la verità e aveva trovato Dio. Senza indugio si fece battezzare e accogliere nella Chiesa cattolica.

7. Ricevere il battesimo non significò in alcun modo per Edith Stein rompere con il popolo ebraico. Al contrario ella afferma: “Quando ero una ragazza di quattordici anni smisi di praticare la religione ebraica e per prima cosa, dopo il mio ritorno a Dio, mi sono sentita ebrea”. Di questo ella è stata sempre consapevole: “appartenere a Cristo non soltanto spiritualmente ma anche per discendenza”. Soffrì molto del grande dolore che la sua conversione dovette procurare alla madre. Continuava ad accompagnarla in sinagoga e recitava insieme a lei i salmi. Al fermo atteggiamento della madre secondo la quale si poteva anche essere degli ebrei devoti, ella dava questa risposta: “Certamente - quando non si è conosciuto nient’altro”.

Sebbene, sin dall’incontro con gli scritti di santa Teresa d’Avila il Carmelo era divenuto la meta di Edith Stein, dovette aspettare più di dieci anni fino a che Cristo non le indicò, nella preghiera, la via per entrarvi. Nella sua attività di insegnante e docente, nel lavoro scolastico e formativo, per la maggior parte a Speyer, e in seguito anche a Münster, si sforzò di coniugare insieme e di conciliare scienza e fede. In questo compito ella voleva essere soltanto uno strumento del Signore “Chi viene da me, voglio condurlo a lui”. Contemporaneamente a questa attività, ella visse in questo periodo come una suora, fece interiormente i tre voti e divenne una grande e ispirata donna di preghiera. Da un intenso studio di san Tommaso d’Aquino apprese che è facile “esercitare la scienza come servizio divino . . . Soltanto così ho potuto decidere, in piena coscienza, di iniziare nuovamente (dopo la conversione) un lavoro scientifico”. In questo alto valore del sapere Edith Stein ha individuato sempre più chiaramente che l’essenza dell’essere cristiano non è il sapere ma l’amore.

Quando infine nel 1933 Edith Stein entrò nel Carmelo a Colonia, questo passo non significò una fuga dal mondo o dalle proprie responsabilità bensì una partecipazione ancora più definita nel seguire la croce di Cristo. Disse alla madre superiora del Carmelo nel loro primo colloquio: “Non l’attività umana può aiutarci, ma la passione di Cristo. Esserne parte è il mio desiderio”. Per lo stesso motivo al momento della vestizione non può esprimere nessun altro desiderio se non quello di venir chiamata, all’interno dell’ordine, “della Croce”. E sul santino della sua professione perenne fece incidere le parole di san Giovanni della Croce: “Il mio unico compito d’ora in poi sarà soltanto amare di più”.

8. Cari fratelli e sorelle. Ci inchiniamo oggi insieme a tutta quanta la chiesa di fronte a questa grande donna che d’ora in poi potremo chiamare beata nella maestà del Signore; ci inchiniamo di fronte a questa grande figlia d’Israele, che in Cristo, il Redentore, ha scoperto la pienezza della sua fede e della sua missione verso il popolo di Dio. Secondo la convinzione di Edith Stein, chi entra nel Carmelo, non è perduto dai suoi, ma è, in effetti, a maggior ragione, ritrovato poiché il nostro compito è proprio quello di essere di fronte a Dio per tutti. Dal momento in cui iniziò a capire il destino del popolo di Israele “sotto la Croce” la nostra nuova beata accolse sempre di più il Cristo nel suo profondo mistero di redenzione, per sentirsi in unità spirituale con i molteplici dolori dell’uomo e aiutare a perdonare le ingiustizie di questo mondo che gridano vendetta agli occhi del cielo. Come “Benedetta della Croce” volle portare la sua croce insieme a quella di Cristo per la salvezza del suo popolo, della sua Chiesa, del mondo intero. Si offrì a Dio come “sacrificio espiatorio per la vera pace” e soprattutto per il suo popolo ebraico minacciato e umiliato. Dopo aver saputo che ancora una volta Dio aveva posto con forza la sua mano sul suo capo, era convinta: “che il destino di questo popolo è anche il mio”.

Quando suor Teresa Benedetta della Croce iniziò nel Carmelo di Echt la sua ultima opera teologica “La scienza della croce” - che tuttavia è rimasta incompiuta - notava, essendo sul punto di intraprendere il suo cammino di croce: “Quando parliamo di scienza della Croce” non intendiamo . . . nuda teoria, ma verità viva, vera ed efficace. Nel momento in cui la minaccia mortale che gravava sul popolo ebraico come una fosca nube si abbatté anche su di lei, si dimostrò pronta a testimoniare con la propria vita ciò che aveva appreso in precedenza: “Esiste una vocazione alla passione di Cristo e attraverso questa si coopera alla sua missione redentrice . . . Cristo continua a vivere nei suoi fedeli e in loro continua a vivere la sua passione, la passione vissuta insieme al Signore è la sua passione, inserita nella grande opera di redenzione e in essa abbondante di frutti”.

