Introduzione alla seduta antimeridiana del Convegno di studi «San Tommaso d’Aquino, uomo del Mediterraneo, uomo del dialogo»

 

La dignità della persona umana secondo San Tommaso d’Aquino

Introduzione alla seduta antimeridiana del Convegno di studi

«San Tommaso d’Aquino, uomo del Mediterraneo, uomo del dialogo»

 

1. Desidero anzitutto ringraziare per l’invito rivoltomi a presenziare a questa seduta mattutina del vostro Convegno di Studi su San Tommaso. Per il mio intervento introduttivo ho pensato di prendere spunto da alcune parole di san Giovanni Paolo II rivolte il 13 settembre 1980 ai partecipanti all’VIII Congresso Tomistico Internazionale quando, ai tradizionali titoli dati a San Tommaso d’Aquino di Doctor Angelicus e di Doctor Communis, aggiunse il titolo di Doctor Humanitatis, «perché sempre pronto e disponibile a recepire i valori umani di tutte le culture».

È superfluo che io riassuma a voi il significato e il valore delle motivazioni espresse da quel Papa. Basterà questa citazione, che bene esprime pure il titolo del Convegno: «San Tommaso ha sempre prestato rispettoso ascolto a tutti gli autori, anche quando non poteva condividerne interamente le opinioni; anche quando si trattava di autori precristiani o non cristiani… Quando poi si tratta di grandi Padri e Dottori della Chiesa, allora egli cerca sempre di trovare l’accordo, più nella pienezza di verità che posseggono come cristiani, che nel modo, apparentemente diverso dal suo, con cui si esprimono».

Il titolo di Doctor Humanitatis san Giovanni Paolo II lo riprese dieci anni dopo, il 29 settembre 1990 in occasione del IX Congresso Tomistico Internazionale. Disse allora che «per la sua concezione dell’uomo e della natura umana come entità sostanziale di anima e corpo, per l’ampio spazio dato alle questioni nella Summa e in altre opere, per l’approfondimento e la chiarificazione spesso decisiva di tali questioni, ben gli si può attribuire anche la qualifica di “Doctor humanitatis”, in stretto collegamento e con un’essenziale relazione alle fondamentali premesse e alla stessa struttura della “Scienza di Dio”». Questo offre l’occasione per quanto mi accingo a dire. Ho pensato, infatti: se è vero che il Mediterraneo è un crocevia di culture, è anche vero che il dialogo presuppone il riconoscimento della dignità dell’altro.

2. Ordinariamente, noi attribuiamo il valore del rispetto e del riconoscimento del valore altrui a una ragione meramente sociale o politica che afferma opportunamente il diritto di ciascun individuo. Ora, il contributo decisivo che San Tommaso può offrire in tale contesto proprio è quello di aiutarci a fondare questa dignità in una metafisica che prescinda da un soggettivismo contingente. Si tratta, in altre parole, di fondare la visione antropologica su un’ontologia della persona.

È questa, d’altra parte, la direzione indicata dalla recente Dichiarazione Dignitas infinita del Dicastero per la Dottrina della Fede, dove si cita opportunamente l’espressione usata da Papa Francesco «sul primato della persona umana e sulla difesa della sua dignità al di là di ogni circostanza».[1]

Si parla di dignità in molti modi, ma occorre opportunamente distinguere. Se parliamo di una dignità morale, allora sappiamo bene che essa può essere perduta a causa del peccato, così come una dignità sociale può essere oscurata da condizioni di vita disumane; persino la dignità in senso esistenziale potrebbe essere messa in questione argomentando che talvolta la vita non sembra degna di essere vissuta in certe condizioni. Proprio per questo è necessario chiarire, anche con l’apporto del pensiero di Tommaso d’Aquino, che la dignità si fonda su un piano ontologico da cui deriva il suo carattere intrinseco alla persona umana.

