L'attività di padre Serafino Maria Potenza (1697-1763) attraverso i documenti d'Archivio

L'attività di padre Serafino Maria Potenza (1697-1763) attraverso i documenti d'Archivio

Scrivo volentieri alcune righe per presentare questo ponderoso studio della dr.ssa Simona Durante, archivista nel Dicastero delle Cause dei Santi, per un duplice motivo. Per esprimere, anzitutto, la mia stima e il mio apprezzamento per l’opera che ella svolge, con diligenza e dedizione, nel Dicastero; lo faccio, in secondo luogo, per ripetere quella che è la mia convinzione riguardo alla realtà entro cui ella opera. Un Archivio, difatti (ovviamente, non sto facendo qui una trattazione sul tema), è normalmente inteso come il luogo dove sono conservati gli atti di una istituzione (tabularium) sì da diventare, conseguentemente, anche il luogo della sua memoria. È, questa, una funzione davvero importante e necessaria. Ad essa amo aggiungere anche l’idea di «fonte», di «sorgente»; di luogo, cioè, da cui si può attingere per fare, in qualche maniera, «rivivere» la storia che quei documenti attestano, sì da poter dire, con Cicerone, che la storia è testis temporum, lux veritatis, vita memoriae, magistra vitae, nuntia vetustatis, «testimone dei tempi, luce della verità, vita della memoria, maestra di vita, messaggera dell’antichità» (De oratore, II §12). Così inteso, l’Archivio non è più un luogo segreto (talvolta «segregato»), ma disponibile alla ricerca, allo studio. Sotto questo profilo, anche prescindendo dal suo contenuto, il lavoro della dr.ssa Durante è esemplare.

Lo è anche perché, attraverso l’attività del carmelitano Serafino M. Potenza, la sua ricerca ci riporta ai tempi in cui il Dicastero delle Cause dei Santi era ancora «congeniale» con l’attuale Dicastero per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti. Il p. Potenza, per di più, cui è dedicato il lavoro, fu contemporaneo di Benedetto XIV, che nel Dicastero rimane il Magister a motivo del monumentale De Servorum Dei Beatificatione et Beatorum Canonizatione, di cui proprio in queste settimane il Dicastero ha pubblicato l’ultimo volume (il nono tomo) in edizione latino-italiana, curata con impegno ammirevole e pregevole attenzione dal p. Vincenzo Criscuolo OFMCapp, Relatore Generale. L’attività del «postulatore» delle Cause dei Santi, dunque, oggi non è certamente più quella descritta per il p. Potenza; questa, ad ogni modo, rimane ancora oggi esemplare per dedizione alla «causa» e al tempo stesso anche alla accuratezza nella ricerca della verità, per il bene della Chiesa.

Serafino M. Potenza, come può vedersi dalla biografia tratteggiata nelle prime pagine dell’opera, nacque a Genova allo scadere del sec. XVII; i suoi genitori, però, erano napoletani e lì si erano trasferiti per motivi di lavoro. Ulteriori vicende personali lo spinsero a scendere verso il Sud, sino a Caserta e Melfi, dove compì i suoi studi; quindi a Capri e a Napoli. Si stabilì successivamente a Roma, alla Traspontina. La sua opera non fu solo quella di «postulatore», ma anche di confessore e di guida spirituale. Tra le sue attenzioni a quelli che nella parte terza del volume la dr.ssa Durante chiama «candidati carmelitani alla santità» compare, dunque, una figura che, per comprensibili motivi relativi alle mie origini pugliesi, ha attirato la mia attenzione (forse dovrei dire più onestamente «curiosità»).

Si tratta della venerabile Rosa Maria Serio, la cui memoria è ancora oggi presente a Ostuni, dove nacque il 6 agosto 1674 e pure a Fasano, dove morì il 9 maggio 1726 nel locale Carmelo (ora scomparso) di cui nel corso degli anni era divenuta la madre. È chiamata «venerabile», questa monaca carmelitana, ma tale attribuzione è dovuta alla antica prassi di attribuire questo titolo a un/a Servo/a di Dio subito dopo il decreto d’introduzione della causa. A lei, che in forma non usuale per quei tempi ebbe una spiritualità profondamente cristocentrica, mariana e liturgica, e che fu soggetto di singolari esperienze mistiche, il p. Serafino Potenza, come potrà costatare il lettore, dedicò molta attenzione sino a mettere a rischio la propria salute.

La figura e l’opera del Potenza non è certamente molto nota ed egli, per di più, come scrive l’Autrice nella sua conclusione, «nonostante il suo impegno e la sua determinazione, non poté mai gioire del buon esito delle Cause di canonizzazione da lui promosse e seguite»; è certo, però, che «tutti i postulatori a lui succeduti si sono avvalsi del suo contributo e del suo intenso lavoro». Il che vuol dire che la fecondità di una vita non coincide con il successo!

Questo volume si segnala per il suo rigoroso carattere scientifico, la diligenza nella ricerca delle fonti, l’ampiezza dell’indagine bibliografica. Così, esso attesta certo la competenza della dr.ssa Durante. Dice pure, tuttavia, con quale serietà, impegno e dedizione si opera nel nostro Dicastero delle Cause dei Santi.

 

Marcello Card. Semeraro

Prefetto

 

 

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Questo lavoro nasce da un progetto di ricerca, promosso dall’Archivio Generale e dalla Postulazione Generale dell’Ordine dei Carmelitani, per approfondire la figura del carmelitano Serafino Maria Potenza, per lunghi anni postulatore generale dei carmelitani. Originariamente, la ricerca avrebbe dovuto tener presente l’attività da lui esercitata nell’ambito della promozione dei suoi confratelli morti in concetto di santità.

Attività che pure ha sempre svolto tenendo presente il principio secondo il quale le questioni relative ai santi dovevano essere trattate santamente: sancta sancte tractanda sunt.

Ben presto, però, la multiforme operatività del Potenza si è ampliata. Per questo, il presente studio ha preso in considerazione tutti gli aspetti importanti della sua attività ecclesiastica e pastorale, che ha abbracciato, oltre quello di postulatore, i ruoli di notaio apostolico, arcade, confessore, direttore spirituale e storico del suo Ordine. Aspetti che andrebbero approfonditi ulteriormente, così come andrebbe approfondita la biografia relativa ai suoi anni giovanili tra Genova, Caserta, Melfi e Napoli.

Per quanto riguarda la sua attività di postulatore generale dell’Ordine ci si è concentrati sulle cause di beatificazione e canonizzazione che egli seguì e per le quali entrò in contatto con la Sacra Congregazione dei Riti, dicastero allora competente in materia di beati e santi, nonché di liturgia; mentre meno indagato è stato il suo rapporto con la medesima Congregazione per quanto riguarda gli aspetti più prettamente liturgici, come, ad esempio, approvazioni di uffici e messe in onore dei beati e santi carmelitani, riconoscimento di patronati e approvazione di culti antichi. Di questi ultimi, però, si è potuto approfondire qualche aspetto.

Per inquadrare la figura del padre Serafino è stato opportuno calarlo non solo nel contesto storico del suo tempo, ma anche nell’ampio panorama della santità carmelitana. Potenza ebbe come suo illustre contemporaneo Benedetto XIV, autore del famoso De Servorum Dei beatificatione et Beatorum canonizatione, pubblicato in quel periodo e che, ancora oggi, rimane una vera e propria “giurisprudenza” sulle beatificazioni e canonizzazioni. Ovviamente, il Magister Lambertini, sottoponeva all’attenzione dei suoi studi anche i santi e beati carmelitani, a partire dal loro profeta Sant’Elia, tradizionalmente riconosciuto come padre dell’esperienza carmelitana. Lambertini menzionava, poi, il martire Angelo di Gerusalemme, iscritto tra i beati da Pio II, Maria Maddalena de’ Pazzi e il miracolo del suo corpo ancora intatto e profumato dopo la morte, e non dimenticava Andrea Corsini e Giovanni della Croce, per citarne solo alcuni.

