Causa in corso
Andrea Szeptyckyj (al secolo: Romano Alessandro Maria)
- Venerabile Servo di Dio -

Andrea Szeptyckyj (al secolo: Romano Alessandro Maria)

(1865 - 1944)

Venerabilità:

- 16 luglio 2015

- Papa  Francesco

Dell’Ordine di San Basilio, Arcivescovo Maggiore di Leopoli degli Ucraini, Metropolita di Halyc; fu un uomo di fede, un monaco zelante che agì per la gloria di Dio, mosso dal desiderio di compiere la Sua volontà. Pastore coraggioso ed indomito, lasciò un enorme patrimonio dottrinale, pastorale e morale. Soccorse i poveri ammalati, utilizzando le rendite della Metropolia e visse una profonda vita di preghiera

  • Biografia
"L’unico tema della mia predicazione è stato sempre il Vangelo di Gesù Cristo, l’unico scopo del mio lavoro, la salvezza dei fedeli”

 

Il Venerabile Servo di Dio Romano Alessandro Maria Szeptyckyj nacque il 26 luglio 1865 a Prylbyci (Ucraina). Il 29 luglio 1865 fu battezzato con rito latino e, il 3 novembre 1879, ricevette il sacramento della Cresima a Cracovia, dove era stato inviato per proseguire gli studi.

Ben presto manifestò ai genitori l’intenzione di entrare nell’Ordine di San Basilio Magno, ma non essendogli stato consentito dal padre, il 1° ottobre 1883 iniziò il servizio militare a Cracovia. Non potendo continuare in tale via perché impedito dalla malattia, nel 1884 decise di intraprendere gli studi di diritto a Breslavia.

Nel 1888, durante un viaggio a Roma, insieme a sua madre, fu ricevuto in Udienza privata dal Papa Leone XIII, che lo incoraggiò ad entrare nell’Ordine Basiliano, con lo scopo di avere “la grande missione, vale a dire, l’unione dell’Oriente e dell’Occidente”.

Dopo essersi laureato in diritto all’Università di Cracovia il 27 aprile 1888, entrò nel Monastero Basiliano riformato di Dobromil. Terminato l’anno di noviziato, il 13 settembre 1889 emise i voti prendendo il nome di Andrea. Il 14 agosto 1892 fece la professione solenne e il 3 settembre successivo venne ordinato presbitero.

Dal 1892 al 1894, continuò gli studi di teologia a Cracovia. Concluso il periodo formativo, fu nominato Maestro dei novizi e poi, il 20 luglio 1896, Superiore del Monastero di S. Onofrio a Lviv. Si dedicò alla predicazione, alla pastorale, alla missione e all’insegnamento della teologia.

Il 19 luglio 1899 fu nominato Vescovo della Eparchia di Stanislaviv ed il 22 luglio ricevette l’ordinazione episcopale. Scrisse quattro lettere pastorali: “Sul lavoro cristiano”, “Sulla famiglia cristiana”, “Sulla fede”, “Sulla carità”. Si prodigò nella visita alle parrocchie e alle carceri, riorganizzò il Seminario diocesano e la biblioteca.

Il 17 dicembre 1900 venne nominato Arcivescovo di rito greco-cattolico di Lviv, Metropolita di Halyc e Vescovo di Kamenetz Podilsky, sedi che erano unite dal 1807 a quella di Lviv. Nel 1901 avviò la riforma del Seminario diocesano e si prese cura affinché gli studenti migliori completassero gli studi superiori.

Nel 1903 fondò la Congregazione monastica orientale chiamata “Studion”, dandole la regola di S. Teodoro Studita. Nella svolta politica avvenuta in Russia nel 1905, che concedeva al popolo una certa libertà religiosa, pensò di iniziare la sua opera ecumenica nell’Impero russo. Nella prima metà del 1907 espose al Pontefice San Pio X il suo piano di lavoro, proponendo di ordinare sacerdoti e vescovi russi, ritenendosi legittimato a farlo, essendo egli Metropolita di Halyc e Vescovo di Kamenetz Podilsky. Il 18 febbraio 1908, lo stesso Pio X gli conferì la nomina di Delegato Apostolico in Russia. Questa facoltà creò non poche difficoltà nei rapporti tra la Santa Sede, l’Impero russo e la Polonia.

