Causa in corso
Felice Tantardini
- Venerabile Servo di Dio -

Felice Tantardini

(1898 - 1991)

Venerabilità:

- 11 giugno 2019

- Papa  Francesco

Fratello del Pontificio Istituto per le Missioni Estere, svolse la sua opera missionaria per quarant’anni in Myammar. In una terra afflitta da miseria e carestia, nelle difficoltà di missioni tutte da costruire, non perse mai l’entusiasmo della sua vocazione, come lui stesso da anziano raccomandava ai giovani di fare.

  • Biografia
  • Decreto sulle Virtù
«Sforzarmi di essere felice, sempre e ad ogni costo, ed essere intento a far felici anche gli altri».

  

  Felice Tantardini nacque il 28 giugno 1898 a Introbio (Lecco, Italia). La vita familiare gli trasmise l’amore alla preghiera quotidiana, al rigore morale, alla lettura e al lavoro. A diciassette anni, iniziò a lavorare in un’officina e, nel 1917, fu arruolato. A seguito della disfatta di Caporetto, venne mandato in prima linea ad Asiago dove, insieme all’intero contingente, cadde prigioniero delle truppe austro-ungariche, passando da un campo di lavoro all’altro, a Vittorio Veneto, Udine, Gorizia, Belgrado e Salonicco.

    Rientrato a casa nel 1919, due anni dopo, entrò nel Pontificio Istituto Missioni Estere (PIME) e, nel 1922, fu inviato a Toungoo (Myanmar). Nel 1926 fu trasferito a Kalaw a costruire una scuola. Si recò poi a Mandalay. Nel 1939 fu mandato in missione nel lebbrosario appena fondato di Loilem, dove conquistò l’affetto dei malati, per i quali costruì trecento letti di ferro.

    Nel 1942 dovette fronteggiare l’invasione dei giapponesi, da cui fu inviato a Bhamo e lasciato libero di lavorare.

    Al termine del conflitto, si dedicò alla ricostruzione materiale e spirituale del Paese. Nel 1948 la Birmania festeggiò l’indipendenza ma venne subito scossa dalla guerra civile, che causò grosse sofferenze a tutta la popolazione e ostacolò all’attività dei missionari.

    Nel 1951, eretta la nuova diocesi di Taunggyi, fu incaricato, insieme ad un confratello, di adoperarsi per la costruzione della cattedrale, alla quale si dedicò con perizia e passione. Nel 1956 tornò per pochi mesi in Italia, per rivedere i familiari e curare piedi e gambe doloranti. Nel 1957 ritornò con entusiasmo e convinzione in Myanmar, sua seconda patria, dove venne incaricato di dirigere i lavori parrocchiali a Leikthò. Nel 1961 venne affidata al PIME la Diocesi di Taunggyi e il Servo di Dio vi fu trasferito al seguito del Vescovo, al quale dedicò la sua pronta obbedienza.

    Nel 1970 tornò con grande serenità nel lebbrosario, dove si mise ad aggiustare tetti e capriate distrutti dai monsoni.

    Nel 1973, a Rangoon, ricevette dal Governo italiano l’Onorificenza della Croce del Lavoro.

    Negli ultimi anni, senza perdere il buonumore, accettò gli acciacchi incombenti e le limitazioni conseguenti, dedicandosi alla preghiera.

    Morì a Taunggy (Myanmar) il 23 marzo 1991, all’età di 93 anni.

    Durante la Prima Guerra Mondiale, maturò tre certezze: il desiderio di consacrarsi unicamente al servizio di Dio; l’affidamento totale alla Vergine Maria; la convinzione di contare, oltre che sulla Provvidenza, sulle proprie forze di inventiva e coraggio.

    Entrato nel Pontificio Istituto per le Missioni Estere, svolse la sua opera missionaria per quarant’anni in Myammar. In una terra afflitta da miseria e carestia, nelle difficoltà di missioni tutte da costruire, non perse mai l’entusiasmo della sua vocazione, come lui stesso da anziano raccomandava ai giovani di fare.

    Nell’arco di più di sessantacinque anni in missione, rimase fedele ai tempi e alle modalità del suo pregare: orazione mattutina prima della S. Messa e lungo ringraziamento dopo, tre Rosari al giorno, Via Crucis il venerdì, raccoglimento in preghiera dopo pranzo e alla sera, confessione quasi settimanale.