Lo studio approfondito dell’opera del Lambertini influenzò profondamente il metodo delle trattazioni delle cause dei santi di padre Serafino. Metodo usato sia per le cause “moderne”, cioè a lui più o meno contemporanee, che per le cause antiche: quelle di uomini e donne carmelitani vissuti e morti in concetto di santità, prima della fondazione della Sacra Congregazione dei Riti e dell’emanazione dei Decreti di Urbano VIII. Cause con le quali fu impegnato lungo tutto il corso della sua vita.

Base di partenza e indispensabile miniera di ricerca per questo lavoro è stato l’Archivio Generale dei Carmelitani, che ha inglobato anche l’Archivio della Postulazione Generale dell’Ordine, dove si è potuto verificare che la maggior parte della documentazione, relativa al XVIII secolo, rimanda, in qualche modo, a padre Serafino Maria Potenza.

I fondi che lo riguardano palesemente consistono principalmente in una serie di sedici volumi dal titolo Vitae servorum Dei carmelitarum e in due scatole che raccolgono pezzi epistolari: perlopiù lettere ricevute da padre Serafino. In esse si trova anche il testamento spirituale e alcuni atti che riguardano la sua carriera ecclesiastica. Vi è, poi, un volume dal titolo Selva per l’istoria dell’Ordine: un registro su cui sono state annotate notizie e informazioni sulla storia dell’Ordine, a cui Potenza lavorava. Il registro parte dal 1206 e arriva ben oltre la data della sua morte. Infatti, probabilmente, per gli ultimi anni è stato proseguito da qualcun altro, forse il suo successore, padre Girolamo Pasquini. Esiste, poi, altra documentazione relativa a padre Serafino che non è apparsa con la stessa immediata evidenza, ma che, a ben guardare, pullula di informazioni che pure lo riguardano.

Pertanto, uno dei primi passi di questo lavoro è stata la ricognizione del materiale di pertinenza del padre, presente nei vari fondi dell’Archivio dei Carmelitani. A tale scopo, fondamentale è stato l’aiuto e il supporto generoso del direttore generale dell’archivio, padre Mario Alfarano, dell’archivista Simona Serci e della postulatrice generale dell’Ordine Giovanna Brizi: ad essi vanno i miei più sentiti ringraziamenti, per la loro professionalità e umana generosità e gentilezza.

Per organizzare il lavoro, si è partiti dalla regestazione delle lettere, conservate nelle scatole di corrispondenza, che coprono quasi quarant’anni della vita di padre Serafino (1723-1762); corroborate da altra documentazione, mano a mano rinvenuta in altri fondi, che ci ha permesso di rintracciare elementi biografici del carmelitano e di verificare la fitta rete di relazioni che egli aveva con molti suoi confratelli, dimoranti nei conventi d’Italia e d’Europa.

Si è passati, poi, allo studio dei “16 volumi” che rappresentano, sicuramente, la parte più cospicua delle fonti. Essi raccolgono documenti relativi a diversi servi di Dio. Ogni volume è formato da numerose pagine di manoscritti, di diversa forma e provenienza. Essi riportano informazioni su uomini e donne dell’Ordine carmelitano candidati alla beatificazione e canonizzazione. Da questi si è compreso che lo scopo per cui padre Serafino era stato trasferito a Roma, nel convento della Traspontina, ruotava intorno a questioni di studio e di ricerca, finalizzati alla redazione del Leggendario: una sorta di diario che avrebbe dovuto ricordare carmelitani e carmelitane aspiranti servi di Dio e venerabili, oltre che beati e santi dell’Ordine già proclamati tali dalla Chiesa Cattolica. Dai volumi e dalla corrispondenza, si ricavano informazioni importanti sul suo metodo storiografico, profondamente radicato sulle fonti documentarie.

Dalla “corrispondenza ricevuta” dal Potenza, tra il 1723 e il 1762, si è potuto osservare che le prime lettere pervenutegli tra il 1723 e il 1728 provengono tutte da Capri, dal monastero del Santissimo Salvatore. La maggior parte di esse sono scritte dalle varie priore, che si sono avvicendate nel monastero e riguardano madre Serafina di Dio, della cui Causa il Potenza si è occupato nei primi anni della sua attività di postulatore. Le ultime lettere del 1728 e degli anni seguenti provengono, oltre che da Capri, anche dalla Puglia: da Ostuni, da Fasano e da Conversano. Queste sono quelle che riguardano la Causa di Rosa Maria Serio, che avrebbe molto impegnato il carmelitano durante tutta la sua vita.

Nel 1738 comincia a comparire un nuovo corrispondente, un suo confratello: padre Salvatore Pagnani, che scriveva da Capua e con il quale avrà un sincero rapporto di amicizia. Il Pagnani è il fondatore del conservatorio di San Gabriele - poi monastero - molto importante all’epoca, perché luogo preferito dalla giovane regina di Napoli, Amalia di Sassonia. Questi scambi epistolari hanno aperto uno squarcio sul rapporto che padre Serafino ebbe con padre Salvatore e con il “Sagro Ritiro”, che sarà oggetto di un capitolo del presente lavoro.

Grazie agli archivisti, si sono rintracciati documenti che hanno consentito di approfondire la figura di Rosa Maria e le vicissitudini della Causa Serio. Tale studio ha dato vita al capitolo che riguarda il monastero di Fasano, Rosa Maria Serio e l’impegno profuso dal suo postulatore in questa intricata vicenda.

Altri fondi ci hanno dato occasione di documentare l’attività di Serafino Maria Potenza come direttore spirituale. Egli era solito appuntare il contenuto degli incontri che teneva con le penitenti, delle quali ascoltava i turbamenti, le debolezze, le gioie e il vissuto quotidiano, per aiutarle a discernere la propria strada nella vita e per portarle alla maturazione della propria identità vocazionale. Annotava, nello specifico, solo le riflessioni di quelle penitenti che gli sembravano particolarmente pie, nelle quali scorgeva quella grazia che avrebbe potuto giustificarne la memoria. Tra le carte di Potenza, si trovano i memoriali manoscritti delle “conferenze” di due penitenti, da cui si sono tratte, oltre che alcune indicazioni biografiche dell’autore, anche il suo metodo di direzione e la relazione che nasceva tra le sue figlie spirituali. Non da ultimo, sempre attraverso questi scritti, si è potuto dare uno sguardo alla Roma di quei tempi e alla devozione femminile dell’epoca.

Dall’analisi dei codici potenziani, si è ricostruito, poi, il rapporto di stima, di amicizia e di collaborazione intellettuale tra padre Potenza e il suo confratello padre Ferdinando Salvi di Bologna. Molte sono le lettere di padre Ferdinando a padre Serafino, rinvenute nell’Archivio carmelitano, da cui si ricavano considerevoli elementi che riguardano la vita e l’attività culturale di entrambi. In particolare, il Salvi, come molti del suo Ordine, era sinceramente interessato al progetto del Potenza, il Leggendario, che nonostante il grande impegno del suo autore, non vide mai le stampe. Di certo, è in vista di quest’opera, piuttosto impegnativa, che padre Serafino assemblò la serie dei volumi dal titolo Vitae servorum Dei carmelitarum, a cui non fu mai data forma finale. Dalla raccolta documentaria utile al Leggendario, nacquero progetti connessi a questo, come l’idea raffigurativa dell’ “Arbore dei santi e beati carmelitani, che fiorirono sotto i priori generali latini, o sia dello stato mendicante”; il “Calendario dei santi e beati, e venerabili che dal secolo duodecimo fino al presente fiorirono nell’Ordine carmelitano dell’antica osservanza”; “l’Estratto delle cose più singolari, e rilevanti virtù delle persone illustri che in santità nella stessa [religione carmelitana] fiorirono”, infine la “Biblioteca delle donne” carmelitane e, cioè, una raccolta di biografie di monache e terziarie dell’Ordine, scritte dalle stesse.

