Causa in corso
Ambrogina di San Carlo (al secolo: Filomena D’Urso)
- Venerabile Serva di Dio -

Ambrogina di San Carlo (al secolo: Filomena D’Urso)

(1909 - 1954)

Venerabilità:

- 21 dicembre 2018

- Papa  Francesco

Suora professa della Congregazione del Patrocinio di San Giuseppe; il suo stile di vita era esemplare. Alla grande bontà del temperamento aggiungeva un impegno semplice e sincero di vivere intensamente la regola dell’Istituto. Era sempre gioiosa, umile, equilibrata, dedita al lavoro, disponibile verso tutti

  • Biografia
«Vorrei gridare a tutte le creature della terra: l’Amore s’è fatto Pane. Vorrei gridare a tutto il mondo che amasse l’Amore. […] Voglio guardare sempre in alto cercando una cosa sola: l’Amore»

 

La Venerabile Serva di Dio Ambrogina di San Carlo (al secolo: Filomena D’Urso) nacque a Maranola presso Formia, in provincia di Latina, il 1° gennaio 1909. Quarta di dieci figli, fu battezzata il seguente 6 gennaio con il nome di Filomena. Fin dall’infanzia venne educata religiosamente e ben presto fu impegnata in lavori agricoli; spesso frequentava la chiesa, nonostante una decisa contrarietà da parte del padre che arrivò perfino a umiliarla e picchiarla.

Nel 1913 nel suo paese natio giunsero le Suore dell’Istituto del Patrocinio di San Giuseppe. Questo evento fu molto significativo per la vita di Filomena, che entrò sempre più in confidenza con le religiose, soprattutto frequentando la loro scuola di ricamo e iscrivendosi al gruppo delle Figlie di Maria. Iniziò un’esperienza spirituale più intensa e percepì i segni della vocazione alla vita consacrata. Nel 1916 si accostò per la prima volta alla mensa eucaristica. Ricordando quel giorno, scriverà: «Appena ebbi ricevuta la santa Comunione, mi sentii invadere da una gioia grande che partiva dal mio cuore e riempiva tutto il mio essere: non l’avevo mai provata simile e sentivo che me la dava Gesù che stava nel mio cuore». In seguito ricevette anche la cresima

A diciannove anni Filomena, anche con il consenso del padre nel frattempo rinsavito, lasciò tutto per diventare suora presso il suddetto Istituto, che successivamente cambiò il nome in Congregazione di Gesù Redentore, accogliendone in pieno la spiritualità, caratterizzata dalla riparazione e dalla riconciliazione. Nella comunità assunse il nome di Ambrogina di San Carlo, svolse il noviziato a Roma, quindi fu trasferita a Perugia. Assimilò e visse sempre più la consacrazione religiosa seguendo lo spirito e il carisma della fondatrice dell’Istituto, Victorine Le Dieu. Il 22 dicembre 1929 emise la prima professione.

All’inizio del 1930 venne trasferita a Varlungo presso Firenze, in una casa dove erano accolti molti bambini bisognosi. A questa missione Suor Ambrogina, pur limitata dalla cagionevole salute, dedicò tutta se stessa, trasfondendo la sua innata bontà vivificata dalla grazia nel servizio ai più piccoli. In quegli anni approfondì la sua comunione con il Cristo crocifisso, donando a lui ogni sofferenza, e consolidò il desiderio di diventare “grande santa”. Si moltiplicarono anche alcuni fenomeni mistici, che aveva già sperimentato fin dalla fanciullezza, in modo particolare la percezione di se stessa davanti a Dio e la conseguente consapevolezza di essere una grande peccatrice. Ma soprattutto si moltiplicò il suo amore verso gli altri, a partire dalle consorelle: la Serva di Dio ebbe una singolare capacità di donare conforto a quanti ricorrevano a lei. Il 10 ottobre 1935 professò i voti perpetui.

Il suo stile di vita era esemplare. Alla grande bontà del temperamento aggiungeva un impegno semplice e sincero di vivere intensamente la regola dell’Istituto. Era sempre gioiosa, umile, equilibrata, dedita al lavoro, disponibile verso tutti. La sua fede, che già l’aveva sostenuta nelle difficoltà dell’infanzia e della giovinezza, l’accompagnò attraverso prove e incomprensioni e, soprattutto, radicò in lei il senso dell’appartenenza incondizionata al Cuore di Gesù. Fu una donna di grande speranza.

Gli anni della seconda guerra mondiale (1939-1945) e quelli immediatamente successivi la videro ancora soffrire, risentendo nel suo cuore le grandi tragedie dell’umanità. Venne sottoposta a vari interventi chirurgici, che risultarono inefficaci. Così, dalla primavera del 1948, fu costretta a stabilirsi in infermeria, che divenne il luogo in cui si compì la sua silenziosa missione, con crescente amore per Gesù Eucaristia. Con l’aggravarsi delle condizioni fisiche, accolse con piena disponibilità di essere “associata” alla passione di Gesù Cristo, offrendosi vittima per i peccatori. In breve tempo rimase in uno stato di permanente immobilità nell’infermeria del convento. Dalla sua cella, in prossimità del coro, riusciva a partecipare alle preghiere della comunità.

Morì a quarantacinque anni, il 26 marzo 1954. L’11 agosto 2004 dal cimitero di Firenze i suoi resti mortali fecero ritorno a Maranola e il 1° ottobre 2006 furono deposti in un’urna, nella chiesa dell’Annunziata dove tante volte da ragazzina aveva pregato.