    Nelle varie case dove venne inviato, fu addetto a lavori manuali, soprattutto come fabbro. Contribuì a costruire chiese, opere idriche e fognarie ed edifici per la popolazione. Impiegò il suo lavoro per alleviare qualsiasi disagio della gente e garantirne una vita dignitosa. Fu apprezzato anche dai buddisti. Considerava il lavoro uno strumento di santificazione.

    Accolse le difficoltà conservando uno spirito gioioso. Fu obbediente ai Superiori, disponibile ai sacrifici. Divenuto anziano, trascorse gli ultimi anni nel raccoglimento e nella preghiera.

 

TAUNGGYENSIS

Beatificationis et Canonizationis

Servi Dei

FELICIS TANTARDINI

Fratris professi e Pontificio Instituto pro Missionibus Exteris

(1898 – 1991)

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Super Virtutibus

 

    «Sforzarmi di essere felice, sempre e ad ogni costo, ed essere intento a far felici anche gli altri».

 

    Riflettendo sul suo nome, il Servo di Dio Felice Tantardini vi scoprì quasi una “vocazione alla gioia” e suo intento fu di diffondere pace e serenità negli ambienti in cui si svolse la sua vita di cristiano e di missionario.

    Il Servo di Dio nacque il 28 giugno 1898 a Introbio, in Valsassina (Lecco), sesto di otto figli di Giovanni Battista e Maria Magni. Il giorno seguente ricevette il battesimo, mentre il sacramento della cresima gli sarà conferito nel 1904, insieme con la Prima Comunione, dalle mani dell’Arcivescovo di Milano, il Beato Andrea Carlo Ferrari.

    Educato cristianamente in famiglia, dopo la terza elementare Felice cominciò a lavorare come fabbro. Appena tredicenne rimase orfano di padre e, ormai diciassettenne, divenne dipendente all’Ansaldo di Genova, proprio mentre l’Italia stava entrando in guerra. Nel periodo immediatamente seguente la disfatta di Caporetto nel 1917, Felice venne arruolato e, dopo un paio di mesi di addestramento, mandato in prima linea. Qui subito fu fatto prigioniero e costretto a passare da un campo di lavoro all’altro, da Udine a Gorizia a Belgrado, in mezzo a un’indicibile quantità di difficoltà e di stenti, con il rischio perfino di morire di fame. Perciò,
insieme con altri quattro compagni di prigionia, tentò la via dell’evasione e, con un viaggio avventuroso, raggiunse la Grecia per tornare infine in Italia.

    Al termine del conflitto, Felice, anche grazie alla letture di riviste incentrate sull’evangelizzazione, maturò la decisione di diventare missionario. Perciò all’età di ventitré anni entrò nel Pontificio Istituto per le Missioni Estere (PIME) e, dieci mesi dopo, venne destinato alla Birmania come fratello laico. Partì per la missione nel Paese orientale il 2 settembre 1922: vi resterà ininterrottamente quasi settanta anni, con un solo rientro di pochi mesi in Italia, nel 1956, per motivi di salute.

    La sua sede fu la missione di Toungoo; ma in realtà il Servo di Dio si spostava di missione in missione, ovunque si richiedeva la sua presenza. Si impegnava soprattutto nel lavorare il ferro, favorito anche da una straordinaria forza fisica, al punto da piegare le sbarre di ferro con le sole braccia.  Grazie alla sua instancabile operosità, nacquero chiese, scuole, case parrocchiali, ospedali, seminari, orfanotrofi, conventi, ponti. In quel territorio estremamente povero, afflitto da carestia e miseria di ogni genere, il Servo di Dio si immerse con generosità e concretezza, sempre “felice di far felici gli altri” e contribuendo allo sviluppo delle missioni del PIME. Tra l’altro, svolse lavori presso un lebbrosario, conquistandosi l’affetto dei malati.

    Nel 1942, nel cuore della seconda guerra mondiale, la Birmania subì l’invasione da parte del Giappone, con un pesante carico di bombardamenti che causarono numerose vittime e ingenti danni. Anche in questa situazione il Servo di Dio continuò a dedicarsi completamente al suo lavoro e al servizio dei fratelli più bisognosi, finché venne imprigionato in un campo di detenzione nipponico, dove, come dirà in seguito, giunse “alle soglie dell’altro mondo”.