Il rapporto tra Salvi e Potenza ha avuto un ulteriore approfondimento grazie allo studio di un fondo custodito nella Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale, che raccoglie le lettere manoscritte di padre Serafino a padre Ferdinando Salvi (datato 1724-1751).

Con l’occasione è doveroso ringraziare la dottoressa Daniela Schiavina, responsabile della Biblioteca, per la gentilezza e la disponibilità che ha voluto usarmi nel fornirmi le indicazioni relative a questo fondo.

Da esso si sono ricavati interessanti elementi, innanzitutto per chiarire l’attività dei primi anni romani di padre Serafino e la sua prima residenza presso il convento dei Santi Silvestro e Martino ai Monti; e, poi, per intuire il suo ruolo di consigliere e sostenitore della fondazione del conservatorio di terziarie, che Salvi e Maria Maddalena Mazzoni Sangiorgi, sua penitente, stavano creando.

Le lettere fanno luce anche su come il Potenza si inserisce, a distanza di anni, nella polemica sull’origine dell’Ordine carmelitano e sulla validità storica dei tradizionali “santi Eliani”. Infine, si comprende come la sua concezione di fare storia, saldamente basata su fonti documentarie, gli sia costata l’opposizione di alcuni suoi importanti confratelli più tradizionalisti.

Altre carte ci hanno permesso di fare luce sul ruolo che padre Potenza ebbe circa il riconoscimento della provincia riformata di Scala Paradisi di Sicilia e del suo rapporto con i suoi protagonisti: padre Salvatore Maria della Santissima Trinità (Andrea Statella), fra Girolamo Terzo di Gesù e Maria e suor Carmela Montalto della Santissima Trinità.

Si è solo accennato, poi, ai rapporti che il Potenza ebbe con molti scrittori del suo tempo, di come abbia contribuito alle loro pubblicazioni, anche nel ruolo di traduttore di alcune opere scritte in lingua spagnola e francese. Tra questi: Giammaria Mazzuchelli, Bonaventura Blanciotti, Roque Alberto Faci, Giuseppe Luigi Assemani.

Dagli studi fin qui compiuti, è evidente che non si può “ridurre” il ruolo del Potenza “solo” a quello di postulatore generale dell’Ordine, ma risulta necessario estenderlo all’altrettanto importante attività culturale di storico e archivista, nonché di punto di riferimento per quegli studiosi di rilievo, a lui contemporanei, che lavorarono e pubblicarono in ambito storico liturgico, in quel periodo.

Con il rinvenimento dei documenti personali del Potenza, conservati sempre nei suoi stessi codici, si è potuto definire meglio la sua carriera religiosa, il suo ingresso nel Carmelo, la sua professione e la sua ordinazione. Si è scoperto che fu per breve tempo figlio del convento riformato di santa Maria della Vita di Napoli, che ci ha portato ad un fondo conservato nell’Archivio di Stato di quella città.

Fu un Pastore Arcade, cioè membro a tutti gli effetti dell’Accademia dell’Arcadia, molto prestigiosa all’epoca. A riguardo, devo ringraziare il professor Pietro Petteruti Pellegrino, socio Ordinario e redattore editoriale dell’Accademia, per i suoi preziosi suggerimenti sulla storia dell’istituzione e alla dottoressa Elisabetta Appetecchi sua collaboratrice, per l’aiuto sulla datazione precisa dei diplomi arcadici.

Padre Serafino, nello stesso periodo fu nominato anche Notaio Apostolico del “Collegio degli Scrittori degli Archivi della Curia Romana”.

Indispensabile per l’approfondimento dell’attività di postulatore di padre Serafino nell’ambito dello studio delle cause di beatificazione e canonizzazione è stato l’Archivio del Dicastero delle Cause dei Santi; valido aiuto per chiarire alcuni aspetti relativi alle varie fasi della procedura canonica, che ha coinvolto i candidati alla santità, proposti dal Potenza e dal suo Ordine.

A tale proposito vorrei ringraziare i superiori del Dicastero che mi hanno favorito nelle ricerche d’archivio e supportato con i loro preziosi suggerimenti. Un grazie particolare va a Sua Eccellenza monsignor Marcello Bartolucci, per lunghi anni Segretario della Congregazione delle Cause dei Santi; al Relatore Generale padre Vincenzo Criscuolo e a monsignor prof. Vincenzo Francia, che con la loro profonda e consolidata conoscenza delle Cause dei Santi sono stati riferimenti fondamentali per la stesura di questo mio modesto lavoro.

 

Simona Durante

Autrice

 

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Roma, 18 gennaio 2024: Presentazione del volume

P. Vincenzo Criscuolo, O.F.M.Cap

Già Reletore Generale del Dicastero delle Cause dei Santi

 

Prima di presentare specificamente il volume, che è oggetto del nostro incontro questa sera, ritengo opportuno dedicare una breve menzione alla sua Autrice, la Dott.ssa Simona Durante. A questo riguardo approfitto del breve biogramma riprodotto nella quarta di copertina del volume stesso, dove viene riportato in breve il suo cursus studiorum e l’attività da lei attualmente svolta. Questo il testo: “Simona Durante ha conseguito la Laurea in Scienze Politiche all’Università La Sapienza di Roma e, presso la stessa Università, il titolo di Dottore di ricerca in ‘Storia d’Europa’. Si è poi diplomata in Archivistica presso la Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica dell’Archivio Apostolico Vaticano, dove ha potuto approfondire la sua esperienza, grazie a un tirocinio di formazione professionale. Attualmente lavora presso la Santa Sede, dove è l’Archivista del Dicastero delle Cause dei Santi. Inoltre è docente del ‘Corso di Alta Formazione in Cause dei Santi’, promosso dallo stesso Dicastero e dalla Pontificia Università Lateranense. Essendosi interessata allo storico Gioacchino Volpe, il suo primo ambito di studio è stato di carattere storiografico. Si è poi dedicata alla storia del culto mariano, delle procedure di beatificazione dei servi di Dio e canonizzazione dei santi e, piú in generale, alla storia della Sacra Congregazione dei Riti e del suo Archivio. Ha preso parte a convegni nazionali e internazionali nel campo delle sue ricerche storico-archivistiche. Per l’Archivio e la Postulazione dell’Ordine Carmelitano ha indirizzato i suoi studi al Settecento Carmelitano e, nello specifico, alla figura di padre Serafino Maria Potenza, O. Carm., Attualmente, come membro dell’Institutum Carmelitanum, si sta occupando del beato Angelo Paoli, O. Carm.”. Fin qui il testo riportato in quarta di copertina.

Per quanto riguarda il contatto diretto e l’esperienza personale durante gli anni di lavoro svolto insieme all’Autrice presso il Dicastero delle Cause dei Santi, posso affermare, in tutta sincerità e senza intenti di sollecitare o provocare alcun tentativo di vanità da parte sua, di aver riscontrato in Simona Durante, attuale Direttrice dell’Archivio dello stesso Dicastero, alcune caratteristiche particolari, che la qualificano come una ricercatrice seria e attenta, con grandi prospettive di ricerca soprattutto sulla santità canonizzata e canonizzabile e sull’evoluzione storica delle procedure attuate dal Dicastero nel suo percorso plurisecolare, alcune delle quali ancora presenti nella prassi attuale. Animata da grande vivacità e sensibilità nella ricerca documentaria, culturalmente molto preparata, sempre aperta in prospettiva a un ampio ventaglio di interessi, motivata da grande sete per la ricerca storica, mira normalmente alla completezza del percorso investigativo e alla perfetta conoscenza della documentazione relativa ai suoi argomenti di studio, mostrandosi raramente sazia dei pur considerevoli risultati raggiunti. Insomma, in positiva analogia con un verso dantesco, si può affermare che Simona Durante “dopo il pasto” – naturalmente di carattere documentario – “ha piú fame che pria”.