Con lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, Lviv venne occupata dall’esercito russo. Dopo una predica nella quale esortava i fedeli alla perseveranza nella fede cattolica nel rito bizantino-slavo, il 14 settembre 1914, il Servo di Dio fu arrestato e deportato a Kyiv (Kiev). Una settimana dopo fu imprigionato a Jaroslavl, nel Monastero di Suzdal.

Messo in libertà nel 1917, celebrò il primo sinodo della Chiesa cattolica di rito bizantino-slavo in Russia. In quell’occasione esibì le lettere plenipotenziarie, ricevute dal Papa San Pio X, che lo autorizzavano ad esercitare la sua giurisdizione in territorio russo. Rientrato a Lviv, si dedicò al lavoro pastorale per la ricostruzione morale, spirituale e materiale del suo popolo.

Nel novembre 1918 ebbe inizio la guerra tra ucraini e polacchi, che terminò nel successivo mese di luglio con la vittoria di questi ultimi. Nel settembre del 1923 venne nuovamente imprigionato per aver difeso il suo popolo. Liberato all’inizio del 1924, grazie all’intervento di Papa Pio XI, dovette prestare il giuramento di fedeltà alla Repubblica polacca.

Cominciarono anni estremamente ardui, durante i quali dovette limitarsi ad una resistenza, più o meno passiva, contro una politica polacca colonizzatrice ed anti-ucraina.

Nel 1939, l’invasione della Polonia da parte dell’esercito sovietico sembrò aprire nuovi spazi per un dialogo, ma due anni dopo l’occupazione da parte dell’esercito tedesco evidenziò i segni dell’odio e della violenza.

Lavorò molto per superare gli odi razziali, soprattutto nei confronti degli ebrei e difese il suo popolo dalle nefandezze belliche.

Già dalla metà degli anni ‘30 non era più in grado di camminare. Le sue gambe si gonfiavano e spesso soffrivano per una tromboflebite.

Morì a Leopoli (Ucraina) il 1° novembre 1944, dopo aver sopportato con pazienza i dolori e le croci, tra cui parecchi anni trascorsi in carrozzella.

 

ITER DELLA CAUSA

Il Processo Ordinario fu istruito a Roma (Italia), dal 5 dicembre 1958 al 28 maggio 1963.

Inoltre furono celebrati trentacinque Processi Rogatoriali.

In totale furono escussi novantadue testi, dei quali dieci ex officio.

La validità giuridica dei Processi fu riconosciuta con il Decreto del 15 novembre 2002.

 

CONGRESSO DEI CONSULTORI TEOLOGI

Si tenne il 19 gennaio 2007. I Consultori sottolinearono che il Venerabile Servo di Dio fu un uomo di fede, un monaco zelante che agì per la gloria di Dio, mosso dal desiderio di compiere la Sua volontà. Scelse il rito orientale dei basiliani ucraini, in un’epoca in cui la popolazione ucraina non aveva rappresentanza presso il Senato di Vienna, mentre i polacchi potevano godere della protezione del governo. San Pio X gli chiese di promuovere la causa dell’Uniatismo e, per tale scopo, scrivendo al Santo Padre, il Venerabile Servo di Dio espresse l’offerta della sua vita per il bene della Chiesa locale.

Pastore coraggioso ed indomito, lasciò un enorme patrimonio dottrinale, pastorale e morale.

Soccorse i poveri ammalati, utilizzando le rendite della Metropolia e visse una profonda vita di preghiera.

Negli oltre quarant’anni di ministero episcopale, assistette a otto cambi di governo e a drammatiche vicissitudini, tra cui l’avvicendarsi degli zar, dei dominatori polacchi, dei sovietici e dei nazisti.

I Consultori evidenziarono due problematiche:

- l’opinione sul Venerabile Servo di Dio nutrita dal Cardinal Stefan Wyszyński, i cui interventi per ben due volte causarono l’interruzione del Processo di Canonizzazione;

- la lettera scritta ad Adolf Hitler il 14 gennaio 1942, nella quale il Venerabile Servo di Dio, in qualità di membro del Consiglio nazionale ucraino di Lviv, fu tra i firmatari di una missiva al Führer, in cui si auspicava la “distruzione della Polonia” ad opera del Reich e l’eliminazione del sistema di Versailles che aveva appoggiato “i nemici dell’Ucraina vale a dire la Polonia e la Russia”.

La Postulazione fece riferimento ad uno stralcio di questo documento e, in nota, pose l’opinione del Card. Tisserant, secondo il quale si sarebbe trattato di un falso.

