Causa in corso
Giorgio La Pira
- Venerabile Servo di Dio -

Giorgio La Pira

(1904 - 1977)

Venerabilità:

- 05 luglio 2018

- Papa  Francesco

Laico, i valori evangelici ispirarono il suo dinamismo apostolico. La preghiera, con ore di adorazione anche notturna e di meditazione, costituiva il sostegno del suo vissuto quotidiano. Con la sua testimonianza, fu un esempio di zelo cristiano nella società, in particolare nella cura dei poveri

  • Biografia
Guardò alla speranza cristiana come la sua certezza di vita

 

    Il Venerabile Servo di Dio Giorgio La Pira nacque a Pozzallo (Ragusa, Italia) il 9 gennaio 1904. Trasferitosi a Messina, conseguì il diploma di ragioniere e di perito commerciale. Ottenuta la licenza di maturità classica nel 1922, s’iscrisse alla facoltà di giurisprudenza. Proseguì gli studi a Firenze, dove si laureò. Nel 1926, fu nominato assistente universitario e, vinta una borsa di studio, perfezionò le sue conoscenze in materia a Vienna e a Monaco di Baviera. Nel 1927 divenne terziario domenicano e si legò ai Frati Predicatori del Convento di San Marco di Firenze, dove fu ospitato dal 1936 al 1948. Nel 1930 divenne libero docente di Diritto Romano e, nel 1933, ne vinse la cattedra all’Università di Firenze. L’interesse per l’opera di San Tommaso d’Aquino non fu solo di carattere intellettuale, ma il Santo fu per lui una guida nella sua vita spirituale.

    Riunì intorno a sé un gruppo di giovani cattolici in un’associazione denominata Ut unum sint, che confluì nel Pio Sodalizio dei Missionari della Regalità di Cristo, fondato da Padre Agostino Gemelli. Ciò confermò la sua vocazione allo stato celibatario, rimanendo legato alla vita universitaria. Seguì l’istituzione della “Messa dei Poveri”, nel 1934, nell’antica chiesa di San Proclo. Tale iniziativa venne legata alle Conferenze di San Vincenzo, di cui il Servo di Dio fu promotore spirituale e materiale. Il suo impegno culturale e pastorale si manifestò anche attraverso gli scritti come l’opera Il valore della persona umana, ispirata al pensiero di Tommaso d’Aquino.

    Ricercato dai nazifascisti, nel 1943 si rifugiò prima a Siena e poi a Roma. Tornò a Firenze nel 1944 e fu nominato Presidente dell’Ente Comunale di Assistenza (ECA) in favore dei poveri. Nel 1946, eletto deputato alla Costituente con il partito della Democrazia Cristiana, contribuì alla formulazione dei principi basilari della Costituzione della Repubblica Italiana. Nel 1948 venne eletto alla Camera dei Deputati e nominato Sottosegretario del Ministero del Lavoro. Si dimise nel 1950 e, l’anno successivo, fu eletto Sindaco di Firenze. Iniziò un rapporto epistolare con le Claustrali per assicurarsi il loro sostegno spirituale; si adoperò per creare nuovi alloggi e per il diritto del lavoro degli operai; convocò a Firenze il “convegno dei sindaci delle capitali del mondo”, al quale parteciparono anche i primi cittadini di Mosca e di Pechino; realizzò importanti opere pubbliche. Nel 1956 fu rieletto Sindaco, ma si dimise dopo pochi mesi. Nel 1957, per promuovere la pace tra i Paesi che si affacciano sul Mar Mediterraneo, intraprese una serie di viaggi. Nel 1958 fu eletto di nuovo alla Camera dei Deputati; nel 1959 si recò a Mosca per colloqui con il Soviet Supremo in difesa della distensione, del disarmo e della libertà religiosa.

    Il 1° marzo 1961 fu eletto per la terza volta Sindaco di Firenze. Promosse molte iniziative di valore politico, culturale e sociale; organizzò anche una serie di conferenze sul Concilio Vaticano II. Nel 1965 lasciò la carica di Sindaco; si adoperò per la pace in Vietnam e l’11 novembre incontrò Ho Chi Minh a Saigon. Nel 1967 fu eletto Presidente della “Federazione Mondiale delle Città Unite” con sede a Parigi, dove poi si recò più volte. Negli anni 1969-1973 fece numerosi viaggi per incoraggiare la distensione, promuovere la pace, l’ecumenismo e il dialogo tra i popoli e le religioni. Alle elezioni politiche del 1976 fu eletto alla Camera dei Deputati; ma la sua salute peggiorò rapidamente a causa della poliglobulia.

    Morì il 5 novembre 1977 a Firenze (Italia).

    I valori evangelici ispirarono il suo dinamismo apostolico. La preghiera, con ore di adorazione anche notturna e di meditazione, costituiva il sostegno del suo vissuto quotidiano.

    Elaborò un’originale concezione di “personalismo comunitario”, secondo cui i cattolici dovevano impegnarsi nella ricostruzione morale e politica dell’Italia del dopoguerra. Egli stesso con la sua testimonianza, fu un esempio di zelo cristiano nella società, in particolare nella cura dei poveri.

    Fu costante nel rispondere alle sollecitazioni dello Spirito, mite di fronte alle offese, pronto ad aiutare i bisognosi e ad impegnarsi con fortezza contro l’aborto, per l’indissolubilità del matrimonio, contro le guerre, per la maggior gloria di Dio e la salvezza delle anime.

    La fede di Giorgio La Pira fu semplice e forte, nutrita dallo studio, dalla preghiera e dalla meditazione. Visse la sua azione politica come vocazione cristiana perché il mondo accogliesse la ricchezza del Vangelo come strumento unico di trasformazione e progresso della cultura, della società e degli uomini. Il Servo di Dio fece di tutto perché il lavoro non mancasse alle famiglie e soprattutto perché quanti avevano il potere agissero di conseguenza e in maniera coerente al Vangelo e non per interessi privati. Perseguì un uso moderato dei beni terreni, memore che una cosa sola è essenziale e necessaria: l’amore verso il prossimo come naturale conseguenza dell’amore verso Dio.

    Compì numerosi viaggi, come Sindaco di Firenze, con lo scopo di ricercare l’unità nei cristiani e il rispetto reciproco tra questi e i fedeli di altre religioni. Visse da povero per essere testimone della ricchezza evangelica; consacrò la sua vita alla pace e al rispetto tra i popoli, per incarnare la beatitudine proclamata da Gesù per i suoi discepoli; anticipò con lungimiranza tanti contenuti del Concilio Ecumenico Vaticano II, rimanendo figlio obbediente della Chiesa; fece della preghiera, e in particolare della Santa Eucaristia, il sostegno della sua vita; incarnò in modo del tutto evangelico, la carità verso i poveri e i deboli; guardò alla speranza cristiana come la sua certezza di vita.