Una chiara dimostrazione di tali caratteristiche e di quanto detto finora è il volume che abbiamo tra le mani. Esso è dedicato a uno dei personaggi di primo piano dell’Ordine Carmelitano del Settecento: padre Serafino Maria Potenza, di cui viene tracciato il percorso biografico e soprattutto viene illustrata la multiforme attività pastorale, spirituale e culturale da lui svolta in circa cinquant’anni di attività come frate del Carmelo.

Si ritiene opportuno qualche breve cenno biografico del nostro personaggio. Nasce a Genova il 18 novembre 1697 da genitori originari di Napoli, dove egli si trasferisce all’età di otto anni in seguito alla morte del padre. Qui matura la sua vocazione religiosa e il 5 marzo 1714 indossa l’abito carmelitano nel noviziato di Caserta. Durante il corso degli studi di filosofia e teologia, espletati a Melfi, mostra particolare inclinazione per la ricerca storica. Il 20 ottobre 1720 riceve l’ordinazione sacerdotale ad Anacapri. Trasferito ancora a Caserta e poi a Napoli, alla fine del 1722 viene inviato a Roma, ove rimarrà fino al termine della sua vita, risiedendo prima temporaneamente nel convento dei Santi Silvestro e Martino ai Monti, quindi in modo definitivo dall’agosto del 1724 e fino al termine dei suoi giorni nel convento della Traspontina. All’attività pastorale e alla direzione spirituale, Serafino Maria Potenza affianca con passione la ricerca storica, che viene cosí sintetizzata nella quarta di copertina del nostro volume: “Tracciò profili biografici di consorelle e confratelli che, durante i vari secoli, si erano distinti per fama di santità; recuperò memorie e testimonianze circa vite virtuose, miracoli e grazie elargite; raccolse documentazione sulle fondazioni di nuovi conventi, conservatori e istituti vari; provvide a tradurre in italiano testi e memorie scritte in altre lingue; recuperò copie di documenti antichi; raccolse immagini sacre, effigi di venerabili, beati e santi, incisioni di padri generali dell’Ordine; strinse una fitta rete di relazioni con intellettuali, archivisti, bibliotecari, storici sia laici che appartenenti al suo e ad altri Ordini. Divenne membro dell’Arcadia e notaio apostolico del ‘Collegio degli Scrittori degli Archivi della Curia Romana’. Le sue ricerche, finalizzate alla stesura del Leggendario dei santi e beati carmelitani, lo condusse inevitabilmente ad occuparsi delle Cause dei Santi dell’Ordine carmelitano presso l’allora Congregazione dei Sacri Riti. Divenne postulator in Urbe, cioè postulatore generale dell’Ordine Carmelitano”. Come si vede da queste brevi annotazioni, Serafino Maria Potenza  perseguiva e attuava un programma culturale di ricerca e di studio di ampia portata, sempre esercitato in parallelo con un forte impegno pastorale e una intensa e a volte delicata direzione spirituale. Chiuse i suoi giorni a Roma, all’età di 66 anni, il 9 aprile 1763.

Come emerge dal breve quadro biografico ora sinteticamente accennato, sono molti gli argomenti o i fili rossi che percorrono il ricco volume che abbiamo tra le mani, tanti quanti furono gli indirizzi di studio e di attività a cui dovette sottoporsi in nome dell’ubbidienza o che lui stesso volle liberamente assumere con competenza e passione: confessore ordinario e straordinario, sacrista e parroco della Traspontina, appassionato cultore e ricercatore delle memorie storiche dell’Ordine, arcade, direttore spirituale, postulatore generale, notaio apostolico, tanto per citare le attività principali da lui svolte. Si tratta di impegni di carattere spirituale e culturale che costituiscono altrettanti argomenti, che vengono affrontati e trattati nel volume con grande ricchezza documentaria e con piena padronanza espositiva. Sono queste infatti le caratteristiche principali di questo volume, che è frutto di un impressionante e meticoloso scavo archivistico e di un immenso sforzo nella ricerca documentaria, che ha ottenuto considerevoli risultati e ha consentito all’Autrice di fondare saldamente la sua esposizione sulla solidissima base di una ricchissima messe documentaria, reperita prevalentemente, oltre ad altre sedi archivistiche, nell’Archivio Generale dell’Ordine Carmelitano, nell’Archivio del Dicastero delle Cause dei Santi, nell’Archivio Apostolico Vaticano e nell’Archivio del Dicastero per la Dottrina della Fede. Si tratta di materiale documentario che viene, secondo le possibilità, opportunamente riprodotto e saggiamente elaborato nel corso del volume, tanto da costituire quantitativamente una parte preponderante del volume stesso.

Si ritiene conveniente delineare brevissimamente il contenuto del volume che abbiamo tra le mani. Esso si presenta suddiviso in tre parti, precedute da una breve prefazione firmata dal cardinale Marcello Semeraro, attuale prefetto del Dicastero delle Cause dei Santi, e da una illuminante introduzione da parte della stessa Autrice.

La prima parte ha per titolo: “Frammenti di vita di padre Serafino Maria Potenza”: vengono tracciate le linee biografiche del nostro storico carmelitano, mettendo in evidenza la sua formazione, il suo interesse primario per la storia dell’Ordine del Carmelo e la composizione del Leggendario, la sua attività di confessore e di direttore spirituale e in modo particolare gli scambi epistolari, soprattutto con suoi confratelli animati dagli stessi interessi culturali, come anche con vari storici e intellettuali a lui contemporanei.

La seconda sezione del volume viene intitolata: “Fermenti di novità: le fondazioni di religiose e la riforma di Sicilia”. Vengono esposti in particolare i contatti e gli influssi vicendevoli tra Serafino Maria Potenza e il venerabile Salvatore Pagnani riguardo al Ritiro di Capua, con particolare attenzione ai problemi di organizzazione interna, non ultimo quello della clausura, e ancora le strette relazioni epistolari con il confratello bolognese Ferdinando Salvi sul conservatorio delle Grazie di Bologna, come anche i legami con le carmelitane di Montecarotto (oggi Ostra), Roma e Firenze, con un interesse particolare alla riforma siciliana di Santa Maria Scala Paradisi.

La terza e ultima parte del volume riguarda la partecipazione di Serafino Maria Potenza a numerose cause di beatificazione e canonizzazione, sia in qualità di postulatore, sia come apprezzato collaboratore: vengono esaminate in particolare le procedure messe in atto per i processi di beatificazione delle venerabili Serafina Pisa di Dio (Napoli, 24 ottobre 1621 – Capri, 16 marzo 1699) e Rosa Maria Serio di Sant’Antonio (Ostuni, 6 agosto 1674 – Fasano, 9 maggio 1726), alla quale l’Autrice dedicherà tra breve uno studio specifico; si affronta quindi la sua collaborazione alla causa del beato Angelo Paoli (Argigliano, 1 settembre 1642 – Roma, 19 gennaio 1720), beatificato da Benedetto XVI il 20 aprile 2010; alla causa del venerabile Giovanni Domenico Lucchesi (Pescaglia, 18 maggio 1652 – Viterbo, 18 marzo 1714), e a quella della venerabile Mariangela Virgili (Ronciglione, 9 settembre 1661- 10 novembre 1734), senza trascurare il suo impegno per ottenere la conferma di culto ab immemorabili tempore praestito per Ludovico Morbioli (Bologna 1433 – 9 novembre 1485), per Lippo Dalmaso (morto a Bologna il 1° febbraio 1412) e per Angelo Agostino Mazzinghi, detto comunemente il “beato Angiolino” (Firenze 1377 o 1386 – 17 agosto 1438).