Su questo punto la Dichiarazione Dignitas infinita è esplicita e perentoria: « La Chiesa […] insiste sul fatto che la dignità di ogni persona umana, proprio perché intrinseca, rimane “al di là di ogni circostanza”, ed il suo riconoscimento non può assolutamente dipendere dal giudizio sulla capacità di intendere e di agire liberamente delle persone. Altrimenti la dignità non sarebbe come tale inerente alla persona, indipendente dai suoi condizionamenti e meritevole, pertanto, di un rispetto incondizionato. Solo riconoscendo all’essere umano una dignità intrinseca, che non può mai essere perduta, è possibile garantire a tale qualità un inviolabile e sicuro fondamento. Senza alcun riferimento ontologico, il riconoscimento della dignità umana oscillerebbe in balìa di differenti ed arbitrarie valutazioni».[2]

3. Prima, però, di affrontare il tema della dignità della persona in quanto tale, c’è un livello ancora precedente che riguarda addirittura ogni cosa per il fatto semplicemente di essere. Le cose sono in quanto volute da Dio ed esistono in quanto Dio le pone nell’esistenza, in tal senso esse partecipano della bontà di Dio.[3] Occorre perciò distinguere tra una bontà ontologica essenziale e una bontà ontologica accidentale. La prima è l’appetibilità dell’ente da parte dell’esse ipsum subsistens, cioè da parte di Dio: questa è una relazione essenziale perché senza di essa l’ente svanisce. La seconda è l’appetibilità dell’ente da parte della volontà umana, o di qualche altro essere intelligente: questa è invece accidentale perché l’essere dell’ente non dipende dalla nostra appetibilità,

Dal momento che le cose sono frutto della volontà divina, non possono non avere con essa un rapporto di convenienza, di appetibilità, di amore. È qui che Tommaso esplicita l’idea dell’amore di Dio per ogni cosa e che rende degne tutte le cose. Mentre però la volontà umana non provoca il bene della cosa amata, ma è al più il bene della cosa amata che muove la volontà ad amare, nel caso di Dio le cose sono buone proprio in quanto amate da Dio.[4]

Se questa è la condizione di ogni ente, ancor più possiamo comprendere la profondità della dignità della persona umana. Tommaso infatti afferma che, dopo gli angeli, l’uomo è la creatura più degna di tutte le altre.[5] A differenza degli angeli, però, è proprio l’essere umano che fa diventare visibile chi e come è Dio, perché è l’uomo l’unico luogo nel mondo visibile, nel quale Dio è riconoscibile come spirito personale.

Questa visione tommasiana deriva dall’insistenza del Dottore Angelico sul significato della creazione dell’uomo a immagine e somiglianza di Dio. Mentre il Figlio è immagine di Dio, l’essere umano è ad immagine di Dio, dove la preposizione indica una tensione verso la perfezione.[6] Nonostante i limiti, e persino il peccato[7], ogni essere umano rimane capax Dei, in grado cioè di raggiungere Dio mediante le operazioni della conoscenza e dell’amore.[8]

4. Il riconoscimento di una dignità ontologica è strettamente collegato in San Tommaso allo sviluppo del concetto di persona. L’Aquinate riprende sì, ma amplia la definizione boeziana. Non possiamo non partire dalla convinzione tommasiana, secondo cui persona significa quanto di più nobile c’è in tutto l’universo: «Persona significat id quod est perfectissimum in tota natura, scilicet subsistens in rationali natura».[9]

In ragione però delle incomprensioni che hanno caratterizzato il concetto di persona, è bene ricordare la differenza tra individuo e persona e questo proprio per comprendere meglio la questione della dignità. Individuo significa infatti l’ente indiviso in se stesso e diviso da ogni altro essere. Le sue caratteristiche sono dunque l’incomunicabilità e l’irripetibilità.[10] Esse rimandano proprio alla irriducibilità di ogni individuo, cioè alla sua singolarità. Ogni individuo è un soggetto, di cui possiamo predicare, ma che non possiamo usare per predicare qualcosa di qualcos’altro. Con un linguaggio più moderno potremmo dire che non è a nostra disposizione, non possiamo farne quello che vogliamo. L’indivisibilità, inoltre, è la condizione della relazionalità, perché solo a partire dalla consapevolezza della differenza rispetto a tutto il resto è possibile intraprendere una comunicazione. Se l’individuo non fosse tale non ci sarebbe neppure relazione.