Suor Teresa Benedetta della Croce insieme a sua sorella Rosa ha percorso la strada che l’ha portata allo sterminio con il suo popolo e “per” il suo popolo. Non ha tuttavia accettato passivamente il dolore e la morte, ma l’ha affiancata a questa consapevolezza con il sacrificio di espiazione del nostro salvatore Gesù Cristo. “Già da adesso accetto la morte che Dio mi ha destinato, con gioia e in completa sottomissione alla sua santissima volontà” aveva scritto alcuni anni prima nel suo testamento: “Prego il Signore perché possa accettare il mio dolore e la mia morte a suo onore e gloria, per tutte le necessità . . . della santa Chiesa”. Il Signore ha ascoltato queste preghiere.

La Chiesa offre alla nostra venerazione e imitazione, oggi, suor Teresa Benedetta della Croce come martire beata, un esempio di eroica sequela di Cristo. Apriamoci al suo messaggio, al messaggio di questa donna di spirito e di scienza, che nella scienza della croce ha conosciuto il culmine di ogni saggezza: una grande figlia del popolo ebraico e una grande cristiana tra milioni di fratelli innocenti martoriati, vedeva la croce avvicinarsi inesorabilmente. Non è fuggita terrorizzata di fronte ad essa, ma l’ha abbracciata in cristiana speranza nell’ultimo slancio di amore e dedizione e l’ha anche salutata nel mistero della fede nella resurrezione: “Ave crux, spes unica!”. Come ha detto nella sua breve lettera pastorale il vostro eminente Cardinale Höffner: “Edith Stein è un dono, un monito, una promessa per il nostro tempo. Possa essa intercedere presso Dio per noi, per il nostro popolo e per tutti i popoli”.

9. Cari fratelli e sorelle! La Chiesa del ventesimo secolo vive oggi una grande giornata. Ci inchiniamo profondamente di fronte alla testimonianza della vita e della morte di Edith Stein, illustre figlia di Israele e allo stesso tempo figlia del Carmelo. Suor Teresa Benedetta della Croce, una personalità che porta nella sua intensa vita una sintesi drammatica del nostro secolo, una sintesi ricca di ferite profonde che ancora sanguinano, ma per la cui cura, fino ai giorni nostri, continuano ad impegnarsi uomini e donne consapevoli della loro responsabilità; nello stesso tempo la sintesi di una verità piena al di sopra dell’uomo, in un cuore che rimase così a lungo inquieto e inappagato, “fino a quando finalmente trovò pace in Dio”.

Quando ci rechiamo spiritualmente al luogo del martirio di questa grande ebrea e martire cristiana, il luogo di un evento spaventoso che oggi viene chiamato “Schoah” percepiamo al tempo stesso la voce di Cristo, del Messia e del Figlio dell’uomo, del Signore e del Redentore.

Come il messaggero dell’imperscrutabile mistero di salvezza di Dio parlò alla donna di Samaria presso il pozzo di Giacobbe: “La salvezza viene dai Giudei. / Ma è giunto il momento, ed è questo, / in cui i veri adoratori adoreranno il Padre / in spirito e verità: perché il Padre cerca tali adoratori / Dio è Spirito, e quelli che lo adorano, / devono adorarlo in spirito e verità” (Gv 4, 22-24).

Sia proclamata beata Edith Stein, suor Teresa Benedetta della Croce, una vera adoratrice di Dio - in spirito e verità.

Sia beata! - Amen.

Prima di accomiatarci da questa festosa comunione eucaristica saluto in particolare voi, miei cari giovani amici, che desiderate portare questa fiamma luminosa in ogni direzione del vostro paese.

È luce della notte di Pasqua, già segno della resurrezione di Gesù e della ricostruzione dopo il terrore causato dalla distruzione e dalla guerra. Oggi è per noi tutti un segno della speranza riposta in voi, la nuova generazione, che vi accingete a portare la luce di Cristo nel prossimo secolo.

È la luce di Altenberg, in quel luogo che nei tempi difficili dell’oppressione, diede a tanti giovani cristiani l’orientamento spirituale e la forza di resistere.

È la luce della riconciliazione e della pace.

Essa dovrà illuminare il cammino che tutti siamo chiamati a percorrere. Insieme a tutti gli uomini di buona volontà intraprendiamo questo cammino. Lo intraprendiamo con lo sguardo rivolto a Maria, alla quale è dedicato in maniera particolare il mese di maggio. La “Regina della pace” ci accompagna come modello e come promessa dell’“uomo nuovo pieno di grazia”.

L’Onnipotente misericordioso, che attraverso di noi desidera donare a tutti gli uomini il suo amore e la sua pace, benedica questa luce e voi tutti.