Ho accennato ai tanti fili rossi che attraversano, a tratti sincronicamente o anche diacronicamente, l’intero volume. Sarebbe fuori luogo e anche cronologicamente inopportuno volerli presentare ed esaminare singolarmente nel loro complesso in questa sede. Si ritiene conveniente però fare riferimento specifico a uno di essi, cioè alla composizione del Leggendario carmelitano. Come scrive l’Autrice, forse furono proprio le ricerche finalizzate alla stesura del Leggendario a motivare il trasferimento del giovane e promettente carmelitano da Napoli a Roma, dal momento che la sua composizione costituiva “il suo obiettivo primario” (p. 24). Il Leggendario: di che si tratta? Esso viene sommariamente descritto nel volume come “la storia dell’Ordine e dei suoi confratelli e consorelle che nel corso dei secoli, ma soprattutto in tempi piú recenti, si erano distinti per le loro virtú” (ivi). E ancora come “una sorta di diario che avrebbe dovuto ricordare carmelitani e carmelitane aspiranti servi di Dio e venerabili, oltre che i beati e i santi dell’Ordine, già proclamati tali dalla Chiesa Cattolica” (ivi).

In realtà, quando si parla di Leggendario, si accenna a un genere letterario specifico, che sperimentò una grande fioritura soprattutto nel Sei e Settecento, non solo per la Chiesa Cattolica in generale, ma piú specificamente e frequentemente per i singoli Ordini religiosi, e che, come riferisce l’Autrice, tendeva a raccogliere e portare a piú ampia conoscenza le biografie dei personaggi piú illustri e rappresentativi della propria compagine religiosa a motivo dell’esemplarità della vita, dell’osservanza delle pratiche religiose e dell’esercizio costante ed eroico delle virtú. In tale prospettiva nei Leggendari venivano raccolte in primo luogo le vite dei venerabili, beati e santi dell’Ordine sia a scopo divulgativo, sia soprattutto per proporre modelli da imitare o a cui raccomandarsi per la loro intercessione presso Dio. Essi venivano normalmente distribuiti nei vari mesi e giorni dell’anno, per cui tali leggendari furono in alcuni casi chiamati anche diari o calendari, come la stessa Autrice afferma parlando del progetto del Leggendario di Serafino Maria Potenza.

Per quanto riguarda i leggendari degli Ordini religiosi, solo un cenno relativo a un Ordine che conosco un po’ meglio, cioè l’Ordine francescano. Il primo leggendario fu composto dal francescano riformato Benedetto Mazzara da Sulmona e stampato a Venezia a in tre volumi in folio negli anni 1676-1680 con il titolo: “Leggendario francescano nel quale conforme l’ordine dei mesi si contengono le vite e morti de’ santi, beati et altri huomini venerabili et illustri, quali per le loro rare virtú e buone operationi sono stati singolari in santità di vita, nelli tre Ordini istituiti dal serafico padre S. Francesco”. Lo stesso Benedetto Mazzara pubblicò una seconda edizione della stessa opera, ampliata in quattro volumi, nel 1689. Una terza edizione  del leggendario francescano fu approntata da Pietr’Antonio da Venezia, anch’egli francescano riformato, distribuito questa volta in dodici volumi, ognuno per ogni mese dell’anno, e pubblicato a Venezia negli anni 1721-1722 con il titolo: “Leggendario francescano overo istorie de santi, beati, venerabili et altri uomini illustri che fiorirono nelli tre Ordini istituiti dal serafico padre san Francesco”. Per quanto riguarda l’Ordine cappuccino, anche il relativo leggendario era stato progettato in dodici volumi. Il primo, riguardante il mese di gennaio, fu pubblicato a Venezia nel 1767 da Gabriele da Modigliana con il titolo: “Leggendario cappuccino ovvero vite di persone per virtú e pietà illustri della serafica religione cappuccina del padre san Francesco”. Negli anni seguenti furono pubblicati ancora cinque volumi rispettivamente il mese di febbraio a Venezia nel 1768 e il mese di marzo a Faenza nel 1783, sempre da Gabriele da Modigliana; i successivi tre volumi – cioè aprile, maggio e giugno – furono pubblicati da Bonaventura da Imola rispettivamente a Faenza nel 1787, nel 1788 e nel 1789. I mesi di luglio, agosto e settembre si conservano ancora manoscritti nell’Archivio Generale dei Cappuccini, mentre dei restanti mesi di ottobre, novembre e dicembre non esiste alcuna traccia.

Nel solco di queste ed altre pubblicazioni va situato anche lo sforzo investigativo e in prospettiva il tentativo di Serafino Maria Potenza di comporre e dare alle stampe il leggendario carmelitano. Su tali tentativi di composizione il volume di Simona Durante è molto chiaro e apporta, come è usuale, un ricchissimo materiale documentario. La prima cosa che ella fa notare è la serietà metodologica e l’equilibrio storico dell’autore. Sappiamo che quando Serafino Maria Potenza entrò tra i Carmelitani si era da poco ufficialmente sedata la dura controversia tra i carmelitani e i bollandisti relativa alla fondazione dell’Ordine, che dai padri del Carmelo veniva comunemente fatta risalire al profeta Elia. L’Autrice, accennando a tale controversia, a cui il 20 novembre 1698 fu posto l’obbligo del silenzio da papa Innocenzo XII con la bolla Redemptoris ac domini, non può non notare quanto sostenuto dal bollandista Daniel Papebroch, il quale poteva far rilevare che i Carmelitani – leggiamo a pag. 65 del volume – per giustificare e ‘colmare i vuoti documentali che provassero l’esistenza dei loro santi antichi, proponevano “tradizioncelle male cucite, storie fondate su leggerissime congetture, ripiene di anacronismi e contraddizioni”. Tale critica era proprio quella che il Potenza voleva evitare. “Il suo metodo storico era pensato proprio per scongiurare queste accuse e teso piuttosto a purificare la storia dell’Ordine e dei suoi protagonisti da errori e falsi miti”. A questo riguardo, ad esempio, il nostro carmelitano cosí scriveva al suo amico e corrispondente bolognese Ferdinando Salvi: “Padre Salvi mio, ci siamo posti tanto in ridicolo con queste nostre istorie, che ormai è tempo di rivederci e di far conoscere al mondo che una volta siamo giunti a scrivere la verità” (ivi, 65). E ancora: “Quanto piú vado studiando ed osservando nella nostra storia, assieme con altri uomini dotti […], non si trovano altro che favole; avendo i nostri antenati lasciate le piú belle memorie nella oblivione per la loro trascuratezza, e per attendere a sostenere e difendere favole”.

Ecco la finalità precipua del lavoro di Serafino Maria Potenza, ricercare diligentemente e pervenire alla conoscenza della verità storica; ed ecco anche il metodo per conseguirla, che consiste fondamentalmente nell’investigazione e nella ricerca documentaria. Si tratta di un metodo che caratterizza l’intero lavoro finalizzato alla stesura delle biografie di confratelli e consorelle e al loro inserimento nel Leggendario. Un esempio, tra gli altri, si rinviene ancora una volta in una lettera del 1732, sempre indirizzata a Ferdinando Salvi, relativa alla ricerca di serie notizie biografiche sulla giovane terziaria carmelitana Maria Nascetti. “Non potrà riuscirle difficile – scriveva il nostro Serafino – sapere quando sia nata, chi fossero i suoi genitori, di che stato e professione, e qualche particolarità della sua fanciullezza, e quando il tutto manchi, ricorrere alla fede del suo battesimo, dalla puerizia sino all’anno 1728, nel quale si ritirò con le nostre terziarie […]. È molto facile rinvenire qualche notizia sí per quello che spetta al decorso istorico de i suoi impieghi e cure come altresí delle sue virtú pratiche ed esercizi spirituali, che dei suoi confessori ne possono essere ancora vivi, quali in tal tempo sotto la loro direzione l’avessero” (ivi, 66).

