Causa in corso
Marcello Labor
- Venerabile Servo di Dio -

Marcello Labor

(1890 - 1954)

Venerabilità:

- 05 giugno 2015

- Papa  Francesco

Sacerdote diocesano; visse un cammino di conversione alla fede cattolica che lo condusse all’ordinazione sacerdotale. Fu uomo intelligente e di grande equilibrio psicologico. Da laico esercitò le virtù per rettitudine naturale; fu, infatti, persona integerrima per onestà e spirito di altruismo

  • Biografia
Fu instancabile per i malati. Era chiamato il “medico dei poveri”, sempre presente al loro capezzale e generoso nel fornire medicinali e viveri

 

Il Venerabile Servo di Dio Marcello Labor nacque l’8 luglio 1890 a Trieste (Italia), in una famiglia ebrea, non particolarmente osservante. Il padre, Carlo Loewy, di origini ungheresi, era giunto a Trieste con la carica di procuratore della Banca Commerciale.

Educato nella rettitudine morale, ricevette un’accurata formazione culturale e scolastica a Trieste, condividendo gli ideali del socialismo.

Nel 1912 sposò Elsa Reiss con rito ebraico. Nello stesso anno, il padre decise di cambiare il cognome in Labor e di essere battezzato. Sul suo esempio, anche lui, insieme alla moglie, venne battezzato il 23 dicembre 1914. Nello stesso anno, si laureò in Medicina.

Durante la Prima Guerra Mondiale, fu tenente medico nell’esercito austro-ungarico, impegnato sul fronte orientale. Fatto prigioniero, fu liberato al termine della guerra. Successivamente, con la famiglia, si stabilì a Pola sulla penisola istriana, dove lavorò come medico, dimostrando grande professionalità e generosità verso i meno abbienti.

Conosciuto casualmente il sacerdote Antonio Santin, trovò in lui un sincero amico e una valida guida spirituale, che accompagnò anche la moglie nella malattia.

Rimasto vedovo nel 1934, si dedicò con grande zelo all’educazione dei tre figli. Contemporaneamente, curò con attenzione la sua vita spirituale e si dedicò alla lettura dei classici cristiani, in particolare della spiritualità carmelitana, francescana e gesuita; partecipò a pellegrinaggi, esercizi spirituali, ritiri e incontri di formazione cristiana. Divenne membro del Terz’Ordine francescano, della Conferenza di san Vincenzo de’ Paoli, dell’Azione Cattolica, e fu fondatore a Pola del Centro Cattolico di Cultura. Si prodigò in conferenze negli ambiti più svariati, ma sempre con vivo senso religioso ed educativo.

Nel 1938 chiuse il suo ambulatorio medico a Pola e si presentò al Rettor Maggiore dei Salesiani, don Pietro Ricaldone, chiedendo di essere ammesso in Congregazione, anche con una prospettiva di impegno nelle missioni, ma la risposta fu negativa. Convinto della vocazione al sacerdozio, decise di chiedere consiglio alla propria guida spirituale, don Antonio Santin, diventato, nel frattempo, Vescovo di Trieste, che lo indirizzò al Seminario Patriarcale di Venezia, dove entrò il 12 ottobre 1938.

Nel seguire la vocazione sacerdotale si spogliò completamente dei beni, donandoli ai figli o distribuendoli ai poveri.

Concluso il percorso formativo, fu ordinato sacerdote il 21 settembre 1940 a Trieste. Il Vescovo lo destinò subito al Seminario di Capodistria con le responsabilità prima di vice-rettore, poi pro-rettore e infine rettore. In tali incarichi si dedico, con grande competenza, alla cura della vita spirituale, delle relazioni e delle necessità materiali, per un gruppo di seminaristi fortemente segnati da sentimenti nazionalisti diversi e spesso contrastanti – italiani, croati e sloveni – nel periodo drammatico della guerra. Nel 1943 il Vescovo gli affidò l’Unione Apostolica dei sacerdoti del Sacro Cuore, e la promozione dell’opera del Seminario nella diocesi in qualità di segretario dell’Opera Pro Seminario.