La maggioranza dei Teologi osservò che il Venerabile Servo di Dio vedeva nei nazisti i potenziali liberatori dai bolscevichi. Quando però si rese conto del vero volto del Reich, intervenne in modo inequivocabile, pubblicando la Lettera Pastorale “Non uccidere” e impegnandosi in modo esemplare nella difesa della popolazione ebraica.

Al termine del dibattito, i Consultori si espressero con voto affermativo circa il grado eroico delle virtù, la fama di santità e di segni del Venerabile Servo di Dio.

 

SESSIONE ORDINARIA DEI CARDINALI E VESCOVI

Si tenne il 30 giugno 2015. L’Ecc.mo Ponente, dopo aver riassunto la storia della Causa ed il profilo biografico del Venerabile Servo di Dio, sottolineò che la complessità della Causa è determinata dall’intreccio di questioni non sempre pertinenti con la santità di una persona quali, in particolare, l’azione politica svolta in un determinato contesto culturale, geopolitico e religioso.

Egli si trovò in mezzo a correnti contrapposte, come l’esasperato nazionalismo, il russofilismo, il socialismo radicale ed altri ancora. In tale contesto emerge la sua personalità forte, sinceramente impegnata in un cammino di perfezione attraverso un’esigente vita di spiritualità monastica orientale e dedita senza riserve e senza limiti alla crescita del popolo a lui affidato.

Nell’opera pastorale emerse la fortezza della sua presenza e l’instancabile azione di fede e carità che caratterizzò il suo governo pastorale. Fedele alla vocazione monacale, visse il Vangelo radicalmente, celebrò la liturgia secondo le norme della Chiesa e la difese dinanzi ai tentativi di distruzione, esercitò la carità come virtù sovrana.

San Giovanni Paolo II, durante la sua Visita Pastorale in Ucraina nel 2001, auspicò che la sua beatificazione fosse celebrata quanto prima.

In riferimento alle due obiezioni manifestate in sede di Congresso Teologico, l’Ecc.mo Ponente affermò:

- l’intervento del Card. Wyszyński di posticipare la Causa fu una presa di posizione personale giustificata non dalla mancanza di santità del Venerabile Servo di Dio, ma dallo scopo di far decantare le emozioni conflittuali che ancora erano presenti presso le due popolazioni;

- in merito alla lettera indirizzata a Hitler, lo stesso Venerabile Servo di Dio si accorse successivamente dell’illusione per la sopraggiunta schiavitù nazista. Prova ne fu anche la Lettera che scrisse a Pio XII nei confronti di Hitler e del nazismo. Inoltre, le ripetute chiarificazioni della Postulazione superano le difficoltà e mostrano pienamente la correttezza della causa.

In conclusione, la lettera che il Venerabile Servo di Dio scrisse a Pio XI il 4 luglio 1923 sintetizza il percorso da lui esercitato durante la vita: “Santissimo Padre, lascio Roma consapevole che, poco dopo il mio arrivo a Leopoli, sarò assassinato. Accetto la morte dalla volontà di Dio. E offro volentieri la mia vita a Nostro Signore per l’unione delle Chiese e per ottenere da Dio la pace di Cristo tra i cattolici del nostro Paese, separati, ahimè, dalle ingiustizie e dagli odi secolari…. Dopo che, per obbedienza al Sovrano Pontefice, ho accettato il pesante incarico dell’episcopato, ho sempre concepito il mio compito come quello di condurre i fedeli alla salvezza eterna, tramite la fede cattolica e l’amore di Dio e della sua Chiesa, di rendere cristiana la vita, le idee e lo stesso patriottismo dei miei fedeli. Ho sempre lasciato ad altri ogni politica, convinto che sarebbe tradire Gesù Cristo se ponessi tra me e uno qualunque dei miei fedeli, motivi di malintesi per ragioni passeggere e indifferenti al bene religioso dei fedeli. Per assolvere i miei doveri di amore del prossimo, ho dovuto seguire i miei fedeli nelle loro giuste aspirazioni nazionali, dedicarmi tutto a tutti per salvarli; ho dovuto anche difenderli davanti alle ingiustizie... L’unico tema della mia predicazione è stato sempre il Vangelo di Gesù Cristo, l’unico scopo del mio lavoro, la salvezza dei fedeli”.

Tale confessione attesta in breve chi era il Venerabile Servo di Dio e quale sia stata la sua opera pastorale.

Il Ponente concluse la sua Relazione constare de heroicitate virtutum. Anche gli Em.mi ed Ecc.mi Padri risposero unanimemente al dubbio con sentenza affermativa.