Ferdinando Salvi non erano l’unico interlocutore del nostro carmelitano per la ricerca della documentazione storica. Nel suo lavoro storico-archivistico di recupero delle fonti documentarie e della loro conservazione e rielaborazione in vista della pubblicazione, il Potenza ebbe una nutrita corrispondenza e strinse solidi contatti investigativi con importanti e validi studiosi contemporanei. Tra questi si possono fare i nomi di Ignazio Bagnati, Giammaria Mazzucchelli, Giovanni Marangoni, Giovanni Battista Archetti, Giuseppe Luigi Assemani, Tommaso Torelli, Giuseppe Garampi, solo per citarne alcuni. Con essi discuteva delle origini e dello sviluppo storico dell’Ordine carmelitano, che fu sempre uno dei suoi interessi principali, e soprattutto dei personaggi piú illustri e rappresentativi, che emersero in modo particolare nel campo della santità e che egli riteneva appropriati per il loro inserimento nella sua opera.

L’Autrice mette in chiaro con molta precisione il lavoro attuato dal Potenza per la stesura e la composizione del Leggendario. La ricerca documentaria, spesso coronata da insperati successi – si pensi al ritrovamento dei manoscritti riguardanti i confratelli venerabili del Portogallo – veniva regolarmente affiancata dalla ricerca bibliografica. Normalmente egli raccoglieva biografie già pubblicate di confratelli, monache, terziari e terziarie morti in concetto di santità, spesso traducendo in italiano quanto era stato scritto in altre lingue. Oltre alle biografie dei suoi confratelli e consorelle, il Potenza, da buon storico, raccoglieva anche informazioni e notizie sulla fondazione e gli sviluppi di conventi e monasteri dell’Ordine.

Già nel 1744 aveva potuto raccogliere in dodici grossi codici, ai quali si aggiunsero negli anni successivi ancora quattro codici, importante documentazione storico-biografica, che avrebbe dovuto avere il suo sbocco naturale nella pubblicazione. Purtroppo, nonostante tutti i buoni propositi, non fu possibile pervenire a tale risultato. A questo riguardo non mancarono al Potenza opposizioni e difficoltà interne ed esterne, e in primo luogo la mancanza di tempo da dedicare allo studio. L’Autrice in alcuni passaggi annota che “Padre Serafino fece di tutto per far comprendere ai suoi superiori quanto gli sarebbe stato grato, se gli avessero lasciato tempo per i suoi studi” (68). E lo stesso padre Potenza doveva purtroppo constatare: “Se non mi risolvo di stampare io il Leggendario, chissà dove andranno le mie povere fatiche. Né tutto questo mi dà fastidio. Il maggiore mio rammarico è che semmai alcuno, dopo la mia morte, volesse seguire l’idea, temo che me lo frammischierà delle nostre solite favole et empietà o di santi che non sono nostri o che se li hanno i nostri antichi sognati” (67).

A questo punto, tenendo conto di quanto detto finora, la conclusione si presenta spontanea. Come è noto, i sedici codici della documentazione per il Leggendario, cosí come fu raccolta e in qualche modo organizzata da Serafino Maria Potenza, sono ancora conservati nell’Archivio Generale dei Carmelitani. Anche se non sarà possibile pubblicarli integralmente, certamente è auspicabile che dai sedici grossi codici si possa estrarre una buona silloge documentaria, debitamente introdotta e annotata in ambito archivistico e storico, in modo da far apprezzare l’eredità storico-investigativa dello storico carmelitano e consegnarla intatta alla conoscenza e allo studio delle giovani generazioni. Si tratta di un fondato suggerimento, e anche di una seria prospettiva di investigazione e di lavoro per la Dottoressa Simona Durante, alla quale si esprimono fin da ora sentite congratulazioni e un vivissimo augurio.

 

 

 

 

Prof. Luca Carboni

Archivista - Archivio Apostolico Vaticano

 

N.B. Si mantiene volutamente il tono discorsivo della presentazione, un testo non pensato originariamente per la divulgazione scritta. Si è intervenuto solo con qualche modifica di forma ma non di contenuto e l’inserimento di note esplicative o di rimando.

È per me un onore presentare il libro di Simona Durante, che fu mia allieva quasi venti anni or sono alla Scuola Vaticana di Paleografia, Diplomatica e Archivistica e che oggi è oramai un’affermata collega di lavoro. Ed è un onore ancora più grande presentarla dopo padre Vincenzo Criscuolo: mi piace pensare – dando un senso al nostro lavoro, sull’esempio di padre Potenza – che un filo leghi queste tre generazioni di archivisti al servizio di Santa Romana Chiesa che avete davanti a voi, anche se mi scuso per ridurre la figura di Padre Vincenzo a quella di noi due, io e Simona, semplici archivisti.

Tanti sono gli spunti che mi ha dato la lettura di questo volume.

Innanzi tutto la quantità degli archivi compulsati, vaticani, religiosi e privati, senza contare i singoli fondi archivistici al loro interno. Dagli Archivi Vaticani - perché non esiste solo l’Archivio Vaticano ma gli Archivi Vaticani: Archivio Apostolico; Archivio del Dicastero per le Cause dei Santi; Archivio del Dicastero per la Dottrina della Fede; per passare o meglio partire dall’Archivio generale dell’Ordine dei Carmelitani e poi gli archivi carmelitani “particolari”: quello della Postulazione Generale; quello Conventuale dei Santi Silvestro e Martino ai Monti di Roma; quello Generale delle Carmelitane delle Grazie di Bologna; per giungere ad “archivi minori” e privati: l’Archivio del Conservatorio della SS. Concezione di Roma e la Biblioteca d’Arte e di Storia di San Giorgio in Poggiale (a Bologna), l’Archivio storico dell’Accademia dell’Arcadia (presso la Biblioteca Angelica di Roma).

E nonostante tanto lavoro – quasi 400 pagine di notizie minuziose e dettagliate – questo sguardo su padre Potenza può essere punto di partenza per tanti altri lavori, perché la ricerca dell’archivista sugli archivi non finisce mai, perché le tracce che un uomo ha lasciato nel corso della sua vita si intrecciano a quelle di altri uomini e quindi di altri percorsi che in altri archivi e fondi archivistici troveranno riscontri e nuove piste da seguire.

Qui mi vorrei riallacciare all’importanza della conservazione della memoria, importanza segnalata e ribadita da Padre Serafino nel corso di tutta la sua vita, con i richiami alla cattiva e alla buona conservazione.

A p. 347 ad esempio, quando Potenza si sta occupando di un processo “antico”, quello sul beato Ludovico Morbioli (bolognese, morto nel 1480), giunge notizia di un processo redatto nel 1654/55 dal cardinale Girolamo Boncompagni, citato dal Lambertini, ma non rintracciato. Cito dal testo: «Era andato smarrito. È per questo che Potenza scriveva al Salvi in merito al lavoro degli archivisti e bibliotecari e di quanto fosse necessario che svolgessero tale ruolo nel modo più diligente possibile» e il Potenza arrivava a chiedere la scomunica per chi non ottemperasse alle buone norme sulla tenuta degli archivi «Trattandosi di queste cose si suole ancora essigere la scomunica a tutti gli archivisti, bibliotecari ed altre persone così che hanno scritture del pubblico che private, che facendo diligenza nei loro archivi e in altri luoghi eccetera siano tenuti a darne notizia di tutti i luoghi che di esso si parla, dalle quali notizie, o in questo in altra maniera cavate, se ne formano gli articoli da provarsi colli documenti». Grazie al padre Salvi nel 1749, quasi cento anni dopo la redazione, e otto anni dopo l’inizio delle ricerche, il processo viene ritrovato: «Finalmente si è ritrovato in questo archivio dell’arcivescovo il processo del nostro beato Morbioli con l’occasione di mettersi in ordine».