Il reale pericolo di vita per il Venerabile Servo di Dio, con l’occupazione tedesca dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, determinò per precauzione il suo trasferimento nella parrocchia di Fossalta di Portogruaro dove, per un anno e mezzo, si dedicò alla pastorale, in particolare al ministero della predicazione alle comunità religiose, ai sacerdoti e ai laici. Nel 1945, rientrò a Capodistria, passata sotto il dominio jugoslavo del maresciallo Tito, per assumere di nuovo la direzione del Seminario. Il 26 luglio 1947 il Servo di Dio fu sottoposto ad un processo costruito sulla denuncia delle provviste alimentari trovate nel Seminario e sull’imposizione dell’italiano ai seminaristi, con una condanna già decisa in partenza. Debole e ammalato, trascorse in carcere quasi tre mesi fino al 30 dicembre 1947.

Dopo la liberazione dal carcere, fu trasferito al Seminario Teologico di Gorizia come Padre Spirituale e, nel 1948, venne nominato Canonico Teologo del Capitolo della Cattedrale di Trieste. Sempre docile al Vescovo, nel 1953, accettò la nomina a Rettore del nuovo Seminario di Trieste, che guidò con saggezza e sollecitudine.

Stroncato da una crisi cardiaca, morì a Trieste (Italia) il 29 settembre 1954.

 

ITER DELLA CAUSA

L’Inchiesta diocesana ne pereant probationes si svolse presso la Curia ecclesiastica di Trieste (Italia), dal 4 gennaio al 22 maggio 1996, in quarantatré Sessioni, con l’escussione di trentasette testi, di cui sei ex officio.

Presso la medesima Curia si svolse l’Inchiesta principale, per la raccolta delle prove documentali e l’escussione di quaranta testi, di cui due ex officio.

Inoltre si svolsero otto inchieste Rogatoriali nelle Diocesi di Torino, Venezia, Gorizia, Padova, Concordia-Pordenone, Genova, Vittorio Veneto e Porto S. Rufina: furono escussi dodici testi, di cui tre ex officio.

La validità giuridica delle Inchieste fu riconosciuta con il Decreto del 1° febbraio 2002.

 

CONGRESSO DEI CONSULTORI TEOLOGI

Si tenne il 13 febbraio 2014. I Consultori sottolinearono che il Venerabile Servo di Dio visse un cammino di conversione alla fede cattolica che lo condusse all’ordinazione sacerdotale. Fu uomo intelligente e di grande equilibrio psicologico. Da laico esercitò le virtù per rettitudine naturale; fu, infatti, persona integerrima per onestà e spirito di altruismo.

Dopo la conversione si distinse per il totale distacco dai beni terreni e per la carità. Fatti salvi i diritti dei figli, lasciò ai poveri ciò che sarebbe spettato a lui. I parrocchiani lo chiamavano “Sacramento vivo del prossimo”.

Visse nell’abbandono alla sapienza di Dio i grandi momenti di sofferenza quali la perdita di una figlia, la lunga malattia della moglie, le due Guerre Mondiali, la persecuzione nazifascista prima, e quella comunista poi.

Sacerdote dotato di fede profonda, di speranza e di carità, la sua spiritualità fu Cristocentrica e al contempo mariana.

Si distinse per il profondo senso di giustizia, la fortezza non comune, l’umiltà, la fedeltà e l’ubbidienza alla Chiesa, anche nei momenti più duri. Dedito all’apostolato, ebbe un’attenzione particolare per il laicato.

Al termine del dibattito, i Consultori si espressero unanimemente con voto affermativo circa il grado eroico delle virtù, la fama di santità e di segni del Venerabile Servo di Dio.

 

SESSIONE ORDINARIA DEI CARDINALI E VESCOVI

Si tenne il 19 maggio 2015. L’Ecc.mo Ponente, dopo aver riassunto l’iter della Causa e il profilo biografico del Venerabile Servo di Dio, ne sottolineò l’esercizio eroico delle virtù. Alimentò la fede con una profonda vita interiore, con la lettura e meditazione della parola di Dio e l’adorazione eucaristica. Fu instancabile per i malati. Era chiamato il “medico dei poveri”, sempre presente al loro capezzale e generoso nel fornire medicinali e viveri, rinunciando lui stesso a mangiare o a qualche suo indumento.

Al termine della Relazione dell’Ecc.mo Ponente, che concluse constare de heroicitate virtutum, gli Em.mi ed Ecc.mi Padri risposero unanimemente al dubbio con sentenza affermativa.