    Terminato il conflitto, Fratel Felice si prodigò per la ricostruzione materiale e morale del Paese che ormai considerava come una seconda patria. Ma ulteriori problemi politici complicarono il percorso della ricostruzione: infatti, conquistata l’indipendenza nel 1948, la Birmania venne sconvolta da una terribile guerra civile, dalla quale solo molto lentamente la popolazione si riprese.

    Il lavoro del Servo di Dio era accompagnato da una grande pace e sostenuto da una fede semplice ed essenziale, nutrita da un profondo spirito di preghiera. Aveva una fiducia illimitata nella “cara Madonna”, alla quale ogni girono si rivolgeva con la preghiera dei tre rosari. Bontà verso tutti, sincera umiltà nello stile di vita, cordialità con i confratelli e con quanti venivano a contatto con lui, sano umorismo di fronte alle proprie infermità: «Un po’ di penitenza fa bene – soleva dire – ci distacca dalle cose di questo mondo e ci risparmia un po’ di purgatorio nell’altro!». Tutto ciò costituiva la sua indole naturale, che ben si coniugava con una profonda vita interiore e un costante esercizio delle virtù.

    Fratel Felice continuò a lavorare con fervente spirito missionario nella diocesi di Taunggy, di recente istituzione, si adoperò per la costruzione della cattedrale, del seminario e di un noviziato. Diede un notevole contributo in occasione del Congresso Eucaristico Nazionale di Rangoon del 1955. Il suo impegno varcò i confini della Birmania, così che nel 1973 il Servo di Dio fu insignito dal Governo Italiano dell’onorificenza della Croce del Lavoro. 

    A ottantacinque anni i superiori insistettero perché smettesse di lavorare il ferro e si dedicasse alla preghiera. Il Servo di Dio ubbidì con la consueta prontezza e intensificò ancora di più la sua comunione con il Signore. Il “fabbro di Dio” chiuse la sua feconda giornata terrena il 23 marzo 1991, a novantatré anni. Le sue esequie, partecipate da una folla sterminata anche di non cristiani, testimoniarono fin da allora la fama di santità che aveva accompagnato questo umile missionario durante la sua vita.

    In virtù di questa fama, dal 31 luglio 2001 al 4 agosto 2002 presso la Curia ecclesiastica di Taunggy fu celebrata l’Inchiesta Diocesana, mentre a Milano si è svolta un’Inchiesta Rogatoriale dal 29 settembre 2001 al 13 maggio 2002: la loro validità giuridica è stata riconosciuta da questa Congregazione con decreto del 28 gennaio 2005. Preparata la Positio, si è discusso, secondo la consueta procedura, se il Servo di Dio abbia esercitato in grado eroico le virtù. Con esito positivo, il 22 maggio 2018 si è tenuto il Congresso Peculiare dei Consultori Teologi. I Padri Cardinali e Vescovi nella Sessione Ordinaria del 4 giugno 2019, presieduta da me, Card. Angelo Becciu, hanno riconosciuto che il Servo di Dio ha esercitato in grado eroico le virtù teologali, cardinali ed annesse.

     Presentata, quindi, un’attenta relazione di tutte queste fasi al Sommo Pontefice Francesco da parte del sottoscritto Cardinale Prefetto, il Beatissimo Padre, accogliendo e ratificando i voti della Congregazione delle Cause dei Santi, nel presente giorno ha dichiarato: Constano le virtù teologali della Fede, Speranza e Carità sia verso Dio sia verso il prossimo, nonché le cardinali della Prudenza, Giustizia, Temperanza e Fortezza e di quelle annesse, in grado eroico, del Servo di Dio Felice Tantardini, Fratello professo del Pontificio Istituto per le Missioni Estere, nel caso e per il fine di cui si tratta.

 

     Il Beatissimo Padre ha dato incarico di rendere pubblico questo decreto e di trascriverlo negli atti della Congregazione delle Cause dei Santi.

    

     Roma, il giorno 11 del mese di giugno dell’anno del Signore 2019.

  

ANGELO Card. BECCIU

Prefetto

 

+ MARCELLO BARTOLUCCI

Arcivescovo titolare di Bevagna

Segretario