E questa vera e propria ossessione per l’ordinamento e la tenuta delle carte d’archivio, per permettere la conservazione della memoria e la futura ricerca, ci è rappresentata dalla lettera che gli scrive suor Letizia del Cielo del Monastero del Santissimo Salvatore di Capri (di Suor Serafina di Dio), dove descrive come le monache diligentemente tengono in appositi libri i dati per la storia del monastero e per quella delle singole monache. Siamo nel 1736, cfr. p. 245:

«Noi tenemo nel nostro archivio tutti li libri che vostra paternità c’insegna, libri legati in foglio che nel primo libro sta scritta tutta l’istoria della fondazione et altri successi e progressi del monastero. Nel 2° libro si noteno tutte le monache sotto converse et educande, in alfabeto con li loro nomi, patria, età e nomi dei loro genitori. Nel 3° libro si scrive il giorno et anno che si prende l’abito e chi la vestiva e sotto la sua solenne oblazione e doppo nel medesimo luogo e si fu priora anco si nota. Nel 4° libro si fa Plateo di tutti i beni stabili che possiede il monastero. Nel 5° libro si fa Platea di tutti l’avvenimenti et annue entrate che possiede il monastero. Nel 6° librone si scrive tutto quello che si esige e nome delli debitori e procuratori con le loro firme e sigilli. Nel 7° libro si registrano le cappellanie il nome del cappellano e chi le lasciò dette cappellanie e legati. Nel 8° libro si è scritta la fabbrica con tutte le elemosine che si sono ricevute, come anco le soppellette donate alla chiesa. Nel 9° libro si scriveno tutte l’elemosine di robbe comestibile che si ricevono da devoti. Di più, ogni priora fa il suo libro a parte, dove nota tutto quello che esige nel suo triennio e la spesa cotidiana che fa acciò, poi, finito il priorato si presentano li conti per ricevere dal vescovo e suo vicario il decreto et assoluzione. Abbiamo fatto di più, un libro grande legato in foglio, dove sono scritte minuto l’altre sei fondazioni fatte dalla venerabile madre Serafina di Dio, con un racconto nel fine delle sue virtù. Le fedi, poi, di battesimo, cresima e matrimonio della madre, di ciascuna religiosa si tennero affasciate in archivio con la fede del capitolo della monacazione e professione»

 

Siamo, dicevo, nel 1736 ed è importante segnalare come solo pochi anni prima Benedetto XIII – il “papa archivista” come lo definì Ermanno Loevinson, archivista tedesco naturalizzato italiano, rastrellato al ghetto di Roma e vittima della Shoah, in un suo articolo del 1916[1] – avesse emanato la Costituzione apostolica Maxima Vigilantia (14 giugno 1727), che estendeva a tutti gli archivi ecclesiastici quanto prescritto due anni prima nel Concilio Romano del 1725 sulla tenuta degli archivi diocesani. Prescriveva a tutti gli Ordinari, ai capitoli, ai superiori maggiori d’Italia di erigere un proprio archivio «in loco apto» e di provvederlo di un archivista, di redigere l’inventario-catalogo generale in duplice copia da autenticare, di aggiornarlo ogni anno nel mese di gennaio, la custodia del locale con chiusura a chiave, il dovere dei vescovi e dei visitatori ordinari di ispezionare l’archivio, il divieto di estrarre documentazione senza autorizzazione superiore (e solo per un tempo limitato), con una famosa  Istruzione in italiano per le scritture da riporsi e conservarsi in tutti gli archivi. Con la Maxima Vigilantia, il tradizionale interesse legale e patrimoniale delle carte venne connesso con la finalità religiosa dei beni della Chiesa. L’ordinata scrittura, il deposito e la conservazione degli atti, presupponeva e attestava nel corpo ecclesiale (secolare e religioso) italiano, il conseguimento di una nuova consapevolezza relativamente alla continuità e all’incidenza della propria e altrui azione pastorale nella circoscrizione ecclesiastica. In sette paragrafi l’Istruzione allegata conteneva le serie di scritture che dovevano essere conservate negli archivi vescovili, capitolari, delle collegiate, dei seminari, delle congregazioni, delle confraternite, ospedali, luoghi pii, conventi e monasteri, parrocchie... Il paragrafo I indicava le otto serie di scritture dalle tavole di fondazione ai carteggi delle cause dibattute nei tribunali da conservarsi in tutti gli archivi ecclesiastici; il paragrafo II indicava le trentotto serie specifiche per gli archivi dei vescovi con giurisdizione (in cui comunque si riprendeva il Catalogo del 1725 con lo schema di riferimento alle persone, luoghi sacri, cose sacre e cause civili e criminali); il paragrafo III le serie per gli archivi delle collegiate e dei capitoli cattedrali; il paragrafo IV quelle per le chiese parrocchiali; il paragrafo V quelle per i monasteri e i conventi; il paragrafo VI quelle per i monasteri femminili e i conservatori annessi; il paragrafo VII quelle per le confraternite. Per quel che ci riguarda il paragrafo VI recitava[2]:

Scritture particolari da riporsi, e conservarsi in tutti gl’Archivj de’ Monasteri di Monache, e de’ Conservatorj, oltre alle sudette nel §. I.

1.    La Fondazione del Monastero, e il Decreto della Sagra Congregazione, o Breve Apostolico per la Clausura.

2.    L’Esemplare delle Regole, e Statuti di esso Monastero.

3.    Lo Stato del Monastero, e la prefissione del numero delle Monache, e Converse, fatto dall’ordinario secondo il Sagro Concilio di Trento ‘ con la Dote delle Monache numerarie.

4.    Un Libro, nel quale si registri l’ingresso delle Novizie, e le Professioni delle medesime.

5.    Le Professioni originali delle Monache da conservarsi diligentemente.

6.    Un Libro delle Risoluzioni Capitolari.

Padre Potenza quindi non solo come esecutore/ricettore di quanto stabilito da Benedetto XIII, ma come “figura esemplare”/specchio (forse anche precursore) dell’atmosfera archivistica dell’epoca. E non mi soffermo sull’importanza da lui attribuita alla ricerca storica rigorosa basata sulle fonti – sulla quale si è soffermato padre Criscuolo prima di me – che lo pose all’avanguardia per il periodo storico, ma che gli procurò anche molti nemici, più attenti alla “politica” dei tempi, che alla ricerca del vero (i politici sono, scrive il Potenza al Salvi, «la più perniciosa setta che sia in questo mondo»).

Per continuare sugli spunti offerti dalla lettura del volume della Durante, mi piace riannodarmi a Eugenio Casanova, il padre dell’archivistica italiana (e non solo) del Novecento. Quando Armando Lodolini ne traccia un profilo dopo la morte (avvenuta nel 1951), lo ricorda anche, oltre che come archivista, come esponente di quella che chiama “ricerca archivistica sociale” che, cito testualmente[3]:

«ci dà degli archivi, più che il cimelio prezioso e il pezzo da museo, il contenuto che riguarda un gruppo, un ceto, un periodo, il dato sociale in una parola” [cfr. Armando Lodolini, Pensiero e stile di Eugenio Casanova, in «Notizie degli Archivi di Stato», 13/1 (1953), pp. 8-15: 12] con un attenzione particolare per gli uomini che vissero senza nome e pur crearono le Amministrazioni e gli Stati, i semplici funzionari dello Stato: “La vita degli uomini che non fecero parlare di sé, non è meno interessante di quella dei personaggi, che furono gli attori evidenti dei fatti loro contemporanei; né meno di questa contribuisce a compiere l’idea, che ci formiamo, della società e degli anni, a’ quali appartennero”» [cfr. Ibid. p. 10]; con un’attenzione particolare «alle anonime quasi senza eccezioni, le donne» [cfr. Ibid., p. 11]