5. Possiamo, ora, comprendere perché la persona è il soggetto, ovvero l’individuo che sussiste in una natura razionale.[11] Ciò non vuol dire relegare la definizione di persona a coloro che usano, in modo più o meno eminente, la razionalità, ma si tratta, se osserviamo bene questa descrizione, di un individuo che appartiene alla natura razionale, cioè all’umanità! La dignità della persona sta in questa appartenenza.

La fonte speciale della dignità della persona umana è la sua autonomia, anch’essa ricavabile dalla definizione di Tommaso: «Persona umana significat subsistentem distinctum in natura humana».[12] Questa sussistenza va ben compresa, perché è la prima radice metafisica della personalità. Sussistenza significa che ogni persona possiede la sua propria esistenza in modo assolutamente suo e incomunicabile, in maniera tale che non può condividerla ontologicamente con nessun altro. La persona è un tutto e non può mai essere ridotta a parte di qualcos’altro, neppure come parte di una società politica: «ratio partis contrariatur personae».[13]

Proprio perché, come scrive J. Maritain, «la persona umana è un centro misterioso sussistente in sé»[14], nessuno può arrogarsi il diritto di farne ciò che vuole. Anche per questo motivo Maritain colloca la persona nell’ordine dello spirito, in ragione del fatto che essa è ordinata a Dio, mentre la radice dell’individualità è la materia.

Un punto che andrebbe ricompreso nel pensiero di Tommaso è forse il riferimento all’attività contemplativa, come compimento ed espressione della razionalità della persona. Una visione riduttiva e superficiale di questo aspetto potrebbe indurre a concludere che la dignità della persona stia nella sua capacità di pensare. Occorre però tenere presente che se l’attività contemplativa è il luogo in cui emerge l’immagine di Dio nell’essere umano[15], non si può trattare meramente, o al più di un’attività speculativa: questa sarebbe, infatti, la contemplazione dei filosofi, non quella di Dio. Bisognerebbe allora intendere la contemplazione come attività che parte dall’amore e si consuma nell’amore agapico.[16]

Grazie anche al contributo di San Tommaso d’Aquino, dunque, possiamo concludere che la dignità inviolabile e imperdibile, intrinseca a ogni persona, riposa nella sua appartenenza alla specie umana, caratterizzata ontologicamente dalla soggettività e dalla capacità di amare, che non può mai andare perduta.

 

Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale – Napoli, 26 aprile 2024

 

Marcello Card. Semeraro

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[1] Francesco, Esort. ap. Laudate Deum (4 ottobre 2023), n. 39. In Dignitas infinita l’espressione «al di là di ogni circostanza», ricorre diverse volte, cf Dignitas infinita, §§ 1; 7; 8; 10; 16; 24; 34; 64.

[2] Dignitas infinita, § 24.

[3] Cf Tommaso d’Aquino, S.T. I, q.44, a.1.

[4] Cf Id., S.T. I, q.20, a.2; In II Sententiarum, d.26, q.1; Summa contra Gentiles, I, 111; De veritate q.27, a.1; In evangelium Ioannis c.5, lect.3; In De divinis nominibus c.4, lect. 9.

[5] Id., S.T. I, q.93, a.3.

[6] Id., S.T. I, q.35, a.2.

[7] Id., In I Sent., d.3, q.4, a.1 ad 7.

[8] Id., S.T. III, q.4, a.1 ad 2.

[9] Id., S.T. I, q.29, a.3: il testo è citato da Dignitas Infinita, § 13.

[10] Id., In IV Sent., d.12, q.1, a.1.

[11] Id., S.T. I, q.30, a.4.

[12] Id., De Pot., q.9, a.4.

[13] Id., In III Sent., d.5, q.3, a.2.

[14] J. Maritain, La filosofia morale, Morcelliana, Brescia 1999, 184.

[15] Cf Tommaso d’Aquino, S.T. II-II, qq.179-182.

[16] Cf V. Possenti, «Filosofia della persona», in A. Peratoner – F. Zaccaron (edd), 1623-1973 La nozione di persona da Pascal a Maritain, Meudon, Trieste 2024, 132.