Causa in corso
Carlo Maria da Abbiategrasso
- Venerabile Servo di Dio -

Carlo Maria da Abbiategrasso

(1825 - 1859)

Venerabilità:

- 13 dicembre 2021

- Papa  Francesco

Sacerdote professo dell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini, dal suo straordinario amore verso Dio discendeva una pratica non comune della carità verso il prossimo, attestata in ogni periodo della sua vita

  • Biografia
Si distinse per la straordinaria pietà, per l’umiltà e per la carità, acquistando anche fama di taumaturgo

 

    Il Venerabile Servo di Dio Carlo Maria da Abbiategrasso (al secolo Gaetano Antonio Vigevano) nacque ad Abbiategrasso (Milano, Italia) il 30 agosto 1825. Di costituzione molto gracile, fu battezzato lo stesso giorno della nascita. Fin dall’adolescenza aiutò i genitori nel negozio e si distinse per la religiosità e lo zelo con il quale cercava di coinvolgere gli altri giovani del paese nella vita cristiana parrocchiale, insegnando il catechismo e le preghiere. Sentita la vocazione alla vita consacrata, il 25 ottobre 1852 entrò come Postulante nell’Ordine dei Frati Minori Cappuccini nel Convento della Santissima Annunziata di Borno ma, nel 1854, non venne ammesso in Noviziato per un inizio di tubercolosi. Rientrato in famiglia, riprese a lavorare presso la bottega del padre.

    Nel maggio dello stesso anno, in seguito all’intervento del suo direttore spirituale e confessore, don Francesco Palazzi, fu accolto nuovamente dai Cappuccini, come Terziario Francescano nel Convento di San Vittore all’Olmo a Milano, e venne impegnato nel lanificio della Provincia Cappuccina di Lombardia. Ottenuto il 30 gennaio 1855 il “nulla osta”, vestì di nuovo l’abito cappuccino il 14 febbraio 1855 e, il 30 marzo dello stesso anno, emise la professione solenne, iniziando poco dopo gli studi filosofici e quelli teologici, che non completò. Il 26 dicembre 1855 venne ordinato sacerdote, senza il permesso di confessare e di predicare. Dopo un periodo trascorso nei Conventi Cappuccini di Milano e Crema, nel 1858 venne trasferito a Casalpusterlengo, presso il Santuario della Madonna dei Cappuccini. Qui si distinse per la straordinaria pietà, per l’umiltà e per la carità, acquistando anche fama di taumaturgo. Vista la considerevole fama di santità e di segni, il governo austriaco, chiese il suo allontanamento, ma il Vescovo di Lodi, Mons. Gaetano Benaglio, rifiutò categoricamente.

    Ammalatosi di broncopolmonite e di tisi, morì il 21 febbraio 1859 a Casalpusterlengo (Italia).

    Il Venerabile Servo di Dio esercitò in grado eroico la virtù della fede, vissuta in una preghiera continua ed intensa, anche notturna, che consisteva principalmente e frequentemente nell’adorazione del SS.mo Sacramento. Spesso lo si vedeva prostrato in preghiera davanti al Santissimo con le braccia aperte. Seguendo la tradizione spirituale francescana cappuccina, fu devotissimo della Passione di Cristo e amò la pratica della Via Crucis per sentirsi in intima unione con Gesù Crocifisso e con il suo Cuore trafitto. Altra caratteristica del Venerabile Servo di Dio fu la sua devozione mariana. L’aspetto della vita di Maria che più lo coinvolgeva era l’esperienza di Maria al Calvario, la Madonna Addolorata ai piedi della Croce. Era devoto di San Francesco d’Assisi e dei Santi del suo Ordine, desiderando imitarne specialmente l’amore di Dio e del prossimo, l’umiltà e la povertà. Fu esemplarmente fedele alla Chiesa, aderì pienamente a tutte le verità della fede cattolica e fu diligentissimo nell’osservanza delle Costituzioni e della Regola dei Cappuccini.

    La sua fede era sostenuta dalla virtù teologale della speranza, esercitata in grado eroico, soprattutto nelle circostanze difficili che dovette affrontare: le sofferenze fisiche, che lo accompagnarono tutta la vita; l’incomprensione del padre, di cui aveva deluso le aspettative per rispondere alla vocazione religiosa; l’incomprensione di alcuni confratelli, che lo consideravano limitato di mente ed esagerato nella penitenze; i sospetti da parte delle autorità civili per la popolarità raggiunta con la sua vita santa e con le guarigioni che si ritenevano avvenute per la sua intercessione; l’ultima dolorosa malattia, che egli sopportò con speranza esemplare.

    Praticò in grado eroico la virtù della carità, verso Dio e verso il prossimo. Dal suo straordinario amore verso Dio discendeva una pratica non comune della carità verso il prossimo, attestata in ogni periodo della sua vita. Nel 1855, quando a Milano dilagava il colera, egli, pur essendo malato con la febbre, supplicò in ginocchio il Padre Guardiano di concedergli il permesso di andare in ospedale ad assistere i colerosi.