Ed ecco i due richiami che ritrovo nel testo della Durante:

il primo quello del semplice funzionario dello Stato, a cui mi piace mettere in parallelo (sostituendo allo Stato, l’Ordine Religioso e la Curia Romana) il ruolo e la vita di padre Potenza. Se le sue cause non ebbero, lui in vita, il successo sperato, il suo lavoro non è perduto, ma resta e dà frutto nelle persone che gli succedono (nel ruolo nell’Ordine e in Curia Romana); la sua apparente “sconfitta” in vita, ritrova un senso in coloro che riutilizzano il suo lavoro ma anche solo il suo esempio decenni e secoli dopo. E questa visione dà anche un senso al nostro lavoro di archivisti/funzionari/impiegati a servizio di Santa Romana Chiesa o del nostro Ordine. Qui ritrovo quel “fil rouge” che mi lega a padre Vincenzo Criscuolo e a Simona Durante, come dicevo all’inizio, e che lega padre Potenza a voi Carmelitani, al direttore generale dell’archivio, padre Mario Alfarano, all’archivista Simona Serci e alla postulatrice generale dell’Ordine Giovanna Brizi, passando per il nome e la vita di un grande archivista ecclesiastico che, credo, impregni questi luoghi, il nome di Emanuele Boaga.

Il secondo richiamo è quello dell’attenzione particolare alle “anonime quasi senza eccezioni, le donne”. La parte forse più coinvolgente del libro di Simona è quella relativa ai quinterni dedicati alle penitenti di padre Serafino: la penitente romana Angela Casari (per gli anni 1733-1745), cfr. le pp. 32-54 e la penitente e pellegrina slovena Maria Chedca (per l’anno 1735, con notizie dei suoi pellegrinaggi), cfr. pp. 55-61. Qui la Durante apre tutto un capitolo sulla storia della devozione femminile nel Settecento, sulla scrittura delle donne, sui conservatori, e sulla realtà che Giancarlo Rocca chiama realtà cosiddette ‘semi-religiose’, di quelle donne, cioè, che facevano vita comune senza emettere i voti, per poi estendersi alle grandi “fondatrici” con le storie di Serafina di Dio (da Capri, dal monastero del Santissimo Salvatore) e di Rosa Maria Serio (dalla Puglia), cfr. capitoli V e VI, pp. 221-304.

Se i quinterni danno voce a chi non ne avrebbe mai avuta e lasciano una flebile traccia, un ricordo, di vite altrimenti ignote – e sarebbe bellissimo che la Durante o qualche altro ricercatore si dedicassero a scoprire altri legami in altri archivi delle due penitenti potenziane: la storia della pellegrina slovena è veramente particolare –, è significativo che per le due mistiche carmelitane, famose in vita e ancora nella memoria, vi sia stata una sorta di tentativo di damnatio memoriae, come se le donne non potessero alzarsi alla dignità dei padri fondatori, per la mistica poi, sempre più di un dubbio metteva il Santo Officio (e questo marchio del dubbio le ha segnate, per gli esiti processuali, ancora ai nostri giorni).

E, sempre per l’attenzione veramente all’avanguardia, per la storia intellettuale e spirituale femminile da parte di padre Serafino Maria Potenza, è interessante segnalare tra le sue opere mai giunte a conclusione, quella di una innovativa “Biblioteca delle donne” che doveva essere una raccolta di scritture femminili. Potenza ha il merito di essere tra i primi a dare risalto alle donne “intellettuali” del suo Ordine (cfr. pp. 88-90) e di scoprire, come scrive la Durante un “tesoro nascosto nell’Ordine” (penso a quanto potranno “rubare” da questo libro e dalle carte di Potenza gli storici e ricercatori della scrittura femminile in età moderna e tutto il filone di studi sulla storia della pietà).

Un ultimo spunto lo traggo dal rapporto di amicizia tra padre Serafino e padre Ferdinando Salvi, scavando nel loro epistolario tra Roma e Bologna, l’amicizia come luogo di salvezza (si veda a p. 165 una lettera di Salvi del 1736, in cui padre Ferdinando rammenta a padre Serafino un patto che avevano stretto ben 16 anni prima: “Ricordarsi scambievolmente a Dio nella Santa Messa cotidianamente”). In un mondo odierno di solitudini: in un mondo ecclesiale – penso a quello vaticano – dove spesso il “lavoro” va a scapito della vita pastorale e comunitaria, rischiando solitudine e in un mondo della comunicazione fatto oggi di mail, sms e whatsapp, mi torna alla memoria un mondo, non troppo lontano – è anche quello della mia/nostra giovinezza – dove si scrivevano ancora le lettere a mano, e si doveva perdere del tempo per comunicare con l’altro. E a proposito di quanta vita può uscire da una lettera, si veda quanta dolcezza può ricavarsi da un post scriptum (cfr. a p. 207):

«del restante denaro, fatto il complimento al padre archiviario di Traspontina per le diligenze promesse praticate a favore della nostra provincia [si sta parlando della riforma siciliana di Santa Maria Scala del Paradiso], se ne potrà liberamente servire, per comprarsene tanta cioccolata e prendersela per amor nostro».

Qui mi fermo, molti sarebbero gli altri spunti, gli incontri e le vicissitudini del personaggio. Il compito di un archivista è quello di permettere che dalla polvere delle scaffalature colme di carte e pergamene torni per un attimo in vita il residuo della memoria del nostro passato, e l’autrice di questo volume con perizia e, permettetemi di aggiungere un termine “poco scientifico”, con sentimento, è riuscita a “far rivivere” le carte. L’archivio e i documenti in esso conservati non sono un “luogo” e un “fatto” statici. Un documento d’archivio può essere letto nel tempo con occhi diversi e sotto diversi punti di vista (cambiano le mode storiografiche, cambiano i fruitori delle ricerche), proprio per questo l’archivio è senza tempo, ognuno di noi può, partendo da una singola nota, partire per lidi lontani, diversi a secondo della cultura, della memoria, dell’esperienza e delle passioni di ognuno di noi. Grazie dunque a Simona Durante per avermi invitato e per avermi permesso di viaggiare insieme a lei tra carte, luoghi e vite del passato. Il suo lavoro serve a ribadire ancora una volta, se ce ne fosse bisogno, come l’archivista ben lungi dall’essere quell’animaletto innocuo e benefico di crociana memoria, ha il compito di costruire un ponte tra tempi e luoghi lontani, spiegando la complessità degli archivi, esplicitandone lacune e presenze, sedimentazioni, contestualizzando la loro documentazione, rendendo gli archivi qualcosa di più di “bianche e tacite case dei morti”[4], per consentire allo storico di attraversare quel ponte con sguardo consapevole sul prezioso, durevole valore della testimonianza delle carte, sottratte all’oblio della memoria.

Grazie per l’attenzione, mi complimento ancora con la collega Simona Durante e con il Centro Internazionale Sant’Alberto e l’Ordine Carmelitano per aver promosso e incoraggiato lavori di tal fatta.

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[1] cfr. Ermanno Loevinson, La costituzione di papa Benedetto XIII sugli archivi ecclesiastici: un papa archivista, in «Gli Archivi Italiani», 3 (1916), pp. 159-296

[2] cfr. Enchiridion Archivorum Ecclesiasticorum, Città del Vaticano 1966, p. 336

[3] cfr. Armando Lodolini, Pensiero e stile di Eugenio Casanova, in «Notizie degli Archivi di Stato», 13/1 (1953), pp. 8-15, in particolare il virgolettato rispettivamente alle pp. 12, 10, 11.

[4] cfr. Benedetto Croce, Teoria e storia della storiografia, Bari 1920, (seconda ediz. riveduta), p. 16.